Category Archives: METAFORA

Gli snecchini ovvero l’osceno in un segno alimentare

Il lettore modello – in questo caso spettatore modello – della Fiorentini Alimentari è un minotauro: il corpo della modella gli viene offerto in un volgare, prepotente rosso sangue rappreso, che le fascia le braccia sotto forma di guanti fin sopra il gomito, e nel quale si scioglie, dal seno compreso in giù, il corpo stesso. Della modella umana restano solo le spalle e la testa: sotto un andante fiocco-regalo, con un nastro sempre rosso sangue come il colore triviale del marchio. Questo nastro, oltre a mortificare le forme, trasformando la donna in un maschio senza fianchi, sembra sciogliere nell’acido la bellezza, dissolvendola in sangue. Come dire: se vuoi dimagrire, ti costerà sangue, e tanto anche.
La musica che accompagna la mostruosità della scena è un martellamento privo di qualsiasi altra pretesa: do-do re re, do-do mi mi, do-do re re do-do mi mi – do-do do-do do-do do-do do-do do-do do-do do-do re-re re-re re-re re-re re-re re-re re-re re-re. In sostanza è un chiodo che ci viene piantato in testa con violenza. Per essere sicuri che si capisca, ne viene piantato anche uno un centimetro più a destra e uno un centimetro più a sinistra. [CONTINUA A LEGGERE]

ILARIA SPREAFICO L’elaborazione psicologica della metafora: traduzione dell’articolo di Albert N. Katz Albert N. KATZ Psychological Studies in Metaphor Processing: Extensions to the Placement of Terms in Semantic Space

L’elaborazione psicologica della metafora: traduzione dell’articolo di Albert N. Katz

Albert N. KATZ

Psychological Studies in Metaphor Processing: Extensions to the Placement of Terms
in Semantic Space

ILARIA SPREAFICO

Scuole Civiche di Milano Fondazione di partecipazione Dipartimento Lingue
Scuola Superiore per Mediatori Linguistici Via Alex Visconti, 18 20151 MILANO

Relatore prof. Bruno OSIMO

Diploma in Scienze della Mediazione Linguistica Inverno 2006

© Poetics Today, Duke University Press 1992 © Ilaria Spreafico per l’edizione italiana 2006

II

L’elaborazione psicologica della metafora: traduzione dell’articolo di Albert N. Katz

Psychological Studies in Metaphor Processing: Extensions to the Placement of Terms in Semantic Space

ABSTRACT IN ITALIANO

Un’attenta analisi traduttologica ha permesso di individuare le caratteristiche del prototesto e di porre una base per la traduzione. Innanzitutto, sono stati riconosciuti dominante e lettore modello, elementi fondamentali dell’analisi traduttologica. Dopo aver individuato il tipo di registro e di linguaggio utilizzati dall’autore, si è infine passati alla traduzione del prototesto, apportando modifiche ove necessario, allo scopo di anteporre le esigenze della comprensione precisa. Si sono eseguiti diversi interventi: sono state spezzate delle frasi, alcuni elementi sono stati posposti, sono stati aggiunti verbi o avverbi e tagliate parole o parti di frase. I problemi di traducibilità legati ad alcuni termini e parole, sono stati invece affrontati consultando testi paralleli ed esperti del settore. Per quanto riguarda il residuo traduttivo, infine, sono stati individuati due casi interessanti, risolti lasciando gli enunciati nella lingua originale e aggiungendo una nota con la spiegazione del significato.

ENGLISH ABSTRACT

A careful translation-oriented analysis allowed the identification of the prototext characteristics and laid the basis for the translation. The pinpointing of dominant and model reader, two fundamental elements of translation analysis, was followed by the identification of the register type and language used by the author, and finally by the translation of the prototext, modifications being applied where necessary in order to give first priority to the need for clear and precise comprehension. Several solutions were used: in some cases the sentence was split, in others the order within the sentence was reversed, verbs or adverbs were added, and words or parts of sentences were eliminated. For the translation of particularly difficult terms and words, relevant texts and experts were consulted. Finally, as far as translation loss is concerned, two interesting cases were found, which were dealt with by leaving the sentence in the original language and by adding a note with an explanation of the meaning.

ABSTRACT IN HET NEDERLANDS

Een nauwgezette vertaalkundige analyse heeft het mogelijk gemaakt de kenmerken van de prototekst te kunnen ontdekken en een basis voor de vertaling te kunnen leggen. Ten eerste werden dominant en model-lezer herkend, die twee fundamentele elementen van de vertaalkundige analyse zijn. Ten tweede werden de soort register en de taal ontdekt die door de auteur worden gebruikt en was de vertaling van de prototekst uiteindelijk begonnen. Om de boodschap van de auteur duidelijk en precies door te geven, werden wijzigingen waar nodig aangebracht: soms is de zin gehakt, in andere gevallen is de volgorde van de zin veranderd, zijn werkwoorden of bijwoorden toegevoegd en woorden of zinsdelen geknipt. De problemen van vertaalbaarheid van enkele termen en woorden werden daarentegen aagepakt door het consulteren van parallele teksten en experten. Ten slotte, wat het vertaalresidu betreft, werden twee interessante gevallen gevonden die opgelost werden door het laten van de zin in de originele taal en het toevoegen van een voetnoot met een uitleg van de betekenis.

III

Sommario

Prefazione …………………………………………………………………………………………………………. 1

Analisi traduttologica ……………………………………………………………………………………… 1 Strategia traduttiva………………………………………………………………………………………….. 2 Residuo traduttivo ………………………………………………………………………………………….. 4

Traduzione con testo a fronte ………………………………………………………………………………. 6 References ………………………………………………………………………………………………………. 49 Riferimenti bibliografici……………………………………………………………………………………. 53 Ringraziamenti ………………………………………………………………………………………………… 55

IV

Indice tavole e figure

Tavola 1 ………………………………………………………………………………………………………….. 20 Tavola 2 ………………………………………………………………………………………………………….. 20 Figura 1…………………………………………………………………………………………………………… 34 Tavola 3 ………………………………………………………………………………………………………….. 38

V

Prefazione

Come si evince dal titolo, il testo tradotto ha come argomento l’elaborazione della metafora osservata dal punto di vista psicologico. I modelli di elaborazione psicologica impongono ai teorici di postulare nella memoria permanente un modello di rappresentazione della conoscenza e del tipo di operazioni mentali che a essa possono essere applicati. L’articolo descrive tale modello in dettaglio, sottolineando l’importanza del riferimento alla natura dell’informazione nella memoria e ai processi che influiscono su questa rappresentazione, oltre che l’importanza della capacità dello stesso modello di generare previsioni sperimentabili. Il modello qui illustrato si basa sulla rappresentazione dei concetti nello spazio semantico. Vengono inoltre descritti test effettuati sullo stesso modello per illustrare la gamma di fenomeni sottoposti allo studio, come si riscontra nella letteratura psicologica, e quei settori teorici che più hanno bisogno di essere ulteriormente sviluppati.

Analisi traduttologica

Il testo in questione spazia dalla psicologia alla semiotica ed è perciò difficile collocarlo all’interno di una categoria specifica.

Questa interdisciplinarità emerge anche dal linguaggio utilizzato dall’autore: il testo è infatti caratterizzato dalla presenza sia di lessico appartenente alle discipline psicologiche, sia di terminologia più strettamente collegata al settore linguistico.

Sul piano sintattico abbiamo un registro a volte formale e a volte più colloquiale, ma anche chiaro e lineare con periodi generalmente non troppo lunghi e complessi, che si rendono necessari anche per la descrizione passo per passo di alcuni studi pratici eseguiti dall’autore e qui riportati come supporto alla propria tesi.

Noto anche la presenza di frequenti esempi e di tavole, di cui l’autore si avvale allo scopo di esemplificare ulteriormente le sue teorie e argomentare in modo più diretto e comprensibile. In ciò riconosco anche la dominante di questo di tipo di testo. Da

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segnalare, in proposito, anche la marcatezza dello stesso in termini di lessico settoriale, già accennata in precedenza, che lo rende molto tecnico e ne fa uno scritto rivolto più che altro agli specialisti dei settori toccati dallo studio.

Strategia traduttiva

Per quanto riguarda la strategia traduttiva, la premessa consiste nell’individuare il lettore modello e la dominante del testo, già accennati in precedenza. La strategia traduttiva sarà determinata in base a questi due elementi che mi permetteranno di avere una linea guida da seguire durante tutto il lavoro di traduzione del testo. Come indicato nell’analisi traduttologica, la dominante di questo testo consiste principalmente nel trasmettere il messaggio al lettore in modo chiaro e diretto e questo pensiero dovrà essere in primo piano durante la stesura di tutta la traduzione. Trattandosi però appunto di una traduzione e quindi di un tentativo di conciliare due lingue per natura diverse tra loro, si dovrà sempre guardare al proprio lavoro anche dal punto di vista della cultura ricevente e, in alcuni casi, si renderà necessario distaccarsi dalla costruzione dell’originale proprio allo scopo di rimanere coerenti con la dominante, che mette in primo piano le esigenze della comprensione precisa. Proprio a causa della struttura diversa dell’inglese e dell’italiano, in alcune occasioni, si è reso necessario invertire l’ordine dell’enuciato, come nel passo a pagina 27: «I would argue that concrete and abstract domains differ in their representation in semantic space […]». A una prima lettura avevo optato per la costruzione originale, ma poi mi sono subito resa conto che l’italiano, per essere chiaro ed efficace, richiedeva un cambiamento e ho deciso di tradurre con «Ritengo che la rappresentazione nello spazio semantico di domini concreti e astratti differisca […]».

In altri casi, sempre in nome della chiarezza, ho dovuto spezzare la frase, come nel caso di pagina 21: «As can also be seen, instance-specific semantic distance effects are not reliably related to analogical-reasoning ability, suggesting, as predicted, that the understanding of a metaphor depends predominately on the mapping of meaning at a domain (not an instance-specific) level». Mantenendo la struttura invariata in italiano, il significato della frase non sarebbe stato così facile da cogliere. Ho quindi deciso di inserire un punto dopo «analogical-reasoning ability» e di usare «ciò» come soggetto della nuova frase. Un’altra caratteristica del prototesto in generale e della proposizione

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appena esaminata, è il susseguirsi di diversi elementi aventi la funzione di aggettivi e facenti tutti riferimento a un unico sostantivo. Nel caso preso in esame la serie «instance-specific semantic distance effects» è stata tradotta con «effetti derivanti dalla distanza semantica tra i casi», optando quindi per una soluzione che, seppur non breve, risulta chiara e facilmente comprensibile. Un altro esempio interessante è quello di pagina 9: «A feature-overlap operator then compares the features lists […]». Anche in questo caso, per ragioni di chiarezza e di compatibilità con l’italiano, il metatesto si distanzia dal prototesto e il concetto espresso da «feature-overlap» è stato posposto, come si evince dalla traduzione: «In seguito, un operatore esamina le suddette liste per verificare la presenza di sovrapposizioni […]».

Un altro elemento che vorrei sottolineare sono i tempi verbali. In alcuni casi, ho infatti ritenuto utile apportare dei cambiamenti. Un esempio significativo è quello di pagina 45: «The model explicated here was based on the representation of concepts in semantic space». In italiano, in questo caso, ho preferito usare un presente, perché, se è vero che la spiegazione è già avvenuta, il verbo in realtà si riferisce al modello, che, come tale, è rimasto invariato e si basa tutt’oggi sulla rappresentazione dei concetti nello spazio semantico.

Talvolta, invece, le modifiche sintattiche apportate rispondevano all’esigenza di rendere l’italiano più scorrevole, tramite l’aggiunta di verbi o avverbi o il taglio di parole o parti di frase che in italiano risultavano superflue. Troviamo un paio di esempi a pagina 43 e 45: 1 – «We manipulated the nature of the echoic usage such that in half of the anecdotes it was consistent with the prior proposition and in the other half it was inconsistent with the prior proposition»; 2 – «A target sentence was judged more metaphoric when the context suggested the speaker’s intention to be an endorsement of a proposition, but more ironic when the context suggested the speaker’s intention to be a denial of the proposition’s truth-value». I casi sono stati così risolti: 1 – «[…] di modo che in metà degli aneddoti non corrispondesse alla proposizione precedente»; 2 – «[…] e più ironico quando sembrava che l’intenzione fosse quella di negarla».

