La comprensione nella semiosfera: testualità di Peeter Torop FRANCESCA POTITO

La comprensione nella semiosfera: testualità
di Peeter Torop

FRANCESCA POTITO

Scuole Civiche di Milano
Fondazione di partecipazione
Dipartimento di Lingue
Scuola Superiore per Mediatori Linguistici
via Alex Visconti, 18 20151 MILANO

Relatore: professor Bruno Osimo

Diploma in Scienze della Mediazione Linguistica
primavera 2008

© Peeter Torop 2007
© Francesca Potito per l’edizione italiana 2008

ABSTRACT IN ITALIANO

La tesi contiene la traduzione italiana dell’articolo Semiospherical understanding: textuality di Peeter Torop, il più autorevole esponente della scuola semiotica di Tartu. L’importanza della semiotica sia nel campo della scienza che in quello della cultura è in costante aumento. Ma, come risultato della creolizzazione, cultura e natura, in quanto ambienti della vita umana, sono cambiate e questo ha a sua volta generato la necessità di capire come comprendere e spiegare questo cambiamento, ossia come definire epistemologicamente l’oggetto d’indagine. Dal momento, quindi, che la cultura, in quanto sistema di sistemi, è in continua evoluzione a causa delle interrelazioni che si instaurano costantemente tra le parti del tutto, la semiotica diventa non solo una risorsa metodologica ma anche una risorsa applicativa atta a garantire lo sviluppo delle singole scienze. In questo contesto, il suo compito diventa quello di descrivere la semiosfera e, per osservare e interpretare i meccanismi della cultura, si serve della testualità (che combina in sé il testo come artefatto ben definito e la testualizzazione come astrazione), della metatestualità (l’analisi delle relazioni tra prototesto e metatesto), e dell’intertestualità (l’analisi delle relazioni che un testo ha con gli altri testi). In definitiva, la testualità è una possibilità che la cultura offre ai suoi analizzatori e, nello stesso tempo, è una proprietà ontologica della cultura e un principio epistemologico per analizzare la cultura. Oltre alla traduzione, la tesi propone un approfondimento sul contesto semiotico e un’analisi traduttologica dell’articolo sopra citato.

ENGLISH ABSTRACT

The thesis consists in the translation into Italian of the article Semiospherical understanding: textuality by Peeter Torop, the most influential exponent of the Tartu School of Semiotics. The relevance of semiotics is increasing both in sciences and culture. But, due to the creolization, culture and nature, as the environment of human life, have changed and this, in turn, caused the necessity to understand how to comprehend and explain this changing, that is how to define epistemologically the object of inquiry. Therefore, since culture, as a system of systems, is an incessantly evolving order because of the interrelationships constantly established between the parts of the whole, semiotics becomes not only a methodological but also an applicational resource for securing the development of sciences. In this context, its task is to describe the semiosphere and, in order to observe and interpret the mechanisms of culture, it makes use of textuality (which combines in itself text as a well-defined artifact and textualization as an abstraction), metatextuality (the investigation of the relations between a prototext and a metatext), and of intertextuality (the investigation of the relationships between a text and the other texts). All things considered, textuality is a possibility that culture offers to its analyzers, and at the same time it is an ontological property of culture and an epistemological principle for investigating culture. Besides the translation, the thesis contains the analysis of the semiotic context and a translational analysis of the above mentioned article.

RESUMEN EN ESPAÑOL

La tesis consiste en la traducción al italiano del artículo Semiospherical understanding: textuality de Peeter Torop, el exponente más notable de la escuela de semiótica de Tartu. La importancia de la semiótica tanto en el sector de las ciencias como en el sector de la cultura aumenta constantemente. Pero, como resultado de la creolización, cultura y naturaleza, en cuanto entornos de la vida humana, han cambiado generando a su vez la necesidad de entender cómo comprender y explicar dicha transformación, es decir cómo definir epistemológicamente el objeto de investigación. Por consiguiente, dado que la cultura, en cuanto sistema de sistemas, es en continua evolución a causa de las interrelaciones que se establecen etre las partes y el todo, la semiótica se convierte no sólo en un recurso metodológico, sino también en un recurso aplicativo apto a garantizar el desarrollo de las mismas ciencias. En este contexto, su función es la de describir la semiosfera y, para observar e interpretar los mecanismos de la cultura, usa la textualidad (que combina en sí misma el texto como artefacto bien definido y la textualización como abstracción), la metatextualidad (la investigación de las relaciones entre prototesto y metatexto), y la intertextualidad (la investigación de las relaciones que un texto establece con otros textos). En resumidas cuentas, la textualidad es una posibilidad que la cultura ofrece a sus analizadores y, al mismo tiempo, es una propriedad ontológica de la cultura y un principio epistemológico para analizar la cultura. Además de la traducción, la tesis contiene un ahondamiento del entorno semiótico y un análisis traductológica del artículo mencionado.

Sommario

1. Prefazione 7
1.1. Biografia 8
1.2. La scuola di semiotica di Tartu-Mosca 8
1.3 L’evoluzionismo letterario di Ûrij Tynianov e le dinamiche lotmaniane 11
1.4. Strategia traduttiva 14
1.5. Analisi traduttologica 15
1.5.1. La gestione delle citazioni 21
1.5.2. L’abbondanza di connettori logici 22
Riferimenti bibliografici 23
2. Traduzione con testo a fronte 25
Riferimenti bibliografici 54

1. Prefazione

1.1. Biografia

Peeter Torop nasce in Estonia nel 1950. Allievo di Ûrij Lotman dal 1993 al 2007, si laurea all’università di Tartu e consegue un dottorato di ricerca, avendo come advisor prima Lotman e, dopo la sua morte, Uspenskij.
Dal 1993 ricopre il ruolo di capo del Dipartimento di Semiotica dell’Università, sostituendosi al maestro, fondatore dello stesso dipartimento. Sono questi gli anni più fecondi della sua carriera.
Il volume Total´nyj perevod, pubblicato in russo nel 1995 (è in corso di preparazione l’edizione èstone ampliata) e in italiano nel 2000, rappresenta il segno tangibile dell’interesse di Torop per la semiotica della traduzione. È questo libro a renderlo molto noto tra i ricercatori sulla traduzione.
Seguendo Roman Jakobson, Torop ha ampliato la portata dello studio semiotico della traduzione comprendendo la traduzione intratestuale, intertestuale ed extratestuale e sottolineando la produttività del concetto di «traduzione» nella semiotica generale.
Oggi è condirettore del prestigioso Sign Systems Studies (Σημειωτικη), la prima rivista scientifica internazionale di semiotica, all’interno della quale, nel 2003 (vol. 31.2), è stato pubblicato l’articolo di cui più avanti sarà fornita una traduzione con testo a fronte: Semiospherical understanding: Textuality.

1.2. La scuola di semiotica di Tartu-Mosca

Dal momento che Peeter Torop è uno dei più noti semiotici europei, risulta doveroso inquadrare l’autore nel contesto culturale in cui si inserisce, tanto più che si tratta di un terreno scientificamente assai fertile e di origini nobili: la scuola di semiotica di Tartu-Mosca.
Nel Novecento, l’evoluzione degli studi linguistici e letterari ha avuto tra i suoi punti focali tre paesi dell’Europa orientale: Russia, Cechia ed Estonia. Tra il 1914 e 1915, nasce il Circolo linguistico di Mosca, sotto l’egida dell’Accademia delle scienze russa, seguito a breve distanza (1917) dalla formazione a Pietroburgo dell’OPOÂZ, sigla della Società per lo studio del linguaggio poetico. Tra i due circoli si instaura una relazione dialettica molto feconda fondata sulla loro complementarità: i moscoviti, per formazione linguisti, si occupavano prevalentemente di critica letteraria e sono approdati alla semiotica proprio dalla linguistica. Successivamente alcuni di loro si sono occupati in modo più o meno professionale di letteratura, ma la base e gli interessi linguistici sono sempre rimasti al primo posto; i pietroburghesi, invece, per formazione studiosi della letteratura, dedicavano molta della loro attenzione al linguaggio poetico. Questo diverso background culturale si è rivelato molto fruttuoso, poiché i due gruppi si sono arricchiti reciprocamente, comunicandosi i rispettivi interessi. Così, l’incontro con la scienza letteraria ha determinato l’interesse dei moscoviti (linguisti) per il testo e il contesto culturale, cioè per le condizioni di funzionamento del testo. A sua volta, l’incontro con i linguisti ha orientato l’interesse degli studiosi di letteratura (i pietroburghesi) verso la lingua, per la sua capacità di generare e produrre testi. Inizialmente si proponevamo un obiettivo: guardare il mondo con gli occhi del linguista, trovare e descrivere una lingua ovunque fosse possibile. Secondo questi due circoli, infatti, la cultura appare un insieme di lingue eterogenee, relativamente più specifiche. In questo senso, la cultura comprende i linguaggi dell’arte (della letteratura, della pittura, del cinema), quello della mitologia, e così via. Il funzionamento di tali linguaggi è interrelato in modo complesso, e il carattere stesso dell’interrelazione è, in generale, determinato dalla cultura, cioè risulta diverso in situazioni storiche diverse. La cultura, in senso semiotico ampio, è dunque intesa come sistema di relazioni che si instaurano fra l’uomo e il mondo. Questo sistema da un lato regola il comportamento umano, dall’altro determina il modo in cui viene modellizzato il mondo. Ciò permette, tra l’altro, di guardare la storia in prospettiva semiotica: da un certo punto di vista il processo storico appare un sistema di comunicazione fra la società e la realtà che la circonda, in particolare fra le diverse società e, allo stesso tempo, come dialogo fra la personalità storica e la società. A questo proposito sono particolarmente interessanti le situazioni di conflitto in cui i partecipanti al processo comunicativo parlano lingue (culturali) diverse, cioè quando i medesimi testi vengono letti in modo diverso. Questo spiega anche il motivo per cui questa scuola pone testi culturali concreti come oggetto dei suoi studi semiotici.
Ma torniamo alle origini della scuola semiotica di Tartu-Mosca. Nella città di Mosca lavora inizialmente Romàn Jakobson, che in un secondo tempo diviene anche membro dell’OPOÂZ a Pietroburgo, per poi trasferirsi in Cechia nel 1920 (fino al 1939), e fondare il Circolo linguistico di Praga. A Pietroburgo lavorano, tra gli altri, Èjhenbàum, Tomaševskij, Bahtìn, Propp e Tynânov, il gruppo poi divenuto noto come «i formalisti russi».
Ma, per la nascita della scuola semiotica di Tartu, bisogna risalire agli anni Quaranta, a Pietroburgo, dove il giovane Ûrij Lotman si iscrive all’università, laureandosi in lettere nella facoltà dove insegnano molti dei docenti che, nel ventennio precedente, sono stati protagonisti del formalismo e dello strutturalismo, tra i quali citiamo Propp, a noi noto soprattutto per gli studi sul folclore e sulla fiaba.
Lotman comincia, quindi, la propria carriera universitaria a Tartu, interessandosi particolarmente ai metodi di analisi del «testo poetico» (termine con cui intende qualsiasi testo “aperto”, non settoriale) e alle ricerche sui modelli ideologici della cultura. Siamo negli anni Sessanta quando Lotman tiene il primo corso di poetica strutturale, che sarà poi pubblicato in Lezioni di poetica strutturale nel 1964. Due anni prima, nel 1962, viene organizzato a Mosca un simposio sullo studio strutturale dei sistemi di segni, nel corso del quale vengono lette relazioni di semiotica della lingua, di semiotica generale, di semiotica dell’arte, della comunicazione coi sordi, dei rituali. Tali relazioni saranno poi pubblicate nelle ormai famose Tesi.
Entrato in possesso delle tesi del simposio moscovita, Lotman va a Mosca per prendere contatti con i suoi colleghi russi e per proporre loro una collaborazione avente come base geografica proprio la città di Tartu. Nasce così, da questa collaborazione, la prestigiosa rivista Trudy po znakovym sistemam [Lavori sui sistemi segnici], che esiste e prospera tuttora (lo stesso Torop ne è direttore) e ha un titolo in altre tre lingue: Sign System Studies, Töid märgisüsteemide alalt (in èstone) e Semeiotikè. E sempre nel 1964 si tiene la prima conferenza della neonata “scuola” a Tartu. Il fatto che molti chiamino questa scuola semplicemente «scuola di Tartu» è dovuto proprio al fatto che in questa città ha sede la rivista che, uscendo con cadenza semestrale, costituisce uno dei punti di riferimento più importanti per la semiotica mondiale.
Nel 1992, un anno prima della morte di Lotman, il Dipartimento di letteratura russa di Tartu, fondato e reso celebre da Lotman, si scinde, e nasce il Dipartimento di semiotica (la denominazione ufficiale del corso di laurea è «Semiotica e teoria della cultura»). A capo di questo dipartimento sta proprio il professor Peeter Torop, uno degli studiosi più competenti per quanto riguarda la semiotica applicata allo studio della traduzione.

