Come Together Analisi testuale e culturale LOREDANA GENTILINI

Come Together
Analisi testuale e culturale

LOREDANA GENTILINI

Scuole Civiche di Milano
Fondazione di partecipazione
Dipartimento Lingue
Scuola Superiore per Mediatori Linguistici
via Alex Visconti, 18 20151 MILANO

Relatore: professor Bruno Osimo
Correlatrice: professoressa Cynthia Bull

Diploma in Scienze della Mediazione Linguistica
primavera 2009

© Loredana Gentilini per l’edizione italiana 2009
Abstract in italiano
Questo lavoro parte dal concetto di «traduzione totale» elaborato da Torop nell’omonimo libro, in cui estende la concezione semiotica della traduzione di Jakobson, arrivando a definire come processo traduttivo qualsiasi trasferimento che da un prototesto porti a un metatesto. Attraverso l’analisi della canzone Come Together, esaminata sia da un punto di vista linguistico-testuale, fornendo anche una traduzione della canzone dall’inglese all’italiano, sia da un punto di vista culturale, analizzando gli aspetti culturali che si celano dietro le parole dell’autore, la candidata si propone di mostrare che anche una canzone può essere vista in termini traduttivi come metatesto, in quanto non è altro che la sintesi della cultura in cui viene prodotta.

English abstract
This work starts from the notion of “total translation” formulated by Torop. In his book, he develops the semiotic notion of “translation” by Jakobson, defining as “translating process” any transfer starting from a prototext and leading to a metatext. The song Come Together is examined both from a linguistic-textual point of view – providing a translation of the song from English into Italian – and from a cultural point of view – analysing the cultural aspects behind the author’s words. The candidate tries to show that a song can be seen in translation terms as a metatext, as a synthesis of the culture that produced it.

Deutsches Abstract
Der von Torop geprägte Begriff der „totalen Űbersetzung″ bildet die Grundlage dieser Arbeit. Torop erweitert in seinem gleichnamigen Buch den semiotischen Begriff der Űbersetzung von Jakobson und definiert jeden Transfer, der vom Prototext zum Metatext führt, als „Űbersetzungsprozess″. Das Lied Come Together wird sowohl vom sprachlich – textuellen als auch vom kulturellen Gesichtspunkt aus analisiert, wobei das Lied aus dem Englischen ins Italienische übersetzt wird und die kulturellen Aspekte des Liedtextes in Betracht gezogen werden. Diese Arbeit will zeigen, dass auch ein Lied als Metatext und als Synthese der Kultur, aus der es stammt, betrachtet werden kann.

Sommario

1. Prefazione 4
1.1 Premessa terminologica 6
1.2 Fonti utilizzate 7
2. Analisi del testo 9
2.1 Primo verso 11
2.1.1 Commento testuale 11
2.1.2 Commento culturale 13
2.2 Secondo verso 16
2.2.1 Commento testuale 16
2.2.2 Commento culturale 19
2.3 Terzo verso 21
2.3.1 Commento testuale 21
2.3.2 Commento culturale 21
2.4 Quarto verso 23
2.4.1 Commento testuale 23
2.4.2 Commento culturale 24
2.5 Quinto verso 25
2.5.1 Commento testuale 25
2.5.2 Commento culturale 25
2.6 Sesto verso 27
2.6.1 Commento testuale 27
2.6.2 Commento culturale 27
2.7 Settimo verso 29
2.7.1 Commento testuale 29
2.7.2 Commento culturale 29
2.8 Ottavo verso 31
2.8.1 Commento testuale 31
2.8.2 Commento culturale 31
2.9 Nono verso 33
2.9.1 Commento testuale 33
2.9.2 Commento culturale 33
2.10 Decimo verso 34
2.10.1 Commento testuale 34
2.10.2 Commento culturale 35
2.11 Undicesimo verso 36
2.11.1 Commento testuale 36
2.11.2 Commento culturale 36
2.12 Dodicesimo verso 38
2.12.1 Commento testuale 38
2.12.2 Commento culturale 38
2.13 Tredicesimo verso 41
2.13.1 Commento testuale 41
2.13.2 Commento culturale 42
3. Riferimenti bibliografici 43
4. Bibliografia 46
5. Ringraziamenti 49