Vorrei ora analizzare i problemi di traducibilità legati ad alcuni termini e parole. Per la traduzione mi sono avvalsa di testi paralleli che hanno costituito un valido aiuto per arrivare agli esatti traducenti italiani, ma in alcuni casi risalire al corrispondente italiano non è stato semplice. In tutto il testo ritornano spessissimo i termini «topic» e «vehicle». Inizialmente, dopo alcune ricerche che si erano concluse senza molto successo, avevo deciso di lasciare entrambi i termini in inglese. Nell’unico documento che ero riuscita a

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trovare, infatti, i due concetti erano più volte citati in lingua. Trattandosi però di un singolo documento, non potevo essere sicura che questo fosse l’uso più frequente, così ho deciso di consultare un esperto e ho scoperto che i due termini potevano essere rispettivamente tradotti con «tenore» e «veicolo». Inoltre, non avendo familiarità con questo argomento, non ero sicura di aver tradotto correttamente i termini «recognition problem», «context problem» e «computation problem» presenti a pagina 7 e a pagina 9. La stessa persona mi ha poi confermato che i corretti traducenti in italiano erano rispettivamente «problema del riconoscimento», «problema del contesto» e «problema del calcolo».

Un altro problema dato dalla differenza tra inglese e italiano è quello presente a pagina 33, dove si legge: «[…] participants seek informative, relevant information […]». L’autore usa i due aggettivi in coppia in modo sistematico e li applica anche a «information»; in italiano ho sentito il bisogno di evitare la ridondanza prodotta con l’accostamento di «informative» e «information». In questo caso, essendo gli aggettivi «informative» e «relevant» citati più volte dall’autore uno accanto all’altro come caratteristiche dell’informazione cercata nella metafora, non potevano essere cambiati; ho quindi sostituito il sostantivo al quale si riferiscono e nella traduzione a pagina 34 si legge: «[…] i partecipanti cercherebbero dati informativi e pertinenti […]».

Residuo traduttivo

Solitamente, in qualsiasi tipo di traduzione, sia interlinguistica che intralinguistica e intersemiotica, alcuni elementi del prototesto vengono involontariamente persi durante il processo e non sono quindi convogliati nel metatesto. Analizzando in particolare la comunicazione interlinguistica, notiamo che questo fenomeno è presente a diversi livelli: dalla decodifica del prototesto da parte del traduttore, alla ricodifica dello stesso nella cultura ricevente e, ancora, nella ridecodifica da parte della cultura ricevente. In questa sede vorrei soffermarmi su un paio di problemi da me riscontrati durante la fase intermedia del processo traduttivo, e cioè nella ricodifica del prototesto.

Il primo caso di residuo traduttivo è quello che si incontra a pagina 7, in cui l’autore usa come esempio le due frasi «all cars are lemons» e «all cats are beliefs». Mentre il secondo enunciato può essere tranquillamente tradotto in italiano, il primo, se tradotto, perderebbe il suo significato originale. Nella cultura di partenza, infatti, non ha un

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significato letterale, ma figurato, che non trova corrispondenza nella cultura di arrivo. La parola inglese «lemon» ha acquisito nel tempo una connotazione negativa e, attualmente, può essere usata per suggerire che una determinata cosa è difettosa, deludente o di bassa qualità, specialmente nell’inglese americano. Dal 1970, la parola «lemon» è entrata con questa accezione anche nel linguaggio economico, a seguito del trattato del premio Nobel americano in economia George Akerlof, intitolato The Market for Lemons: Quality Uncertainty and the Market Mechanism (Il mercato dei limoni), in cui con «lemons» si indicano, appunto, auto con difetti nascosti. La ragione di questa nuova connotazione negativa deriva probabilmente dal fatto che in inglese, e in generale nella cultura occidentale, la parola «sour» (e cioè aspro, acido), comunemente usata per descrivere il sapore del limone, viene frequentemente associata alla parola «bad» (cattivo, negativo), mentre «sweet» (dolce) viene associato a «good» (buono, positivo). Quelli che seguono sono soltanto alcuni esempi: «a sour and disillusioned woman» (una donna acida e insoddisfatta), «a sour smile» (un sorriso amaro), «to end on a sour note» (finire con una nota stonata), «sour grapes» (indica qualcosa di disprezzato perché non si può ottenere). Ciò che può apparire scontato nelle culture occidentali, non lo è affatto in quelle orientali. In Giappone, infatti, la parola «amai» (sweet) viene associata a «bad» e si dice che un ragazzo è dolce intendendo che è immaturo o viziato, o che un insegnante è dolce nel valutare intendendo che mette voti alti con troppa facilità. Di conseguenza, nella traduzione ho deciso di lasciare l’enunciato in inglese e di aggiungere una nota per spiegarne il significato.

Il secondo caso di residuo lo troviamo invece a pagina 39, in cui l’autore cita il proverbio «an empty sack cannot stand upright», che ho scelto di lasciare in inglese. Nonostante esista un corrispondente italiano («un sacco vuoto non sta in piedi»), ho optato per la versione originale in quanto l’interpretazione di questo proverbio varia molto da persona a persona, soprattutto nel suo significato più astratto. In italiano viene spesso associato al cibo e il significato attribuitogli è il seguente: se non si mangia, non si ha l’energia per fare nulla. Le interpretazioni più astratte si avvicinano invece a quella data dall’autore, ma spesso non coincidono. Anche in inglese troviamo sia casi in cui il proverbio viene associato al cibo, sia casi in cui gli viene attribuito un significato più astratto, ma, essendoci troppe sfumature diverse nelle varie interpretazioni, ho preferito lasciare la versione originale e aggiungere una nota.

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Traduzione con testo a fronte

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[…]

Psychological Studies in Metaphor Processing: Extensions to the Placement of Terms in Semantic Space

Albert N. Katz Psychology, Western Ontario

The psychological investigation of metaphor can be conceptualized as encompassing three separable (but overlapping) areas of cognitive research. The first can be labeled the “recognition problem”; the question addressed here is how we recognize an utterance as figurative (and not as literally true or a sentential anomaly). In other words, why do we treat such a sentence as “all cars are lemons” differently than such a sentence as “all cats are beliefs” ?

The second area can be labeled the “context problem.” The focus here is not on the metaphor itself, but on the extended context in which the metaphor is embedded. The assumption of researchers working in this tradition is that pragmatic principles (activated by context) determine whether or not a given utterance is figurative and, even if figurative, determine the nature of the non-literal interpretation. Thus a statement such as

all men are animals (1)

will be interpreted literally if embedded in the context of a biology class, metaphorically if presented by one student to her roommate after an unhappy relationship, and, perhaps, as ironic if said by the same student about a man whom she thinks too effeminate. How the sentence is used becomes the prime focus of study.

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[…]

Studi di psicologia sull’elaborazione della metafora: approfondimenti sulla collocazione dei termini nello spazio semantico

Albert N. Katz Psicologia, Ontario occidentale

L’indagine psicologica sulla metafora può essere concettualizzata come un’indagine che abbraccia tre aree di ricerca cognitiva diverse (ma sovrapposte). La prima può essere chiamata «problema del riconoscimento»; la domanda che ci si pone è in base a quale meccanismo riconosciamo un enunciato come figurato (e non come letterale o come anomalia sintattica). In altre parole, perché trattiamo la frase «all cars are lemons»1 diversamente dalla frase «tutti i gatti sono credenze»?

La seconda area può essere identificata come «problema del contesto». In questo caso l’attenzione non è concentrata sulla metafora in se stessa, ma sul contesto in cui questa si inserisce. L’assunto dei ricercatori che operano secondo questa tradizione è che i principi pragmatici (attivati dal contesto) determinano se un certo enunciato è figurato e, anche in tal caso, determinano la natura dell’interpretazione non letterale. Quindi un enunciato tipo

tutti gli uomini sono animali (1)

sarà interpretato letteralmente se inserito nel contesto di una lezione di biologia, metaforicamente se riferito da una studentessa alla sua compagna di stanza a seguito di una relazione infelice e, forse, ironicamente se pronunciato dalla stessa studentessa in riferimento a un uomo da lei ritenuto troppo effeminato. Il modo in cui l’enunciato viene utilizzato è il punto principale su cui si concentra lo studio.

1 Nella lingua inglese la parola «lemon» può assumere una connotazione negativa e indicare qualcosa di difettoso, deludente o di bassa qualità. Per questo, invece di tradurre letteralmente con «tutte le auto sono limoni» si è optato per la versione originale, che ha quindi un significato figurato. [N.d.t.]

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The third area can be labeled the “computation problem.” Even if we recognize that a figurative meaning is intended by a speaker, we must still compute the intended meaning. That is, even if we recognized that the intent of the statement relating cars to lemons or men to animals is to comment on a characteristic of cars or men, how do we represent such concepts as “car” and “lemon” so that the nature of the relationship can be specified? It is this area of research that has dominated the interest of cognitive scientists and that will be my focus here. […]

The Representation of Concepts and Metaphor Computation

[…] The traditional approach to this question taken by cognitive scientists has been to assume what Alien Newell (1980) has called the “physical symbol system,” namely, that the mind consists of symbols that can stand for objects and events in the world and that, when combined in order, can produce new symbol systems. Consequently, to understand metaphor comprehension (and any other intelligent activity) one has to have a model of the representation of knowledge in permanent memory and of the type of mental operations that one can apply to this knowledge. Early models of this sort assumed the representation of each concept to consist of a set of features and the problem of metaphor to be one of identifying the features shared by different concepts (see Malgady and Johnson 1980). Consider, for instance, the sentence

life is a jail. (2)

According to the original models, comprehension proceeds with the activation of the critical concepts (i.e., the topic, “life,” and the vehicle, “jail”) and their respective feature lists (jail = building, confinement, etc.).
A feature-overlap operator then compares the feature lists, and comprehension is based on identifying shared features.

There are many problems associated with models of this sort. For instance, such a process would be insensitive to the commonplace intuition that metaphor is often asymmetrical with respect to meaning: reversal of the critical concepts produces a

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La terza area può essere definita come «problema del calcolo». Anche se abbiamo stabilito che il parlante attribuisce all’enunciato un significato figurato, dobbiamo ancora elaborare tale significato. In altre parole, anche se stabiliamo che l’obiettivo di un enunciato che correla le auto ai limoni o gli uomini agli animali è di commentare una caratteristica delle auto o degli uomini, come rappresentiamo concetti come quelli di «auto» e «limone» in modo che possa essere specificata la natura della relazione? Questa è l’area di ricerca che ha dominato l’interesse degli scienziati cognitivi e che sarà al centro del mio studio. […]

La rappresentazione dei concetti e il calcolo della metafora

[…] Il tradizionale approccio degli scienziati cognitivi a questo problema è stato quello di assumere quello che Allen Newell (1980) ha chiamato il «sistema dei simboli fisici», e cioè, che la mente consiste di simboli che possono rappresentare oggetti ed eventi del mondo e che, se sistemati in un ordine, possono produrre nuovi sistemi simbolici. Di conseguenza, per capire come avviene la comprensione della metafora (e qualsiasi altra attività intelligente) è necessario disporre nella memoria permanente di un modello di rappresentazione della conoscenza e del tipo di operazioni mentali che possono esservi applicate. Secondo i primi modelli di questo genere, la rappresentazione di ogni concetto consisteva in una serie di caratteristiche e il problema della metafora era quello di identificare le caratteristiche condivise da concetti differenti (vedi Malgady e Johnson 1980). Si consideri, per esempio, l’enunciato

la vita è una prigione. (2)

Secondo i modelli originali, la comprensione deriva dall’attivazione dei concetti critici (cioè, il tenore, «vita», e il veicolo, «prigione») e della loro rispettiva lista di caratteristiche (prigione = edificio, isolamento, ecc.). In seguito, un operatore esamina le suddette liste per verificare la presenza di sovrapposizioni e la comprensione è basata sull’identificazione delle caratteristiche condivise.