1.3 L’evoluzionismo letterario di Ûrij Tynianov e le dinamiche lotmaniane

In Semiospherical understanding, l’articolo pubblicato nel 2003 nella rivista Sign System Studies, Torop delinea quella che è l’importanza della semiotica non solo nel campo della scienza, ma anche in quello della cultura. Secondo l’autore, la semiotica è non solo un sostegno metodologico delle scienze stesse ma anche una risorsa applicativa atta a garantire lo sviluppo di queste ultime. Ma non solo; Torop sottolinea quello che è il valore, la funzione della semiotica (aiutarci a orientarci nella storia) e, per farlo, attinge all’epilogo di V. Ivanov, uno dei fondatori della scuola semiotica di Tartu. Ma Ivanov non è l’unico studioso di semiotica citato da Torop. Come precedentemente accennato, l’ambiente dell’Università di Tartu era particolarmente fecondo: numerose personalità entravano in contatto tra loro comunicandosi i reciproci interessi, le idee, le convinzioni, e l’articolo di Torop ne è la testimonianza. Per argomentare il suo discorso, infatti, l’autore cita diversi suoi colleghi, mutuandone il pensiero.
Una delle personalità che più emergono nell’articolo, oltre ovviamente al maestro per eccellenza di Torop, Lotman, è Ûrij Tynânov. Allievo di Vèngerov, un uomo il cui metodo era l’empirismo, Û. Tynânov scriveva in versi, e non si limitava ad accumulare i fatti; li selezionava, e sapeva vedere quello che sfuggiva agli altri. È forse il suo spirito di osservazione ad attrarre Torop.
Per Tynânov la storia della letteratura, dove per «letteratura» si intende un sistema di segni in correlazione con altri sistemi, non è la storia di un susseguirsi di errori, bensì quella di un avvicendarsi di sistemi grazie ai quali si conosce il mondo.
Ma cosa ha dato Tynânov alla storia della letteratura? Lo studioso cercava di esaminare ogni fenomeno, ogni fatto letterario, sia nella teoria, sia nella storia della letteratura, storicamente, riferendosi al contenuto concreto del fenomeno stesso e alla sua relazione con gli altri fenomeni. La sua concezione della letteratura lo ha portato a mettere in rilievo non il mutamento dei singoli fatti dell’opera, ma l’avvicendarsi dei sistemi. Tale avvicendarsi fa sì che la realtà letteraria si evolva, procedendo come a balzi, a passaggi che, per la loro bruschezza, provocano lo stupore dei contemporanei. Per «evoluzione letteraria», quindi, Tynânov intende l’alternanza di sistemi i cui elementi assumono nuove funzioni. Tali sistemi entrano in rapporto tra loro, instaurando sia rapporti di «sin-funzione» (relazioni tra elementi simili di sistemi diversi) sia di «auto-funzione» (relazioni tra elementi di uno stesso sistema). Ecco spiegata l’eterogeneità della realtà testuale, o meglio, per usare un termine di Torop, la «diacronia» della realtà testuale (Tynânov 1968).
A riflettere sulla cultura, anche Û. Lotman, spesso citato da Torop. Ûrij Michajlovič Lotman (1922-1993) è stato uno dei massimi studiosi di semiotica, nonché storico della letteratura e della cultura. Nato a Pietrobugo, dal 1963 è stato professore presso l’Università di Tartu, in Estonia, dove ha fondato la Scuola semiotica di Tartu.
Ideatore del concetto di «semiosfera», un continuum semiotico pieno di formazioni di tipo diverso, collocato a vari livelli di organizzazione e che rende possibile la vita sociale, di relazione e comunicazione, Lotman individua come oggetto della semiotica la «letteratura», che a questo punto si configura come una semiosfera densa di testi e metatesti che si richiamano e rigenerano gli uni con gli altri. Ecco, quindi, che i termini «testo» e «testualizzazione» diventano concetti fondamentali della semiotica: la testualizzazione è qui intesa come traduzione appropriativa del reale che, filtrato dai linguaggi, si trasforma in «testo». Siamo dunque davanti a una testualità allargata che finisce per comprendere tutte le forme culturali. Ora va detto che il singolo testo, rispetto all’insieme della semiosfera, può assumere il ruolo del frammento, del «ricordo» a partire dal quale ricostruire il tutto: ma, avverte Lotman, la ricostruzione necessaria alla decodifica di un testo porta sempre, in realtà, alla creazione di un nuovo linguaggio. L’idea della continua riformulazione del senso è un tratto ricorrente del pensiero lotmaniano, che accoglie la lezione strutturale accompagnandola a una grande attenzione per gli aspetti dinamici e quindi anche diacronici dei fenomeni studiati.
In Semiospherical Understanding Torop cita anche le dinamiche lotmaniane che si instaurano tra la parte e il tutto. Per spiegare i rapporti fra parti e intero, tra testo – sempre inteso come singolo organo rispetto a un organismo più complessivo, e non come parte di un meccanismo priva di un significato proprio – e sistema culturale, Lotman ricorre alla metafora dello specchio, che è il punto di partenza di una sua approfondita riflessione sulle leggi della simmetria, che paiono rappresentare una chiave di senso a livello “micro” quanto “macro”:

Come un volto che si riflette in uno specchio, si riflette anche un qualunque suo frammento, che appare così parte dello specchio e nel contempo tempo simile a esso (Lotman 1985: 66).

Fra le parti deve esserci però non solo un rapporto di somiglianza ma anche una qualche differenza, che renda possibile la dialogicità del sistema, così come nello scambio comunicativo è necessaria la presenza di due partner simili e allo stesso tempo diversi. Ogni elemento della semiosfera è quindi un partner del dialogo, mentre l’insieme della semiosfera è lo spazio del dialogo, la sua condizione di possibilità.
Questo rapporto fra ordini diversi di complessità si riscontra anche nello studio dei contatti fra le varie aree culturali, come fra Oriente e Occidente: perché il dialogo sia possibile è necessario che il testo trasmesso e quello ricevuto in sua risposta debbano formare, da un terzo punto di vista, un unico testo: «Il testo trasmesso, prevenendo la risposta, deve contenere gli elementi capaci di permettere la traduzione in un’altra lingua, altrimenti il dialogo è impossibile» (Lotman 1985: 68). I testi che trasmutano da una cultura all’altra si trasformano, recando in sé le tracce dei percorsi e dei tragitti che hanno compiuto: è la loro duttilità che permette lo scambio e l’arricchimento .
Ancora una volta torna, quindi, la concezione di una cultura feconda perché eterogenea e in continua evoluzione, dove ogni testo non solo assume il suo significato autonomo e dipendente dal suo funzionamento interno, ma acquisisce il suo significato anche attraverso le relazioni con gli altri testi, ossia, come parte di un tutto. Ecco perché la scienza ha bisogno di ricreare costantemente il suo oggetto di ricerca, perché nella cultura come organismo vivente emergono costantemente nuove relazioni e nuovi sistemi, e la testualizzazione è una possibilità che la cultura offre ai suoi analizzatori per analizzare la cultura stessa.

1.4. Strategia traduttiva

Semiospherical understanding viene pubblicato nel 2003, nel volume n. 31.2 della prestigiosa rivista di semiotica Sign Systems Studies, An international journal of semiotics and sign processes in culture and nature.
La rivista scientifica viene fondata nel 1964 da Ûrij Lotman, ed è per questo che è la più storica rivista internazionale di semiotica. Inizialmente (e fino al 1992) pubblicata esclusivamente in russo – lingua ufficiale dell’Unione sovietica –, è ora pubblicata anche e soprattutto in inglese, ed è diventata un’istituzione centrale nella semiotica della cultura. Dal 1998, la Sign Systems Studies viene pubblicata come rivista internazionale peer-reviewed sulla semiotica della cultura e biosemiotica. Pubblicata regolarmente, un volume all’anno, è presente nelle più importanti banche dati scientifiche.
Considerando, dunque, la portata della rivista in cui è stato pubblicato, il prototesto ha le caratteristiche di un saggio scientifico e, in quanto tale, ha come obiettivo principale quello di informare, di veicolare un’informazione a un pubblico sicuramente competente ed esperto in materia. Questo obiettivo si è concretizzato nello stile scelto dall’autore: argomentativo, rigoroso, scientifico e ricco di termini settoriali.
Il saggio è incentrato sull’importanza della semiotica sia nel campo della scienza che della cultura e solo un pubblico competente può comprendere i ragionamenti di Torop senza doversi specificamente documentare. Tuttavia, bisogna osservare la differenza tra il lettore modello del prototesto e un ipotetico lettore della mia proposta di metatesto: per la mia proposta di traduzione non è prevista nessuna pubblicazione in nessuna rivista scientifico-settoriale sulla semiotica, né tantomeno a leggerla sarà un pubblico di studiosi di semiotica. Ovviamente questo ha influito senza dubbio sulle scelte che ho dovuto fare per la stesura della versione italiana, benché la fluidità dei ragionamenti e il “tipo” di inglese utilizzato nel prototesto non siano risultati estremamente complessi.
In breve, posso dire di aver seguito il filo logico e lineare dell’autore, pur prestando attenzione al significato e ai vari traducenti delle parole, e pur coniando a volte anch’io neologismi sulla base dei neologismi proposti dall’autore stesso. Il tutto con l’obiettivo di ricreare una versione avente la stessa dominante del prototesto: informare un lettore specialistico.

1.5. Analisi traduttologica

Se, da una parte, l’inglese impiegato nel prototesto è un inglese abbastanza corretto (non va dimenticato che il prototesto è, a sua volta, stato scritto da una persona di madrelingua estone con una lingua B (il russo) fortissima, ma un inglese coltivato solo negli ultimi quindici anni), “semplice” e lineare, privo di balzi temporali o periodi subordinati eccessivamente lunghi, dall’altra una delle più grandi difficoltà nella stesura del metatesto è stata l’individuazione e la scelta del traducente di alcune parole polisemiche, primo fra tutte il termine inglese «language».
In un dizionario monolingue britannico, la definizione di «language» è la seguente:

Language /’lG1gwIdZ/
n
1. a system for the expression of thoughts, feelings, etc., by the use of spoken sounds or conventional symbols
2. the faculty for the use of such systems, which is a distinguishing characteristic of man as compared with other animals
3. the language of a particular nation or people
the French language
4. any other systematic or nonsystematic means of communicating, such as gesture or animal sounds
5. the specialized vocabulary used by a particular group (Collins 2008).

Sulla base di queste accezioni, i traducenti di «language» nel nostro metatesto possono essere i seguenti: «linguaggio» o «lingua». Ma su quale base operare la scelta?
Considerando le definizioni delle due parole italiane

Lin|guàg|gio
s.m.
1 AU capacità comune a tutti gli esseri umani di apprendere una o più lingue storico–naturali e di servirsene per ragionare, intendersi reciprocamente, comunicare sia oralmente sia, tra le popolazioni che conoscono la scrittura, graficamente, scrivendo e leggendo
TS ling., psic., facoltà umana ricca di elementi innati, universali, presenti in ogni lingua
3a TS semiol., capacità d’utilizzazione di qualunque tipo di codice che, pur diverso dalle lingue storico–naturali, sia in grado di ordinare la produzione e comprensione di segnali della più varia natura: linguaggi animali, studiati dalla zoosemiotica, l. delle api, dei delfini; linguaggi logici, simbolici, convenzionali | l. gestuale, in cui il significante è realizzato con gesti visibili per il destinatario, cui si possono ricondurre le lingue dei segni in uso tra i sordomuti
3c TS log., ling., inform., qualsiasi insieme di stringhe di simboli le quali siano generabili a partire da un vocabolario finito, non creativo, secondo un numero finito di regole sintattiche applicabili infinitamente, talché sia decidibile l’appartenenza di una stringa all’insieme

e

Lìn|gua
s.f.
3a FO parlata, idioma, ant. favella, loquela, talora linguaggio come facoltà umana; più spesso modo di parlare peculiare di una comunità umana, appreso dagli individui (in condizioni normali) fin dai primi mesi di vita, affiancato, per le popolazioni alfabetizzate, da modalità ortografiche e di stile connesse alla pratica dello scrivere e del leggere; […]
3c TS ling., insieme (cui spesso si attribuisce carattere di sistema) di morfi, il cui significante è costituito adoperando un insieme finito e poco numeroso di unità distintive asemantiche, dette fonemi; nei morfi in generale si riconoscono morfemi lessicali e morfemi grammaticali, che, combinati secondo regole sintagmatiche e regole di assegnazione di ruoli sintattici, consentono di generare (cioè descrivere in modo ordinato) un numero potenzialmente infinito di frasi (e, quindi, di discorsi o testi), ciascuna realizzabile in un numero indefinito di enunciazioni concrete (atti di parole, speech acts) consistenti in una espressione (fonica o grafica e simili) e di una significazione (o senso, riferimento), entrambe ricche di elementi (prosodici, sul versante dell’espressione fonica, pragmatici, sul versante della significazione) importanti nell’esecuzione, ma di più problematica attribuzione all’insieme in quanto sistema astratto […]. (De Mauro 2008)

e considerando il contenuto centrale del prototesto, sebbene la parola «lingua» sembri interscambiabile con il termine «linguaggio», nella scelta del traducente ho dovuto prestare molta attenzione al contesto in cui «language» si trovava. Sulla base di questa premessa, ho ritenuto opportuno utilizzare «linguaggio» ogni qualvolta «language» stava a significare «qualunque tipo di codice»; e «lingua» ogni qualvolta «language» significava un linguaggio naturale. Fatta questa prima distinzione, nel corso del saggio la parola «language» si trovava spesso in coppia con altri sostantivi, come ad esempio «description» o «object», i quali, specificando contestualmente la parola in questione, mi hanno aiutato nella scelta del traducente più idoneo.

