Estonia, un paese giovane e gargliardo [2005]

peeter a tartu durante conferenzaEstonia, un paese giovane e gagliardo
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A volte la stabilità (sociale, politica, economica…) è nemica dell’innovazione e della voglia di crescere. Invece la giovane età, un senso dell’identità nazionale a lungo represso e finalmente liberabile e liberato, possono dare luogo alla sensazione che tutto sia possibile non solo nel futuro, ma nel futuro immediato.
Dopo la breve parentesi d’indipendenza nazionale (1920-1940), l’Estonia ha conosciuto di nuovo la libertà nel 1991, quindici anni fa. E nel 2004 già entrava nell’Unione europea. In questi pochi anni, grazie al forte entusiasmo, alle ingenti risorse destinate alla ricerca e alle doti dei suoi abitanti, l’Estonia si è inserita a pieno titolo tra i paesi più avanzati del mondo.
Un po’ è favorita dalla posizione geografica. Nonostante la maggior parte degli europei occidentali si ostini a confonderla con la confinante Lettonia (toponimo italiano, ma in tutto il resto del mondo si chiama Latvija) e con la Lituania (Lietuvos), l’Estonia è l’unica a confinare con la capitale mondiale del cellulare: Helsinki dista un’ora e mezzo di traghetto veloce e tre ore con quello normale, mentre Pietroburgo è raggiungibile via treno (la tratta è del 1870) in poco tempo. E se nei weekend i finlandesi vengono a Tallinn per godere dei prezzi bassi di alcol, parrucchiere e manicure, succede anche che i docenti estoni vadano in Finlandia a lavorare qualche semestre per riuscire a mettere via il denaro necessario per l’acquisto di un appartamento. La Finlandia dichiara di essere «A land of semiotics», ma riesce a esserlo anche grazie al sostanzioso apporto dei colleghi al di là del golfo.
La caratteristica più eclatante dell’Estonia è la presenza di due città complementari: Tartu e Tallinn. La prima, a metà strada tra il lago Vorts e il lago Peipus, nel centro-sud-est del paese, è sede della più antica università dell’Europa nordorientale (1632), che oltre alla veneranda età vanta la cattedra di semiotica più famosa del mondo, fondata durante l’occupazione sovietica da Jurij Lotman. La vita di Tartu essenzialmente ruota intorno all’università, la città è circondata da boschi e distese pianeggianti (la cima più notevole dell’intero paese è alta 317 metri), e già a pochi metri dal centro, incamminandosi a piedi, si possono incontrare sconfinate distese di verde.
Tallinn invece è la capitale turistica sul mar Baltico, è sede del governo e del parlamento, e ha un centro storico molto pittoresco che normalmente è pressoché l’unica area visitata dai turisti occidentali. Pungolata da senso d’inferiorità per la presenza della prestigiosa università a Tartu, negli ultimissimi mesi ha radunato tutte le istituzioni di formazione superiore sparse per farsi riconoscere ateneo, e già molti studenti occidentali vi fioccano tramite scambi Erasmus attratti dall’esotismo e dalla calorosa e informale accoglienza dei docenti locali.
Ülar Ploom, capo del Dipartimento di lingue romanze e traduttore di Umberto Eco, proiettando gli standard italiani ce lo si potrebbe immaginare come un rampante poco avvicinabile che si lascia dare del tu soltanto dai pari grado: invece è un quarantenne molto simpatico e gioviale privo della pompa e della formalità nostrana. E Peeter Torop, nonostante occupi a Tartu la poltrona che fu di Lotman, è un simpatico cinquantenne che nella cucina di casa sua s’intrattiene amichevolmente tanto coi colleghi provenienti dall’estero quanto coi dottorandi e con gli amici.
Le due capitali, che insieme mettono insieme un terzo del milione e mezzo di abitanti dell’intero paese, comunicano soltanto tramite un nastro d’asfalto fangoso largo non più di otto metri, e un collegamento di autobus ogni mezz’ora che impiegano a percorrere il tragitto più del volo Milano-Tallinn. Sembra quasi che nessuna delle due città voglia fare il primo passo per creare una ferrovia, o un’autostrada o qualche altro collegamento più saldo, ognuna orgogliosa del proprio splendido isolamento.
Ma l’isolamento è un fatto puramente di superficie. Se è vero che un estone sopra i settant’anni considera la propria dimora adatta a viverci soltanto se dal giardino non è possibile scorgere nemmeno in lontananza nessun’altra abitazione, è anche vero che l’Estonia è la patria di Skype, il software che sta rivoluzionando la comunicazione globale. Benché il capitale della società che commercializza il prodotto che serve a telefonare gratis tramite internet sia soprattutto svedese e danese, e il capitale al sicuro a Lussemburgo, quattro ingegneri software che l’hanno compilato sono gli estoni Ahti Heinla, Priit Kasesalu, Jaan Tallin e Toivo Annus. E, grazie alla potenza di internet, questo fatto sta a catena facendo accendere i riflettori sulla più settentrionale delle repubbliche baltiche, tanto che il New York Times di recente le ha dedicato un intero articolo.
Spesso stentiamo ancora a riconoscere l’Estonia in mezzo alle varie repubbliche che sono appena entrate o stanno per entrare nell’Unione europea. Ma se continueremo a investire così poco in ricerca, nel giro di pochi anni la situazione si invertirà, e la fuga di cervelli prenderà la direzione di questo paese, dove l’università è al servizio della ricerca e non degli scatti di carriera di questo o quel baronetto dimezzato.

BRUNO OSIMO

Nella foto: Peeter Torop a un convegno sulla traduzione

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