Ci sono molti problemi connessi a modelli di questo genere. Ad esempio, un processo simile sarebbe insensibile alla comune intuizione secondo cui, per quanto riguarda il significato, la metafora è spesso asimmetrica: un’inversione dei concetti critici produce un cambiamento di significato o persino un’anomalia. Si confronti, ad esempio,

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change in meaning or even an anomaly. Compare, for instance, sentence (2) with the reaction produced by the reversal of topic and vehicle below:

jail is a life. (3)

More recent versions of such overlap models have attempted to address the asymmetry problem. The most notable model, introduced by Andrew Ortony (1979), assumes that one has to consider both shared features and distinctive features. Thus, in the example above, “is bounded” could be a feature shared by “jail” and “life,” whereas other features would be unique to one of the concepts (e.g., “has bars” could be a feature of “jail” but not of “life”). In Ortony’s model the common feature is normalized relative to the vehicle feature set. That is, the similarity between topic and vehicle is a function of the salience of the shared features minus the salience of the distinctive features. Imbalance is said to occur when a common feature is of high saliency to the vehicle but of low saliency to the topic. Ortony argued that imbalance is what leads to a statement’s being recognized as a metaphor. Moreover, imbalance suggests a processing model in which (a) both common and distinctive characteristics of the juxtaposed terms are processed, and (b) comprehension is guided by the vehicle. […] In terms of the psychological literature, normalizing with respect to the vehicle is a mechanism which allows for the asymmetry produced by reversing topic and vehicle (see Katz 1982 for some empirical support).

Ortony’s approach is not without its own weaknesses. For one thing, he fails to make distinctions among different types of features. Consider a concept like “whale”: Some of the salient features associated with this concept will be true of a larger conceptual domain, of which this concept is a good example. Thus “whale” is a prototypical example of such domains as “large,” “aquatic,” and “mammals/animals.” Other salient features are more specific to the concept itself: “is endangered,” “has blubber,” and “eats plankton.” […] I would argue, consequently, that a viable representational model of metaphor should explicitly mark the distinction between higher-order, domain-level and lower-order, instance-specific characteristics of the concepts that are related in metaphor. […]

A second problem with the Ortony approach, and with all feature-matching approaches, is that the understanding of metaphor is assumed to depend on finding a

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l’enunciato (2) con la reazione prodotta dall’inversione di tenore e veicolo qui riportata:

la prigione è una vita. (3)

In versioni più recenti di tali modelli di sovrapposizione ci si è posti l’obiettivo di affrontare il problema dell’asimmetria. Il modello più importante, introdotto da Andrew Ortony (1979), assume che si debbano tenere in considerazione sia le caratteristiche condivise che quelle distintive. Quindi, nell’esempio sopra riportato, «è limitata» potrebbe essere una caratteristica condivisa da entrambi i concetti di «prigione» e «vita», mentre altre sarebbero proprie di uno solo dei concetti (per esempio, «ha le sbarre» potrebbe essere una caratteristica di «prigione», ma non di «vita»). Nel modello di Ortony, la caratteristica comune è normalizzata in relazione all’insieme di caratteristiche del veicolo. Ciò significa che la similarità tra tenore e veicolo è una funzione della salienza delle caratteristiche condivise meno la salienza di quelle distintive. Si parla di sbilanciamento quando una caratteristica comune è di salienza elevata per il veicolo, ma di bassa salienza per il tenore. Ortony sostiene che lo sbilanciamento è ciò che porta al riconoscimento di un enunciato come metaforico. Inoltre, lo sbilanciamento suggerisce un modello di elaborazione in cui (a) vengono esaminate sia le caratteristiche comuni che quelle distintive dei due termini e (b) la comprensione è guidata dal veicolo. […] Secondo la letteratura psicologica, la normalizzazione in relazione al veicolo è un meccanismo che tiene conto dell’asimmetria prodotta dall’inversione di tenore e veicolo (vedi Katz 1982 per supporto empirico).

Ma l’approccio di Ortony ha i suoi punti deboli. Innanzitutto, non fa distinzioni tra i diversi tipi di caratteristiche. Si consideri un concetto come «balena»: alcune delle caratteristiche salienti associate a questo concetto saranno valide per un più ampio dominio concettuale, del quale il concetto in questione costituisce un buon esempio. Quindi, «balena» è un esempio prototipo di domini quali «grande», «acquatico» e «mammiferi/animali». Altre caratteristiche salienti riguardano il concetto in modo più specifico: «è in pericolo», «è dotata di grasso», e «si nutre di plancton». […] Di conseguenza, ritengo che un valido modello rappresentativo della metafora debba evidenziare nettamente la distinzione tra livello superiore o dominiospecifico e inferiore o casospecifico dei concetti messi in relazione nella metafora. […]

Un altro problema presentato dall’approccio di Ortony e da tutti quelli basati sul confronto delle caratteristiche consiste nel fatto che la comprensione della metafora è

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feature (or set of features) already present in the representation of the topic, albeit one that might be of low salience to the topic. In contrast, one could argue that in many cases metaphoric understanding is creative, with the features of importance being emergent (see, e.g., Camac and Glucksberg 1984). […]

I favor a solution to the problems of domain/instance separation and of feature attribution that assumes a specific form of representation. First, I favor the notion that concepts are represented as entities in “semantic space.” This space is multidimensional and much like Euclidean space, with the dimensions, or locational axes, being features. Concepts are thus represented as “points” in this space. […] Second, and in line with the arguments that I made above, I favor the notion that semantic space is separable into two matrices, one for instances (defined by instance-specific features) and one for the higher-order domains engaged by the instances (and defined by domain-relevant features). Thus, any two concepts can differ in terms of how “similar” they are to one another at either an instance-specific level or a domain-relevant level. […]

My solution also assumes a specific set of processing operators. In essence these operators work to map information across semantic space, an approach favored by computational linguists such as Gilles Fauconnier (1990) and instantiated in a cognitive model by Roger Tourangeau and Robert Sternberg (1981). The basic processing as- sumption of this model is that, when a metaphor is encountered, the concepts first trigger their respective higher-order domains. This assumption is empirically driven by the type of data (discussed above) that suggest domain-level knowledge to be automatically engaged on encountering a metaphor and to guide further processing. These activated domains then dictate which specific instance dimensions become active. The location of the vehicle in domain space is then computed, and an analog to it is mapped in the topic-domain space. Put simply, the model demonstrates that metaphor processing works by mapping vehicle and topic in domain space, then making an infer- ence about instance-specific relationships from this mapping. Thus, if presented with

the lion is the king of animals, (4)

according to the model, “lion” and “king” would be located in domain-relevant semantic space by figuring out the relationship of “king” to a higher-order domain (e.g., “social

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connessa all’individuazione di una caratteristica (o un insieme di queste) già presente nella rappresentazione del tenore, anche se di bassa salienza per lo stesso. Al contrario, si potrebbe obiettare che in molti casi la comprensione della metafora è creativa e che le caratteristiche più importanti sono in primo piano (vedi, per esempio, Camac e Glucksberg 1984). […]

Personalmente sono a favore di una soluzione ai problemi della separazione dominio/caso e di attribuzione delle caratteristiche che assuma una forma specifica di rappresentazione. Innanzitutto, condivido l’idea secondo la quale i concetti sono rappresentati come entità nello «spazio semantico». Questo spazio è pluridimensionale e molto simile allo spazio euclideo. Qui, le caratteristiche sono rappresentate sugli assi e i concetti come «punti» nello spazio. […] In secondo luogo, e in linea con le precedenti argomentazioni, condivido la teoria in base alla quale lo spazio semantico è divisibile in due matrici, una per i casi (definita dalle caratteristiche casospecifiche) e una per i domini di ordine superiore attivati dai casi (e definita da caratteristiche dominiospecifiche). Quindi, due concetti qualsiasi possono differire per quanto riguarda la loro “similarità” sia a livello di caso specifico che a livello di dominio. […]

La mia soluzione prevede anche una serie specifica di operatori per l’elaborazione. In sostanza, questi operatori lavorano per mappare informazioni all’interno dello spazio semantico, approccio condiviso da linguisti computazionali come Gilles Fauconnier (1990) e rappresentato in un modello cognitivo da Roger Tourangeau e Robert Sternberg (1981). L’assunto di elaborazione fondamentale di questo modello è che, di fronte a una metafora, i concetti dapprima richiamano i domini superiori. Questo assunto deriva per via empirica da quei dati (discussi sopra) che suggeriscono che, di fronte a una metafora, la conoscenza a livello di dominio viene attivata automaticamente e guida l’ulteriore elaborazione. I domini attivati stabiliscono poi quali aree del caso specifico debbano essere attivate a loro volta. A quel punto, viene effettuata la collocazione del veicolo all’interno del dominio e un elemento analogo viene mappato nell’area del dominio del tenore. In breve, il modello dimostra che l’elaborazione della metafora avviene attraverso la mappatura di veicolo e tenore all’interno del dominio e una successiva inferenza sulle relazioni all’interno del caso specifico, derivanti da tale mappatura. Quindi, secondo il modello, di fronte all’enunciato

il leone è il re degli animali,

(4)

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status/occupation”). After inferring the dimensions of this higher-order domain (e.g., “rank”), one then maps that solution onto the animal domain. In essence, comprehension occurs when one figures out the analogy LIONS ARE TO ANIMALS as KINGS ARE TO RANK IN SOCIAL STATUS. It should be noted that this process allows for feature attribution, since one could apply dimensions to an instance that had not been previously associated with the concept. […]

Semantic Space and the Comprehension of Metaphor

A standard experimental approach to the testing of any cognitive model of metaphor is to manipulate the conditions that the model claims should influence performance and then to observe whether the predicted shifts in performance occur. For instance, the basic feature-overlap model was tested by varying the conceptual similarity of the terms that make up the topic and vehicle of a metaphor (see, e.g., Malgady and Johnson 1980), and Ortony’s imbalance model has been tested by varying the semantic features’ degree of salience (Katz 1982; Ortony, Vondruska, Foss, and Jones 1985). The domain- interactional model favored here also leads to predictive manipulations. First, the easier it is to identify and map the relevant dimensions, the easier it will be to understand the point of a metaphor. This should occur the closer (more similar) the concepts are to one another in either domain-relevant or instance-specific space. Tourangeau and Sternberg (1982) claim that the degree to which we find a metaphor apt, or aesthetically pleasing, will be inversely related to domain-relevant distance. That is, they explicitly predict that the identification of similarity between seemingly incongruous terms creates a pleasurable sensation. Thus, a second prediction is that a metaphor such as

Saddam Hussein is a praying mantis (5)

will be experienced as a better metaphor than
Saddam Hussein is a Genghis Khan (6)

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«leone» e «re» verrebbero collocati nello spazio semantico dominiospecifico dopo aver individuato la relazione di «re» nei confronti di un dominio di ordine superiore (per esempio «status sociale/occupazione»). Dopo aver inferito le dimensioni di tale dominio superiore (per esempio «rango»), la soluzione viene mappata sul dominio animale. In poche parole, la comprensione avviene quando si individua l’analogia I LEONI STANNO AGLI ANIMALI COME I RE STANNO ALLO STATUS SOCIALE. Si noti che questo processo permette l’attribuzione di caratteristiche, poiché si possono applicare nuove dimensioni a un caso che non era stato precedentemente associato a un determinato concetto. […]

Lo spazio semantico e la comprensione della metafora

Un comune approccio sperimentale per il test di qualsiasi modello cognitivo della metafora, consiste nel manipolare le condizioni che secondo il modello influenzerebbero la performance e, successivamente, nell’osservare se i cambiamenti previsti avvengano. Per esempio, il modello di base di sovrapposizione delle caratteristiche è stato testato variando la similarità concettuale dei termini che costituiscono il tenore e il veicolo di una metafora (vedi, ad esempio, Malgady e Johnson 1980) e il modello di sbilanciamento di Ortony è stato testato variando il grado di salienza delle caratteristiche semantiche (Katz 1982; Ortony, Vondruska, Foss e Jones 1985). Il modello del dominio interazionale prescelto permette anche manipolazioni predittive. Innanzitutto, più è facile identificare e mappare le dimensioni del caso, più sarà facile comprendere il senso di una metafora. Ciò dovrebbe accadere in misura proporzionale a quanto i concetti sono simili tra loro nello spazio dominiospecifico o in quello casospecifico. Tourangeau e Sternberg (1982) sostengono che il grado di adeguatezza o di gradevolezza estetica di una metafora sia inversamente proporzionale alla distanza tra i domini. In altri parole, predicono esplicitamente che l’individuazione di similarità tra parole apparentemente incongrue crea una sensazione piacevole. Di conseguenza, una seconda previsione è che una metafora come

Saddam Hussein è una mantide religiosa (5) sarà percepita come migliore rispetto alla metafora

Saddam Hussein è un Genghis Khan

(6)

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in part because the domains of insects and world leaders are more dissimilar than are the domains of world leaders and historical figures. Presumably, these two predictions could be tested by presenting metaphors in which the topic and vehicle differ from one another on domain-relevant and on instance-specific dimensions and obtaining ratings of comprehension and metaphor goodness, as has been done in the past (see Katz, Paivio, Marschark, and Clark 1988). A third prediction follows from the mapping function: Recall that the model assumes metaphor to be comprehended in part by analogical reasoning. If this assumption is true, then one would expect that the ease with which a person understands and appreciates a metaphor will vary according to that person’s skill in analogical reasoning. Highly skilled reasoners should find it easier to map across distant (dissimilar) domains, leading to increased understanding of metaphors of that type and the resultant pleasurable reaction. In principle, there is no reason to expect differences in analogical-reasoning skill to be systematically related to instance-specific distance.