Un altro caso, questa volta un traducente appartenente alla lingua italiana, in cui ho avuto la stessa difficoltà nell’identificazione della parola più idonea è stato quello di «genere». La lingua italiana ha un solo vocabolo, «genere» per l’appunto, per esprimere significati che in inglese sono veicolati da almeno tre parole diverse, vale a dire «genre», «gender» e «kind». Per non parlare dei diversi traducenti che ognuna di queste parole potrebbe avere col variare del contesto.
Infatti, le mie difficoltà sono cominciate quando mi sono trovata davanti la parola inglese «genre». Al momento della ricerca del traducente, che a prima vista era ovviamente «genere», mi sono resa conto che, nel contesto in cui si trovava la parola inglese (cito il prototesto),

Text of tradition, on the other hand, expresses explicit belonging to a movement, style, grouping or genre, as well as causal or typological relations with predecessors or successors.

il solo traducente italiano non bastava. Questo perché, come precedentemente sottolineato, «genere», nella lingua italiana, è una parola riccamente polisemica

Gè|ne|re
s.m.
1a FO insieme, raggruppamento concettuale di cose o individui che hanno caratteristiche fondamentali comuni; tipo, specie: non sono abituato a questo g. di cose, conoscere persone di ogni g., che g. di vita fai?; non mi piace questo g. di mobili, di abiti; scherzo di cattivo g., di cattivo gusto
2 TS zool., bot., biol., categoria sistematica superiore alla specie e inferiore alla famiglia: un g. comprendente due sole specie
3a CO forma di espressione, categoria in cui vengono tradizionalmente raggruppate opere artistiche con caratteristiche strutturali e contenutistiche simili: g. epico, narrativo; g. comico, tragico; g. strumentale, melodrammatico; g. poliziesco, horror
3b TS ret., ciascuno dei tre stili dell’oratoria classica, differenziato in base alla destinazione e allo scopo dell’orazione
4 TS ling., gramm., categoria grammaticale presente nelle lingue indoeuropee, semitiche e in molte altre famiglie linguistiche, in base a cui nomi, aggettivi, pronomi e alcuni numerali si distinguono in maschili e femminili (ad es. in italiano, francese, spagnolo) o maschili, femminili e neutri (ad es. in latino e tedesco): essa si manifesta attraverso l’opposizione di desinenze e attraverso i meccanismi dell’accordo e, a seconda delle lingue, può essere più o meno correlata col genere naturale di ciò che è designato dal vocabolo (abbr. g., gen.) | categoria grammaticale che in alcune lingue, come l’urdu, è riconoscibile anche nel verbo e che in italiano appare in forme analitiche del passato e del passivo
5 TS mus., una delle tre modalità della musica greca antica
6 CO spec. al pl., merce, prodotto, spec. alimentare: generi di prima necessità, di lusso, di importazione
7 TS mat., numero che esprime alcune proprietà analitiche e topologiche della curva algebrica (De Mauro: 2008)

e, in quel contesto, necessitava di un aggettivo per rendere il suo significato meno ambiguo. Ecco il perché della scelta dell’aggiunta dell’aggettivo «testuale», indispensabile, qui, per disambiguare l’attualizzazione.

Diverso è stato invece il caso del compound «album verse». Il problema non è stato tanto tradurre questa espressione, in quanto i due sostantivi, se presi singolarmente, sono molto semplici da tradurre. Il problema è stato, piuttosto, il loro accostamento. Nel prototesto i due termini li troviamo citati in questo modo:

Of course, the relations of cultural text and literary text are more complicated than that. Texts with prestige such as the Classics or the Bible function above all as cultural texts. On the other hand, cultural text can bring about the emergence of literary text, as can be witnessed in the case of salon literature or album verse.

In questo caso, a veicolarmi verso la traduzione più idonea dell’espressione sopra citata è stata la presenza, nello stesso passo, della locuzione «salon literature». Quest’ultima mi ha aiutato a focalizzarmi su un periodo ben preciso: tra Settecento e Ottocento. Allora ho intrapreso una ricerca sul portale di Google, nella speranza di trovare una minima spiegazione di cosa fosse un album verse. Ma niente mi ricollegava al significato della locuzione. La soluzione mi è stata, invece, fornita dal professor Torop in persona, contattato per email. Le sue parole sono state le seguenti:

Salonnaja literatura i al´bomnaja poezija javlenija dvorjanskoi kul´tury v Rossii. So vremjon Pushkina i Lermontova eti teksty voshli v literaturu kak vo vremja sentimentalizma dnevnik voshol v literaturu (do etogo byl bytovym kul´turnym
javlenijem). Al´bomnye stihi ochen´ chasto posvjasheny hozjaikam literaturnyh salonov itd. Eti stihi chitali gosti salona, no potom ih stali i pechatat´ v zbornikah avtorov .

Ovvero:

La letteratura da salotto e la poesia da album sono fenomeni della cultura nobiliare in Russia. Dai tempi di Puškin e Lermontov questi testi sono entrati nella letteratura come al tempo del sentimentalismo il diario era entrato nella letteratura (prima era un fenomeno della vita quotidiana). I versi da album molto spesso sono dedicati alla padrona di casa dei salotti letterari ecc. Questi versi li recitavano gli ospiti del salotto, ma poi si sono messi anche a pubblicarli nelle antologie degli autori.

Dunque, sulla base di questa esauriente spiegazione, ho optato per la seguente traduzione: poesia da album.

Il problema della scelta dei traducenti non è stato l’unico che ho dovuto affrontare. Come già precedentemente accennato, il prototesto presenta un alto uso di termini settoriali. Quando però il termine settoriale in questione è un neologismo, le decisioni traduttologiche da prendere sono diverse. In particolare, mi riferisco alle difficoltà incontrate con il termine «noosphere».
In Semiospherical understanding, la prima volta in cui viene menzionata la parola è nella citazione di Ivanov, assieme alla parola «semiosphere».

The task of semiotics is to describe the semiosphere without which the noosphere is inconceivable […] (Semiospherical understanding 2003: 1).

Per quanto la traduzione di «semiosphere» potesse essere chiara, così come era chiaro il concetto stesso di «semiosphere», quello che al momento risultava oscuro era il concetto di «noosphere» e, a questo punto, anche il suo traducente.
Il primo passo è stato quello di capire il significato della parola «noosphere» e, conseguentemente, cercare un traducente idoneo per quel concetto. Tra i lemmi di un dizionario monolingue britannico, la parola «noosphere» non era menzionata, così come non lo era tra i lemmi di un dizionario bilingue italiano-inglese. Fallita questa ricerca, il secondo passo è stato cercare il significato della parola nella Rete ma, nonostante l’aiuto degli operatori booleani, la ricerca non ha prodotto risultati soddisfacenti. Allora ho optato per la consultazione dell’enciclopedia libera Wikipedia, dove mi è stato possibile trovare il significato di «noosphere» (the “sphere of human thought” being derived from the Greek νους (“nous“) meaning “mind“) ma solo in lingua inglese. Nella lingua italiana, infatti, la parola inglese non aveva nessun traducente.
Più avanti, nel prototesto, la parola «noosphere» ricompare. Questa volta, però, ne viene fornita una spiegazione:

As noosphere is the future living environment of the humankind, created in mutual agreement and on rational principles, it follows from this definition that semiotics must assist mankind in understanding both history and future (Semiosherical understanding 2003: 12).

Sulla base di questa parafrasi, mi sono resa conto che la definizione di «noosphere» fornita da Wikipedia non poteva essere applicata al mio contesto e che, nonostante il dizionario di italiano non includesse tra i suoi lemmi la parola «noosfera», quest’ultima era il traducente più preciso per la parola inglese «noosphere». E così, ricalcando il neologismo dell’autore, anche nella mia versione del metatesto ho deciso di riproporre lo stesso neologismo.

1.5.1. La gestione delle citazioni

Tornando al concetto di «semiosfera», quel gigantesco macrosistema nel quale le singole culture interagiscono, arricchendosi reciprocamente, essa ha una forte influenza sulla genesi di qualsiasi enunciazione che facciamo, scritta o orale che sia. Essendo, infatti, ogni enunciazione inserita in un contesto (la semiosfera), più questo è arricchito dalla cultura altrui, più l’enunciazione può essere influenzata da quest’ultima. E lo stesso Lotman, autore e semiotico spesso citato da Torop, vedeva questo interagire, questo rapporto tra culture (la cultura propria e la cultura altrui) come una possibilità benefica, per la semiosfera stessa, di fecondarsi e quindi evolversi.
Partendo da questa dinamica proprio-altrui, le singole culture all’interno della semiosfera si sviluppano soprattutto grazie al confronto con l’altro. E allo stesso modo Torop ha sviluppato il suo percorso discorsivo grazie al confronto con i pensieri e le idee dei suoi contemporanei. Da qui la presenza, nel suo articolo, di numerose citazioni che nel corso del tempo hanno influenzato il suo pensiero. Esse, e il modo in cui sono state gestite, oltre a rivelare lo stile di Torop, sono in qualche modo la testimonianza degli studi fatti dall’autore nel campo della semiotica, il frutto delle consultazioni di scritti esistenti. Nel caso di Semiospherical understanding, la citazione guida il lettore nella comprensione del messaggio, ma guida anche l’autore nella stesura del suo stesso pensiero, lungi però dall’essere sterile e statica. In questo modo, il prototesto presenta tutte le caratteristiche per potersi considerare un saggio compilativo, ossia un intertesto.

L’«intertesto» è il testo che contiene una citazione, un rimando o un’allusione a un altro testo (Osimo 2005: 15).

Sulla base dei parametri di implicitezza-esplicitezza di un intertesto, oltre a essere un saggio compilativo in quanto prodotto della consultazione di opere già esistenti, il prototesto è un intertesto esplicito in quanto sia la citazione sia la sua fonte sono dichiarate. La costante presenza di delimitatori grafici, infatti, aiuta il lettore a comprendere che l’autore ha inserito una citazione; la presenza tra parentesi dell’autore della citazione stessa, d’altro canto, rende noto l’autore e il documento da cui è stata estrapolata la citazione. Il tutto per mantenere il lettore costantemente informato sul percorso argomentativo sviluppato dal professore stesso.
Un’ultima osservazione in merito alle citazioni riguarda la loro “provenienza”. Se la funzione della citazione nel nostro prototesto è prevalentemente quella di informare, o meglio, di arricchire l’informazione veicolata dal prototesto stesso o magari di giustificarla, individuarne la provenienza può aiutare ancora di più nella comprensione del messaggio. Analizzando gli autori citati da Torop, tutti studiosi di semiotica presso l’università di Tartu, si evince che le fonti delle citazioni fanno parte sia del patrimonio culturale dell’autore stesso sia della cultura emittente di quel periodo (gli anni Novanta) e, ancora una volta, non fanno altro che arricchire il prototesto.

