Monthly Archives: February 2012

sacre riscritture, di Hum Mugdal

Riposo la testa sulla erre friggente

della canzone di Eviatar Banai

sobbalzo eccitato sulla het

cullato dall’incomprensione

dalla mia, in barba al cherubino

 

Sono in famiglia – ho credito

faccio cambiali scoperte

belle scoperte, durante l’aperitivo in Dizengov street

scoperte da manuale

 

Vorrei vedere che faccia fai quando te lo dico

che la tua voce è più maschile della sua

tu che amo oltre ogni dire ebraico

voglio te per riscrivere il testo sacro

leggendotelo sulle labbra

Impotente, di Hum Mugdal

Non posso fare a meno di desiderarlo ancora

non riesco a concepire un’esistenza precedente

s’impiglia il mio pensiero nei tuoi boccoli fruscianti

s’appiglia alla tua pelle mentre freme mentre è viva.

 

Trecento e più mestieri riesco a fare dentro un giorno

trecento e più lavori compi tu nella tua sera

continuo a collegarmi mentalmente col tuo karma

ricevo i tuoi segnali forte e chiaro e te ne mando.

 

Aspetto di ricevere da te una cartolina

un fiore, tre bustine, quattro scatole di mare

l’invito a rivederci in questo mondo, se ti piace

un giorno dentro un anno: la speranza mi dà vita.

 

Da Poesie scelte, Haifa, 2009.

traduzione di Bruno Osimo

Hum Mugdal, A massage for you

c’incontreremo tutta la vita al tavolo d’angolo

sempre carezzandoti la mano destra con la sinistra sopra il tavolo di formica

sempre desiderando la miniera d’oro dei tuoi riccioli

come un minatore stanco

stanco ma imperterrito

stanco ma insistente

stanco come un maratoneta dotato di ritmo

stanco come un maratoneta coi corvi contanti nelle orecchie

nel buio delle foglie scricchiolanti

nel buio delle foglie sempre più marce

conservate fuori dalla scatola dei biscotti.

 

ogni mattina ho un orgasmo davanti allo splendore della tua faccia

ogni mattina accarezzi la mia nuca stanca

bisognosa del tuo balsamo.

 

ogni mattina.

ricordatelo mentre ti fai il bidet.

 

 

traduzione dall’ebraico di Bruno Osimo e Maya Katzir

Hum Mugdal, AAA per pollo inseguito da biker bodyguard urgentemente cercasi

ogni volta che ti giravi mi massacravi il fianco col kalashnikov

potevi stare più attenta, dissennata

dopo la tumultuosa notte insieme

con questo cifrato ti sto chiedendo aiuto.

 

una losca biker m’inseguiva nel buio

mentre scappavo tra foglie

trafitto da aghi gelati.

 

il suo scatto inesorabile in avanti travolgeva i miei sforzi quasi inutili.

riparandomi nell’anonimato speravo di scamparla,

ma la biker s’appostava dietro il boccaporto per sbarrarmi la strada

e ZOT ZOT ZOT una raffica

falciava le mie gambe sudate,

segava le mie ossa malvagie.

 

anche se saltavo disperato

anche se facevo un triplo mortale in avanti

un carpiato elegante atterrando sullo zerbino come da contratto

mi sono ritrovato menomato.

 

vorresti essere la mia bodyguard

non ho più palle d’avventurarmi disarmato fino allo stagno gelato:

lo sai che le pattinatrici seriali planano inesorabili dalle tre alle cinque

recidendomi il cavo dell’ipod,

il tubo della flebo

e circoncidendomi con i saldi di fine stagione.

 

ho bisogno di un guerriero tecnico che mi colpisca i nemici

scatto su scatto

infierendo soprattutto sui malleoli

e produca tempesta di balsamo agli angoli acuti della mia spina dorsale.

 

traduzione dall’ebraico di Bruno Osimo e Maya Katzir

Hum Mugdal, Temple

ogni mattina vengo al tempio piastrellato di blu

dove ho fatto la spesa con la cassintegrata.

 

unico indizio da consumare entro preferibilmente

unicamente stampigliato sulla confezione di wasabi:

per il resto vedevo solo distese e praterie,

correvo come un ciuco pensando che l’erba non potesse finire mai.

 

guardando dall’alto di kikar Allenby avrei dovuto capire

che il tuo autobus era già partito,

che quel fumo grasso che non si stemperava nell’aria umida

per stampigliarsi nei miei polmoni

eventualmente sarebbe diventato oggetto di culto.