Initial testing of the model was quite encouraging (cf. Tourangeau and Sternberg 1981). Building on this initial work, Lana Trick and I tested the model using statistical techniques that were not available to the earlier researchers (see Trick and Katz 1986). […] The technique permitted us to isolate dimensions which defined higher-order domains and to separate dimensions which cut across domain distinctions and, hence, were more instance specific. Using all possible combinations, we then placed the concepts into the form of a proportional metaphor: “X is a Y of domain X,” an example of which would be “the Rolls-Royce is the falcon of cars.” […] These items were presented to over 125 students, who were asked to rate each metaphor along comprehensibility and aptness dimensions. […] (These data are displayed in Table 1 [adapted from Trick and Katz 1986: 200].) […]

The data generally support the predictions. Metaphors in which the topics and vehicles come from dissimilar domains are preferred over metaphors with topics and vehicles from more similar domains. When we look at distance on instance-specific dimensions that cut across domain differences, such as elegance, we get a different picture: concepts that are dissimilar in terms of these characteristics are liked less. Thus the second prediction is supported. […]

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in parte perché il dominio degli insetti e quello dei leader del mondo sono più distanti tra loro rispetto al dominio dei leader del mondo e quello dei personaggi storici. Presumibilmente, queste due previsioni potrebbero essere testate presentando metafore in cui il tenore e il veicolo differiscono l’uno dall’altro sia per le dimensioni dominiospecifiche, sia per quelle casospecifiche e facendone valutare la comprensibilità e la bontà, come è stato fatto in passato (vedi Katz, Paivio, Marschark e Clark 1988). Una terza previsione deriva dalla mappatura: ricordiamo che il modello prevede che la metafora venga compresa in parte attraverso il ragionamento analogico. Se questo assunto è vero, ci si potrebbe aspettare che la facilità con cui una persona comprende e apprezza una metafora, cambi in rapporto alla capacità di ragionamento analogico della persona stessa. Gli individui più dotati in termini di capacità di ragionamento dovrebbero riuscire a mappare più facilmente all’interno di domini distanti (dissimili), riuscendo quindi a comprendere meglio tali metafore e traendone, di conseguenza, una sensazione piacevole. In teoria, non c’è ragione di pensare che le differenze a livello di ragionamento analogico siano sistematicamente connesse alla distanza tra i casi specifici.

I test iniziali sul modello sono stati piuttosto incoraggianti (cfr. Tourangeau e Sternberg 1981). Partendo da questo lavoro iniziale, io e Lana Trick abbiamo testato il modello utilizzando tecniche statistiche che non erano a disposizione dei ricercatori precedenti (vedi Trick e Katz 1986). […] La tecnica ci ha permesso di isolare le dimensioni che definivano domini di ordine superiore e di separare quelle trasversali rispetto alle distinzioni di dominio e, di conseguenza, più casospecifiche. Usando tutte le combinazioni possibili, abbiamo poi collocato i concetti in una metafora proporzionale: «X è una Y del dominio X», di cui un esempio sarebbe «la Rolls-Royce è il falco delle auto». […] Le metafore sono state sottoposte a più di 125 studenti a cui è stato chiesto di esprimere un voto per ognuna di esse in base a comprensibilità e adeguatezza. […] (Questi dati sono indicati nella Tavola 1 [adattata da Trick e Katz 1986: 200].) […]

Generalmente i dati confermano le previsioni. Le metafore in cui il tenore e il veicolo appartengono a domini dissimili sono preferite a quelle in cui questi provengono da domini simili. Per quanto riguarda, invece, la distanza tra le dimensioni casospecifiche trasversali rispetto alle distinzioni di dominio, come l’eleganza, le cose stanno diversamente: in questo caso, i concetti più dissimili vengono meno apprezzati. La seconda previsione è quindi confermata. […]

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Table 1 Partial Correlations Between Metaphor Ratings and Semantic Distance V ariables

Metaphor Ratings

Comprehension scale

Comprehensibility scale

Interpretation ease scale

Appreciation scales

Aptness scale Liking scale

Between-Domain Distancea

.50 .42

.42 .45

Within-Domain Distanceb

-.21 -.24

-.61 -.59

a. Effects partialed out: familiarity; within-domain distance. b. Effects partialed out: familiarity; between-domain distance.

The factor-analytic procedure that we employed also allowed for a direct test of the third prediction: namely, that individual differences in analogical-reasoning skill should be related to differences in the representation of concepts in semantic space and to differences in both comprehension and judgments about a metaphor’s aptness. […] (For the relevant data, see Table 2 [Table 4 in Trick and Katz 1986].)

Table 2 Aptitude Treatment Analysis: Partial Correlations between Aptitude Test and Metaphor Ratings/Semantic Distance Data

Word Meaning Scale (Iowa)

Between-domain distance Comprehension scales

Verbal Reasoning Subtest (DAT)

Comprehensibility scale

Interpretation ease scale Appreciation scales

Aptness scale

Liking scale Within-domain distance

Comprehension scales Comprehensibility scale Interpretation ease scale

Appreciation scales Aptness scale Liking scale

.21** .23***

.17* .33****

.05 .01

-.21* -.07

-.04 -.06

.11 .04

-.01 -.04

-.07 .05

Note: DAT scores have the effects of Iowa vocabulary partialed out; similarly, Iowa scores are equated for differences on DAT ability.
*p<.05. **p<.01. ***p<.005. ****p<.001.

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Tavola 1 Correlazioni parziali tra valutazioni sulla metafora e variabili della distanza semantica

Metaphor Ratings

Comprehension scale

Comprehensibility scale

Interpretation ease scale

Appreciation scales

Aptness scale Liking scale

Between-Domain Distancea

.50 .42

.42 .45

Within-Domain Distanceb

-.21 -.24

-.61 -.59

a. Effetti esclusi: familiarità; distanza intradominio. b. Effetti esclusi: familiarità; distanza interdominio.

La procedura fattoriale analitica impiegata ci ha inoltre permesso di testare direttamente anche la terza previsione: e cioè, che le differenze individuali per quanto riguarda la capacità di ragionamento analogico dovrebbero essere connesse alle differenze nella rappresentazione dei concetti nello spazio semantico e a quelle di comprensione e di giudizio riguardo all’adeguatezza di una metafora. […] (Per i relativi dati si veda la Tavola 2 [Tavola 4 in Trick e Katz 1986].)

Tavola 2 Analisi attitudinale: correlazione parziale tra test sull’adeguatezza e valutazioni sulla metafora/distanza semantica

Word Meaning Scale (Iowa)

Between-domain distance Comprehension scales

Verbal Reasoning Subtest (DAT)

Comprehensibility scale

Interpretation ease scale Appreciation scales

Aptness scale

Liking scale Within-domain distance

Comprehension scales Comprehensibility scale Interpretation ease scale

Appreciation scales Aptness scale Liking scale

.21** .23***

.17* .33****

.05 .01

-.21* -.07

-.04 -.06

.11 .04

-.01 -.04

-.07 .05

Si noti che: gli effetti della comprensione verbale (test Iowa) sono stati esclusi dai risultati DAT; analogamente, i risultati Iowa sono stati corretti in base all’abilità DAT.
*p<.05. **p<.01. ***p<.005. ****p<.001.

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As can be clearly seen, individuals who are skilled in analogical reasoning tend to be more responsive to domain-relevant semantic distance; such individuals are more likely to comprehend and appreciate metaphors in which the topic and vehicle come from distant domains than are less skillful participants. […] As can also be seen, instance- specific semantic distance effects are not reliably related to analogical-reasoning ability, suggesting, as predicted, that the understanding of a metaphor depends predominately on the mapping of meaning at a domain (not an instance-specific) level.

Semantic Space and the Production of Metaphor

One might argue that the same cognitive mechanisms would be involved in both the comprehension and the creation of metaphors. […] it seems likely that comprehension and production cannot be completely independent of one another: When one produces a sentence, one must be assuming that the sentence will be understood by the target audience. From this perspective, one would produce a sentence to serve some communication function and would construct the sentence so as to maximize the communication function.

[…] Eva Feder-Kittay (1982) makes the point that, in metaphoric speech, diagnosticity is achieved by choosing a vehicle which emphasizes the dissimilarities from the topic in order to highlight the few commonalities. From the perspective of semantic space, this suggests that one would choose as the vehicle of a metaphor an instance that was moderately distant from the topic: a vehicle that was too semantically close to the topic would have too few dissimilarities to be diagnostic, while one that was too distant would have too few similarities to be comprehensible. Based on the comprehension data, one might further speculate that the vehicle would be moderately distant in terms of domain-relevant factors and perhaps not so distant in terms of instance-specific factors. Since finding an appropriate vehicle in a somewhat distant region of semantic space involves perceiving similarity in the presence of dissimilarity, one might expect that, as with comprehension, differences in analogical-reasoning ability would influence the choice of vehicle used to make a metaphor.

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Come si può facilmente osservare, gli individui più dotati in termini di ragionamento analogico tendono ad essere più sensibili alla distanza semantica tra i domini; questi individui hanno più probabilità di comprendere e apprezzare metafore in cui il tenore e il veicolo provengono da domini distanti rispetto a partecipanti meno dotati. […] Si noti inoltre che non è provato che gli effetti derivanti dalla distanza semantica tra i casi siano connessi all’abilità di ragionamento analogico. Ciò suggerisce, come previsto, che la comprensione della metafora dipende soprattutto dalla mappatura del significato a livello di dominio (e non di caso specifico).

Lo spazio semantico e la produzione della metafora

Si potrebbe sostenere che lo stesso meccanismo cognitivo sia coinvolto sia nella comprensione che nella creazione delle metafore. […] Sembrerebbe probabile che comprensione e produzione delle metafore non siano completamente indipendenti l’una dall’altra: quando si produce una frase, si presume che quella frase verrà compresa dal ricevente modello. In questo caso, la frase avrebbe una funzione comunicativa e sarebbe costruita in modo da massimizzare la comunicabilità.

[…] Secondo Eva Feder-Kittay (1982), nel linguaggio metaforico, la diagnosticità si ottiene scegliendo un veicolo che enfatizzi le proprie differenze dal tenore, allo scopo di sottolineare le poche somiglianze presenti. In termini di spazio semantico, ciò suggerisce che la scelta del veicolo di una metafora dovrebbe cadere su un caso moderatamente distante dal tenore: un veicolo semanticamente troppo simile al tenore avrebbe troppo poche dissomiglianze per essere diagnostico, mentre uno troppo distante avrebbe troppo poche somiglianze per essere comprensibile. Basandosi sui dati della comprensione, si potrebbe inoltre affermare che il veicolo dovrebbe essere moderatamente distante in termini di fattori dominiospecifici e forse non così distante in termini di fattori casospecifici. L’individuazione di un veicolo appropriato in qualche zona remota dello spazio semantico comporta la percezione di similarità in presenza di dissimilarità; ci si potrebbe quindi aspettare che le differenze nella capacità di ragionamento analogico influenzino la scelta del veicolo usato per costruire la metafora, come accade per la comprensione.