1.5.2. L’abbondanza di connettori logici

Infine, un’ultima osservazione in merito all’uso dei «connettori logici», quella parte invariabile del discorso che unisce due unità sintattiche in un rapporto di coordinazione o subordinazione, in funzione della dominante del prototesto.
A testimoniare il fatto che il prototesto ha come funzione principale quella di veicolare un messaggio, un’informazione, Torop fa un uso direi quasi abbondante di connettori logici, in particolare di «congiunzioni coordinate conclusive». Queste “parole gancio”, come «hence», «thus» o «therefore», sono elementi grammaticali che svolgono la funzione di collegare due proposizioni, periodi o parti di un testo e, nel caso particolare delle conclusive, hanno l’obiettivo di unire tra loro due elementi di cui il secondo costituisce la logica conclusione del primo. Infatti, ogni qualvolta Torop usa, all’interno di un periodo, un connettore di questo tipo, lo fa perché vuole concludere il suo ragionamento, indirizzando il lettore verso la spiegazione più logica del concetto.
Ancora una volta, dunque, grazie all’uso di questi connettori, il prototesto risulta avere una maggiore chiarezza e coesione, oltre ad essere ben strutturato, testimonianza di uno stile lineare e preciso.

Riferimenti bibliografici

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LOTMAN, ÛRIJ, La Semiosfera, Venezia, Marsilio, 1985, 66, ISBN 88-317-4703-7
OSIMO, BRUNO, Propedeutica della traduzione. Corso introduttivo con tavole sinottiche, Milano, Hoepli, 2001, ISBN 88-203-2935-2.
PEZZINI, ISABELLA e SEDDA, FRANCISCO, Semiosfera, Cultural Studies, consultato nel mese di dicembre 2007, http://www.culturalstudies.it/dizionario/lemmi/semiosfera_b.html
TOROP, PEETER, La traduzione totale, (a cura di) B. Osimo, Rimini, Guaraldi, 2000, ISBN 88-8049-195-4
TYNÂNOV, ÛRIJ, Avanguardia e tradizione, traduzione di S. Leone, Dedalo, 1968, ISBN 88-2200-104-4, disponibile all’indirizzo http://books.google.com/books?id=pFVMNZkhS5UC&dq=isbn:8822001044&hl=it
VITACOLONNA, LUCIANO, Qualcosa di semiotica, Theorèin, Nozioni di semiotica, Maggio 2004, http://www.theorein.it/letteratura/letita/vitacolonna/articoli/articolo%2002%20qualcosa%20di%20semiotica.html

2. Traduzione con testo a fronte

Semiospherical Understanding: Textuality

The relevance of semiotics is increasing both in science and in culture. On the one hand, semiotics offers methodological support to the sciences the development of which has been bound up with interdisciplinary dialogue with other sciences and which are in need of methodological innovation in order to locate their shifted borders. On the other hand, culture and nature as the environment of human life have also changed, and this, in turn, requires a new understanding of how to comprehend and explain this changed environment or, in other words, how to define epistemologically the object of inquiry. Thus, the disciplinary structure of sciences has changed, interdisciplinarity has given rise to new types of scientific dialogue in the form of multi-, cross- or transdisciplinarity, but at the same time also objects of sciences have changed. Especially in the humanities and in the social sciences, due to the (technological) development of media environment and due to the creolization and hybridisation of languages of culture, objects of research have changed so rapidly that semiotics has become both a methodological as well as an applicational resource for securing sustainable development of these sciences. Traditional science and traditional culture have arrived at a stage where fragmented understanding of culture, society and nature has reached a crisis of holism. Restoration of holistic approach presupposes that the methodological principles of applicational analysis of culture, of the sciences that investigate culture, and the principles of cultural autocommunication and identity education are fruitfully combined into a unified whole. Compared to other sciences, semiotics has great advantages in creating such symbiosis.
One of the founders of the Tartu-Moscow School of Semiotics, Vyatscheslav Vs. Ivanov, has concluded his study “The outlines of the prehistory and history of semiotics” with an epilogue where he emphasizes both the scientific as well as the social value of semiotics and defines the main task of semiotics: “The task of semiotics is to describe the semiosphere without which the noosphere is inconceivable. Semiotics has to help us in orienting in history. The joint effort of all those who have been active in this science or the whole cycle of sciences must contribute to the ultimate future establishment of semiotics” (Ivanov 1998: 792).

La comprensione nella semiosfera: testualità

L’importanza della semiotica è in costante aumento sia nel campo della scienza che in quello della cultura. Da un lato, la semiotica dà un sostegno metodologico alle scienze, il cui sviluppo è stato legato al dialogo interdisciplinare con altre scienze, che necessitano di un’innovazione metodologica al fine di individuare i loro nuovi confini. Dall’altro, anche cultura e natura, in quanto ambienti della vita umana, sono cambiate e questo, a sua volta, comporta capire nuovamente come comprendere e spiegare questo cambiamento “ambientale” o, in altre parole, come definire epistemologicamente l’oggetto di indagine. Perciò, la struttura disciplinare delle scienze è cambiata, l’interdisciplinarità ha dato luogo a nuovi tipi di dialogo scientifico sotto forma di multidisciplinarità, disciplinarità incrociata e transdisciplinarità, ma, allo stesso tempo, anche gli oggetti delle singole scienze sono cambiati. Soprattutto nelle scienze umanistiche e sociali, in séguito allo sviluppo (tecnologico) dell’ambiente mediatico e alla creolizzazione e ibridazione dei linguaggi della cultura, gli oggetti di ricerca sono cambiati così rapidamente che la semiotica non solo è diventata una risorsa metodologica, ma è anche una risorsa applicativa per garantire lo sviluppo sostenibile di queste scienze. La scienza tradizionale e la cultura tradizionale sono arrivate al punto in cui la concezione frammentata della cultura, della società e della natura ha messo in crisi la visione olistica. Il ripristino dell’approccio olistico presuppone che i princìpi metodologici dell’analisi applicativa della cultura, delle scienze che esaminano la cultura, e i princìpi dell’autocomunicazione culturale e della formazione d’identità siano proficuamente combinati in un insieme unitario. Rispetto ad altre scienze, la semiotica ha grandi vantaggi nel creare tale simbiosi.
Uno dei fondatori della scuola semiotica di Tartu-Mosca, Vâčeslav V. Ivanov, ha concluso il suo studio I lineamenti della storia e della preistoria della semiotica con un epilogo dove metteva in evidenza sia il valore scientifico che quello sociale della semiotica, definendo la funzione principale sella stessa: «La principale funzione della semiotica è quella di descrivere la semiosfera, senza la quale sarebbe inconcepibile la noosfera. La semiotica deve aiutarci ad orientarci nella storia. Lo sforzo comune di tutti quelli che si sono attivati per questa disciplina o per l’intero insieme di discipline deve contribuire all’istituzione definitiva della semiotica» (Ivanov 1998: 792).
The semiospheric approach to semiotics and especially to semiotics of culture entails the need of juxtaposing several terminological fields. Among the most important, the fields of textuality, chronotopicality, and multimodality or multimediality should be listed.
The field of textuality is related to the development of semiotics of culture, especially in view of the works of Y. Lotman; the field of chronotopicality originated in the works of Mikhail Bakhtin, and the field of multimodality (multimediality) is connected at its roots with the works of Roman Jakobson. It is the interweaving of these three terminological and conceptual fields that has brought about both methodological and metalinguistic interference, as a result of which we now have to speak about creolization and hybridisation of metalanguage. But the same processes take place also inside these fields and therefore it would be expedient to investigate the three fields first of all individually. The present paper is devoted to the first one of these, the field of textuality.
Textuality in this paper denotes a general principle with the help of which it is possible to observe and to interpret different aspects of the workings of culture. The concept of textuality is meant to bridge two poles between which the main problems of describing and explaining cultures are located. One pole is marked by the opposition statics – dynamics, the other by the opposition part – whole. These two pairs of concepts are in fact closely related and their separation into two poles is necessary only for observing temporal dynamics. Through the concept of textuality, also the productivity of cultural-semiotic way of reasoning and the ability of semiotics of culture to function as a foundation science for other disciplines studying culture will become apparent.
The concept of textuality merges several questions that are methodologically relevant for all the disciplines investigating culture. First of all, there is the question of models that are used to describe culture. There does not exist a general science of culture as a separate discipline, and therefore a general study of culture must take into account the different notions that different disciplines have of this universal research object, and to look for correlations between different models of culture.
Models of culture are methodologically designed and metalinguistically formulated by the disciplines that have created them, and therefore it is vital that

L’approccio semiosferico alla semiotica e, soprattutto, alla semiotica della cultura, implica il bisogno di giustapporre diversi campi terminologici. Tra i più importanti, vanno citati i campi della testualità, della cronotopicità e della multimodalità o multimedialità.
Il campo della testualità è legato allo sviluppo della semiotica della cultura, soprattutto in considerazione delle opere di Û. Lotman; il campo della cronotopicità è nato dalle opere di Mihail Bahtin; mentre le radici del campo della multimodalità (multimedialità) sono legate alle opere di Roman Jakobson. È l’intrecciarsi di questi tre campi terminologici e concettuali ad aver determinato un’interferenza metodologica e metalinguistica a un tempo. Come risultato di ciò, siamo costretti a parlare di creolizzazione e ibridazione del metalinguaggio. Ma gli stessi processi si verificano anche all’interno di questi campi; sarebbe, pertanto, opportuno analizzare i tre campi prima di tutto separatamente. Questo articolo è completamente dedicato al primo di questi campi, la testualità.
In questo articolo, la testualità rappresenta un principio generale con l’aiuto del quale è possibile osservare e interpretare i diversi aspetti dei meccanismi della cultura. Il concetto di testualità vuole collegare due poli, in mezzo ai quali sono localizzati i principali problemi di descrizione e spiegazione delle culture. Un polo è caratterizzato dall’opposizione statico-dinamico, l’altro dall’opposizione parte-tutto. In realtà, queste due coppie di concetti sono strettamente collegate e la loro separazione in due poli è necessaria solo per l’osservazione delle dinamiche temporali. Attraverso il concetto di «testualità», diventeranno evidenti anche la produttività del ragionamento semiotico-culturale e la capacità della semiotica della cultura di funzionare come scienza fondatrice delle altre discipline che studiano la cultura.
Il concetto di «testualità» raggruppa diversi principi metodologicamente importanti per tutte le discipline che studiano la cultura. Prima di tutto, emerge la questione dei modelli usati per descrivere la cultura. Non esiste una scienza generale della cultura come disciplina a sé stante; pertanto, uno studio generale della cultura deve prendere in considerazione le diverse concezioni che le diverse discipline hanno di questo oggetto di ricerca universale e deve cercare una relazione tra i vari modelli della cultura.
I modelli della cultura sono progettati metodologicamente e formulati metalinguisticamente dalle discipline che li hanno creati ed è perciò fondamentale che
a general treatment of culture identifies the autonomy and blending of description languages and takes into account the metalinguistic translation process. Besides the characteristics of the description language, deriving from the specificity of a particular cultural model, also the existence of prestige languages in culture and the tendency of several research areas to translate themselves into the prestige language should be taken into account. Therefore, in some cases there is no direct correspondence between the object described, the describing discipline and the description language used. This brings us to the issue of relations that a metalanguage has with the object described and with other metalanguages or a prestige language.
Between culture as a complex research object and culture as a functioning system, or, methodologically speaking, between description languages (metalanguages) of culture and (object language(s) of) the process of culture there is a linguistically heterogeneous sphere of culture’s self-description. In the self-description of culture, meta- and object levels are not usually easily discernible, as self-description is a dynamic autocommunicative process that is difficult to observe due to its mutability. An answer to the question of the observability of culture’s self-description can be sought, through the concept of textuality, foremost from the aspect of the relations between communication and metacommunication.
Another issue that arises in connection with a dynamic research object is the definition of research- or articulation units. Textuality combines in itself text as a well-defined artefact and textualization as an abstraction (presentation or definition as text). In culture, we can pose in principle the same questions both to a concrete and to an abstract text, although an abstract text is only an operational means for defining, with the help of textualization, a certain phenomenon in the interests of a holistic and systemic analysis. The practice of textualization in turn helps us to understand the necessity of distinguishing between articulation emerging from the textual material itself and articulation ensuing from textuality or textualization — the former provides for comparability between texts made from the same material, the latter makes comparable all textualized phenomena irrespective of their material.

una trattazione generale della cultura identifichi l’autonomia e la fusione dei linguaggi descrittivi, oltre a prendere in considerazione il processo di traduzione metalinguistica. Oltre alle caratteristiche dei linguaggi descrittivi, che derivano dalla specificità di un dato modello culturale, vanno prese in considerazione anche la presenza dei linguaggi di prestigio nella cultura e la tendenza di diverse aree di ricerca a tradursi in linguaggi di prestigio. Per questo, in alcuni casi, non c’è una corrispondenza diretta tra l’oggetto descritto, la disciplina che descrive e il linguaggio descrittivo usato. E ciò ci conduce alle relazioni che un metalinguaggio ha con l’oggetto descritto e con altri metalinguaggi o linguaggi di prestigio.
Tra la cultura come oggetto di ricerca complesso e la cultura come sistema di funzionamento o, metodologicamente parlando, tra i linguaggi descrittivi (metalinguaggi) della cultura e il (linguaggio(i) oggetto del) processo della cultura c’è una sfera dell’autodescrizione della cultura linguisticamente eterogenea. Nell’autodescrizione della cultura, il livello del metalinguaggio e quello del linguaggio oggetto di solito non sono facilmente distinguibili, dal momento che l’autodescrizione è un processo autocomunicativo dinamico difficile da osservare a causa della sua mutevolezza. Una risposta al quesito dell’osservabilità dell’autodescrizione della cultura può essere ricercata, mediante il concetto di «testualità», anzitutto nell’aspetto delle relazioni tra comunicazione e metacomunicazione.
Un altro problema che sorge in relazione all’oggetto di ricerca dinamico è la definizione delle unità di ricerca o articolazione. La testualità combina in sé il testo come manufatto ben definito e la testualizzazione come concetto astratto (presentazione o definizione come testo). Nella cultura, possiamo in teoria porci le stesse domande sia per un testo concreto sia per uno astratto, sebbene un testo astratto sia solo un mezzo operativo per definire, con l’aiuto della testualizzazione, un certo fenomeno, nell’interesse di un’analisi olistica e sistemica. A sua volta, la pratica della testualizzazione ci aiuta a comprendere la necessità di distinguere tra l’articolazione che emerge dal materiale testuale in sé e l’articolazione che deriva dalla testualità o dalla testualizzazione – la prima tiene conto della comparabilità tra i testi dello stesso materiale; la seconda rende tutti i fenomeni testualizzati paragonabili, indipendentemente dal loro materiale.

