i libri in affitto

La casa di mattoni è finita e da domani lo chalet di legno verrà dato in affitto (a qualcuno che non abbia paura del possente soffio del lupo cattivo). Nel sito abbiamo scritto che tra le varie dotazioni dello chalet, oltre al tostapane, oltre alla vespa, oltre al microonde e alla lavastoviglie, ci sono “libri”. In effetti negli ultimi otto anni ho preso l’abitudine di portare qui tutti i doppioni o comunque quelli per i quali a Milano non c’è spazio. Ora però nell’imminenza dell’arrivo di sconosciuti che si muoveranno tra i miei mobili e le mie pentole e i miei libri, faccio un’ultima capatina per vedere se c’è qualcosa da portare nella piccola libreria della casa nuova, quattro piccoli scaffali, perché per ora non ci sono ancora i mobili ‘veri’.
La collana del Pavone l’ho già portata via d’ufficio perché la colleziono. Poi ci sono i libri che amo, anche se l’edizione è qualsiasi, neutra, né bella né brutta. La storia e Menzogna e sortilegio li prendo perché Elsa non può rimanere sola con sconosciuti, porto L’insostenibile leggerezza dell’essere, Canetti in inglese (la traduzione italiana di Renata Colorni non la reggo e il tedesco non lo so). La tregua e Se questo è un uomo, e Diario di Anne Frank ce li ho qui in un’edizione Einaudi recente, col dorsino celeste, quasi quasi li lascio. Poi ci ripenso: E se per qualche motivo vengono profanati, magari usati come sottopentola, o aperti spaparanzati giù di piatto? Non potrei sopportarlo, anche se come oggetto non sono un gran che. E li porto. Le edizioni Feltrinelli recenti le lascio tutte, però alcuni titoli li porto via: Il gattopardo e Il tropico del cancro in edizione rilegata anni Sessanta. Lo stesso per Bompiani: Eco può rimanere tutto tranne la regina Loana, ma mi porto via Uomini e topi del 1940 e Pian della tortilla del 1953 e anche La perla a cura di Oreste del Buono. Che tu sia per me il coltello e A un cerbiatto somiglia il mio amore hanno orrende copertine deturpate da modelli e modelle in posa, e qui il dilemma è difficile: è più grave lasciarli in balia degli sconosciuti o portarli nella piccola libreria ‘d’emergenza’ della casa nuova con le loro copertine invadenti in mezzo alle tinte pastello degli anni Sessanta? Finisco per portarli, rivoltando la sovracoperta al contrario in modo che sembrino bianchi, e con loro viene anche Il responsabile delle risorse umane in una triviale economica einaudi, pure con foto agghiacciante in copertina anche se grigia. Mémoires d’une jeune fille rangée lo prendo perché magari finalmente lo leggo. La BUR vecchia la porto via per affetto, ma anche la BUR meno vecchia, quella degli anni Settanta, sempre per affetto.
E Le poesie d’amore del Novecento? Da un lato se ne può pure rimanere, magari viene una coppia romantica e se lo legge. Massì, lasciamolo, tanto più che per la maggior parte sono traduzioni e le poesie tradotte… è meglio perderle che trovarle. E ve lo dice uno che ci prova, a tradurle…

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