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In addition to semantic space, other psychologically relevant characteristics of metaphor have implications for its production. One such characteristic is the referential concreteness of the concepts being juxtaposed. Susanne Langer (1948), for instance, suggests that metaphor often consists of comparing a relatively abstract topic with a more concrete vehicle. […]

There have been very few experimental studies of metaphor production. The one that I reported in 1989 is the most extensive study to date (see Katz 1989). […] In essence, the experiment consisted of presenting participants with a set of twenty-four metaphor frames from which the vehicle was missing. An example of such a frame would be

sociology is the ———— of the sciences. (7)

Presented along with each frame were three specific instances from seven conceptual domains (e.g., robin, hawk, and owl; USA, Switzerland, and Iran). The task for the participants was to select an instance-vehicle that would result in a comprehensible and apt metaphor. […]

The results were quite clear: participants preferred a vehicle that was an instance from a referentially concrete domain. This might suggest that mental imagery plays an important role in metaphor construction, as has been suggested by Allan Paivio (1979) and others. However, my interpretation of these data is that the concreteness effect tells us more about the structure of concepts in semantic space than about imagery processing. My interpretation is based on two other characteristics of the data. First, the preference for concrete vehicles is not related to individual differences with regard to imagery, but it is reliably related to analogical-reasoning ability. […] Second, the pref- erence for concrete domains is related to the semantic distance between the chosen vehicle and the given topic. Overall, the preferred vehicle tended to be only moderately close to the topic: […] This was true of both instance-specific and domain-relevant distances, so it is consistent with Feder-Kittay’s (1982) suggestion that vehicles are chosen to maximize differences while highlighting similarities. Moreover, participants appeared to maximize similarity at the domain level: the preferred vehicle reflected less semantic distance between domains than between instance-specific characteristics. Both of these characteristics were related to the concreteness of the vehicle domain. […]

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Oltre allo spazio semantico, altre caratteristiche della metafora psicologicamente rilevanti sono implicate nella sua produzione. Una di queste è la concretezza referenziale dei concetti sovrapposti. Secondo Susanne Langer (1948), per esempio, la metafora consiste spesso nel paragonare un tenore relativamente astratto a un veicolo più concreto. […]

Ci sono stati pochissimi studi sperimentali sulla produzione della metafora. Quello da me riportato nel 1989 è quello più estensivo effettuato sino ad oggi (vedi Katz 1989). […] In sostanza, l’esperimento consisteva nel presentare ai partecipanti una serie di ventiquattro strutture metaforiche a cui mancava il veicolo. Ad esempio:

la sociologia è_____________delle scienze. (7)

Insieme ad ogni struttura c’erano tre casi specifici provenienti da sette domini concettuali (ad esempio, pettirosso, falco e gufo; Stati Uniti, Svizzera e Iran). Il compito dei partecipanti consisteva nel selezionare un veicolo che formasse una metafora adeguata e comprensibile. […]

Il risultato fu piuttosto chiaro: i partecipant preferivano veicoli provenienti da domini referenzialmente concreti. Ciò potrebbe far pensare che le immagini mentali svolgano un ruolo importante nella costruzione della metafora, come suggerito da Allan Paivio (1979) e altri. In ogni caso, la mia interpretazione di questi dati è che l’effetto della concretezza ci dice di più riguardo alla struttura dei concetti nello spazio semantico che all’elaborazione delle immagini. La mia interpretazione è basata su altre due caratteristiche dei dati. In primo luogo, la scelta di veicoli concreti non deriva dalle differenze individuali in termini di immagini, ma è saldamente connessa alla capacità di ragionamento analogico. […] In secondo luogo, la preferenza di domini concreti è correlata alla distanza semantica tra il veicolo scelto e il tenore dato. In generale, il veicolo prescelto, di solito, si trovava solo moderatamente vicino al tenore. […] Ciò valeva sia per la distanza tra i casi che per quella tra i domini, concordando così con il suggerimento di Feder Kittay (1982), secondo il quale il veicolo verrebbe scelto per massimizzare le differenze e sottolineare le somiglianze. Inoltre, è sembrato che i partecipanti massimizzassero le somiglianze dominiospecifiche: il veicolo prescelto indicava una distanza semantica tra i domini inferiore rispetto a quella presente tra le caratteristiche casospecifiche. Entrambe queste caratteristiche erano connesse alla concretezza del dominio del veicolo. […]

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Semantic Space and Pragmatic Factors: The Case of Topic/Vehicle Asymmetry

[…] Consider, first, pragmatics. H. Paul Grice (1975) outlined a set of conversational “maxims” that govern the maintenance of verbal communication, among which are to “be relevant” (e.g., one should not state the obvious) and to “be informative” (e.g., one should say neither more nor less than one knows). Consider how these maxims would work in terms of the comprehension and production studies discussed above. Presumably, in the case of production, participants were completing metaphors that fulfilled these maxims, that is, they selected items that would be relevant and informative. In the case of comprehension, participants were, presumably, treating the items as intentional statements meant to evoke an effect. […] In the everyday contexts in which we encounter metaphor, the relevance and informativeness of the communication is stipulated, or at least constrained, by the context in which the metaphor occurs. However, in all of the experiments discussed above, the sentences were presented in a decontextualized form. Presumably, in the absence of an elaborated context from which to construe relevance or informativeness, the participant is forced to depend solely on the characteristics of the decontextualized sentence. I would argue that the most obvious characteristic is semantic distance between the topic and vehicle.

Consider the difficulty faced by a participant in a comprehension study who is presented with something like

Paul Newman is the Elizabeth Taylor of actors (8)

compared to being presented with metaphors in which the topic and vehicle come from more distant domains, such as

Paul Newman is the Rolls-Royce of actors.

(9)

I would argue that the relatively greater ease of comprehending domain-distant metaphors is, in part, due to pragmatic principles that motivate the participant to ask, in effect: “What is the presenter trying to tell me?” – a question that can be answered in the

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Spazio semantico e fattori pragmatici: il caso dell’asimmetria tenore/veicolo

[…] Innanzitutto bisogna considerare la pragmatica. H. Paul Grice (1975) ha esposto una serie di massime conversazionali che governano il mantenimento della comunicazione verbale, tra le quali troviamo l’«essere pertinente» (ad esempio, non bisognerebbe affermare l’ovvio) e l’«essere informativo» (non bisognerebbe dire né più né meno di quel che si sa). Si consideri come queste massime opererebbero per quanto riguarda lo studio sulla comprensione e la produzione. Presumibilmente, nel caso della produzione, le metafore create dai partecipanti soddisfacevano queste massime, in altre parole, i casi selezionati erano pertinenti e informativi. Per quanto riguarda la comprensione, i partecipanti hanno probabilmente trattato gli enunciati come affermazioni intenzionali aventi lo scopo di evocare un effetto. […] Quando la metafora si incontra nella vita di tutti i giorni, la pertinenza e l’informatività della comunicazione sono specificate, o comunque vincolate, dal contesto in cui la metafora si inserisce. In ogni caso, in tutti gli esperimenti, gli enunciati sono stati presentati in forma decontestualizzata. Presumibilmente, in assenza di un contesto elaborato dal quale ricavare pertinenza e informatività, il partecipante è costretto a dipendere solo dalle caratteristiche della frase decontestualizzata. Personalmente, ritengo che la caratteristica più ovvia sia la distanza semantica tra tenore e veicolo. Si consideri la difficoltà che un partecipante deve affrontare in uno studio sulla comprensione quando gli viene presentato un enunciato come

Paul Newman è l’Elizabeth Taylor degli attori (8)

rispetto a una metafora in cui tenore e veicolo provengono da domini più distanti, come nell’enunciato

Paul Newman è la Rolls-Royce degli attori. (9)

Ritengo che la maggior facilità di comprensione delle metafore in cui i domini sono distanti sia, in parte, dovuta a principi pragmatici che spingono il partecipante a chiedersi di fatto «cosa sta cercando di dirmi»? – una domanda a cui, nel caso decontestualizzato dell’esperimento, si può rispondere solo ricorrendo al tipo di informazioni presenti nello spazio semantico. Nel caso Newman/Taylor, il paragone

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decontextualized environment of the experiment only by recourse to the type of information available in semantic space. In the Newman/Taylor case, the “obvious” comparison violates conversational maxims at the domain-relevant level (i.e., it is obvious that actors are like actresses), so for comprehension to proceed, one has to find a less evident comparison that does not violate these principles. This occurs when one considers instance-specific characteristics. In contrast, the Newman/Rolls-Royce comparison does not violate the conversational maxim of relevance. If one also assumes that the principle of informativeness is operating, then the sentence would be taken as an assertion of similarity, requiring the mapping of properties of CARS onto the domain of ACTORS. Thus, in domain-distant metaphors, processing is focused at the domain level.

Consideration of pragmatic factors could also apply to the vehicle-choice data. When a participant is presented with a metaphor frame such as

Paul Newman is the ———— of actors (10)

the participant responds by trying to create a relevant and informative sentence. Thus, the preferred vehicle for completion should be neither tautological (too semantically close) nor obscure (too distant). Consequently, an instance from a moderately distant domain would be preferred.

These pragmatic factors do not, of course, entirely explain why a concrete vehicle is preferred in the vehicle-choice studies. I would argue that concrete and abstract domains differ in their representation in semantic space and that the same framework provided above holds true here as well. For instance, James Hampton (1981) has demonstrated that concrete domains are more cohesive than abstract domains, and Paivio (1971) has shown that the presence of a concrete concept activates a greater number of other concepts than does the presence of an abstract concept. These data suggest that the semantic space of concrete domains is more “dense” (cf. Krumhansl 1978) than that of abstract concepts. Consequently, in order to be a maximally informative and relevant choice, a concrete vehicle would be necessarily closer to the topic than a comparable abstract vehicle. What is not apparent is why the preference for concrete vehicles occurs in the first place. The most likely reason has to do with the type of information that is available from concrete concepts. Brian O’Neil (1972) has demonstrated that it is easier

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«ovvio» viola le massime conversazionali a livello di dominio (in altre parole, è ovvio che gli attori siano come le attrici); quindi, perché la comprensione proceda, è necessario trovare un paragone meno evidente che non violi questi principi. Ciò accade quando si considerano le caratteristiche casospecifiche. Al contrario, il paragone Newman/Rolls-Royce non viola la massima conversazionale della pertinenza. Se si assume che sia operativo anche il principio dell’informatività, la frase verrà considerata come una dichiarazione di similarità e richiederà la mappatura delle proprietà delle AUTO sul dominio degli ATTORI. Quindi, nelle metafore in cui i domini sono distanti, l’elaborazione è focalizzata sui domini.

I fattori pragmatici possono essere considerati anche per quanto riguarda i dati della scelta del veicolo. Quando a un partecipante viene presentata una struttura metaforica come

Paul Newman è _____________degli attori, (10)

questi risponde cercando di creare un enunciato pertinente e informativo. Il veicolo scelto per il completamento non dovrebbe perciò essere né tautologico (troppo simile semanticamente) né oscuro (troppo distante). Di conseguenza, si preferirà un caso appartenente a un dominio moderatamente distante.

Certo, questi fattori pragmatici non spiegano interamente la preferenza per un veicolo concreto rilevata negli studi sulla scelta dei veicoli. Ritengo che la rappresentazione nello spazio semantico di domini concreti e astratti differisca e che lo stesso modello sopra riportato sia valido anche in questo caso. Ad esempio, James Hampton (1981) ha dimostrato che i domini concreti sono più coesivi di quelli astratti e Paivio (1971) ha provato che la presenza di un concetto concreto attiva un numero maggiore di altri concetti rispetto alla presenza di un concetto astratto. Questi dati suggeriscono uno spazio semantico dei domini concreti più «denso» (cfr. Krumhansl 1978) rispetto a quello dei concetti astratti. Di conseguenza, un veicolo concreto, allo scopo di costituire una scelta informativa e pertinente al massimo grado, sarebbe necessariamente più vicino al tenore rispetto a un veicolo astratto. Ciò che non risulta chiaro è la preferenza di veicoli concreti in se stessa. La ragione più probabile ha a che fare con il tipo di informazioni reperibili da concetti concreti. Brian O’Neil (1972) ha dimostrato che questi sono più facili da definire, mentre Ian Begg, Douglas Upfold e Terrence Wilton

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to define concrete concepts, and Ian Begg, Douglas Upfold, and Terrence Wilton (1978) have shown that it is easier to describe concrete objects to others. That is, of two equally informative concepts (in the sense of being sufficiently distant semantically), the concrete concept might be the preferred vehicle because it is perceived as less ambiguous (i.e., better able to “clarify, illuminate, or explain” [cf. Winner 1988: 7]).

This pragmatically based explanation of semantic information suggests one solution to the problem of topic/vehicle asymmetry mentioned earlier. […] The solution that I would like to suggest depends on considering, first, the role played by both domain- relevant and instance-specific distance and, second, the role of conversational principles, such as relevance and informativeness.