The question of textuality is also a question of understanding the ontology of text. Both the ontology of text and the stance toward it have gradually altered in relation to many changes in culture. First, there can be observed a decrease in logocentrism and increase in the role of visual and audiovisual perception, and consequently it has to be acknowledged that there has been a shift in the hierarchy of perception channels in culture. An early and intensive visual experience leaves its mark also on traditional spheres of culture, and therefore, with each successive generation, there is reason to speak about changed attitudes with respect to literature, theatre, cinema or art, and, accordingly, also about changes in the relationships between those areas in culture. Secondly, processes of culture are so intensive and so diffuse that perceptual processes have become complementary: the consumption of metatexts can precede the consumption of the texts themselves, or, in other words, the boundary between the properties of being primary or secondary is not always visible nor important. Another important feature is the perception of a single event in communities of different types — in intertextual, interdiscursive or intermedial spaces. This, in turn, brings about transformation in whole-part relationships: the diffuse existence of a whole causes the autonomy of parts, and on the principle of pars pro toto, the whole may be represented by very different parts, while the relationship of parts with the whole can be implicit, discernible only to an expert. Hence, also the expert’s mission in culture has changed, since the observing of a diffused whole and the uniting of diffused parts into a whole are becoming an important activity securing the coherence of culture, observing, diagnosing and making prognoses for the functioning of culture as a whole. The emergence of new processes in culture has created a double identity for texts: on the one hand, every text is a result of individual creation, while on the other hand, a text exists in culture as a diffuse mental whole and subsists in this form in the collective cultural memory. A mental text is an abstract whole the structure of which depends on the amount and types of textual transformations (including transformations of text’s parts) in a given culture or, more narrowly, in a given cultural situation. Following from the principle of textuality, investigation of a text means juxtaposing both individual and cultural ontologies, juxtaposing both in time and in space.

La questione della testualità è anche una questione di comprensione dell’ontologia del testo. Sia l’ontologia del testo sia l’atteggiamento nei suoi confronti si sono progressivamente alterati in relazione ai diversi cambiamenti avvenuti nella cultura. In primo luogo, è possibile osservare una diminuzione del logocentrismo e un aumento del ruolo della percezione visiva e audiovisiva, e bisogna poi ammettere che c’è stato un cambiamento nella gerarchia dei canali di percezione nella cultura. Un’esperienza visiva intensiva lascia il segno persino nelle sfere tradizionali della cultura e, quindi, per ogni generazione successiva, c’è motivo di parlare di cambio d’atteggiamento in merito alla letteratura, al teatro, al cinema o all’arte e, di conseguenza, di cambi nelle relazioni tra quelle aree della cultura. In secondo luogo, i processi della cultura sono così intensivi e diffusi che i processi percettivi sono diventati complementari: il consumo dei metatesti può precedere il consumo dei testi stessi o, in altre parole, il confine tra le proprietà dell’essere primario o secondario non è sempre visibile, tanto meno importante. Un’altra caratteristica rilevante è la percezione di un singolo evento nelle comunità di diverso tipo – negli spazi intertestuali, interdiscorsivi o intermediali. Questo, a sua volta, determina la trasformazione delle relazioni tra il tutto e le parti: l’esistenza diffusa di un tutto causa l’autonomia delle parti e, nel principio della pars pro toto, il tutto potrebbe essere rappresentato da parti molto differenti, mentre la relazione tra le parti con il tutto può essere implicita, percepibile solo dagli esperti. Pertanto, anche la missione degli esperti nel campo della cultura è cambiata, dal momento che l’osservazione di un tutto diffuso e l’unione delle parti diffuse in un tutto stanno diventando un’attività importante per assicurare coerenza alla cultura, osservare, diagnosticare e pronosticare il funzionamento della cultura come un tutto. L’emergere dei nuovi processi culturali ha generato una doppia identità dei testi: da un lato, ogni testo è il risultato della creazione individuale, mentre, dall’altro, un testo esiste nella cultura come un tutto mentale e diffuso e sussiste in questa forma nella memoria culturale collettiva. Un testo mentale è un tutto astratto la cui struttura dipende dalla quantità e dai tipi di trasformazioni testuali (comprese le trasformazioni delle parti dei testi) in una data cultura o, più precisamente, in una data situazione culturale. Dal principio di «testualità» discende che analizzare un testo significa giustapporre sia le ontologie individuali che quelle culturali, una giustapposizione temporale e spaziale a un tempo.

Synchrony and diachrony as statics and dynamics
Polemics with F. de Saussure has influenced the development of ideas of several disciplinary trends, including Russian formalism, Prague Linguistic Circle and Danish glossematics. F. de Saussure’s “Cours de linguistique générale” contrasts synchrony and diachrony, denying at the same time the possibility of panchronic analysis of concrete linguistic facts. The reason for this lies in the divergent nature of facts belonging to the diachronic order and to the synchronic order. It is characteristic that F. de Saussure deliberately avoids the term “historical linguistics” and he prefers, when contrasting the two linguistics, to use the term “evolutionary linguistics” to denote the branch investigating the succession of linguistic states, and the term “static linguistics” to denote the branch investigating the linguistic states themselves. In order to secure greater clarity in this contrast, F. de Saussure started calling anything related to statics, “synchrony”, and anything related to evolution, “diachrony” (Saussure 1977: 114).
One of the leading figures of Russian Formalism, in many ways yet undiscovered Y. Tynianov, wrote in his 1924 paper “Literary fact”: “Literary fact is [internally] heterogeneous, and in this sense literature is an incessantly evolutioning order” (Tynianov 1977: 270). A few years later in the paper “On literary evolution” (1927) he specifies that the study of literary history needs to address also the living contemporary literature. As Tynianov claims, historical studies of literature were until then occupied either with the genesis of literary phenomena or with the evolution of literary order (Tynianov 1977: 271). The question of literary order or system is for Tynianov inseparable from the question of function: “A literary system is first of all a system of the functions of the literary order which are in continual interrelationship with other orders. Systems change in their composition, but the differentiation of human activities remains. The evolution of literature, as of other cultural system, does not coincide either in tempo or in character with the systems with which it is interrelated. This is owing to the specificity of the material with which it is concerned. The evolution of the structural function occurs rapidly; the evolution of the literary function occurs over epochs; and the evolution of the functions of a whole literary system in relation to neighbouring systems occurs over centuries”(Tynianov 1977:277). In Tynianov’s system, we can observe the relatedness

Sincronia e diacronia: statica e dinamica
La polemica nei confronti di F. de Saussure ha influenzato lo sviluppo delle idee di diverse tendenze disciplinari, compreso il formalismo russo, il Circolo linguistico di Praga e la glossematica danese. Il Cours de linguistique générale di F. de Saussure mette a confronto la sincronia con la diacronia, negando allo stesso tempo la possibilità di un’analisi pancronica dei fatti linguistici concreti. La ragione di ciò sta nella natura contrastante dei fatti appartenenti all’ordine diacronico e a quello sincronico. È tipico di F. de Saussure evitare intenzionalmente la denominazione «linguistica storica» e preferire, quando si mettono a confronto le due linguistiche, l’uso del nome «linguistica evolutiva» per denotare la branca che analizza la successione degli stati linguistici e del nome «linguistica statica» per denotare la branca che analizza gli stati stessi della linguistica. Per rendere le cose più chiare in questo contrasto, F. de Saussure ha cominciato a chiamare ogni cosa che si riferisse alla statica «sincronico» e ogni cosa si riferisse al movimento «diacronico» (Saussure 1977: 114).
Una delle figure principali del formalismo russo, per molti aspetti ancora sconosciuto, Û. Tynânov, nel suo articolo Il fatto letterario del 1924 ha scritto: «La realtà letteraria è [al suo interno] eterogenea e, in questo senso, la letteratura è un ordine in continua evoluzione» (Tynânov 1977: 270). Pochi anni più tardi, nell’articolo Sulla evoluzione letteraria (1927) ha specificato che lo studio della storia letteraria ha bisogno di dedicarsi anche alla letteratura contemporanea. Come afferma Tynânov, gli studi storici della letteratura sino ad allora si occupavano o della genesi dei fenomeni letterari o dell’evoluzione dell’ordine letterario (Tynânov 1977: 271). Per Tynânov la questione dell’ordine o del sistema letterario è inseparabile da quella della funzione: «Un sistema letterario è prima di tutto un sistema di funzioni dell’ordine letterario, funzioni in constante interrelazione le une con le altre. I sistemi cambiano nella loro composizione, ma la differenziazione delle attività umane persiste. L’evoluzione della letteratura, come degli altri sistemi culturali, non coincide con i sistemi con cui è correlata né per ritmo né per carattere. Ciò è dovuto alla specificità del materiale di cui si occupa. L’evoluzione della funzione strutturale si verifica rapidamente; l’evoluzione della funzione letteraria si verifica nel corso di epoche; e l’evoluzione delle funzioni dell’intero sistema letterario in relazione ai sistemi vicini si verifica nell’arco di secoli» (Tynânov 1977: 277). Nel sistema di Tynânov, è possibile osservare la relazione

of literary order to other orders — with the order of everyday life, the order of culture, social order. Everyday life is correlated with literary order in its verbal aspect, and thus, literature has a verbal function in relation to everyday life. An author’s attitude towards the elements of his text expresses structural function, and the same text as a literary work has literary function in its relations to the literary order. The return influence of literature on everyday life, again, expresses social function. The study of literary evolution presupposes the investigation of connections first of all between the closest neighbouring orders or systems, and the logical path leads from the structural to the literary function, from the literary to the verbal function. This follows from the position that “evolution is the change in interrelationships between the elements of a system – between functions and formal elements” (Tynianov 1977:281; see also Torop 1995-1996). Hence, evolution is understood as the alternation of systems (at times, alternation is slow and continuous; at times, abrupt) where formal elements do not disappear but gain new functions. It is necessary to understand that a system is not a reciprocal influence of all the elements: some elements have greater import (dominant) and deform others, and it is through the dominant that a work gains its literary importance (Tynianov 1977: 277). The interpretation of the structural function coincides to a large extent with the interpretation of the dominant, since the relations between the elements of a work can be described in at least two ways. Every element of a work can be juxtaposed with other similar elements in other works-systems, even in other orders — this is called “synfunction” by Tynianov. At the same time, each element is related to other elements of its own system, which is called “auto-function” by Tynianov (1977: 272). Thus, each element has at least two functional parameters.
Better known in the modern reception of Tynianov’s works is the opposition genesis and tradition, originally presented in his earlier article “Tyutchev and Heine” (1922). Genesis of a literary phenomenon belongs to the sphere of accidental transferences from a language into another language, from a literature into another literature, while tradition refers to regularities taking place within one particular national literature (Tynianov 1977: 29). Thus, also genesis and tradition constitute two parameters of one phenomenon, and these two parameters need to be juxtaposed in order to

