Savory: Translator’s humour Dal testo al humour e dal humour al testo

Savory: Translator’s humour

Dal testo al humour e dal humour al testo

CRISTINA SALA

 

 

Fondazione Milano

Milano Lingue

Scuola Superiore per Mediatori Linguistici

via Alex Visconti, 18   20151 MILANO

 

 

 

 

 

 

 

 

Relatore: professor Bruno Osimo

Diploma in Mediazione Linguistica

Ottobre 2010


 

© Theodore Horace Savory, London, 1957

© Cristina Sala per l’edizione italiana 2010

 

Understanding humour especially its social and psychological functions, its value as an indicator of both cultural and personal identity requires this sense of its radical subjectivity, a sense easily confirmed in the experience of telling a joke to an unamused audience. This extent to which we can share humour is based on a common world view and one way of distinguishing individuals is by nothing when they are amused and with whom. A sense of the cultural relativity of a given group’s sense of the normal and the deviant, the real and unreal, underpins both the anthropology and the sociology of humour. A sense of variations of these notions between individuals in the same cultural and social group underpins the psychology of humour.

Paul Lewis

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa tesi è dedicata a tutti coloro che credono che il humour, la comicità e i fumetti siano cose da bambini.

 

 

 

 

 

 


Savory: Translator’s humour

Dal testo al humour e dal humour al testo

 

Abstract in italiano

 

Il traduttore interlinguistico ricopre anche il ruolo di mediatore culturale: in fase traduttiva deve sopperire ai residui comunicativi tramite il proprio sapere. Il residuo traduttivo, che è sempre presente, è maggiore quanto più un prototesto è radicato nella cultura emittente: in presenza di battute, allusioni a personaggi famosi propri di quel paese specifico, modi di dire, proverbi, humour e ironia il traduttore ha a disposizione svariati strumenti per cercare di trovare una compensazione. Per quanto riguarda l’aspetto umoristico di un testo a fumetti, il traduttore dovrà intraprendere sforzi aggiuntivi poiché la traduzione del humour implica necessariamente conoscenze culturali e linguistiche specifiche. Il lavoro di traduzione si complica ulteriormente e necessita di ricerche, analisi, confronti e studi per essere svolto dignitosamente. Talvolta, però, un traduttore particolarmente distratto e frettoloso può creare lui stesso delle nuove occasioni di humour, magari da un testo che con il humour non aveva proprio niente a che fare, producendo risultati che meritano di essere ricordati per la loro originalità.

 

English abstract

 

Interlinguistic translators also play the role of cultural mediators: during the translation phase they must make up for communication losses through their own knowledge. The communication loss, which is a constant, is larger the more a text is deep-rooted in the issuing culture: in the presence of jokes, allusions to famous people of that particular country, sayings, proverbs, humour and irony the translator has many tools to compensate for the communication losses. With regard to the humorous character of a comic book, the translator should undertake further efforts since the translation of humour necessarily requires specific cultural and linguistic knowledge. The translator’s job gets tougher and needs to be integrated with research, analysis, comparisons and studies in order to be properly carried out. Sometimes a particularly inattentive and perfunctory translator can inadvertently create new instances of humour, possibly from a text which in fact had no humorous intentions, producing results which deserve to be remembered for their originality.

 

Deutsche Fassung

 

Der interlinguale Übersetzer spielt auch die Rolle des kulturellen Vermittlers: während der Übersetzungsphase muss er sein Wissen einsetzen, um die Kommunikationsverluste auszugleichen. Der Übersetzungsverlust, der immer vorhanden ist, ist umso größer, je mehr ein Prototext in seiner Kultur eingewurzelt ist: wenn Witze, Andeutungen auf prominente Persönlichkeiten des spezifischen Landes oder Kulturraumes, Redensarten, Sprichwörter, Humor und Ironie vorhanden sind, verfügt der Übersetzer über zahlreiche Mittel, um einen Ausgleich zu finden. Was den humoristischen Aspekt eines Comictextes betrifft, muss der Übersetzer zusätzliche Anstrengungen unternehmen, weil die Übersetzung von Humor notwendigerweise spezifische kulturelle und linguistische Kenntnisse impliziert. Die Übersetzungsphase kompliziert sich weiter und verlangt Recherchen, Analysen, Vergleiche und Studien, um angemessen erledigt zu werden. Es kann aber auch vorkommen, dass ein unaufmerksamer und hastiger Übersetzer unbeabsichtigt selbst neue humoristische Aspekte schafft, auch in einem Text, der mit Humor eigentlich nichts zu tun hat, und somit ein originelles Ergebnis erzielt.

