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poesia

Bruno Osimo, Le smagliature del tuo seno

le smagliature del tuo seno

così bene posso capire solo io

dalla scollatura della maglietta a V verde militare troppo giovane per te

 

le venature delle tue gambe

le costellazioni di capillari scoppiati

chi meglio di me che le ha viste nascere

chi meglio di me che le ha viste crescere

può conoscere-apprezzare-venerare

 

i giovani corpi che ti danzano intorno

gli sguardi luminosi che ti ronzano intorno

le bocche vogliose che ti sciamano intorno

sono turgidi, sono gravidi

ma mentre amoreggi con loro continuano a passarti le immagini di te

mentre gestisci le mie voglie

Hum Mugdal, Laura U, traduzione dall’ebraico di Maya Katzir e Bruno Osimo

Laura U

 

I capelli che proseguono le tue tempie raccolti dietro

sono carezze del vento di Levànto

prima di baciarti ha sputato acqua salina sulle mani.

 

La bambina che mi ha posato il bicchiere

rovesciandone una goccia sul piattino

tremava di smalto rosa chiaro un po’ scrostato.

 

Il cucchiaino lungo non sapevi dove posarlo

l’hai infilato tutto nel bicchiere e tre bustine di zucchero

quello bianco, quello marrone e quello finto.

 

Ci vediamo all’ora dell’aperitivo

– solito posto –

il rabbino ci unirà e sotto le infradito

spezzeremo i calici di succo di pompelmo

infrangendoli contro la sabbia.

 

לאורה אוּ

 

השערות הממשיכות את רקותייך אסופות לאחור

ליטופי רוח הלבאנט הן

לפני שנשק לך, ירק מי מלח על הידיים

 

הילדה שהציגה בפני את הכוס

בעודה שופכת טיפה על הצלוחית

רעדה מלק ורוד בהיר, מקולף מעט

 

את הכפית הארוכה- לא ידעת איפה להניח

והכנסת את כולה לתוך הכוס ושלוש שקיות סוכר

לבן, חום ומלאכותי

 

ניפגש בשעת האפריטיף

– המקום הקבוע-

הרב יאחד אותנו ותחת סנדלי האצבע

נשבור את גביעי מיץ האשכולית

נרסקם כנגד החול

Hum Mugdal, Ora che cerco il sonno, traduzione di Maya Katzir e Bruno Osimo

ora che cerco il sonno con un dito proteso verso la sua pelle

ricordo le tue mutande bianche senza orlo

ti fasciavano i fianchi senza finire in nulla

si sfilavano piano

ricordo il rumore delle tue risate –

pompavano di vita la mia vita

le ascoltavo di nascosto dietro il telefono, sul treno

ricordo te contare i corvi nella pianura riarsa dal caldo

promettermi piscine dove mai ci saremmo tuffati

per fare invidia alla signora anziana con la tagliaerba

 

ricordo gli aperitivi in piazza a Canterbury

restano solo quelli

e lo sguardo curioso delle signore appese alle tue parole

sacre riscritture, di Hum Mugdal

Riposo la testa sulla erre friggente

della canzone di Eviatar Banai

sobbalzo eccitato sulla het

cullato dall’incomprensione

dalla mia, in barba al cherubino

 

Sono in famiglia – ho credito

faccio cambiali scoperte

belle scoperte, durante l’aperitivo in Dizengov street

scoperte da manuale

 

Vorrei vedere che faccia fai quando te lo dico

che la tua voce è più maschile della sua

tu che amo oltre ogni dire ebraico

voglio te per riscrivere il testo sacro

leggendotelo sulle labbra

Impotente, di Hum Mugdal

Non posso fare a meno di desiderarlo ancora

non riesco a concepire un’esistenza precedente

s’impiglia il mio pensiero nei tuoi boccoli fruscianti

s’appiglia alla tua pelle mentre freme mentre è viva.

 

Trecento e più mestieri riesco a fare dentro un giorno

trecento e più lavori compi tu nella tua sera

continuo a collegarmi mentalmente col tuo karma

ricevo i tuoi segnali forte e chiaro e te ne mando.

 

Aspetto di ricevere da te una cartolina

un fiore, tre bustine, quattro scatole di mare

l’invito a rivederci in questo mondo, se ti piace

un giorno dentro un anno: la speranza mi dà vita.