dell’ordine letterario con gli altri ordini – con l’ordine della vita di tutti i giorni, della cultura, con l’ordine sociale. La vita di tutti i giorni, nei suoi aspetti verbali, è collegata all’ordine letterario e, perciò, la letteratura ha una funzione verbale in relazione alla vita di tutti di giorni. L’atteggiamento di un autore verso gli elementi del testo esprime una funzione strutturale, e lo stesso testo come opera letteraria ha una funzione letteraria verso l’ordine letterario. E ancora: l’influenza di ritorno della letteratura sulla vita di tutti i giorni esprime una funzione sociale. Lo studio dell’evoluzione letteraria presuppone di indagare le connessioni prima di tutto tra gli ordini o i sistemi più vicini, e il sentiero logico porta dalla funzione strutturale a quella letteraria, dalla funzione letteraria a quella verbale. Da ciò discende la posizione secondo la quale «l’evoluzione è il cambiamento delle interrelazioni tra gli elementi del sistema – tra le funzioni e gli elementi formali» (Tynânov 1977: 281; vedi anche Torop 1995-1996). Pertanto, per «evoluzione» s’intende l’alternanza di sistemi (a volte l’alternanza è lenta e continua; a volte è brusca) dove gli elementi formali non scompaiono ma assumono nuove funzioni. È necessario comprendere che un sistema non è un’influenza reciproca di tutti gli elementi: alcuni elementi hanno un’importanza maggiore (la dominante) e deformano gli altri, ed è attraverso la dominante che un’opera acquisisce la sua importanza letteraria (Tynânov 1977: 277). L’interpretazione della funzione strutturale coincide in larga misura con l’interpretazione della dominante, dal momento che le relazioni tra gli elementi di un’opera possono essere descritte in almeno due modi. Ogni elemento di un’opera può essere giustapposto con altri elementi simili in altri sistemi di opere, persino in altri ordini – questo è ciò che Tynânov chiama «sin-funzione». Allo stesso tempo, ogni elemento è relazionato agli altri elementi del suo stesso sistema, ciò che Tynânov chiama «auto-funzione» (Tynânov 1977: 272). Pertanto, ogni elemento ha almeno due parametri funzionali.
Meglio conosciuta nella ricezione moderna delle opere di Tynânov è l’opposizione «genesi» e «tradizione», originariamente presentata nel suo primo articolo Tûtčev e Heine (1922). La genesi di un fenomeno letterario appartiene alla sfera dei trasferimenti casuali da una lingua a un’altra, da una letteratura a un’altra, mentre la tradizione si riferisce alle regolarità che hanno luogo all’interno di una data letteratura nazionale (Tynânov 1977: 29). Pertanto, anche la genesi e la tradizione costituiscono due parametri di uno stesso fenomeno, ed è necessario giustapporre questi parametri per
get a maximally multifaceted picture of reality. The distinction between genesis and tradition makes it possible, in the case of one and the same text, to speak about TEXT OF GENESIS and TEXT OF TRADITION. Text of genesis is an implicit system reflecting the subjectivity and the fortuitous nature of the creative process, a system that a researcher can reconstruct as unique. Text of tradition, on the other hand, expresses explicit belonging to a movement, style, grouping or genre, as well as causal or typological relations with predecessors or successors. A text exhibiting explicit characteristics of classicism or romanticism is certainly a text of tradition, but at the same time it does not lose its uniqueness, which remains present in the implicit authorial poetics and in which text of genesis can be discerned. Whether it is text of tradition, text of genesis or their symbiosis — what is searched for in a literary text depends on the epoch and on the reader.
The movement of Russian Formalism toward Prague Linguistic Circle is marked by a programmatic article “Problems of investigating literature and language” (1928), written jointly by Y. Tynianov and R. Jakobson. This short research program reveals already a direct polemics with F. de Saussure. The authors object to the opposition of synchrony and diachrony on the grounds that in reality these two cannot be studied in isolation: “History of a system is in turn a system. Pure synchronism now proves to be an illusion: every synchronic system has its past and its future as inseparable structural elements of the system…[…] The opposition between synchrony and diachrony was an opposition between the concept of system and the concept of evolution; thus it loses its importance in principle as soon as we recognize that every system necessarily exists as an evolution, whereas, on the other hand, evolution is inescapably of a systemic nature” (Tynianov 1977:282). Therefore, what is of foremost importance in this approach is the understanding that synchrony incorporates different time periods, that each cross-segment of synchrony may be related to most different epochs: “The concept of a synchronic literary system does not coincide with the naively envisaged concept of a chronological epoch, since the former embraces not only works of art which are close to each other in time but also works which are drawn into the orbit of the system from foreign literatures or previous epochs. An indifferent cataloguing of coexisting phenomena is not sufficient; what is important is

avere un quadro il più poliedrico possibile della realtà. La distinzione tra genesi e tradizione ci permette, nel caso di un testo, di parlare di «testo della genesi» e di «testo della tradizione». Il testo della genesi è un sistema implicito che riflette la soggettività e la natura fortuita del processo creativo, un sistema che un ricercatore può ricostruire in quanto unico. Il testo della tradizione, d’altro canto, esprime l’appartenenza esplicita a un movimento, uno stile, un’organizzazione o un genere testuale, così come le relazioni fortuite o tipologiche con i predecessori o successori. Un testo che mostra le caratteristiche esplicite del classicismo o del romanticismo è senza dubbio un testo della tradizione, ma allo stesso tempo non perde la sua unicità, che rimane presente nella poetica implicita dell’autore e dalla quale si può discernere il testo della genesi. Che sia il testo della tradizione, il testo della genesi o la loro simbiosi, ciò che si ricerca in un testo letterario dipende dall’epoca e dal lettore.
Rispetto al Circolo linguistico di Praga, il formalismo russo è caratterizzato da un articolo programmatico, I problemi di studio della letteratura e del linguaggio (1928), scritto in comune da Û. Tynânov e R. Jakobson. Questo breve programma di ricerca rivela già una polemica diretta contro F. de Saussure. Gli autori si oppongono alla contrapposizione sincronia-diacronia ritenendo che in realtà i due concetti non possano essere studiati isolatamente: «La storia di un sistema è a sua volta un sistema. La pura sincronia dimostra ora di essere un’illusione: ogni sistema sincronico ha il suo passato e il suo futuro, inseparabili elementi strutturali del sistema […] L’opposizione tra sincronia e diacronia era un’opposizione tra il concetto di sistema e quello di evoluzione; pertanto, in linea di principio, perde la sua importanza non appena si riconosce che ogni sistema esiste necessariamente come un’evoluzione, mentre, dall’altro lato, l’evoluzione è inevitabilmente di natura sistemica» (Tynânov 1977: 282). Pertanto, la cosa più importante in questo approccio è comprendere che la sincronia incorpora diverse epoche, che ogni segmento incrociato della sincronia può essere collegato alle epoche più diverse: «Il concetto di un sistema letterario sincronico non coincide con il concetto semplicemente immaginato di epoca cronologica, dal momento che il primo comprende non solo opere d’arte vicine nel tempo ma anche opere attratte nell’orbita del sistema dalle letterature straniere di epoche precedenti. Una catalogazione indifferente dei fenomeni coesistenti non è sufficiente; ciò che ha rilievo è
their hierarchical significance for the given epoch” (Tynianov 1977:283). On the other hand, it is emphasized that the identification of immanent regularities of literary history should be inseparably connected with the identification of the ways in which literary order and other historical orders (systems) relate to each other. Relatedness as a system of systems has its own structural laws that need to be identified. The authors caution us against isolated study: “It is methodologically detrimental to investigate correlation of systems without taking into account immanent laws of each individual system” (Tynianov 1977: 283). In the program of Y. Tynianov and R. Jakobson, it is possible to foresee the modern juxtaposition of TEXT OF HISTORY and TEXT OF CULTURE as parameters of a single text.
In linguistics, the same trend is continued during the 1930-1940ies by the Danish glossematician L. Hjelmslev. He starts out with an observation that humanities have neglected their most important task — to establish the investigation of social phenomena as a science. The description of social phenomena must choose between two possibilities.
The first possibility is poetic description; the second possibility lies in the combination of poetic and scientific treatment as two coordinate forms of description. The choice between the two possibilities should proceed from an answer to the question whether a process has an underlying system: “A priori it would seem to be a generally valid thesis that for every process [including historical processes] there is a corresponding system, by which the process can be analysed and described by means of a limited number of premisses. It must be assumed that any process can be analysed into a limited number of elements recurring in various combinations. Then, on the basis of this analysis, it should be possible to order these elements into classes according to their possibilities of combination” (Hjelmslev 1963: 9). In L. Hjelmslev’s view, it should be feasible to calculate the number of all possible combinations, and this would yield a much more objective description: “A history so established should rise above the level of mere primitive description to that of a systematic, exact, and generalizing science, in the theory of which all events (possible combinations of elements) are foreseen” (Hjelmslev 1963: 9). L Hjelmslev juxtaposes process as a relational (both-and function) hierarchy and system as a correlational (either-or function) hierarchy,

la loro importanza gerarchica per quella data epoca» (Tynânov 1977: 283). D’altro canto, si sottolinea che l’identificazione di regolarità immanenti della storia letteraria dovrebbe essere collegata in modo inseparabile all’identificazione dei modi in cui l’ordine letterario e gli altri ordini (sistemi) storici si relazionano gli uni con gli altri. La connessione in un sistema di sistemi ha le sue regole strutturali che è necessario identificare. Gli autori ci mettono in guardia contro uno studio isolato: «È metodologicamente dannoso analizzare la correlazione di sistemi senza prendere in considerazione le regole immanenti di ogni singolo sistema» (Tynânov 1977: 283). Nel programma di Û. Tynânov e R. Jakobson è possibile prevedere la giustapposizione moderna tra «testo della storia» e «testo della cultura» come parametri di un singolo testo.
Nella linguistica, la stessa tendenza è stata portata avanti nel corso degli anni Trenta e Quaranta dal glossematico danese L. Hjelmslev. Egli parte dall’osservazione secondo la quale le discipline umanistiche hanno trascurato il loro compito più importante: fare dell’investigazione dei fenomeni sociali una scienza. La descrizione dei fenomeni sociali deve scegliere tra due possibilità. La prima riguarda la descrizione poetica; la seconda consiste nella combinazione tra la trattazione poetica e quella scientifica come due forme coordinate di descrizione. La scelta tra le due possibilità dovrebbe procedere da una risposta alla domanda: «Un processo ha un sistema soggiacente?»: «A priori sembrerebbe una tesi valida a livello generale il fatto che per ogni processo [compresi i processi storici] ci sia un sistema corrispondente, attraverso il quale il processo può essere analizzato e descritto mediante un numero limitato di premesse. Bisogna supporre che ogni processo può essere analizzato in un numero limitato di elementi che ricorrono in varie combinazioni. Allora, sulla base di questa analisi, potrebbe essere possibile ordinare questi elementi in classi in base alle loro possibili combinazioni» (Hjelmslev 1963: 9). Nell’ottica di Hjelmslev, il numero di tutte le combinazioni possibili dovrebbe essere calcolabile, e ciò darebbe luogo ad una descrizione molto più oggettiva: «una storia così stabilita potrebbe superare il livello di una descrizione puramente primitiva fino a diventare una scienza sistematica, esatta e generalizzante, nella cui teoria sono previsti tutti gli eventi (combinazioni possibili di elementi)» (Hjelmslev 1963: 9). L. Hjelmslev giustappone il processo come gerarchia relazionale (funzione both-and) e il sistema come gerarchia correlazionale (funzione either-or),
associating these terms also with text and language, respectively. What is noteworthy here is not the association of this opposition with the treatment of paradigmatics and syntagmatics (especially in the works of R. Jakobson), but L. Hjelmslev’s aim to create separate metalanguages for investigating system and process. Thus, a process would be investigated in one metalanguage and the system underlying this process would be investigated in another metalanguage, although the two metalanguages would be correlated with each other. This is exactly the issue that is encountered by researchers who attempt to analyse e.g. a literary work as simultaneously a historical phenomenon and as a contemporary with a particular epoch. In such case, metalinguistic bilingualism would help to avoid mixed language. To extend this logic further, L. Hjelmslev’s innovative insight could be marked with the terminological pair TEXT OF SYSTEM and TEXT OF PROCESS, where text as system and text as process would manifest only as special cases of this opposition. Although to a different degree, the dimension of history would be present in both descriptions, similarly to the case of Y. Tynianov’s concepts of genesis and tradition.
Closer to the present time, among the manifestations of the same trend of thinking the New Historicist approach should be mentioned first, in whose vocabulary “historical context” has been substituted with “cultural system” and where relations between text and culture are seen as inherently intertextual, with intertextuality taking place between two types of text, text of literature and text of culture (see White 1989: 294). Any literary event is therefore a diachronic text of the autonomous history of literature and a synchronic text of the cultural system (White 1989: 301).
An example of the further development of the same line of thinking is provided by A. Assmann’s concept of cultural text. As a subsystem of culture, literature itself is also a cultural text; however, one and the same text has different properties as a literary text and as a cultural text. From the aspect of the relationship of identity, a literary text is a means of individual communication, while for a cultural text, a reader is foremost a representative of a group or a community. From the viewpoint of reception, between a receiver and a literary text there is an aesthetic distance, while in the case of a cultural text, there is an insistence on truth. From the aspect