 

 

 

 

 

 

 


Sommario

1.            Prefazione  5

2.            Humour e psicologia  11

3.            Prefazione alla traduzione  17

4.   Traduzione con testo a fronte- il humor inconscio  20

5.   Prefazione dell’analisi traduttiva  48

5.1. I PROBLEMI GRAFICI 49

5.2. I PROBLEMI LINGUISTICI 50

5.3. I PROBLEMI CULTURALI 51

6.   Analisi linguistica e culturale delle vignette di Schulz e  proposte di traduzione- il humour conscio  52

7.   Conclusioni 73

8.   Riferimenti bibliografici 76


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  1. Prefazione

 

La traduzione in cui si verifica il passaggio da una lingua a un’altra viene chiamata «traduzione interlinguistica» ed è quella che Jakobson definisce «interpretazione dei segni linguistici per mezzo di qualsiasi altra lingua»: in sostanza il traduttore ricodifica e ritrasmette un messaggio ricevuto da un’altra fonte.

Una qualsiasi traduzione interlinguistica (che implica il passaggio da una cultura ad un’altra) comporta non pochi ostacoli sotto molti aspetti: quello linguistico, culturale, eccetera.

Come in ogni forma comunicativa, anche in questo caso si verificano delle perdite poiché è impossibile trasmettere perfettamente e interamente il messaggio del prototesto all’interno del metatesto.

Tali perdite sono chiamate in ambito traduttivo «residui» e sono rappresentate da porzioni di testo non tradotte e porzioni di testo che sono, invece, intraducibili. Per sopperire a tali mancanze il traduttore che, innanzitutto, deve esserne consapevole, può ricorrere a un apparato metatestuale, ossia a prefazioni, postfazioni, note a piè di pagina, eccetera.

All’interno degli ostacoli culturali è frequente trovarsi di fronte a problemi riguardanti il humour e la comicità, in particolare per un traduttore che si occupi di argomenti umoristici e satirici e abbia a che fare con prototesti basati su questa matrice come, ad esempio, i fumetti.

Ovviamente, più che in altri testi, nei fumetti si verificheranno svariate perdite comunicative, che rappresentano, appunto, parti di testo intraducibili.

Quando un traduttore incontra riferimenti ironici a elementi propri della cultura emittente molto noti e conosciuti (come personaggi dello spettacolo) in ambito fumettistico è preferibile evitare di inserire note a piè di pagina, principalmente per una ragione culturale.

La sostituzione dell’elemento originale con un riferimento a un elemento della cultura ricevente può essere probabilmente la soluzione ottimale a questo tipo di ostacolo traduttivo.

Effettuando una traduzione interlinguistica non si deve soltanto trasferire un messaggio da una lingua all’altra ma il traduttore deve rivestire il ruolo di mediatore culturale così che il lettore del metatesto possa arricchire il suo bagaglio di cultura attingendo a informazioni proprie sulla cultura di appartenenza del prototesto.

 

Nell’ultima sezione della tesi ho voluto dimostrare, attraverso la presentazione di alcune strisce dei Peanuts in lingua originale, quanto sia tangibile e reale ciò che ho detto sinora, immedesimandomi in un traduttore di fumetti e cercando di risolvere, attingendo al mio bagaglio culturale e prendendo come riferimento un lettore modello della mia madrelingua, tutti gli ostacoli che si presentavano in alcune vignette scelte per la loro particolare difficoltà traduttiva.

Ho deciso di intitolare quest’ultima parte del mio lavoro «humour conscio» poiché si tratta di scelte umoristiche non casuali, ma dettate dall’intento dell’autore delle vignette di fare ridere o perlomeno sorridere i lettori delle sue strisce.

 

Procedendo a ritroso, nella seconda parte, ho lavorato su una traduzione “Translator’s humour”, una dissertazione di matrice umoristica che tratta degli strafalcioni linguistici commessi a più riprese da vari traduttori interlinguistici che hanno prodotto (forse inconsciamente) piccoli capolavori del humour traduttivo alquanto divertenti e che ho voluto analizzare sul piano linguistico e culturale per capire quali bizzarri ragionamenti stavano alla base dei loro prodotti. Ed è proprio per questo motivo che ho intitolato questa sezione «humour inconscio».

Ciò che è emerso è che, per la maggior parte delle volte, gli strafalcioni compiuti sono la conseguenza diretta di traduzioni superficiale e sbrigative, di disattenzione e di assonanze devianti tra due lingue che appartengono allo stesso ceppo linguistico.

 

La prima parte tratta più in via generale il humour, cosa sia in realtà e come viene definito dai principali pensatori e filosofi della storia, per dare un’infarinatura iniziale di ciò che seguirà e per far capire al lettore della mia tesi l’argomento di base su cui ho voluto concentrarmi, un argomento spesso criticato e spesso messo da parte perché considerato quasi “immorale” o addirittura “infantile” ma che vale la pena trattare e analizzare soprattutto sul piano culturale e traduttivo, poiché ricco di sfumature interessanti.

 

Con questa tesi vorrei dimostrare quanto il lavoro del traduttore sia minuzioso e quanto necessiti di attenzione e concentrazione. Il traduttore è implicitamente anche un mediatore culturale, il suo compito consiste nel far comunicare quanto più possibile due culture lontane.