1. Prefazione
Quasi tutto può essere visto in termini di traduzione, come afferma Torop nel suo libro del 1995 intitolato La traduzione totale. Nel libro egli riprende e amplia la concezione semiotica della traduzione elaborata da Jakobson in un articolo pubblicato nel 1959 dal titolo On linguistic aspects of translation, in cui divide la traduzione in tre tipi, definendo «traduzione» sia il trasferimento interlinguistico (da una lingua all’altra), sia quello intralinguistico (all’interno della stessa lingua), ma anche la trasmutazione intersemiotica, ovvero l’interpretazione di segni verbali per mezzo di segni di sistemi segnici non verbali. Torop estende ulteriormente questa concezione arrivando a definire come processo traduttivo qualsiasi trasferimento che da un prototesto (primo testo) porti a un metatesto (testo trasferito, testo successivo, testo ulteriore) (Osimo 2004: 9). È quindi ad esempio traduzione la fiaba popolare russa Pierino e il lupo che diviene una composizione musicale di Prokof’ev; è traduzione il romanzo di Tomasi di Lampedusa Il gattopardo che diventa un film di Luchino Visconti (Osimo 2004: 17-18) ed è un processo traduttivo una canzone, come nel mio specifico caso, in quanto è la traduzione – la sintesi – di una cultura.
Nella mia tesi ho analizzato la canzone Come Together dei Beatles sia da un punto di vista linguistico-testuale, fornendo anche una traduzione della canzone dall’inglese all’italiano, sia da un punto di vista culturale, esaminando gli aspetti culturali che si celano dietro le parole dell’autore, proprio perché una canzone non è altro che l’espressione della cultura in cui viene prodotta. È quindi possibile affermare che vi è un prototesto, costituito dalla cultura degli anni Sessanta in Gran Bretagna e in USA, e un primo metatesto costituito dalla canzone stessa, scritta in lingua originale, quella inglese. Vi è poi un altro metatesto costituito dalla canzone in lingua italiana, frutto di una traduzione interlinguistica, il cui prototesto è la canzone in lingua inglese.
Durante l’analisi della canzone, sono rimasta particolarmente colpita da come ogni singola parola, ogni verso e in generale ogni scelta creativa operata dall’autore esprima caratteristiche della cultura del tempo, del contesto culturale in cui è stata scritta, da cui è impossibile prescindere. Ad esempio, il verso he wear no shoe shine che ho tradotto con la frase «non porta scarpe lucidate», «non si lucida le scarpe», a prima vista potrebbe sembrare privo di connotazioni culturali e degno di poca considerazione. Infatti, Come Together è stata spesso descritta erroneamente come una canzone misteriosa, piena di nonsense, dal contenuto incomprensibile, nonostante sia stata una hit di grandissimo successo, cantata e ballata da milioni di persone in quegli anni, che forse non hanno saputo coglierne ogni significato. In realtà, il verso he wear no shoe shine ha un senso ben preciso che sintetizza un aspetto caratteristico della cultura degli anni Sessanta. Il fatto che l’autore dica che il personaggio non ha le scarpe lucide dovrebbe indurre il lettore/ascoltatore a pensare che sia un fatto insolito, perché altrimenti non ci sarebbe motivo di affermarlo. I ragazzi “perbene” dell’epoca, quelli che esprimevano la morale comune, erano soliti portare le scarpe ben lucidate, e il fatto di non averle lustre era considerato “anticonformista”, un segno di voluta rottura con la cultura dominante del tempo; segno che è poi sfociato nella moda delle scarpe Clarks, il cui modello più noto era costituito da scarponcini scamosciati (e perciò non lucidabili) divenuti poi uno dei tanti simboli della contestazione giovanile. O ancora, il verso I know you, you know me, apparentemente privo di connotazioni culturali particolari, e traducibile in italiano con l’espressione «io conosco te, tu conosci me», che di primo acchito potrebbe sembrare non voler dire nulla al di là del suo significato denotativo, in realtà nasconde un altro aspetto caratteristico di quegli anni: un modo molto aperto e diretto di approccio con l’altro, privo di inibizioni, soprattutto per quanto riguarda la sfera sessuale, tipico appunto della fine degli anni Sessanta. Mi riferisco a quel tipo di atteggiamento che porta poi all’esplosione della rivoluzione sessuale.
Anche il fatto che l’autore abbia scelto come caratteristica di tutto il testo di non coniugare i verbi alla terza persona – here come[-s] old flat top; he come[-s] grooving up slowly –, di ometterli – he [is] one holy roller –, di omettere il suffisso –s che denota la forma plurale – he got joo joo eyeball[-s]; he got hair down to his knee[-s] –, di omettere i soggetti – [he] [has] got to be a joker –, di utilizzare abbreviazioni – he [has] got toe jam football; he [has] got hair down to his knee – e, in generale, così facendo, di manifestare il rifiuto di seguire le regole – grammaticali e non – convenzionalmente in uso rispecchia la voglia di trasgredire e l’anticonformismo tipico delle culture “alternative” degli anni Sessanta.
1.1 Premessa terminologica
Durante l’analisi della canzone parlerò di «autore», riferendomi a John Lennon, e non di autori, benché la canzone Come Together (come molte altre, del resto) sia firmata da John Lennon e Paul McCartney. Infatti, nonostante i due componenti del gruppo siglassero, per un accordo commerciale, la paternità delle canzoni insieme, è noto che vi sono canzoni scritte esclusivamente da Paul e canzoni scritte esclusivamente da John e questa è tra quelle ascrivibili interamente a John.
1.2 Fonti utilizzate
Per realizzare la mia analisi e in particolare per tradurre la canzone dall’inglese all’italiano, ho utilizzato diverse fonti, da quelle più tradizionali, come dizionari monolingui e bilingui, (sia cartacei che telematici) a fonti meno “convenzionali”, tra cui il dizionario online Urban Dictionary, che mi è stato molto utile. Questo dizionario è stato creato nel 1999 e contiene definizioni in inglese scritte da utenti di tutto il mondo, che vengono poi controllate dagli utenti stessi. Il fatto che il dizionario sia costituito interamente da definizioni fornite da gente comune, che risiede in tutto il mondo, presenta sia aspetti negativi che aspetti positivi, su cui vorrei porre l’accento. Sicuramente, questo dizionario permette di trovare parole o espressioni che non è possibile trovare nei dizionari tradizionali, perché inevitabilmente non sono in grado di recepire tutte le novità e tutti gli usi. È altresì vero che, non essendoci nessun tipo di controllo, si potrebbe pensare che ognuno possa scrivere ciò che vuole, comprese informazioni non controllate. Per cercare di ovviare a questo problema reale, gli autori del sito hanno inserito un metodo per cui chi legge una definizione può esprimere il proprio parere al riguardo, “votando” mediante gli up (rappresentati visivamente dal pollice alzato) e i down (rappresentati dal pollice verso), a seconda che si condivida o meno la definizione fornita da un utente. Seguendo la logica introdotta da questo meccanismo di valutazione, è possibile affermare tendenzialmente che la definizione che detiene più up è la più condivisa. A seconda del numero di up attribuiti alle definizioni, queste vengono ordinate, affinché la prima definizione che appare nella pagina sia la più attendibile. Attraverso l’utilizzo di questo strumento, è già possibile farsi un’idea del significato della parola/espressione che si sta cercando. Proprio perché questo dizionario è “libero”, l’ipotesi formulata deve però essere poi controllata con l’ausilio di altre fonti, che possono smentire o avvalorare la definizione trovata nel dizionario. Ad esempio, la parola joo joo contenuta nel terzo verso della prima strofa della canzone non era presente nei principali dizionari bilingui e monolingui da me consultati durante la traduzione. Ho provato quindi a ricercare la parola nell’Urban Dictionary, dove ho trovato ben quattro definizioni, il che ne testimonia certamente un uso, trascurato dai dizionari da me consultati in precedenza. La prima definizione fornita dal dizionario è quella di karma, vibes (Mo’ Urban 2005), che presenta ben 39 up e 7 soli down e questo può essere interpretato già come un segnale positivo sull’attendibilità della fonte. Attraverso la consultazione del dizionario mi ero già fatta un’idea del possibile significato della parola, che ho poi appurato con l’ausilio di altre fonti: la moda della filosofia e della cultura orientale, soprattutto indiana, di quegli anni; il fatto che anche i Beatles si fossero avvicinati a quella cultura compiendo anche viaggi in India e l’usanza – tipica di quel periodo – di giudicare una persona in base alle vibrazioni che emanava (Norman 1981: 487), vibes appunto, mi hanno spinto a ritenere quella definizione veritiera e soprattutto adatta al contesto.
Anche Wikipedia è un’enciclopedia “libera” in cui ognuno può, a seconda delle proprie conoscenze, trattare un argomento, che può essere criticato e corretto dagli stessi utenti che, al momento della lettura, potrebbero riscontrare errori nelle trattazioni altrui. Anche Wikipedia è uno strumento utile, in quanto può fornire una prima “infarinatura”, anche superficiale, su un determinato argomento. Successivamente, come per l’Urban Dictionary, le informazioni vanno controllate e approfondite utilizzando altre fonti.
In conclusione, ritengo che anche queste fonti che possiamo definire “non ufficiali”, in quanto dispongono di un basso carattere di scientificità, possano essere utili, a patto che sull’informazione reperita vengano effettuati ulteriori controlli, utilizzando fonti primarie.

2. Analisi del testo

Here come old flat top
He come grooving up slowly
He got joo joo eyeball
He one holy roller
He got hair down to his knee.
Got to be a joker he just do what he please.

He wear no shoe shine
He got toe jam football
He got monkey finger
He shoot Coca Cola
He say I know you, you know me.
One thing I can tell you is you got to be free.

Come together right now over me.

He bag production
He got walrus gumboot
He got O-no sideboard
He one spinal cracker
He got feet down below his knee.
Hold you in his armchair you can feel his disease.

Come together right now over me.