associando questi termini, rispettivamente, anche al testo e al linguaggio. Ciò che qui è degno di nota non è l’associazione di questa opposizione con la trattazione della paradigmatica e della sintagmatica (soprattutto nelle opere di R. Jakobson), ma l’obiettivo di L. Hjelmsev di creare metalinguaggi separati per analizzare il sistema e il processo. Quindi, un processo potrebbe essere analizzato in un metalinguaggio e il sistema che sta alla base di questo processo in un altro metalinguaggio, sebbene i due metalinguaggi sarebbero correlati l’uno con l’altro. Questo è esattamente ciò che stanno affrontando i ricercatori che tentano di analizzare, per esempio, un’opera letteraria come fenomeno a un tempo storico e contemporaneo a una certa epoca. In questo caso, il bilinguismo metalinguistico aiuterebbe a evitare un linguaggio misto. Per estendere ulteriormente questa logica, l’intuito innovativo di L. Hjelmslev potrebbe essere contrassegnato con la coppia terminologica «testo di sistema» e «testo di processo», dove il testo come sistema e il testo come processo si manifesterebbero solo come casi speciali di questa opposizione. Anche se a un livello diverso, la dimensione della storia sarebbe presente in entrambe le descrizioni, analogamente al caso dei concetti di genesi e tradizione di Û. Tynânov.
Più vicino alla nostra epoca, tra le manifestazioni della stessa linea di pensiero, sarebbe necessario menzionare per primo il nuovo approccio stroricistico, nel cui vocabolario «contesto storico» è stato sostituito da «sistema culturale» e dove le relazioni tra testo e cultura sono viste come intrinsecamente intertestuali, dove l’intertestualità ha luogo tra due tipi di testo, il testo della letteratura e il testo della cultura (vedere White 1989: 294). Ogni evento letterario è, pertanto, un testo diacronico della storia autonoma della letteratura e un testo sincronico del sistema culturale (White 1989: 301).
Un esempio dell’ulteriore sviluppo della stessa linea di pensiero è dato dal concetto di «testo culturale» di A. Assmann. Come un sottosistema della cultura, la letteratura stessa è anche un testo culturale; ciononostante, uno stesso testo ha proprietà diverse in quanto testo letterario e testo culturale. Dal punto di vista del rapporto di identità, un testo letterario è un mezzo di comunicazione individuale, mentre per un testo culturale, il lettore è, soprattutto, un rappresentante di un gruppo o di una comunità. Dal punto di vista della ricezione, tra un destinatario e un testo letterario c’è una distanza estetica, mentre nel caso di un testo culturale, c’è un’insistenza sulla verità. Dal punto di vista
of innovation and canonicity, literary text strives toward innovation, while cultural text is associated with canonization. From the aspect of resistance to time, the background system for literary text is formed of history, of different readings done by different generations, while for cultural text, the background system is average tradition (Assmann 1995). Of course, the relations of cultural text and literary text are more complicated than that. Texts with prestige such as the Classics or the Bible function above all as cultural texts. On the other hand, cultural text can bring about the emergence of literary text, as can be witnessed in the case of salon literature or album verse.
The study of a text in culture is inseparable from the search for parameters in order to characterize the different functions of the text. Every text has its own history and at the same time it exists in general history; every text is contemporary and historical at the same time. Every text is a framed whole and as such, unchangeable. At the same time, each text is a part of culture (of cultural situation and of cultural history) and as such, ambiguous, multifunctional and changing. TEXT OF CULTURE and TEXT OF LITERATURE (or text of any other form of art) can be different forms of existence of the same text, they can be contained in each other as a part is contained in a whole, they can be autonomous wholes, temporal or atemporal, concrete or abstract, static or dynamic; however, with all these oppositions the boundary between the two sides will remain vague and ambivalent. Pure diachrony and synchrony or pure statics and dynamics are but idealized concepts. Therefore, in this context it would often be more accurate to speak not about texts, but about textuality, about complicated relations in time and space for the description of which it is convenient to use the operational term “text”. Becoming a text and being as text have to do in the analysis of cultural phenomena both with ontology and epistemology and help to understand culture as a hierarchy of (textual) identities.

Textuality, metatextuality and intertextuality
In parallel and in relation to the linguistically oriented developments there emerged similar issues also in the anthropological disciplines. At the end of the 1950ies, C. Lévi-Strauss wrote in his book “Structural Anthropology” (1958) about the necessity to describe rules of marriage and kinship systems as a kind of

dell’innovazione e della canonicità, il testo letterario tende verso l’innovazione, mentre il testo culturale è associato alla canonizzazione. Dal punto di vista della resistenza al tempo, il sistema di fondo del testo letterario è costituito dalla storia, da letture diverse di generazioni diverse, mentre per il testo culturale, il sistema di fondo è costituito dalla tradizione media (Assmann 1995). Sicuramente, le relazioni tra testo letterario e testo culturale sono molto più complesse di così. I testi prestigiosi come i classici o la Bibbia funzionano soprattutto come testi culturali. D’altro canto, il testo culturale può determinare l’emergere del testo letterario, come può essere dimostrato nel caso della letteratura da salotto o della poesia da album.
Lo studio di un testo nella cultura è inseparabile dalla ricerca di parametri per caratterizzare le diverse funzioni del testo. Ogni testo ha la sua storia e, nello stesso tempo, esiste nella storia generale; ogni testo è contemporaneo e storico a un tempo. Ogni testo è un tutto compatto e, come tale, invariabile. Nello stesso tempo, ogni testo è parte della cultura (di una situazione culturale e di una storia culturale) e, come tale, ambiguo, multifunzionale e mutevole. Il «testo della cultura» e il «testo della letteratura» (o il testo di qualsiasi altra forma d’arte) possono consistere in diverse forme d’esistenza dello stesso testo, possono essere contenuti l’uno nell’altro come una parte è contenuta in un tutto, possono essere dei tutti autonomi, temporali o atemporali, concreti o astratti, statici o dinamici; tuttavia, con tutte queste opposizioni, il confine tra le due parti rimarrà vago e ambivalente. La pura diacronia e la pura sincronia o la pura statica e la pura dinamica sono, però, concetti idealizzati. Quindi, in questo contesto, sarebbe spesso più preciso parlare non di testi ma di testualità, di complicate relazioni nello spazio e nel tempo per la descrizione delle quali è opportuno usare il termine operativo «testo». Diventare un testo ed esserlo ha a che fare, nell’analisi dei fenomeni culturali, sia con l’ontologia sia con l’epistemologia e ci aiuta a comprendere la cultura come una gerarchia di identità (testuali).

Testualità, metatestualità e intertestualità
Parallelamente e in relazione agli sviluppi a orientamento linguistico, sono emerse questioni simili anche nelle discipline antropologiche. Alla fine degli anni Cinquanta, C. Lévi-Strauss nel suo libro Antropologia strutturale (1958) ha scritto in merito alla necessità di descrivere i sistemi di regole matrimoniali e di parentela come un
language, serving as a means of communication between individuals and groups of individuals. In the year 1973 C. Geertz voices his objection to isolated descriptions that stem from ethnographic fieldwork. His book “The Interpretation of Cultures” provides an example of textualization of description of culture. Here, interpretative anthropology forms a parallel to semiotics of culture. C. Geertz’s concept of thick description refers to the ability of a researcher to explicate or reconstruct the whole on the basis of very heterogeneous, commingled or ambivalent data. In such approach, a foreign culture becomes an acted document that can be interpreted in communication. This document is comparable to a foreign and incoherent manuscript where graphic signs are replaced by examples of behaviour (Geertz 1993: 10). Such text of behaviour is one example of how a complex research object can be textualized.
Textuality as a methodological principle has a significant role also in the development of the Tartu-Moscow School of Semiotics. One of the most renowned members of the school, A. Pyatigorski, has post factum observed that this tradition started out with an undelimited research object. While in the first works at the beginning of the 1960ies the object of semiotics was “anything”, then after the publication of Y. Lotman’s first semiotic book “Lectures on Structural Poetics” (1964) the object became specified as literature: “In Lotman’s “Lectures”, a huge role was played by the introduction of the term “text” as a fundamental concept of semiotics and at the same time, as a neutral concept with respect to its object, literature. It was precisely the concept of “text” which made it possible for Yuri Mikhailovich to pass from literature over to culture as a universal object of semiotics” (Pyatigorski 1996: 54-55). “Theses on the Semiotic Study of Cultures” (1973), the programmatic work of the Tartu-Moscow School, defines semiotics of culture as a science investigating the functional correlation of different sign systems, which proceeds from the position that “none of the sign systems possesses a mechanism which would enable it to function culturally in isolation” (Theses 1973: 33). Text has been defined in “Theses” as a bridging link between a general semiotic and a concrete empirical investigation: “The text has integral meaning and integral function (if we distinguish between the position of the investigator of culture and the position of its carrier, then from the point of view of the former the text appears as the carrier of

linguaggio che funge da mezzo di comunicazione tra gli individui e i gruppi di individui. Nel 1973 C. Geertz esprime la sua obiezione nei confronti di descrizioni isolate che derivano dalla ricerca etnografica. Il suo libro Interpretazione di culture fornisce un esempio della testualizzazione della descrizione della cultura. Qui, l’antropologia interpretativa sta a fianco della semiotica della cultura. Il concetto di «descrizione densa» di C. Geertz si riferisce alla capacità dei ricercatori di spiegare nel dettaglio o ricostruire il tutto sulla base di informazioni molto eterogenee, miste o ambivalenti. In questo approccio, una cultura straniera diventa un documento attualizzato che può essere interpretato nella comunicazione. Questo documento è paragonabile a un manoscritto straniero e incoerente dove i segni grafici sono sostituiti da esempi di comportamento (Geertz 1993: 10). Tale testo-comportamento è un esempio di come possa essere testualizzato un oggetto di ricerca complesso.
La testualità come principio metodologico ha un ruolo significativo anche nello sviluppo della scuola semiotica di Tartu-Mosca. Uno degli esponenti più rinomati della scuola, A. Pâtigorskij, ha osservato post factum che questa tradizione era partita da un oggetto di ricerca non delimitato. Mentre nelle sue prime opere agli inizi degli anni Sessanta l’oggetto della semiotica era «qualsiasi cosa», dopo la pubblicazione del primo libro di semiotica di Û. Lotman, Lezioni di poetica strutturale (1964), l’oggetto è stato specificato come «letteratura»: nel libro di Lotman Lezioni, un ruolo importante è svolto dall’introduzione del termine «testo» come concetto fondamentale della semiotica e, nello stesso tempo, come concetto neutrale in merito al suo oggetto, la letteratura. È stato proprio il concetto di «testo» a permettere a Ûrij Mihailovič di passare dalla letteratura alla cultura come oggetto universale della semiotica (Pâtigorskij 1996: 54-55). Le Tesi sullo studio semiotico delle culture (1973), il lavoro programmatico della Scuola di Tartu-Mosca, definiscono la semiotica della cultura come scienza che indaga la correlazione funzionale dei diversi sistemi di segni, basandosi sulla posizione secondo la quale «nessuno dei sistemi di segni possiede un meccanismo in grado di permettergli di funzionare culturalmente in isolamento» (Tesi 1973: 33). Nelle Tesi, il testo è definito come ponte tra l’analisi semiotica generale e l’analisi empirica concreta: «Il testo ha un significato integrale e una funzione integrale (se distinguiamo tra la posizione di colui che analizza la cultura e la posizione del portatore della cultura stessa, allora dal punto di vista del primo il testo appare come il portatore di una
integral function, while from the position of the latter it is the carrier of integral meaning). In this sense it may be regarded as the primary element (basic unit) of culture. The relationship of the text with the whole of culture and with its system of codes is shown by the fact that on different levels the same message may appear as a text, part of a text, or an entire set of texts” (Theses 1973:38). In the tradition of the Tartu-Moscow School, the concept of text is, above all, dynamic: text can be an integral sign or a sequence of signs; it can be a part or a whole. On the other hand, a text can be a linguistically concrete TEXT OF LANGUAGE or a culturally concrete TEXT OF CULTURE: “In defining culture as a certain secondary language, we introduce the concept of a „culture text”, a text in this secondary language. So long as some natural language is a part of the language of culture, there arises the question of the relationship between the text in the natural language and the verbal text of culture” (Theses 1973:43). As three subtypes of this relationship there are mentioned cases where (1) a text in a natural language is not a text of a given culture (e.g. oral texts in a writing-oriented culture); (2) a text in a secondary language, i.e. a text of culture is at the same time also a text of language, i.e. a text in a natural language (e.g., a poem that is expressed simultaneously in a secondary, poetic language and in a primary language, for instance, in the poet’s mother tongue); (3) a verbal text of culture is not a text in a natural language (e.g., a Latin prayer for Slavs).
From the modern perspective, “Theses on the Semiotic Study of Cultures” written in 1973 touched upon an important aspect — virtuality: “The place of the text in the textual space is defined as the sum total of potential texts” (Theses 1973:45). Where J. Derrida would call this sum total “discourse”, Y. Lotman has used the term “homeostasis”. In his book “Universe of the Mind” (1990), expanding upon the ideas of F. de Saussure, he has claimed that synchrony is homeostatic and that diachrony is a sequence of external and accidental disturbances, reacting to which synchrony restores its integral wholeness (Lotman 1990: 6).
On the background of cultural homeostasis, the advance toward semiosphere appears as natural. Let us recall once again the already-quoted thought of V. Ivanov: “The task of semiotics is to describe the semiosphere without which