Consider again the metaphor “Paul Newman is the Elizabeth Taylor of actors.” […] To understand the metaphor one must infer that something other than the dominant domain relationship is being expressed, since the similarity between actors and actresses is so obvious that comprehension at the domain level is neither informative nor relevant. It is likely that processing is then focused on (less accessible) instance-specific information. In essence, one is asking, “Is there something salient about Elizabeth Taylor that I don’t know about Paul Newman, but that can be attributed to him?” Note that this process can be stimulated by the sense of salience imbalance, as suggested by Andrew Ortony (1979), and, as pointed out above, such imbalance can produce strong asymmetry effects. Thus, the theoretical combination of domain semantic distance and pragmatic principles would lead to the prediction that topic/vehicle asymmetry will be very likely to occur with domain-similar metaphors.

Next, consider such domain-dissimilar metaphors as “Paul Newman is the Rolls- Royce of actors.” From a pragmatic perspective, one would ask, “Why is an actor being compared to a car?” Now, however, the dissimilarity between domains is great enough to lead one to conclude that what is being suggested is that some characteristics of cars can be applied to actors. Once again, the solution must be derived from a domain-level analogy: “Paul Newman is to actors as the Rolls-Royce is to cars.” Now, however, the solution can be understood as informative and relevant inasmuch as the relationship of the Rolls-Royce to the larger domain suggests characteristics that one could (but might

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(1978) hanno indicato come gli oggetti concreti siano più facili da descrivere. In altre parole, tra due concetti ugualmente informativi (e cioè, abbastanza distanti semanticamente), il concetto concreto potrebbe essere scelto come veicolo perché percepito come meno ambiguo (ad esempio, maggiormente in grado di «chiarificare, illuminare o spiegare» [cfr. Winner 1988: 7]).

Questa spiegazione delle informazioni semantiche basata sulla pragmatica suggerisce una soluzione al problema dell’asimmetria tenore/veicolo. […] La soluzione dipende dalla considerazione, in primo luogo, del ruolo svolto sia dalla distanza tra i domini che da quella tra i casi e, in secondo luogo, del ruolo dei principi conversazionali come pertinenza e informatività.

Si consideri ancora la metafora «Paul Newman è l’Elizabeth Taylor degli attori». […] Per comprenderla, essendo la similarità tra attori e attrici così ovvia che la comprensione a livello di dominio non è né informativa né pertinente, si deve inferire che vi sia espresso qualcosa in più della relazione principale tra i domini. E’ probabile che l’elaborazione venga poi focalizzata su informazioni casospecifiche (meno accessibili). In sostanza, ci si chiede: «c’è qualcosa di importante riguardo a Elizabeth Taylor che non so di Paul Newman, ma che può essergli attribuito?» Si noti che questo processo può essere stimolato dalla sensazione di sbilanciamento di salienza, come suggerito da Andrew Ortony (1979), e che questo sbilanciamento può provocare forte asimmetria. Quindi, la combinazione ipotetica di distanza semantica tra i domini e principi pragmatici porterebbe alla previsione secondo cui l’asimmetria tenore/veicolo si verifica probabilmente in presenza di metafore in cui i domini sono simili.

Si considerino, poi, metafore dai domini dissimili come la metafora «Paul Newman è la Rolls-Royce degli attori». Da un punto di vista pragmatico, ci si dovrebbe chiedere «perché un attore viene paragonato a un’auto?» Ora, in ogni caso, la dissimilarità tra i domini è abbastanza forte da portare alla conclusione che ciò che viene suggerito è che alcune caratteristiche delle auto possano essere applicate agli attori. Anche in questo caso, la soluzione deve essere tratta da un’analogia a livello di dominio: «Paul Newman rappresenta nel mondo degli attori ciò che la Rolls-Royce rappresenta in quello delle auto». La soluzione, comunque, sarà percepita come informativa e pertinente nella misura in cui la correlazione della Rolls-Royce a un dominio più ampio suggerisce caratteristiche che potrebbero essere attribuite a Newman: costoso, elegante, raro e così via. Di fatto, se i due domini sono abbastanza distanti l’uno dall’altro, ci troviamo di fronte a un altro problema: quello di trovare delle caratteristiche che possano essere

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not have) attributed to Newman: pricey, elegant, rare, and so on. Indeed, if the two domains are sufficiently distant from each other, the problem becomes one of finding characteristics that can be mapped from one domain onto the other (since the topic domain constrains the choice of characteristics that can be reasonably drawn from the host domain). One can envision a point at which, as the domains become increasingly more distant from one another, the characteristics that can be mapped from vehicle to topic become fewer in number and increasingly less salient. In principle, the consequence would be that salience imbalance becomes less important as domain distance increases.

Two hypotheses are suggested by this analysis. The first is that topic/vehicle asymmetry becomes less marked as domain distance increases. That is, the reversal of domain-similar metaphors leads to more asymmetry than the reversal of domain-distant metaphors. Thus, one can compare the asymmetry of “Paul Newman is the Elizabeth Taylor of actors” with that of “Elizabeth Taylor is the Paul Newman of actresses,” or, with regard to domain-distant metaphors, “Paul Newman is the Rolls-Royce of actors” can be compared with “the Rolls-Royce is the Paul Newman of cars.” One would expect the reversals in the first pair to be seen as more anomalous than those in the second pair. The second hypothesis is that the comprehension of domain-similar metaphors is more likely to depend on instance-specific information than is the comprehension of domain- distant metaphors.

Recently completed research in my laboratory was conducted to examine both of these hypotheses (see Katz 1991). The first was addressed by means of the vehicle- production data discussed in the last section. For each topic we counted the frequency with which different vehicles were chosen. […] The Pearson cross-product correlation provided an estimate of reversibility (or asymmetry): concepts that produced similar frequency patterns were symmetrical, whereas those that produced markedly different patterns were asymmetrical. The correlation indicated three natural groupings: eight terms of high asymmetry (average r = .27); eight terms of moderate asymmetry (average r = .66); and eight terms of low asymmetry/high reversibility (average r = .89).

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mappate da un dominio all’altro (dato che il dominio del tenore limita la scelta delle caratteristiche che possono essere ragionevolmente ricavate dal dominio principale). Ci si può immaginare un punto in cui, man mano che i domini diventano sempre più distanti l’uno dall’altro, le caratteristiche che possono essere mappate da veicolo a tenore diminuiscono e diventano sempre meno salienti. In linea di principio, la conseguenza consisterebbe in una diminuzione dello sbilanciamento di salienza in rapporto ad un aumento della distanza tra i domini.

Quest’analisi suggerisce due ipotesi. La prima è che l’asimmetria tenore/veicolo diventi meno marcata a mano a mano che aumenta la distanza dal dominio. In poche parole, l’inversione di metafore in cui i domini sono simili crea più asimmetria rispetto all’inversione di metafore in cui i domini sono distanti. Si può quindi paragonare l’asimmetria dell’enunciato «Paul Newman è l’Elizabeth Taylor degli attori» con quella dell’enunciato «Elizabeth Taylor è il Paul Newman delle attrici». Per quanto riguarda invece le metafore in cui i domini sono distanti, l’enunciato «Paul Newman è la Rolls- Royce degli attori» può essere paragonato all’enunciato «La Rolls-Royce è il Paul Newman delle auto». Ci si aspetterebbe che l’inversione nella prima coppia di enunciati venga vista come più anomala rispetto all’inversione nella seconda. La seconda ipotesi è che la comprensione di metafore in cui i domini sono simili abbia più probabilità di dipendere da informazioni casospecifiche rispetto a quella di metafore in cui i domini sono distanti.

Nel mio laboratorio sono state recentemente condotte e completate delle ricerche allo scopo di esaminare entrambe queste ipotesi (vedi Katz 1991). La prima ipotesi è stata testata utilizzando i dati riguardanti la produzione del veicolo, discussa nella sezione precedente. Per ogni tenore, abbiamo calcolato la frequenza con cui venivano scelti diversi veicoli. […] Il coefficiente di correlazione di Pearson ha fornito una stima del grado di invertibilità (o asimmetria): concetti che avevano prodotto schemi di frequenza simili erano simmetrici, mentre quelli che avevano prodotto schemi marcatamente diversi erano asimmetrici. Si sono così creati tre raggruppamenti naturali: otto termini caratterizzati da elevata asimmetria (r medio = .27); otto termini caratterizzati da asimmetria moderata (r medio = .66); e otto termini caratterizzati da bassa asimmetria/alta invertibilità (r medio = .89).

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Figure 1. Mean topic/vehicle semantic distance as a function of concept asymmetry and distance type (domain vs. instance).

These groupings were each used as a classification factor in several analyses of variance in which the dependent variables were the semantic distances between topic and vehicle on domain-relevant and on instance-specific characteristics (see Figure 1). […] As can be seen, more asymmetry was observed as domain distance decreased (i.e., as the domains became more similar to one another) and also as instance-specific distance increased (i.e., as the instances became more dissimilar to one another). This finding completely supports the hypothesis that participants seek informative, relevant information and that this information is less available at the domain level for domain- similar metaphors; when the information at the instance level is quite different, then greater asymmetry is observed.

The second hypothesis was tested in a false-recognition memory paradigm. In this study, participants were asked to process a set of metaphors by rating each one for comprehensibility and aptness. Unknown to the participants, however, was that half of the items had been selected on the basis of our earlier scaling as domain distant, whereas the other half were domain similar. After completing this task and performing “filler” tasks for about forty minutes, participants were asked to complete a recognition

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Figura 1. Distanza semantica media tenore/veicolo come funzione dell’asimmetria tra i concetti e del tipo di distanza (dominio versus caso specifico).

Ciascuno dei raggruppamenti è stato usato come fattore di classificazione in diverse analisi della varianza in cui le variabili dipendenti erano costituite dalla distanza semantica tra tenore e veicolo a livello di dominio e di caso specifico (vedi Figura 1). […] Come si può notare, l’asimmetria aumentava al diminuire della distanza tra i domini (e cioè, quando i domini si avvicinavano l’uno all’altro) e anche all’aumentare della distanza tra i casi (e cioè, quando la differenza tra i casi aumentava). Questi dati corroborano l’ipotesi secondo la quale i partecipanti cercherebbero dati informativi e pertinenti, i quali, in caso di metafore in cui i domini sono simili, sarebbero meno disponibili a livello di dominio. Quando le informazioni casospecifiche sono piuttosto differenti tra loro, si osserva il grado più alto di asimmetria.

La seconda ipotesi è stata testata utilizzando il meccanismo del «falso riconoscimento». In questo studio, ai partecipanti è stato chiesto di analizzare una serie di metafore valutandone comprensibilità e adeguatezza. I partecipanti non erano però a conoscenza del fatto che metà delle metafore era stata scelta tra quelle precedentemente indicate come metafore dai domini distanti, mentre l’altra metà era stata scelta tra le metafore dai domini simili. Dopo la valutazione e il «completamento» di alcune metafore per la durata di circa quaranta minuti, ai partecipanti è stato chiesto di eseguire una prova di riconoscimento mnemonico in cui (1) le metafore venivano presentate nuovamente, (2) venivano presentate in forma invertita, (3) erano presentate con delle

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memory task, in which items were (1) re-presented; (2) presented in reversed form; (3) variants of the items from the domains presented earlier (thus if “Paul Newman is the Rolls-Royce of actors” had been presented earlier, the participant might be tested with “Robert Redford is the Cadillac of actors”); and (4) new control items, for which the domains had not been presented earlier. The participants’ task in this second phase was to decide whether or not the exact item had been presented in the first phase and to rate their confidence in their own recognition ability. […] (see Table 3).

The findings of this study are remarkably consistent with the predictions. The top panel represents correct recognition of old items, whereas the bottom panel represents false recognition of control items (i.e., completely new metaphors in which both instances and domains were different at test from those presented at study). The results here are consistent with the usual findings: “old” items are generally recognized and “new” items are generally rejected. The theoretically more important findings are displayed in the middle panel. False recognition occurred more often (and attendant confidence ratings were substantially higher) when the topic and vehicle were reversed, especially when they came from domain-distant metaphors (58% vs. 32%). Moreover, reliably higher rates of false recognition (and attendant confidence) were found for domain-distant items even when the specific instances were replaced by other members of the domain (11% vs. 4%). When one of the specific instances was re-presented, but was paired with a new instance, the opposite effect was observed: higher rates of false recognition (and confidence) were then found for domain-similar metaphors (24% vs. 1%). I take this last finding to indicate that processing at the instance level made the specific instances highly accessible, and, when confusion arose, the participant decided to call an item “old” if s/he was confident that at least one of the concepts had been presented in the earlier phase.