He roller coaster
He got early warning
He got muddy water
He one Mojo filter
He say one and one and one is three.
Got to be goodlooking ‘cause he’s so hard to see.
Come together right now over me.
Come together.
Come together…

Autori: John Lennon/Paul McCartney
Anno: 1969

2.1 Primo verso
Here come old flat top
2.1.1 Commento testuale
Here svolge qui la funzione di avverbio (di luogo) e in questo specifico caso, dove è seguito dal verbo come, dà luogo alla locuzione here come[s], molto utilizzata nella lingua inglese e traducibile in italiano con l’espressione «ed ecco che arriva», «ed ecco arrivare». Questa espressione, sia per quanto concerne l’inglese che l’italiano, viene utilizzata all’inizio di una frase per attirare l’attenzione del lettore/ascoltatore. Procedendo alla ricerca del soggetto, lo si riscontra nella parola top e si nota subito che al verbo come, a cui il soggetto top si riferisce, manca il suffisso -s che in lingua inglese denota la terza persona singolare. Ritengo che la scelta da parte dell’autore di omettere il suffisso -s sia dettata da una questione di suoni, ma anche e soprattutto dal fatto che egli voglia liberarsi da ogni tipo di forma, legge o regola, anche grammaticale (Miccoli 1998). La parola top significa in questo contesto «testa» in quanto, come noteremo in seguito, si riferisce a una persona (he) e viene qui preceduta da due aggettivi: old e flat. Flat tra i vari significati presenta quello di «piatto», «schiacciato» (Ragazzini 2005). L’aggettivo old, «vecchio», che precede l’aggettivo flat potrebbe essere qui usato sia in senso dispregiativo: «ed ecco arrivare (il/un) vecchio con la testa piatta», sia in senso vezzeggiativo: in questo caso old assumerebbe dei toni amichevoli, in quanto l’autore si riferirebbe a una persona che conosce da tempo e l’espressione inglese potrebbe essere tradotta con: «ed ecco arrivare il vecchio testa piatta». Old flat top diverrebbe così un nickname, un soprannome. È possibile inoltre notare che il soggetto non è preceduto da nessun articolo, né determinativo (the), né indeterminativo (an) e questo potrebbe confermare la teoria secondo la quale old flat top potrebbe essere il soprannome con cui l’autore chiama il protagonista del testo perché altrimenti, considerando l’aggettivo old in un’accezione negativa, l’articolo a mio avviso sarebbe opportuno.

2.1.2 Commento culturale
Gli anni Sessanta sono gli anni del «movimento giovanile», che ha segnato uno dei più grandi cambiamenti di costume della storia del Novecento. Solitamente, la nascita del «movimento giovanile» si fa coincidere con gli anni Sessanta perché sono stati anni turbolenti, chiara espressione del disagio esistenziale dei giovani, considerato la scintilla che ha fatto esplodere tale movimento (Fenoglio 2009). In realtà, la manifestazione pubblica del disagio esistenziale giovanile ha un precedente verso la seconda metà degli anni Cinquanta, sviluppatosi in Europa e negli USA in due modi distinti: in Europa, soprattutto in Francia, ma non solo, si diffonde l’«esistenzialismo», espressione di una filosofia di crisi causata dal vuoto di certezze che ha seguìto la fine della Seconda guerra mondiale. Questo vuoto è dovuto al fatto che dopo la fine della Seconda guerra mondiale viene a mancare quella tensione ideologica che aveva prodotto e che trova il proprio fulcro nella contrapposizione nazifascismo/democrazia/comunismo. Si comincia così ad avvertire un rilassamento della vita, un vero e proprio «vuoto» che spinge l’individuo a vivere in una sorta di «vuoto esistenziale», in cui l’esistenza dello stesso viene considerata una mera possibilità (Fenoglio 2009). Questa sensazione di disagio si riflette immediatamente nella musica, considerata dal mondo giovanile il regno ideale per dare spazio alle emozioni e ai sogni, generando così una vera e propria moda che ha il suo centro a Parigi, ma che si diffonde ben presto in tutta Europa: quella dei Platters, la cui musica può essere definita come un mix di spiritual nero e rock, una sorta di “soft rock”. Per quanto riguarda invece gli USA, il segno del disagio giovanile è più forte, più aggressivo e trasgressivo e si traduce con il rock ‘n’ roll, in séguito contaminato da Elvis Presley con la musica country (Fenoglio 2009). Il rock ‘n’ roll, a partire dal movimento pelvico, rappresenta una vera e propria provocazione morale nei confronti del rigorismo puritano spesso incarnato nella figura dei genitori, con cui si apre un conflitto “generazionale” basato a sua volta su un conflitto di valori. Vi è poi un elemento particolarmente significativo che acuisce il disagio giovanile: la guerra del Vietnam, che comporta per i giovani statunitensi, ormai abituati al benessere e a una certa libertà (Fenoglio 2009), la coscrizione obbligatoria per combattere una guerra di cui non comprendono quasi le ragioni. Questo accentua la «drammaticità esistenziale» anche nella musica: è ormai finita la «giovinezza spensierata» e prende piede il pop statunitense “californiano” dei Beach Boys, caratterizzato da un suono più melodico e da un certo trasporto emotivo: è un rock “ingentilito”, da cui nasce la musica dei Beatles (Fenoglio 2009). I Beatles, a partire dal 1962, si fanno portavoce in Inghilterra di un’esplosione di liberazione istintuale generale rispetto al puritanesimo rigoroso che dominava in quegli anni. Diventano rappresentanti di una “liberazione” soprattutto emotiva, riguardante la sfera degli affetti e quella sessuale perché i giovani erano ormai stufi di sentirsi soffocati dal selfcontrol e dall’understatement della cultura britannica (Fenoglio 2009). Negli anni Sessanta in molti paesi, a partire dagli USA, i giovani sviluppano rapidamente un forte senso del collettivo, che li spinge a cercare una ben precisa identità di gruppo, che inizialmente si identifica nella contrapposizione al vecchio, nel conflitto generazionale, per poi estendersi al conflitto con le autorità, inserendo così una componente ideologica (Castaldo 1994: 86-87). «I giovani cominciano a percepire