funzione integrale, mentre dal punto di vista del secondo è portatore del significato integrale). In questo senso, potrebbe essere considerato l’elemento primario (unità basilare) della cultura. La relazione che il testo ha con il tutto della cultura e con il suo sistema di codici è resa evidente dal fatto che a livelli diversi uno stesso stesso messaggio può apparire come testo, parte di un testo o un intero insieme di testi» (Tesi 1973: 38). Nella tradizione della Scuola di Tartu-Mosca, il concetto di «testo» è, soprattutto, dinamico: il testo può essere un segno integrale o una sequenza di segni; può essere una parte o un tutto. Dall’altro lato, un testo può essere «testo del linguaggio» linguisticamente concreto o «testo della cultura» culturalmente concreto. «Nel definire la cultura come linguaggio secondario indefinito, introduciamo il concetto di «testo culturale», un testo in questo linguaggio secondario. Nella misura in cui alcuni linguaggi naturali fanno parte del linguaggio della cultura, emerge la questione della relazione tra testo nella lingua naturale e testo verbale della cultura» (Tesi 1973: 43). Tre sottotipi di questa relazione sono i casi dove (1) il testo nel linguaggio naturale non è un testo della cultura data (per esempio testi orali in una cultura orientata verso la scrittura); (2) un testo in un linguaggio secondario, ossia un testo della cultura è allo stesso tempo anche un testo del linguaggio, ossia un testo in un linguaggio naturale (per esempio una poesia espressa contemporaneamente in un linguaggio secondario, poetico e in un linguaggio primario, ad esempio, nella lingua madre del poeta); (3) un testo verbale della cultura non è un testo in un linguaggio naturale (per esempio una preghiera in latino per gli slavi).
Dalla prospettiva moderna, le Tesi sullo studio semiotico delle culture, scritte nel 1973, trattano brevemente un importante aspetto – la virtualità: «Il luogo del testo nello spazio testuale è definito come somma totale di testi potenziali» (Tesi 1973: 45). Dove J. Derrida avrebbe chiamato questa somma totale «discorso», Û. Lotman ha usato il termine «omeostasi». Nel suo libro L’universo della mente (1990), sviluppando le sue idee nei confronti di F. de Saussure, ha affermato che la sincronia è omeostatica e che la diacronia è una sequenza di disturbi esterni e casuali, e reagendo a questi ultimi la sincronia ristabilisce la sua totalità integrale (Lotman 1990: 6).
Sulla base dell’omeostasi culturale, il progresso verso la semiosfera appare naturale. Ricordiamo ancora una volta il pensiero già menzionato di V. Ivanov: «La funzione della semiotica è descrivere la semiosfera, senza la quale
the noosphere is inconceivable” (Ivanov 1998: 792). As noosphere is the future living environment of the humankind, created in mutual agreement and on rational principles, it follows from this definition that semiotics must assist mankind in understanding both history and future. Hence, in addition to the relationship with the present, semiosphere has also its dimensions of history and future. What is more important, however, is that semiosphere establishes the dynamics between the part and the whole: “Since all the levels of the semiosphere — ranging from a human individual or an individual text to global semiotic unities — are all like semiospheres inserted into each other, then each and one of them is both a participant in the dialogue (a part of the semiosphere) as well as the space of the dialogue (an entire semiosphere)” (Lotman 1999: 33). This whole-part relationship is joined, in turn, by the dynamics between the subjective and the objective: “The structural parallelism between semiotic characteristics of a text and of a personality enables us to define any text on any level as a semiotic personality, and to regard any personality on any sociocultural level as a text” (Lotman 1999: 66).
The semiospherical perspective in the analysis of culture implies the establishment of textuality as an operational principle in which texts in the ordinary sense and phenomena described as texts in the interests of better comprehension exist together on equal terms. The question of their differentiation and comparability is a question of delimitation — in other words, a question of the boundaries of textuality. From the aspect of scientific accuracy, the only requirement that will stand is the traditional demand of cultural semiotics — that the position of the observer or the analyser must remain visible. This provides for the necessary degree of precision in the case where the units of analysis cannot be formalized and are not unequivocally clear-cut. Textualization should not be regarded as arbitrary delimitation but as identification of different levels in the holistic dimension in culture. The universality of and necessity for this method stems from the need to preserve the interrelations between different parts of a whole and the need to see that the whole itself exists also both as a part and as a division into parts. Each particular act of communication can be analysed as such, but it can also always be shown that the relations between a prototext and its metatext are not exhausted with the creation of the typology of metatexts. Usually, the prototext itself is also in some respect already a metatext — it is difficult to envision the existence of pure original texts in culture.

sarebbe inconcepibile la noosfera» (Ivanov 1998: 792). Dal momento che la noosfera è l’ambiente vivo e futuro dell’umanità, creato in accordo reciproco e su princìpi razionali, ne deriva la definizione secondo la quale la semiotica deve aiutare l’umanità a comprendere sia la storia sia il futuro. Quindi, oltre alla relazione con il presente, la semiosfera ha anche una dimensione della storia e del futuro. La cosa più importante, comunque, è che la semiosfera stabilisce le dinamiche tra la parte e il tutto: «Dal momento che tutti i livelli della semiosfera – dall’individuo o dal testo individuale alle unità semiotiche globali – sono come semiosfere inserite le une nelle altre, ognuna o qualunque di esse è sia partecipante al dialogo (parte della semiosfera) sia spazio del dialogo (l’intera semiosfera)» (Lotman 1999: 33). Questa relazione parte-tutto è condivisa, a sua volta, dalle dinamiche tra il soggettivo e l’oggettivo: «il parallelismo strutturale tra le caratteristiche semiotiche di un testo e di una personalità ci permette di definire ogni testo o ogni livello come una personalità semiotica, e ci permette di considerare testo ogni personalità a ogni livello socioculturale» (Lotman 1999: 66).
La prospettiva semiosferica nell’analisi della cultura implica l’affermazione della testualità come principio operazionale in cui il testo in senso ordinario e i fenomeni descritti come testi nell’interesse di una comprensione migliore coesistono a pari condizioni. La loro differenziazione e confrontabilità è questione di delimitazione – in altre parole, una questione di confini della testualità. Dal punto di vista della precisione scientifica, l’unico requisito importante è la domanda tradizionale di semiotiche culturali – dove la posizione dell’osservatore o dell’analizzatore devono rimanere visibili. Questo stabilisce il grado di precisione necessario nel caso in cui le unità di analisi non possano essere formalizzate e siano inequivocabilmente nitide. La testualizzazione non va considerata come delimitazione arbitraria ma come identificazione di livelli diversi nella dimensione olistica della cultura. L’universalità e la necessità di questo metodo derivano dal bisogno di preservare le interrelazioni tra le diverse parti del tutto e dal bisogno di vedere che il tutto esiste sia come parte sia come divisione in parti. Ogni singolo atto di comunicazione può essere analizzato in questo modo, ma può anche essere dimostrato che le relazioni tra prototesto e metatesto non sono esaurite dalla creazione di una tipologia di metatesti. Di solito, il prototesto stesso è anche, sotto alcuni aspetti, già un metatesto: è difficile immaginare l’esistenza, nella cultura, di testi puri e originali.

Textuality of culture is accompanied by the possibility to conduct analysis on many levels. A text can be investigated as autonomous and focused at by exploring its inner workings. At the same time, it can be investigated as participating in metacommunication and here, now regarded as a prototext, the text is seen as accompanied by a number of metatexts of different kinds (see also Torop 1999: 27-41). The bulk of textual transformations ranging from translations to annotations can, on the one hand, be described from the aspect of relations between the prototext and the metatext, but on the other hand each metatext belongs to its own discourse and can be analysed as a part of this. By investigating metatexts as a textual whole it is possible to analyse the ways in which a particular prototext exists in culture. This kind of investigation makes it also possible to reconstruct a missing prototext. History of theatre provides a good example of the need for metatexts in order to describe a missing prototext. It is possible to reconstruct old untaped theatre performances, but also hypothetical primal forms of different types of fairy tales (as invariants of the later variants) etc. In addition, the investigation of the relations between a prototext and metatexts makes it possible to talk about the capacity of a particular text to communicate with culture, with its audience, about the possible world of the ways the text can be interpreted and understood.
Related to this, but functioning in a completely different manner, is another unity — the intertextual association of texts, where each particular text gains its meaning through relations with other texts, that is, as a part of a whole. Such association can also be interdiscursive or intermedial. Unlike metatextuality, intertextual association is more difficult to delimit and its holistic dimension many not be as concrete.
Both the metatextual and the intertextual associations are subtypes of textuality and indicate that science needs to find possibilities first to define and then to give as multifaceted explanation as possible of the functioning of a complex cultural mechanism. A science investigating culture must constantly recreate its research object, must define and re-define its borders since in culture as a living organism there constantly emerge new relations and new systems. Culture changes, culture’s textuality is constant. Textuality is a possibility that culture offers to its analyser, and at the same time it is an ontological property of culture and an epistemological principle for investigating culture.

La testualità della cultura è accompagnata dalla possibilità di condurre analisi a diversi livelli. Un testo può essere analizzato come autonomo e focalizzato dall’esplorazione del suo funzionamento interno. Nello stesso tempo, può essere analizzato come partecipante a una metacomunicazione e qui, ora considerato come un prototesto, il testo può essere visto come accompagnato da un numero di metatesti di diverso tipo (vedere anche Torop 1999: 27-41). Il volume delle trasformazioni culturali, che varia dalle traduzioni alle annotazioni, può, da un lato, essere descritto partendo dalle relazioni tra prototesto e metatesto, ma dall’altro ogni metatesto appartiene al suo discorso e può essere analizzato come parte di questo. Analizzando i metatesti come un tutto testuale, è possibile analizzare i modi in cui un certo prototesto esiste nella cultura. Questo tipo di analisi rende possibile anche la ricostruzione di un prototesto mancante. La storia del teatro costituisce un buon esempio del bisogno di metatesti per la descrizione di un prototesto mancante. È possibile ricostruire vecchie interpretazioni teatrali non utilizzate, ma anche ipotetiche forme primitive di tipi diversi di fiabe (come invarianti delle ultime varianti) ecc. Inoltre, l’analisi delle relazioni tra prototesto e metatesto ci dà modo di parlare della capacità di un certo testo di comunicare con la cultura, con il suo pubblico, dei modi possibili in cui un testo può essere interpretato e compreso. In merito a ciò, ma con un funzionamento completamente diverso, esiste un’altra unità: l’associazione intertestuale di testi, dove ogni singolo testo acquisisce il suo significato attraverso le relazioni con gli altri testi, ossia, come parte di un tutto. Tale associazione può anche essere interdiscorsiva o intermediale. Diversamente dalla metatestualità, l’associazione intertestuale è più complicata da delimitare e la sua dimensione olistica potrebbe non essere così concreta.
Sia le associazioni metatestuali che quelle intertestuali sono sottotipi della testualità e dimostrano che la scienza ha bisogno di trovare delle possibilità prima per definire e poi per dare una spiegazione più sfaccettata possibile del funzionamento del complesso meccanismo culturale. Una scienza che analizza la cultura deve costantemente ricreare il suo oggetto di ricerca, deve definire e ridefinire i suoi confini dal momento che nella cultura come organismo vivente emergono costantemente nuove relazioni e nuovi sistemi. I cambiamenti culturali – la testualità della cultura – è costante. La testualità è una possibilità che la cultura offre ai suoi analizzatori e, nello stesso tempo, è una proprietà ontologica delle culture e un principio epistemologico per analizzare la cultura.

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