In summary, the data presented in this section is supportive of three general points. First, I take the data to show that a comprehensive model of how we process metaphor must encompass the interactive effects of representation in semantic space and the tacit pragmatic rules of discourse that are activated, even when the metaphor is presented in a decontextualized form. Second, the data suggest that this interaction can explain such effects as the asymmetry produced when topic and vehicle are reversed.

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variazioni facenti parte del dominio precedentemente sottoposto (quindi, se al partecipante era stata precedentemente sottoposta la metafora «Paul Newman è la Rolls- Royce degli attori», ora sarà messo alla prova con una metafora come «Robert Redford è la Cadillac degli attori») e (4) venivano presentate nuove metafore di controllo il cui dominio non era ancora stato sottoposto. Il compito dei partecipanti in questa seconda fase era quello di decidere se quello stesso elemento era stato presentato nella prima fase e di valutare la propria sicurezza nelle proprie capacità di riconoscimento. […] (vedi Tavola 3).

I risultati di questo studio corrispondono in maniera evidente alle previsioni. La riga in alto rappresenta il corretto riconoscimento delle metafore vecchie, mentre quella in basso rappresenta il falso riconoscimento di nuove metafore di controllo (e cioè, metafore completamente nuove in cui sia i casi che i domini erano diversi da quelli presentati nello studio). I risultati corrispondono ai dati comunemente riscontrabili: le metafore «vecchie» vengono generalmente riconosciute e quelle «nuove» respinte. I risultati teoricamente più importanti sono indicati nelle righe intermedie. Il falso riconoscimento si è verificato più spesso (e il relativo tasso di sicurezza era sostanzialmente più elevato) quando tenore e veicolo erano invertiti e, in particolare, quando questi appartenevano a metafore in cui i domini erano distanti (58% contro 32%). Inoltre, tassi più elevati di falso riconoscimento (e relativa sicurezza) sono stati riscontrati in caso di metafore distanti a livello di dominio, anche quando i casi specifici erano stati rimpiazzati da altri membri dello stesso dominio (11% contro 4%). L’effetto opposto è stato osservato quando uno dei casi specifici veniva ripresentato accompagnato da un caso nuovo: tassi più elevati di falso riconoscimento (e sicurezza) sono stati riscontrati per metafore in cui i domini erano simili (24% contro 1%). Faccio riferimento a questi dati per indicare che l’elaborazione a livello di caso specifico ha reso questi ultimi altamente accessibili e, in caso di confusione, il partecipante ha deciso di considerare una metafora «vecchia» solo quando era sicuro che almeno uno dei due concetti fosse stato presentato nella fase precedente.

Riassumendo, i dati riportati in questa sezione sono a favore di tre principi generali. In primo luogo, indicano che un modello completo del modo in cui elaboriamo la metafora include gli effetti interattivi della rappresentazione nello spazio semantico e delle tacite regole pragmatiche del discorso che vengono attivate. Ciò vale anche per le metafore presentate in forma decontestualizzata. In secondo luogo, suggeriscono che questa interazione possa spiegare effetti come l’asimmetria prodotta quando tenore e

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Table 3 Recognition Performance and Confidence Ratings as Functions of Domain Distance

Domain Distance

Close

Distant

Item Type

recognition

confidence

recognition

confidence

Old items

M SD

85% (21)

5.3 (1.2)

87% (20)

5.8 (1.0)

Reversals

32% (24)

2.7 (1.2)

58% (31)

4.1 (1.7)

M SD

New items/Old domains M

SD

04% (08)

1.3 (0.5)

11% (13)

1.7 (0.7)

One-Old item

24% (08)

2.3 (0.5)

01% (04)

1.0 (0.2)

M SD

New items

M

0%

1.02

SD

(0)

(0.14)

Confidence rating: 1 = 100 sure item not presented earlier; 7 = 100 sure item presented earlier.

More specifically, the data indicate that asymmetry is not fatal to explanations of metaphor based on representation in semantic space. Finally, the data clearly indicate that some metaphors arc reversible, thus failing to support the claims of theorists who view asymmetry as a defining characteristic of metaphor (see, e.g., Glucksberg and Keysar 1990). […]

Conclusion: Metaphor and Its Ecology

Metaphor does not reside in individual sentences, except in the laboratory. In everyday life, metaphor arises within a conversational or formal context and is employed to meet some communication goal. The analysis and data presented in the previous section suggest that pragmatic factors are important, even with a decontextualized form. In the more natural environment of metaphor, these factors are probably much more potent and probably serve to generate the functional semantic space in which comprehension takes place. What is required are clear mechanisms linking contextual effects to the generation of semantic space. As discussed earlier, such research is still in its infancy.

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Tavola 3 Capacità di riconoscimento e tasso di sicurezza come funzioni della distanza tra domini

Domain Distance

Close

Distant

Item Type

recognition

confidence

recognition

confidence

Old items

M SD

85% (21)

5.3 (1.2)

87% (20)

5.8 (1.0)

Reversals

32% (24)

2.7 (1.2)

58% (31)

4.1 (1.7)

M SD

New items/Old domains M

SD

04% (08)

1.3 (0.5)

11% (13)

1.7 (0.7)

One-Old item

24% (08)

2.3 (0.5)

01% (04)

1.0 (0.2)

M SD

New items

M

0%

1.02

SD

(0)

(0.14)

Tasso di sicurezza: 1 = 100% di certezza che la metafora non sia stata presentata in precedenza; 7 = 100% di certezza che la metafora sia già stata presentata.

veicolo vengono invertiti. Più specificatamente, i dati indicano che l’asimmetria non rappresenta un ostacolo per i tentativi di spiegare la metafora basati sulla rappresentazione nello spazio semantico. Infine, dai dati si evince che alcune metafore si possono invertire, il che fa cadere le teorie secondo le quali l’asimmetria sarebbe una caratteristica propria della metafora (vedi, per esempio, Glucksberg e Keysar 1990). […]

Conclusione: la metafora e la sua ecologia

La metafora non è costituita da singoli enunciati, se non in laboratorio. Nella vita di tutti i giorni, la metafora nasce all’interno di un contesto conversazionale o formale e viene utilizzata per soddisfare un’esigenza comunicativa. Le analisi e i dati presentati nella sezione precedente suggeriscono che i fattori pragmatici sono importanti, anche in presenza di una forma decontestualizzata. Nell’ambiente più naturale della metafora, probabilmente, questi fattori sono molto più potenti e servono a generare lo spazio semantico funzionale in cui ha luogo la comprensione. Quel che è richiesto sono meccanismi chiari che colleghino gli effetti contestuali alla creazione dello spazio semantico. Come accennato in precedenza, la ricerca in questo campo è ancora ai suoi inizi.

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In my laboratory at the University of Western Ontario, we are just beginning to investigate the role(s) played by context. In our studies, a figurative target sentence is presented in some narrative context, and the reaction to the target obtained. In one such study Nigel Turner and I examined the recognition problem (Turner and Katz 1991), asking how a participant decides that figurative language should be treated as literally or as figuratively true. (In these initial studies, the targets were proverbs; we are now commencing parallel studies with metaphors as targets.) The task was simple: participants merely had to read a set of paragraphs at their own pace. […] In some of these studies, after participants had read all the paragraphs, they were provided with a booklet containing, at the top of each page, either a proverb or its paraphrase. They were then asked to identify the specific target that they had read and to recall as much of the rest of the paragraph as possible. They were also asked to paraphrase the target that they recalled.

The latency data indicated that participants took a longer time to read unfamiliar proverbs presented in figurative contexts. Familiar proverbs, on the other hand, were read equally quickly in literal and in figurative contexts. The memory data exhibited several interesting types of errors when participants were asked to paraphrase each target they claimed to have read. (For instance, if participants had read “an empty sack cannot stand upright” in a literal context, then an appropriate paraphrase would be about sacks and their properties; if they had read the same target statement in a figurative context, an appropriate paraphrase would be about people and personality charac- teristics, such as being superficial.) We wondered whether participants would sometimes produce an inappropriate-context interpretation. Errors of this sort would suggest that the alternative interpretation was generated by the target, even though the appropriate interpretation was suggested by the context. What the data clearly showed was that a familiar proverb, even when placed in a literal context, is interpreted figuratively, while it is less likely to be interpreted literally in a context that emphasizes its proverbial sense. These findings were completely reversed with unfamiliar proverbs: even when the context was figurative, a literal interpretation was made, while a figurative interpretation did not result from the same proverb’s being presented in a

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Nel mio laboratorio alla University of Western Ontario, gli studi sul ruolo del contesto sono appena incominciati. Nel suddetto studio, un enunciato figurato target viene presentato in un contesto narrativo e viene così ottenuta la relativa reazione. In uno di questi studi, io e Nigel Turner abbiamo esaminato il problema del riconoscimento (Turner e Katz 1991) chiedendoci secondo quali criteri un partecipante decida che del linguaggio figurato debba essere trattato come letteralmente o figuratamente vero. (In questi studi iniziali i target erano costituiti da proverbi; ora stiamo avviando studi paralleli che utilizzano metafore.) Il compito era facile: i partecipanti dovevano soltanto leggere una serie di paragrafi, ognuno con il proprio ritmo. […] In alcuni degli studi, dopo la lettura, ai partecipanti veniva fornito un libretto in cui, all’inizio di ogni pagina, c’erano un proverbio o la sua parafrasi. A quel punto, veniva loro chiesto di indicare l’esatto target da loro letto in precedenza e di richiamare alla mente quanto più possibile del resto del paragrafo. Inoltre, era previsto che i partecipanti parafrasassero il target ricordato.

I dati di latenza hanno dimostrato che i partecipanti impiegavano più tempo per leggere proverbi sconosciuti presentati in un contesto figurato. I proverbi conosciuti, d’altra parte, richiedevano un tempo di lettura ugualmente veloce sia in contesto letterale che figurato. I dati mnemonici hanno mostrato alcuni errori interessanti verificatisi nel momento in cui ai partecipanti veniva chiesto di parafrasare ciascun target che dichiaravano di aver letto. (Ad esempio, se i partecipanti avessero letto l’enunciato «an empty sack cannot stand upright»2 in un contesto letterale, una parafrasi appropriata avrebbe riguardato i sacchi e le loro proprietà; se avessero letto lo stesso proverbio in un contesto figurato, la parafrasi appropriata avrebbe invece riguardato le persone e i lati del loro carattere, come la superficialità.) Ci siamo chiesti se talvolta i partecipanti interpretassero il contesto in maniera inappropriata. Errori di questo genere suggerirebbero che l’interpretazione alternativa venga generata dal target, anche se l’interpretazione appropriata deriva dal contesto. Ciò che dai dati è risultato chiaro è che un proverbio conosciuto, anche se collocato in un contesto letterale, viene interpretato in modo figurato, mentre è meno probabile che venga interpretato letteralmente in un

2 Il proverbio sopra riportato corrisponde all’italiano «un sacco vuoto non sta in piedi», ma si è preferito lasciare la versione inglese in quanto a questo proverbio vengono attribuiti diversi significati, che potrebbero variare a seconda del lettore e non corrispondere, così, al significato voluto dall’autore. [N.d.t.]

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literal context. These data strongly suggest that the proverb retains its conventional meaning, regardless of context, except where a less conventional meaning is generated by a special context. In general, the data indicate that participants appear to automatically produce the conventional meaning of a proverb (i.e., the figurative meaning of familiar proverbs and the literal meaning of unfamiliar proverbs).

The participants’ recall of the context in which each target statement was embedded also proved to be instructive. From a pragmatic perspective, one would expect that, with unconventional targets, the participant must find a way to make the sentence seem informative and relevant. To do this, the participant must have to elaborate on the context in order to make sense of the target. Consequently, we would expect the context of unconventional targets to be better recalled than the context of a proverb used “conventionally.” The data completely confirmed this expectation. More of the context was recalled in the unconventional cases, that is, when a familiar proverb was presented literally (rather than in its conventional figurative sense) and when an unfamiliar proverb was presented figuratively (rather than in a more conventional literal sense).

These data suggest to me that the functional semantic space is dependent on the conventionality of usage, that is, on the extent to which discourse is used in its dominant or most familiar sense. With conventional usage, a well-established space can be generated, even for figurative language. The recognition of a statement as metaphorical might be triggered by unconventional usage, forcing the participant to ask, “What could be meant by such language?” The participant would then be faced with the problem of setting up a semantic space that would permit a satisfactory answer to the question. Metaphor, of course, would not be unique here since other forms of language (such as “indirect requests”) also force the same sort of nonautomatic response. Presumably, the context itself provides clues to the intended meaning and to the type of semantic space that might provide the appropriate interpretation.