di essere portatori non solamente di un generico desiderio di autonomia, ma di veri e propri nuovi valori». Dalla ribellione del sabato sera, si passa così alla nascita di nuove forme di comportamento sociale, di vere e proprie posizioni in campo politico, soprattutto alla diffusa e totale adesione alle idee pacifiste. Già nel 1962 nascono alcuni movimenti giovanili altamente politicizzati che trattano temi pacifisti, antinucleari e in generale rivendicano un’estrema democratizzazione della partecipazione politica (Castaldo 1994: 87). Parallelamente, prende sempre più forma l’idea di un movimento studentesco, la cui data di nascita convenzionale viene fatta coincidere con la rivolta del campus della Berkeley, il 1° ottobre del 1964, e poi con la marcia su Washington del 1965. Attraverso tutto questo cresce un forte senso comunitario che trova il suo apice nei grandi raduni pop della fine degli anni Sessanta, rappresentazione dei nuovi modelli di vita (Castaldo 1994: 88).
La prima strofa, sull’onda di quella «liberazione istintuale» (Fenoglio 2009) a cui ho accennato prima, testimonia un modo molto diretto e aperto di approccio nei confronti dell’altro, tipico della cultura degli anni Sessanta, in contrapposizione con il modo di rapportarsi di oggi, in cui prevalgono invece la chiusura e un certo timore nei confronti di chi non si conosce o si conosce poco.
2.2 Secondo verso
He come grooving up slowly
2.2.1 Commento testuale
In questo secondo verso l’autore utilizza il pronome he, svelandoci così che il protagonista è un uomo. Si nota nuovamente la mancanza del suffisso -s nel verbo come, che denota la terza persona singolare. Questa sarà caratteristica di tutto il testo, a indicare il rifiuto totale da parte dell’autore di seguire ogni regola. Il verbo to groove up non è presente nei principali dizionari bilingui e monolingui, né nei principali dizionari monolingui di slang, probabilmente a causa del fatto che Lennon recepisce un uso in voga all’epoca. Se si analizza il verbo to groove, questo può essere sia transitivo che intransitivo. Se usato come transitivo significa: «incavare», «scanalare» (Ragazzini 2005), «fare solchi o scanalature in» (Picchi 2007), ma anche «incidere su disco», «godere», «apprezzare», «eccitare», «mandare (qualcuno) su di giri» (Ragazzini 2005), «fare o dare piacere» (Picchi 2007), «perfezionare (qualcosa) con la ripetuta pratica», «fare un lancio che raggiunge la metà campo della zona di strike (baseball)» (definizione tratta da Merriam-Webster 2009); se usato invece come intransitivo significa «godersela», «andare su di giri», «essere in armonia», «andare d’accordo», «suonare bene» (Ragazzini 2005), «diventare schiavo di un’abitudine» (definizione tratta da Merriam-Webster 2009). Se però si vanno a ricercare i significati del sostantivo groove, si trova tra gli altri anche quello di «ritmo avvincente» (Ragazzini 2005). Qui il verbo to groove è nella forma di gerundio (suffisso -ing) ed è seguito dall’avverbio slowly, «piano». Ritengo che in questo contesto l’autore, utilizzando l’espressione grooving up slowly, possa fare riferimento al modo di muoversi di questa persona, partendo dal concetto di groove, inteso come «ritmo», ma anche di groove, inteso come «solco» (Picchi 2007), da cui deriva il significato del verbo to groove «fare solchi o scanalature in» (Picchi 2007). Per quanto concerne la preposizione up che segue il verbo, ritengo che serva da rafforzativo. Alla luce di quanto detto sopra, He come grooving up slowly potrebbe essere tradotto con «arriva muovendosi lentamente» o ancora meglio «arriva trascinandosi», nella cui espressione si ritrova il concetto base della mia scelta traduttiva, che parte dal significato del verbo to groove «fare solchi» (Picchi 2007). Il fatto che il nostro personaggio arrivi trascinandosi potrebbe essere spiegato dal fatto che è stanco o affaticato. Vi è però a mio avviso un’altra chiave di lettura del verso, che parte dal significato del verbo to groove come «godere», «andare su di giri» (definizione tratta da American 2000). Uno dei significati del sostantivo groove è proprio quello di «un’esperienza molto piacevole» (definizione tratta da American 2000), «un’esperienza eccitante» (Ragazzini 2005) e se si va a ricercare il significato dell’aggettivo groovy si trovano tra gli altri particularly excellent, «particolarmente eccellente»; divine, «magnifico»; fabulous, «favoloso»; fantastic, «fantastico»; glorious, «splendido»; marvelous, «meraviglioso»; sensational, «sensazionale»; splendid, «splendido»; superb, «eccellente»; terrific, «favoloso»; wonderful, «meraviglioso» o ancora dandy, «eccellente», «di prima qualità»; dreamy, «fantastico»; ripping, «eccellente», «straordinario»; swell, «straordinario» e ancora cool, «che va forte», «grande», «figo»; hot, «alla moda», «popolare»; neat, «favoloso»; idiomatico out of this world, «fuori dal mondo» e very pleasing «molto piacevole», «molto gradevole» (definizione tratta da American 2000): il verbo ha a che vedere con qualcosa che dà piacere. Partendo proprio da questo concetto, il verso potrebbe essere letto in un altro modo: quel grooving up slowly potrebbe riferirsi al fatto che questa persona sta «avendo piacere piano», sta «godendo piano», «andando su di giri piano» e quindi potrebbe fare riferimento al fatto che il nostro personaggio ha assunto della droga e che questa piano piano stia facendo effetto. Il verso quindi potrebbe anche essere reso con «arriva mentre va pian piano su di giri».
2.2.2 Commento culturale
Durante gli anni Sessanta in Gran Bretagna e negli USA l’aggettivo groovy era molto in voga tra i giovani con il significato di «molto piacevole», «alla moda» (Ragazzini 2005), «splendido» (Ragazzini 2005), qualcosa di simile all’espressione odierna «figo». A testimonianza di ciò, cito una canzone di Simon and Garfunkel, noto duo folk statunitense, attivo durante gli anni Sessanta, il cui titolo è The 59th Street Bridge Song (Feelin’ Groovy), contenuta nell’album Parsley, Sage, Rosemary and Thyme del 1966.