 

Da Poesie scelte, Haifa, 2009.

traduzione di Bruno Osimo

Hum Mugdal, A massage for you

c’incontreremo tutta la vita al tavolo d’angolo

sempre carezzandoti la mano destra con la sinistra sopra il tavolo di formica

sempre desiderando la miniera d’oro dei tuoi riccioli

come un minatore stanco

stanco ma imperterrito

stanco ma insistente

stanco come un maratoneta dotato di ritmo

stanco come un maratoneta coi corvi contanti nelle orecchie

nel buio delle foglie scricchiolanti

nel buio delle foglie sempre più marce

conservate fuori dalla scatola dei biscotti.

 

ogni mattina ho un orgasmo davanti allo splendore della tua faccia

ogni mattina accarezzi la mia nuca stanca

bisognosa del tuo balsamo.

 

ogni mattina.

ricordatelo mentre ti fai il bidet.

 

 

traduzione dall’ebraico di Bruno Osimo e Maya Katzir

Hum Mugdal, AAA per pollo inseguito da biker bodyguard urgentemente cercasi

ogni volta che ti giravi mi massacravi il fianco col kalashnikov

potevi stare più attenta, dissennata

dopo la tumultuosa notte insieme

con questo cifrato ti sto chiedendo aiuto.

 

una losca biker m’inseguiva nel buio

mentre scappavo tra foglie

trafitto da aghi gelati.

 

il suo scatto inesorabile in avanti travolgeva i miei sforzi quasi inutili.

riparandomi nell’anonimato speravo di scamparla,

ma la biker s’appostava dietro il boccaporto per sbarrarmi la strada

e ZOT ZOT ZOT una raffica

falciava le mie gambe sudate,

segava le mie ossa malvagie.

 

anche se saltavo disperato

anche se facevo un triplo mortale in avanti

un carpiato elegante atterrando sullo zerbino come da contratto

mi sono ritrovato menomato.

 

vorresti essere la mia bodyguard

non ho più palle d’avventurarmi disarmato fino allo stagno gelato:

lo sai che le pattinatrici seriali planano inesorabili dalle tre alle cinque

recidendomi il cavo dell’ipod,

il tubo della flebo

e circoncidendomi con i saldi di fine stagione.

 

ho bisogno di un guerriero tecnico che mi colpisca i nemici

scatto su scatto

infierendo soprattutto sui malleoli

e produca tempesta di balsamo agli angoli acuti della mia spina dorsale.

 

traduzione dall’ebraico di Bruno Osimo e Maya Katzir

Hum Mugdal, Temple

ogni mattina vengo al tempio piastrellato di blu

dove ho fatto la spesa con la cassintegrata.

 

unico indizio da consumare entro preferibilmente

unicamente stampigliato sulla confezione di wasabi:

per il resto vedevo solo distese e praterie,

correvo come un ciuco pensando che l’erba non potesse finire mai.

 

guardando dall’alto di kikar Allenby avrei dovuto capire

che il tuo autobus era già partito,

che quel fumo grasso che non si stemperava nell’aria umida

per stampigliarsi nei miei polmoni

eventualmente sarebbe diventato oggetto di culto.

 

guardo quel fumo scomparire a poco a poco nella cappa

del tempio piastrellato di blu ogni mattina:

ogni mattina faccio un tiro

ogni mattina più annacquato

e scrivo un romanzo che contiene una parte del tuo corpo.

 

 

traduzione dall’ebraico di Bruno Osimo e Maya Katzir

Hum Mugdal, Scoiattolo scardinato

Dopo avere scostato la pelliccia di scoiattolo dai tuoi occhi,

ho trovato due nocciole mature.

 

Mentre aspettavo, scusa, che finissi la telefonata,

ho cominciato a sgranocchiarle.

 

Spero di non averti lasciato in disordine il piano d’appoggio.

Mamma scoiattola mi ha confidato di avere appuntamento con me.

 

Ancora non posso credere

di poter un giorno spartire il pelo ma non il vizio:

anche se la tua voce m’è entrata dal buco sbagliato

e i labirinti affluiscono al cervello sperando che non trovi

parcheggio nella piazza sotto casa tua.