Christopher Lee and I have recently begun to investigate what some of these clues might be (see, e.g., Lee and Katz 1990). To get a sense of what we have done, consider the following (decontextualized) sentence:

Albert Katz is the Wayne Gretzky of his Psychology Department’s team. (11)

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contesto che enfatizza il suo senso proverbiale. I dati erano completamente diversi in caso di proverbi non conosciuti: anche quando il contesto era figurato, il proverbio veniva interpretato letteralmente, mentre il contesto letterale non produceva un’interpretazione figurata. Questi dati mostrano chiaramente che un proverbio mantiene il proprio significato convenzionale, indipendentemente dal contesto, a meno che un contesto particolare suggerisca un significato meno convenzionale. In generale, dai dati risulta che i partecipanti sembrano produrre automaticamente il significato convenzionale di un proverbio (vale a dire il significato figurato di proverbi conosciuti e quello letterale di proverbi sconosciuti).

Anche la capacità dei partecipanti di ricordare il contesto in cui ciascun enunciato target era inserito si è dimostrata istruttiva. Da un punto di vista pragmatico, si presume che, in presenza di target non convenzionali, il partecipante debba trovare un modo per rendere l’enunciato informativo e pertinente. Per fare ciò, e riuscire così a dare un senso al target, il partecipante deve basarsi sul contesto. Di conseguenza, ci si aspetterebbe che il contesto di target non convenzionali venga ricordato più facilmente rispetto al contesto di un proverbio utilizzato in maniera “convenzionale”. I dati hanno confermato pienamente queste aspettative. Il contesto veniva ricordato con più facilità nei casi non convenzionali, vale a dire quando un proverbio conosciuto veniva presentato in modo letterale (piuttosto che nel suo significato convenzionale figurato) e quando un proverbio non conosciuto veniva presentato in maniera figurata (piuttosto che in senso più letterale e quindi convenzionale).

Questi dati suggeriscono che lo spazio semantico funzionale dipende dalla convenzionalità dell’uso, e cioè dalla misura in cui l’enunciato viene usato nel suo significato dominante o più conosciuto. All’interno dell’uso convenzionale, può essere creato uno spazio ben determinato, anche per quanto riguarda il linguaggio figurato. Il riconoscimento di un enunciato come metaforico potrebbe derivare da un uso non convenzionale, che forzerebbe il partecipante a chiedersi «cosa si intende con quel linguaggio»? Il partecipante, a quel punto, dovrebbe affrontare il problema della creazione di uno spazio semantico che permetta una risposta soddisfacente alla domanda. Naturalmente, questo non accade solo per la metafora, dato che anche altre forme di linguaggio (come le “richieste indirette”) comportano lo stesso tipo di reazione non automatica. Presumibilmente, il contesto stesso fornisce indicazioni riguardo al significato voluto e al tipo di spazio semantico da cui si potrebbe trarre l’interpretazione appropriata.

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Now, this statement is well formed, and those of you who have some familiarity with ice hockey will make sense of it. But what sense? Those who don’t know me may take it as a proportional metaphor and interpret it to mean that (relative to the rest of my department) I am a superstar; those who do know me will (alas) take the statement to be ironic.

Chris Lee and I reasoned that context determines the nature of the semantic space being constructed. For instance, if in the context you had understood the speaker to be endorsing the proposition that Katz is a Gretzky, you would have treated the proposition as a metaphor; whereas if you had understood the speaker as intending that you reject the Katz/Gretzky similarity, then you would have treated the statement as irony. Specifically, we argued that the relative metaphoricity or ironicity of the statement depended first on whether or not observational evidence suggested that the speaker was expressing an endorsement or a denial of the truth-value embodied by the proposition. Thus, if the statement were made right after I had scored a goal, one could reasonably infer that the speaker meant something quite different than would be meant if I had just tripped while crossing the blue line. A second clue can be found in the implicit contract between speaker and listener, namely, whether the proposition is made to a privileged or a polarized audience. By a privileged audience, I mean one for whom the speaker formulates an utterance so that the information needed to understand the speaker’s intent is known only by a subset of listeners, such as those who have played hockey with me in the past. Members of a privileged audience, especially if they recognize that they are being treated as privileged, will be able to make additional inferences about the speaker’s intent. For instance, if they know that a given statement is a denial of a proposition, and if they also know that other members of the audience are unlikely to recognize that denial, then they will treat the proposition as especially ironic.

In our study, participants were presented with a set of anecdotes involving a conversation among several people. Each anecdote had a similar format: a proposition was made by one of the characters, an observation about the statement was then made salient, and finally the proposition was repeated in echoic form. The echoic reference (i.e., repeating the proposition) allowed us to draw attention to its antecedent usage. We

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Io e Christopher Lee abbiamo recentemente iniziato a fare delle ricerche per scoprire quali potrebbero essere questi indizi (vedi, per esempio, Lee e Katz 1990). Per comprendere ciò che è stato fatto, si consideri il seguente enunciato (decontestualizzato):

Albert Katz è il Wayne Gretzky del team del Dipartimento di Psicologia. (11)

Ora, questo enunciato è ben costruito e chi di voi segue l’hockey su ghiaccio ne trarrà un senso. Ma quale? Chi non mi conosce potrebbe concepire questo enunciato come una metafora proporzionale e interpretarlo arrivando alla conclusione che (rispetto al resto del mio dipartimento) io sia una superstar; chi invece mi conosce percepirà l’enunciato come ironico (purtroppo).

Io e Chris Lee abbiamo pensato che il contesto determina la natura dello spazio semantico che viene costruito. Per esempio, se nel contesto il parlante avesse dato l’impressione di condividere effettivamente l’enunciato Katz è un Gretzky, l’affermazione sarebbe stata trattata come una metafora; se invece il parlante avesse dato l’impressione di rifiutare la similarità Katz/Gretzky, l’enunciato sarebbe stato concepito come ironico. Più specificatamente, abbiamo concluso che il relativo carattere ironico o metaforico delle affermazioni dipende innanzitutto dalla possibilità o meno che i dati osservativi suggeriscano una condivisione o una negazione da parte del parlante del valore di verità contenuto nell’enunciato. Quindi, se l’affermazione fosse stata fatta subito dopo un mio goal, si potrebbe ragionevolmente inferire che il parlante intendesse qualcosa di piuttosto differente da ciò che avrebbe voluto dire in caso avessi appena inciampato attraversando la linea blu. Un secondo indizio può essere trovato nel contratto implicito tra parlante e ricevente, e cioè, a seconda che l’enunciato sia rivolto a un pubblico privilegiato o polarizzato. Per audience privilegiato intendo un pubblico per il quale il parlante formula un enunciato in modo che le informazioni necessarie per comprendere l’intento del parlante siano conosciute solo da una parte degli ascoltatori, come quelli che hanno giocato a hockey con me in passato. I membri di un audience privilegiato, specialmente se si rendono conto di essere trattati in tal modo, saranno in grado di compiere inferenze aggiuntive riguardo all’intento del parlante. Per esempio, se sanno che l’affermazione data è la negazione di una proposizione e che altri membri dell’audience probabilmente non la riconosceranno, tratteranno l’enunciato come particolarmente ironico.

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manipulated the nature of the echoic usage such that in half of the anecdotes it was consistent with the prior proposition and in the other half it was inconsistent with the prior proposition. In the former case, it was obvious that the speaker endorsed the truth- value of the proposition, whereas in the latter case, the truth-value was denied. We also manipulated the degree of access that the characters in the story had to the antecedent usage. We employed this manipulation as our operational means of determining whether or not a privileged audience existed. The participant’s task was to imagine himself/herself as a specific character in the story and to rate the echoic usage on one of two scales: degree of metaphoricity or degree of ironicity.

Our initial findings have been encouraging. A target sentence was judged more metaphoric when the context suggested the speaker’s intention to be an endorsement of a proposition, but more ironic when the context suggested the speaker’s intention to be a denial of the proposition’s truth-value. Moreover, when the speaker framed a proposition in such a way as to exclude a segment of the audience, that proposition (when rejected) was seen as more ironic. Thus, the extent to which a given proposition is understood as metaphoric or ironic depends on a subtle interaction between speaker and listener. The context in which a comparison is made functions as a discursive ecology, full of hints about the speaker’s intent. These hints (i.e., as to whether or not the listener is part of a privileged audience, or whether or not the speaker is seriously endorsing a statement) are used to construct an interpretive framework (such as a semantic space) with which to make sense of the statement.

Final Statement

The intent of this paper was to demonstrate that a psychological model of metaphor processing has to explicitly address the nature of information in memory and the processes that affect this representation. Such a model has to be constrained by observations on the nature of metaphor, and it must be able to generate testable predictions. The model explicated here was based on the representation of concepts in semantic space. In general, this model performs quite well, but it remains deficient

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Nel nostro studio, ai partecipanti sono stati sottoposti una serie di aneddoti riguardanti una conversazione tra diverse persone. Ogni aneddoto aveva un formato simile: una delle persone pronunciava un’affermazione, un’osservazione a riguardo veniva poi messa in rilievo ed, infine, l’affermazione veniva ripetuta in forma ecoica. La citazione ecoica (vale a dire la ripetizione dell’enunciato) ci ha permesso di attirare l’attenzione sul suo uso precedente. Abbiamo manipolato la natura dell’uso ecoico di modo che in metà degli aneddoti non corrispondesse alla proposizione precedente. In caso di coerenza, era ovvio che il parlante condividesse il valore di verità della proposizione, mentre in caso di incoerenza questo veniva negato. Abbiamo inoltre manipolato il grado di accesso dei personaggi della storia all’uso precedente. Abbiamo utilizzato questa manipolazione come mezzo operativo per determinare l’esistenza o meno di un audience privilegiato. Il compito dei partecipanti consisteva nell’immaginarsi come personaggi specifici nella storia e nel dare una valutazione all’uso ecoico in base a una delle due scale seguenti: grado di metaforicità e grado di ironia.

I dati iniziali sono stati incoraggianti. Un’enunciato target veniva giudicato più metaforico quando il contesto suggeriva che l’intenzione del parlante era quella di condividere la proposizione e più ironico quando sembrava che l’intenzione fosse quella di negarla. Inoltre, quando il parlante impostava un’affermazione in modo da escludere una parte dell’audience, la proposizione (quando rifiutata) veniva vista come più ironica. Quindi, la misura in cui una proposizione data viene concepita come metaforica o ironica dipende da una sottile interazione tra parlante e ricevente. Il contesto in cui viene fatto un paragone ha la funzione di ecologia discorsiva, piena di indizi riguardo all’intento del parlante. Questi indizi (e cioè, quelli riguardanti il fatto che il ricevente sia parte di un audience privilegiato oppure no o il fatto che il parlante condivida seriamente l’affermazione) vengono usati per costruire uno schema interpretativo (come uno spazio semantico) attraverso il quale dare un senso all’affermazione.

Precisazione finale

L’intento di questo studio era quello di dimostrare che un modello psicologico dell’elaborazione della metafora deve esplicitamente fare riferimento alla natura dell’informazione nella memoria e ai processi che influiscono su questa rappresentazione. Tale modello deve essere limitato da osservazioni sulla natura della

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unless pragmatic principles of language are also taken into account. How a functional semantic space is created and how this creation is related to pragmatics are still unknown, although studies currently under way suggest that conventionality, consistency with observational evidence, and utterances framed to match audience characteristics will all play a role.

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metafora e deve essere in grado di generare previsioni sperimentabili. Il modello qui illustrato si basa sulla rappresentazione dei concetti nello spazio semantico. In generale, questo modello funziona piuttosto bene, ma rimane inadeguato a meno che non si tengano in considerazione anche i principi pragmatici del linguaggio. Il modo in cui uno spazio semantico funzionale viene creato e la relazione di questa creazione con la pragmatica non sono ancora conosciuti, anche se degli studi attualmente in corso suggeriscono che questa convenzionalità, la corrispondenza ai dati osservativi e gli enunciati costruiti per adattarsi alle caratteristiche dell’audience avranno tutti un ruolo.

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Ringraziamenti

Un grazie particolare a Bruno Osimo, Dorothé Beekhuizen e Andrew Tanzi per la loro disponibilità.

Grazie ai miei genitori, per avermi sostenuta e appoggiata.

Grazie infine a Brendan, per il suo aiuto, per essermi stato vicino e avermi sempre incoraggiata.

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