Slow down, you move too fast,
You got to make the morning last
just kickin’ down the cobble stones
Lookin’ for fun and feelin’ groovy.
Ba da da da da da da feelin’ groovy.

Hello lamppost, whatcha knowin’,
I’ve come to watch your flowers growin’
Aintcha got no rhymes for me?
Dootin’ doo doo, feelin’ groovy.
Ba da da da da da da, feelin’ groovy.

Got no deeds to do, no promises to keep,
I’m dappled and drowsy and ready to sleep,
let the morning time drop all its petals on me.
Life, I love you, All is groovy.
Ba da da da da da da Ba da da da da

L’espressione feelin’ groovy, che ricorre più volte nel testo e che dà il titolo alla canzone, richiama proprio il sentirsi bene, il sentirsi in armonia con gli altri e con lo spazio che ci circonda, fino ad affermare – attraverso le parole Life, I love you, All is groovy – l’amore per la vita e che ogni cosa è meravigliosa.
Per i primi due versi di Come Together, come ha in séguito dichiarato lo stesso Lennon, egli si ispirò alla strofa di una canzone del 1956 di Chuck Berry, artista rock americano molto amato da Lennon, intitolata You Can’t Catch Me. Per questa ragione Lennon venne citato in tribunale da Morrys Levy, editore di Berry, con l’accusa di plagio. Come riparazione Lennon dovette incidere delle canzoni possedute da Levy che confluirono nel suo album del 1975 intitolato Rock ‘n’ Roll. Anche il fatto che i Beatles guardassero agli USA come un modello da seguire e imitare, a partire proprio dagli artisti rock da loro amati sin dall’adolescenza (Elvis Presley, Chuck Berry, Muddy Waters solo per citarne alcuni), può essere considerato un segno di anticonformismo per un’Inghilterra degli anni Sessanta molto chiusa in sé stessa. La ragione di questa particolare apertura nei confronti degli USA può in parte essere spiegata dalla natura della città di Liverpool, città natale dei Beatles, conosciuta assieme a Glasgow come «la città britannica della musica americana» (Castaldo 1994: 99) perché è una città portuale, a cui sin da quegli anni accedevano navi e transatlantici provenienti dagli USA. Infatti, i Cunard yanks, ovvero i marinai imbarcati sui mercantili atlantici, conoscevano le novità musicali prima di chiunque altro in Gran Bretagna e le diffondevano in città (Castaldo 1994: 99).
2.3 Terzo verso
He got joo joo eyeball
2.3.1 Commento testuale
Prosegue la descrizione del personaggio. He got è l’abbreviazione della forma completa del verbo «to have got» in terza persona singolare he has got. L’autore afferma che il personaggio ha joo joo eyeball. Anche la parola joo joo non è presente nei principali dizionari monolingui e bilingui, ma il dizionario online Urban Dictionary definisce la parola joo joo come karma «karma», vibes «vibrazioni» (Mo’ Urban 2005). He got joo joo eyeball potrebbe essere tradotto con l’espressione «ha (gli) occhi da karma» e potrebbe riferirsi allo sguardo “fatto” dell’uomo in quanto avrebbe assunto della droga. Anche nella parola eyeball si riscontra la mancanza del suffisso -s che in questo caso denota il plurale: l’autore fa riferimento infatti a un solo occhio, non a tutti e due.
2.3.2 Commento culturale
Il karma è il concetto centrale della religione induista, a cui i Beatles, ma anche moltissime altre persone durante gli anni Sessanta, si sono avvicinate, compiendo anche, come gli stessi Beatles, viaggi in India. A partire dal 1966 la scoperta della cultura orientale diventa una vera e propria moda in Europa e negli USA. Secondo il principio del karma, le azioni del corpo, della parola e dello spirito (i pensieri) sono contemporaneamente causa ed effetto di altre azioni; niente è dovuto al caso: ogni avvenimento, ogni gesto, è legato da una rete di interazioni di causa/effetto. Secondo tale principio, se si produce sofferenza o si interferisce negativamente nel Dharma (legge universale) si produce karma negativo; se al contrario si fa del bene, si produce karma positivo e nella vita corrente e in quelle successive si pagherà o si verrà ripagati per le azioni compiute precedentemente (McDermott 2003). L’influenza esercitata dall’India e dalla religione induista negli anni Sessanta era talmente forte che una persona in quegli anni veniva giudicata sulla base delle vibrazioni, vibes, che emanava con la sua presenza e con il suo stato d’animo, a seconda che queste fossero «buone» o «cattive» (Norman 1981: 487). Questa strofa fa riferimento anche al grande consumo di droga del tempo, di marijuana ma anche di acidi, come LSD, di cui gli stessi Beatles, primo fra tutti John Lennon, facevano uso. Infatti, l’assunzione di queste sostanze causa la dilatazione e spesso l’arrossamento delle pupille: proprio da questa reazione potrebbe nascere l’espressione joo joo eyeball. Inoltre, il fatto che quest’uomo possa essere drogato può trovare conferma nel verso precedente, in cui, secondo la mia prima interpretazione, viene affermato che si trascina o comunque si muove lentamente, effetto tipico della droga, che rallenta le capacità percettive oppure, prendendo in considerazione la mia seconda ipotesi, per cui il nostro personaggio «sta andando pian piano su di giri», il verso troverebbe comunque conferma in quanto lo sguardo “fatto” non sarebbe altro che frutto dell’effetto della droga.

2.4 Quarto verso
He one holy roller
2.4.1 Commento testuale
Anche in questo verso vi è l’omissione del verbo essere (to be), più precisamente della terza persona singolare is. La definizione che i principali dizionari monolingui riportano di holy roller è quella di una parola utilizzata prevalentemente in senso dispregiativo che indica «qualunque membro di una confessione religiosa che esprima la propria devozione attraverso urla e gesti violenti» (definizione tratta da American 2000), addirittura «rotolandosi sul pavimento, sotto l’effetto dello Spirito Santo» (Mo’ Urban 2005), come riportano alcuni dizionari di slang. Ritengo però che tale definizione in questo contesto possa essere esclusa. Se quindi si analizzano separatamente le due parole, si nota che l’aggettivo holy oltre a significare «santo», «sacro», «consacrato», «devoto», «religioso» (Picchi 2007), viene utilizzato come rafforzativo con il significato di «vero» (Ragazzini 2005), «veramente», «vero e proprio». Se si analizzano i significati della parola roller, uno che a mio avviso potrebbe sembrare plausibile in questo contesto è quello di «chi deruba uno che dorme o è ubriaco» (Ragazzini 2005). Il verso He one holy roller potrebbe essere reso con l’espressione «è veramente uno che deruba gli ubriachi» e pertanto ricollegarsi alle affermazioni fatte nei versi precedenti ed essere un vagabondo drogato che vive derubando la gente in modo subdolo. Ma se si considera il verbo to roll, tra i vari significati vi è quello di «farsi una canna» (Mo’ Urban 2005) e partendo dal presupposto che il suffisso -er nella parola roller indica colui che compie l’azione di roll, l’espressione potrebbe essere resa con «è proprio uno che si fa un sacco di canne», che ritengo la traduzione migliore per questo contesto.
2.4.2 Commento culturale
La Cannabis sativa in quegli anni, come del resto la droga in generale, era molto in voga tra i giovani, soprattutto in certi ambienti alla moda, in cui aveva cominciato a prendere piede l’usanza di preparare una canna per poi «passarsela» (Norman 1981: 338-339). In Inghilterra, fino a quel momento, la marijuana e lo hashish, resina della canapa indiana, venivano usati soprattutto dagli immigrati delle Indie occidentali per alleviare la miseria in cui vivevano. Ora, come «erba» o «hash», erano diventate un oggetto fondamentale del comportamento sociale. Il fatto che la Cannabis fosse illegale non preoccupava nessuno, in quanto inizialmente non vi era controllo da parte delle autorità (Norman 1981: 338-339). Anche l’LSD era molto di moda e soprattutto accessibile: nel 1967 a Londra era infatti possibile comprare una pastiglia di LSD per meno di una sterlina (Norman 1981: 414).

2.5 Quinto verso
He got hair down to his knee.
2.5.1 Commento testuale
Ancora una volta si riscontra l’abbreviazione della forma completa del verbo to have got nella terza persona singolare e la mancanza del suffisso -s nella parola knee («ginocchio») che denota il plurale. Ci viene qui fornita dall’autore un’ulteriore indicazione sul nostro personaggio: ha i capelli lunghi sino alle ginocchia.
2.5.2 Commento culturale
Il protagonista del testo potrebbe essere quindi un ragazzo con i capelli lunghi, probabilmente un hippie, tra i quali all’epoca si registrava un forte consumo di droga. È opportuno inoltre ricordare che in quegli anni il fatto che un uomo portasse i capelli lunghi (fatto che oggi viene considerato del tutto normale) era una cosa inammissibile per la società istituzionale: in Inghilterra l’unico taglio di capelli presente e “consentito” per gli uomini era il taglio militare. Gli ultimi anni del decennio, in particolare, vengono anche ricordati per aver simboleggiato per un’intera generazione gli anni “dell’amore”, “della pace”, “della fratellanza”, “del potere dei fiori”. Gli hippie in quegli anni hanno dato vita a una vera e propria cultura, che ha avuto inizio negli USA quando un gruppo di beatnik (beats, membri della Beat Generation) si trasferì nel quartiere di Haight-Ashbury di San Francisco dove creò la prima comune. Gli hippie avevano i capelli lunghi, indossavano tuniche dai colori sgargianti, pantaloni a zampa di elefante, gilé, copricapi e bandane simbolo della cultura indiana, portavano sandali o camminavano a piedi nudi, si comportavano con estrema calma e tranquillità e, con ogni pretesto possible, si offrivano reciprocamente dei fiori. Avevano creato delle proprie comunità in cui ascoltavano rock psichedelico e abbracciavano la rivoluzione sessuale, la filosofia orientale, l’importanza dello spirito e delle droghe; respingevano invece con forza le istituzioni, criticavano i valori della classe media, erano contrari all’uso delle armi nucleari ed erano divenuti simbolo della protesta contro la guerra nel Vietnam, che aveva suscitato sdegno e biasimo in tutto il mondo e che si era tradotta in un’ondata di sentimenti pacifisti, facendo presa non solo fra le persone più eccentriche e i beatnik, ma anche tra i “normali” adolescenti, che andavano ad accrescere le diverse comuni hippie che stavano nascendo in tutto il mondo. Va inoltre ricordato che la marijuana per loro, come anche l’LSD, rappresentava il simbolo della fratellanza hippie, l’iniziazione alla credenza hippie, secondo la quale attraverso le droghe era possibile raggiungere un grado più elevato di saggezza e umanità (Iannaccone 2008) (Miles 2004) (Filippetti 1973) (Vidal 1972) (Bonaventura 1972) (Conti Guglia 1982) (Pivano 1972).