 

guardo quel fumo scomparire a poco a poco nella cappa

del tempio piastrellato di blu ogni mattina:

ogni mattina faccio un tiro

ogni mattina più annacquato

e scrivo un romanzo che contiene una parte del tuo corpo.

 

 

traduzione dall’ebraico di Bruno Osimo e Maya Katzir

Hum Mugdal, Scoiattolo scardinato

Dopo avere scostato la pelliccia di scoiattolo dai tuoi occhi,

ho trovato due nocciole mature.

 

Mentre aspettavo, scusa, che finissi la telefonata,

ho cominciato a sgranocchiarle.

 

Spero di non averti lasciato in disordine il piano d’appoggio.

Mamma scoiattola mi ha confidato di avere appuntamento con me.

 

Ancora non posso credere

di poter un giorno spartire il pelo ma non il vizio:

anche se la tua voce m’è entrata dal buco sbagliato

e i labirinti affluiscono al cervello sperando che non trovi

parcheggio nella piazza sotto casa tua.

Hum Mugdal, Attorno al caffè סביב בית הקפה

La stessa bocca che pronuncia in italiano-dente-pulito

parla scoiattolese come un nativo.

Non oso immaginare quando sgranocchia una carota quando

la tastiera forse notturna e le briciole di snack corrosivo,

la camicia macolata ancora intrisa di merenda.

 

Chissà se l’autrice dell’articolo sulla scoperta della spallina –

vedova profondamente viva –

sapeva già che avrei fatto colazione con te

al bar “Operaio schiacciato” dove conobbi tuo marito

gentilmente sfilato in formato tessera per darmi un’occorrenza 3D.

 

Prima, affaccendato tra i cespugli a stanare la lepre,

mi sono messo a ululare cercando di richiamare la tua attenzione sul mio cuoio capelluto

ma tu eri troppo occupata a fingerti crocifissa sui cuscini

e la testa t’era scivolata tra i cuscini e l’eternità:

spazio normalmente riservato alle note del traduttore.

 

סביב בית הקפה

 

אותו פה שביטא באיטלקית-שן-נקיה

מדבר סנאית כמו יליד.

אני לא מעז לדמיין איך הוא מכרסם גזר

כשהמקלדת, אולי לילית, והפירורים מהחטיף החלוד,

החולצה המוכתמת עדיין ספוגה בארוחת העשר

 

מי יודע אם מחברת המאמר על גילוי דרגות הכתף-

אלמנה, שבאופן עמוק, חיה-

כבר ידעה שאוכל איתך ארוחת בוקר

בבית הקפה “הפועל המעוך” שם הכרתי את בעלך

שצעד על המסלול בנימוס בתצורת כרטיס כדי לתת לי סימן בשלושה מימדים

 

קודם, כשהייתי מוטרד בין השיחים כדי להוציא את הארנבת,

התחלתי לילל, ביקשתי להסב את תשומת לבך לעור הקרקפת שלי

אבל את היית עסוקה מדי בלדמיין את עצמך נצלבת על הכריות

והראש החליק לך בין הכריות לבין הנצח:

מקום השמור בדרך כלל להערת המתרגם.

Hum Mugdal, Vergine senza parole

  • Il duce col ditino alzato

    additava la macchia d’umido sotto la mia pancia

    perplesso che partecipassi in tuta alle conferenze scientifiche.

     

    Ma io ero vergine

    e dovevo proteggere la mia virtù con pannolini colorati

    senza concessioni alla moda accademica.

     

    Quando sulla spiaggia mi sono tolto il costumino bagnato per cambiarmi,

    dalla sala conferenze tutti hanno visto

    il granello di sabbia cadere nel mio prepuzio sudato:

    proveniva dalla bottiglia contenente molti anni prima,

    stratificazioni di sabbie diversamente colorate del deserto del Negev.

     

    Scegliendo dall’appendiabiti il paio di mutande asciutte più opportuno,

    tutti hanno tirato un sospiro di sollievo

    vedendo che il granello della bottiglia di sabbie diversamente colorate

    ricadeva nella porta ubs del laptop nello zaino.

     

    Ho infilato le mutande asciutte

    e sono rientrato nell’aula uno con due zaini in spalla

    quello con il computer e i cavi,

    quello che conteneva il costumino bagnato sgocciolante da pesciolino coccolato.

     

    Grazie alle tracce gocciolanti,

    Manesco m’ha stanato e m’ha inseguìto fino nell’aula,

    annusandomi con un coltello per trovare il punto giusto per la circoncisione

    avvenuta poi nel primo minuto vicino al microfono senza filo.