2.6 Sesto verso
Got to be a joker he just do what he please.
2.6.1 Commento testuale
Anche qui si riscontra l’omissione da parte dell’autore sia del soggetto, che resta sottinteso (he), sia della particella del verbo avere has. L’espressione got to be indica una certezza; la parola joker, se riferita come in questo caso a una persona, tra i vari significati presenta quello di «una persona che fa battute o scherzi» o, con un’accezione negativa, «una persona insolente», «noiosa», «incapace», «insignificante», «sgradevole» (definizione tratta da American 2000). In questo contesto ritengo che joker significhi «burlone» (Ragazzini 2005), nel senso che si tratta di una persona a cui piace scherzare e prendere le cose «alla leggera», dato che la seconda parte del verso può essere resa con «fa solo quello che gli piace». Il verso indica la presenza di uno “spirito libero”, che non segue nessuna regola imposta, ma che fa solamente ciò che gli dà piacere e lo diverte, incurante di ciò che, invece, sarebbe più sensato o opportuno fare (Miccoli 1998), secondo il pensiero comune. Ancora una volta si nota l’omissione da parte dell’autore del suffisso -s della terza persona singolare sia nel verbo please che nel verbo do, a indicare appunto il suo rifiuto delle regole imposte, in questo caso grammaticali.
2.6.2 Commento culturale
Come ho già accennato nell’introduzione, una delle caratteristiche degli anni Sessanta è un nuovo modo di rapportarsi, frutto della «libertà istintuale» che contraddistingue il nuovo atteggiamento dei giovani, ormai stufi di sentirsi soffocati da una sorta di autocontrollo, dettato dalla cultura precedente (Fenoglio 2009). Per «libertà istintuale» intendo che i giovani lasciano ora spazio ai propri istinti, fino a quel momento repressi, soprattutto per quanto concerne la sfera emotiva e sessuale. Ora non vogliono più avere paura di manifestare i propri sentimenti, non hanno più timore del giudizio altrui o della morale comune: vogliono solamente fare ciò che piace loro, come fa il joker descritto nel verso.

2.7 Settimo verso
He wear no shoe shine
2.7.1 Commento testuale
Anche in questo verso si nota la mancanza del suffisso -s nel verbo wear, che caratterizza la terza persona singolare. Prosegue la descrizione fisica del personaggio. Il verbo to wear significa qui «portare», «indossare», «vestire», «avere addosso» (Ragazzini 2005); la parola shoe shine, da cui si desume che al tempo si scriveva staccata, dove shoe significa «scarpa» e shine «lucentezza», «luccichio», «splendore» (Picchi 2007), è diventata poi parola unica (shoeshine) che significa «lustrata», «lucidatura» (Ragazzini 2005). Letteralmente quindi la strofa He wear no shoe shine significa «non indossa/porta lucidatura», che a mio avviso può essere meglio resa con «non porta scarpe lucidate», «non si lucida le scarpe».
2.7.2 Commento culturale
Anche il fatto di non portare scarpe lucidate era un segno di anticonformismo. Infatti, fino ad allora, i ragazzi erano soliti indossare scarpe ben lucidate. La moda delle scarpe Clarks, simbolo ancora oggi di comodità e di stile casual, esplode proprio in quegli anni: le Clarks diventano un’icona durante le contestazioni studentesche con i «regolari» che le sceglievano di camoscio chiaro o marrone e i «dropout» che invece le portavano con le stringhe rosse. La casa produttrice inglese delle Clarks viene fondata nel 1852 dai fratelli Cyrus e James Clarks. Nasce come fabbrica di pantofole in pelle di pecora, per poi passare alla produzione di tappeti e calze di lana d’agnello, e affermarsi infine nel 1950 con il lancio degli scarponcini Desert Boots, ideati da Nathan Clark (pronipote di James Clark) e ispirati ai comodi stivaletti scamosciati indossati dall’esercito inglese in partenza per la Birmania durante la Seconda guerra mondiale e portati al successo da Steve McQueen che le indossa nel film La grande fuga. In Italia arrivano nel 1968 e hanno subito un successo strepitoso che perdura ancora oggi (De Lucia Lumeno 2009) (Salza 2008-2009).

2.8 Ottavo verso
He got toe jam football
2.8.1 Commento testuale
Anche in questo verso si riscontra nuovamente l’abbreviazione del verbo «avere» alla terza persona singolare (he got anziché he has got). La parola toe jam football non è presente nei principali dizionari monolingui e bilingui, ma la si trova all’interno di alcuni dizionari di slang come l’Urban Dictionary, il che ne attesta un certo uso. Secondo il dizionario, la parola toe jam football significa «to sit while picking funk from under your toenails or even in between them (it comes from after a long day on your feet); you produce this shit into a ball, then you try to fling a booger towards someone in the room you are in» (Mo’ Urban 2005), ovvero «sedersi mentre ci si pulisce lo sporco che si accumula sotto le unghie dei piedi o anche tra le dita (si forma tra le dita dei piedi dopo un’intera giornata) per poi formarne una pallina per lanciarla addosso a qualcuno». La parola toe jam, presente in molti dizionari di slang, viene infatti definita come «that grey-brown shit that accumulates between your toes. Primaly composed of dead skin cells, sock fluff and sweat» (Mo’ Urban 2005) ovvero «quella cosa dal colore grigio-marrone che si accumula tra le dita dei piedi, composta principalmente da cellule morte, pelucchi di calze e sudore; o ancora come black gunk under the toe nails or between the toes (Slang-Dictionary.org 2008), cioè «sostanza appiccicosa sotto le unghie o tra le dita dei piedi».
2.8.2 Commento culturale
L’uomo che ci viene descritto potrebbe essere una persona che si lava poco o che ha i piedi sporchi, molto probabilmente proprio perché si tratta di un hippie, solito a camminare scalzo e inevitabilmente a sporcarsi i piedi. Ovviamente parlare di queste cose, e i comportamenti stessi, sono elementi di trasgressione, anche se non collegata ad alcuna protesta politicizzata.

2.9 Nono verso
He got monkey finger
2.9.1 Commento testuale
Anche qui si ritrova l’abbreviazione della terza persona singolare del verbo «avere» e si nota di nuovo la mancanza del suffisso -s indicante il plurale nella parola finger. L’espressione «to have monkey finger», che inizialmente potrebbe sembrare una frase fatta, in realtà non lo è: infatti non compare nei principali dizionari monolingui e bilingui, ma se ne trova una definizione all’interno del dizionario Urban Dictionary, che è la seguente: «that digit which, having been withdrawn from an anus, is now dry and whose owner is inclined to sniff repeatedly and contentedly along the length of it» (Mo’ Urban 2005), ovvero «quel dito infilato precedentemente nell’ano e poi annusato ripetutamente e con soddisfazione per tutta la sua lunghezza».
2.9.2 Commento culturale
La bromidrophilia è una perversione nota alla letteratura medica, per cui una persona prova eccitazione o comunque piacere nell’annusare gli odori corporei. È alquanto evidente che l’autore in questo verso come in quello precedente desidera scandalizzare anche attraverso l’uso di contenuti forti, con l’intento di provocare il “borghese” benpensante che sicuramente si inorridirebbe a sentir parlare di mettersi le dita nel sedere per poi annusarle oppure, come sopra, fare delle palline con la sporcizia che si accumula tra le dita dei piedi e sotto le unghie per poi lanciarle addosso a qualcuno.
2.10 Decimo verso
He shoot Coca Cola
2.10.1 Commento testuale
Anche in questo verso si nota l’omissione del suffisso -s nel verbo shoot, che denota la terza persona singolare. Il verbo to shoot presenta diversi significati e può essere sia transitivo che intransitivo. Se usato come transitivo significa «sparare a (o con)» (Ragazzini 2005), «fare fuoco» (Picchi 2007), «andare a caccia (di)», «cacciare», «abbattere (con il fucile)», «colpire», «ferire», «uccidere (con un’arma da fuoco)», «scaricare (un’arma da fuoco)» (Ragazzini 2005), «fare scoppiare» (definizione tratta da Merriam-Webster 2009), mil. «fucilare», ind. min. «brillare», «sparare (una mina)» (Ragazzini 2005), «emettere (forme di energia)» (definizione tratta da American 2000), «gettare», «scagliare», «lanciare», «scoccare (arco)», «attraversare velocemente», falegnam. «piallare bene» (Ragazzini 2005), «iniettare», «iniettarsi (droga)», «bucarsi», bot. «germogliare», «spuntare», «tirare», «calciare verso la porta» (Picchi 2007), «sprecare» (definizione tratta da American 2000), «girare(film)», «determinare l’altezza di un astro» (Ragazzini 2005), «lanciare», «mandare», «muovere con rapidità, «scagliare», «passare velocemente», «superare rapidamente» (Picchi 2007). Se usato come intransitivo significa «sparare», «tirare (con un’arma da fuoco)», «andare a caccia (col fucile)» (Ragazzini 2005), «lanciarsi», «scagliarsi», «dirigersi a tutta velocità» (Picchi 2007), «apparire all’improvviso» (definizione tratta da American 2000), «parlare» o ancora «mettere le foglie», «germogliare» (Ragazzini 2005), «fotografare» (definizione tratta da American 2000), di film «girare», «riprendere» (Ragazzini 2005), di dolori «sentirsi a fitte», di luce «diffondersi», «irradiarsi» (Picchi 2007), «(volg.) eiaculare», «vomitare» (Ragazzini 2005). In questo caso il verbo è seguito dalla parola Coca Cola, nota bevanda analcolica statunitense. L’autore a mio avviso gioca qui con le parole: uno dei significati di shoot è quello di «bucarsi», «iniettarsi» (Picchi 2007), che presenta quindi un chiaro riferimento alla droga, come pure Coca Cola in quanto essa richiama la parola cocaine, «cocaina». Esiste infatti l’espressione to shoot cocaine e to shoot up cocaine poiché la cocaina, come l’eroina, si può iniettare, diluendola in acqua sterile. Si tratta però di un metodo molto rischioso perché attraverso l’iniezione si immette la droga direttamente nel sangue, provocando effetti istantanei e più intensi, rispetto ad altri metodi di assunzione della sostanza, e quindi se la sostanza non è pura aumentano i rischi di morte. Un’altra ipotesi potrebbe essere l’uso del verbo shoot con il significato di «sparare(si) una Coca Cola», nel senso di «bere», «farsi una Coca Cola», ma ritengo che in questo contesto sia più valida la prima interpretazione.
2.10.2 Commento culturale
La canzone venne bandita dalla BBC (Franzoni, Taormina 1992) proprio con la scusa del riferimento esplicito alla bevanda (o forse proprio a causa del riferimento esplicito alla droga), che venne considerato pubblicità.

2.11 Undicesimo verso
He say I know you, you know me.
2.11.1 Commento testuale
Qui l’autore riporta un discorso diretto e anche qui si nota che al verbo say manca il suffisso -s della terza persona singolare. Il verso può essere tradotto con: «dice io conosco te, tu conosci me».
2.11.2 Commento culturale
Indubbiamente la strofa testimonia ancora una volta un modo molto aperto e diretto di rapportarsi con gli altri, tipico di quegli anni, che in questo specifico caso riguarda la sfera sessuale. L’espressione I know you, you know me è un chiaro invito a fare sesso, del tipo «io conosco te, tu conosci me, quindi perché non dovremmo fare sesso?». Queste parole e soprattutto questo modo molto diretto di approccio nei confronti del sesso sono frutto della libertà sessuale che esplode negli anni Sessanta e che può essere riassunta dalle espressioni «amore libero» e «rivoluzione sessuale». La rivoluzione sessuale avviene proprio in quegli anni e produce un sostanziale cambiamento dei valori nel campo della sessualità, non tanto in termini di rottura rispetto ai costumi fino a quel momento in uso, bensì di una liberazione, dopo un periodo di forte chiusura tra gli anni Trenta e Cinquanta. Durante il periodo della guerra fredda negli USA vigeva un forte puritanesimo, che si scontrava con comportamenti sessuali del tutto naturali. Questo puritanesimo soffocante causa negli anni Sessanta quella ribellione culturale che si trasforma in rivoluzione sessuale e che produce profondi cambiamenti nel comportamento sessuale dei giovani, il che significa che essi praticavano sesso con maggiore frequenza, sperimentandone nuove forme, ma anche che se ne parlava più apertamente, senza timore di essere tacciati di malcostume. A testimonianza di ciò, cito un sondaggio svoltosi in Gran Bretagna, che ritengo particolarmente significativo per dimostrare il cambiamento di atteggiamento nei confronti del sesso avvenuto negli anni Sessanta. Secondo questo sondaggio, nel 1951 solamente il 51% delle donne intervistate aveva dichiarato che il sesso era molto importante all’interno del matrimonio, nel 1969 invece la percentuale era salita al 67% (Gorer 1970: 91).

2.12 Dodicesimo verso
One thing I can tell you is you got to be free.
2.12.1 Commento testuale
Anche qui viene riportato un discorso diretto, le parole pronunciate dal protagonista. È come se l’autore utilizzasse il protagonista del testo per comunicare al lettore/ascoltatore ciò che in realtà è un suo messaggio; è come se l’autore facesse parlare il protagonista del testo con le sue parole. È possibile inoltre notare nuovamente l’omissione della particella have del verbo «to have got». Il verso può essere tradotto con: una cosa che ti (vi) posso dire è che devi (dovete) essere libero(i). Come accennavo in precedenza, questo è chiaramente un messaggio di libertà che l’autore lancia a tutti i lettori/ascoltatori in modo esplicito. Qui viene dichiarato palesemente ciò che l’autore ci aveva già fatto intuire attraverso l’uso delle parole, attraverso cioè la volontà di non voler seguire le regole grammaticali comunemente in uso.
2.12.2 Commento culturale
Il messaggio di libertà contenuto nel verso si riallaccia al verso precedente e all’invito a fare sesso. Con l’avvento della rivoluzione sessuale si afferma una cultura maggiormente permissiva nei confronti della libertà e della sperimentazione sessuale: si comincia a parlare di «amore libero», anche grazie a importanti scoperte, tra cui lo sviluppo di antibiotici che rendevano possibile curare la maggior parte delle malattie veneree, attenuando così il pericolo di malattie sessualmente trasmissibili come la sifilide; l’avvento della contraccezione orale nel 1960, a partire dagli USA, (in Italia la pillola viene commercializzata solo a partire dal 1972) e quindi la possibilità di avere rapporti sessuali più liberi, ma anche importanti progressi nel campo della scienza, che hanno reso meno rischioso l’aborto. Anche per quanto concerne il cinema, si assiste a una progressiva liberazione sessuale: uomini e donne bellissime diventano vere e proprie icone, scritturate in film in cui vi sono scene d’amore romantiche. Era ormai diventato più accettabile mostrare segni d’affetto in pubblico e la presenza di almeno una scena d’amore in ogni film era considerata la norma. La nudità sugli schermi comincia a mostrarsi sempre di più, in concomitanza con una maggiore tolleranza della gente nei confronti della nudità parziale degli uomini e all’esibizione dei seni delle donne. Nasce un vero e proprio genere di attrici, famose perché particolarmente dotate di sex appeal: Mae West, Marilyn Monroe, Raquel Welch, Brigitte Bardot, solo per citarne alcune. Anche per quanto concerne la letteratura con contenuti erotici, vi è una vera e propria apertura tra il 1959 e il 1966, attraverso l’abolizione della censura fino ad allora applicata a libri dal contenuto particolarmente «piccante», tra cui L’amante di Lady Chatterley, Tropico del Cancro e Fanny Hill. In precedenza infatti erano stati attuati dei controlli molto rigidi su ciò che poteva o non poteva essere pubblicato e questi tre libri in particolare erano stati messi al bando negli USA e nella maggior parte dei paesi europei. Il romanzo L’amante di Lady Chatterley fu pubblicato per la prima volta a Firenze nel 1928 e subito messo al bando in USA e in Europa: solo nel 1959 la casa editrice statunitense Grove Press ne pubblicò l’edizione integrale, che venne pubblicata in Gran Bretagna un anno più tardi, nel 1960 (Micorsoft 1997-2008). Per le stesse ragioni, il romanzo di Henry Miller Tropico del Cancro non poté essere pubblicato negli USA, ma l’edizione del romanzo pubblicata nel 1934 dalla Obelisk Press di Parigi, vi arrivò ugualmente di contrabbando. Negli USA venne pubblicato per la prima volta dalla Grove Press nel 1961 e scatenò una serie di denunce per oscenità, che accompagnarono Miller per tutta la vita e contribuirono a modificare per sempre la legislazione statunitense sulla censura. La pubblicazione del romanzo venne definitivamente permessa dalla Corte Suprema degli Stati Uniti solamente dopo un estenuante iter giudiziario, quando la Corte Suprema cancellò l’accusa di oscenità mossa in precedenza, conferendo la natura di “opera d’arte” al romanzo di Miller, segnando così uno dei momenti cruciali della rivoluzione sessuale degli anni Sessanta (Frati 2007); nel 1965 invece la Putnam pubblicò Fanny Hill di John Cleland, la cui prima pubblicazione risale addirittura al 1749. La decisione della Corte Suprema del 1966 di legalizzarne la pubblicazione integrale ebbe un effetto importantissimo: liberò gli scrittori dalla paura di azioni legali e cominciarono così ad apparire numerose opere riguardanti il sesso e la sessualità. Per quanto concerne il Regno Unito, i primi indizi di cambiamento si videro nel 1960, quando il governo cercò senza successo di perseguire per oscenità la Penguin Books per la pubblicazione de L’amante di Lady Chatterley, messo al bando fin dagli anni Venti.

2.13 Tredicesimo verso
Come together right now over me.
2.13.1 Commento testuale
È il ritornello del testo che può essere tradotto con: «vieni adesso insieme (a me), sopra di me». È un vero e proprio richiamo del protagonista, attraverso il quale invita energicamente e senza nessun tipo di inibizione la donna con cui vuole fare sesso a venirgli sopra. Questo verso non è altro che il culmine della discussione iniziata nei due versi precedenti dal nostro personaggio con un’ipotetica donna che desidera: nell’undicesimo verso si rivolge alla donna dicendole I Know you, you know me: un invito implicito a fare sesso; nel verso successivo con le parole One thing I can tell you is got to be free cioè, «una cosa che ti posso dire è che devi essere libero/a», è come se egli cercasse di convincerla ad andare assieme a lui; è come se la donna fosse un po’ titubante e lui stesse cercando di convincerla, invitandola a non pensare a nulla, ma a lasciarsi andare; in questo verso infine, attraverso le parole Come together right now over me, la richiama in modo molto esplicito, un po’ come se fosse stufo di parlare per cercare di convincerla e volesse passare ai fatti. L’espressione che utilizza richiama un’immagine molto forte, soprattutto nelle parole over me, «sopra di me». Va sottolineato inoltre che nell’espressione «vieni insieme» a cui l’autore richiama riecheggia l’allusione sessuale al verbo to come (Miccoli 1998). Questo ci conferma un altro aspetto del testo, nonché caratteristica peculiare del modo di scrivere di Lennon: quello del gioco, che nel testo si traduce nei pun, giochi di parole.
2.13.2 Commento culturale
Anche in questo verso si ritrova il tema della libertà sessuale, discusso nei due versi precedenti. Il ritornello fu ispirato a Lennon anche dalla campagna politica di Timothy Leary, psicologo licenziato dalla Harvard per aver condotto esperimenti sulle proprietà psichedeliche dell’LSD, per la sua candidatura a governatore della California, il cui slogan era Come together, join the party. Su richiesta di Leary, Come Together doveva essere la canzone politica che avrebbe accompagnato i suoi comizi contro Ronald Reagan, ma Leary venne arrestato per possesso di marijuana e sconfitto politicamente (The Beatles Bible 2008). John scrisse così un nuovo testo che propose ai Beatles, i quali registrarono subito la canzone.

3. Riferimenti bibliografici

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5. Ringraziamenti

Ringrazio i miei genitori, il mio ragazzo Mattia e la mia migliore amica Elisa per avermi supportato e “sopportato” nei momenti più difficili di questi tre anni.

Ringrazio Bruno Osimo, il mio relatore, e Cynthia Bull, la mia correlatrice, per la grande disponibilità dimostratami e per avermi seguita con passione e interesse nella stesura della tesi.

Un sentito grazie anche a Gaetana e a Nando, grandi fans dei Beatles, per il prezioso materiale messomi gentilmente a disposizione.

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