Una parola mal interpretata, letta frettolosamente, omessa o minimizzata può dare origine a una serie di incomprensioni che, a loro volta, possono generare errori clamorosi i quali, a seconda del punto di vista, possono risultare o divertenti o ridicoli e possono modificare radicalmente la fisionomia del prototesto.

Viceversa, anche lo studio e la traduzione di testi umoristici presenta ostacoli non irrilevanti. I fumetti che sono erroneamente indicati sotto la voce «lettura per bambini», per la loro apparente facilità di lettura, sono veri e propri repertori di informazioni, nozioni, modi di dire ed espressioni della cultura del paese in cui vengono scritti. Per questo, svariate volte, succede che anche un adulto che si cimenti nella lettura di un fumetto non capisca alcune parti di testo poiché non è a conoscenza di alcuni dettagli, di alcune espressioni o, ancor più sovente, di alcune allusioni culturali.

Considerando i fumetti a carattere umoristico (come i Peanuts) è bene ricordare che questi sono ancor più ermetici e traboccanti di informazioni sui modi, usi e costumi di quella cultura di provenienza, perciò il lavoro del traduttore prenderà una piega ancor più complessa e interessante.

Infine, il mio scopo è quello di fare in modo che il lettore di questa tesi arrivi fino in fondo all’ultima pagina e capisca che quello che sembra un po’ puerile e banale, poi in fondo tanto banale non è.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2.  Humour e psicologia

 

 

 

It’s only a joke” we often say, but humour is complex, a matter of texts and contexts. As texts, formal jokes and spontaneous witticism follow grammatical rules, exploit semantic associations, convey affect, thought and disposition in context-that is, as a shared experience.

Paul Lewis

 

 

Molti filosofi, scrittori, linguisti del passato, come Platone, Aristotele, Bergson e Freud hanno cercato di dare una definizione di umorismo, suggerendo una serie di teorie. Sul piano lessicale si può affermare che il campo semantico relativo all’umorismo è di notevoli dimensioni, oltre che complesso da limitare. «Comico, satira, ironia, sarcasmo» sono tutti termini contestualmente associabili al humour in sé, tuttavia assai differenti sul piano del significato.

Svariati studiosi sostengono l’impossibilità di una suddivisione teorica tra vari sottocampi quali, per citarne qualcuno, la psicologia e la letteratura.

Secondo Umberto Eco «the category of comic does not seem to have a possibility of theoretical differentiation from that of humour». Un’ altra studiosa della stessa opinione è Olbrechts-Tyteca (1977) la quale non contempla alcuna differenziazione tra humorous e ridiculous.

Salvatore Attardo afferma che «se si ignora la suddivisione interna del humour e si accetta un’ampia lettura del concetto, ne consegue che il humour (o il comico) è qualsiasi cosa che un gruppo sociale definisca come tale».

Secondo la corrente di ricerca anglo-americana il termine «humour» viene inteso “as the umbrella-term for all phenomena of this field. Thus, humour replaced the comic and is treated as a neutral term; i.e., not restricted to positive occasion for laughter” (Ruch, 1996).

Se è vero, come affermano molte teorie, che una risata o un approccio sorridente alla vita sono la manifestazione dell’avvertimento dei contrasti della realtà, è innegabile che questi contrasti si differenziano da cultura a cultura. L’umorismo si fonda, dunque, su una prospettiva chiaramente storica, come afferma anche Delia Chiaro: «il concetto di ciò che le persone trovano divertente sembra essere limitato da confini linguistici, geografici, diacronici, socioculturali e personali» (1998:15).

Il humour è circoscritto entro precisi limiti spazio-temporali ed è intimamente connesso alle strutture pragmatiche, socioculturali e linguistiche della comunità di cui è espressione ed entro cui si realizza.

Queste caratteristiche proprie del genere comico sono ben presenti ai traduttori che hanno a che fare con testi in cui è importante mantenere l’effetto comico della cultura emittente nella cultura ricevente. Questo compito diventa particolarmente arduo quando si tratta di trasporre i giochi di parole. Nelle parole si racchiudono, infatti, universi culturali difficilmente traducibili e, anche in presenza di un’ottima traduzione dal punto di vista linguistico, l’effetto comico può essere annullato, senza che il traduttore possa intervenire, poiché la cultura ricevente potrebbe mancare di riferimenti necessari a capire una particolare battuta o semplicemente potrebbe prediligere altri stimoli umoristici.

Ecco che, allora, ciò che fa ridere a Londra non farà ridere a Washington (pur avendo, dal punto di vista linguistico, un ostacolo in meno); ciò che fa ridere a Milano non farà probabilmente ridere a Parigi (pur non essendo due città molto distanti sia geograficamente che culturalmente): le coordinate socio-culturali entro cui si realizza il humour, prima ancora della sua concreta realizzazione linguistica, ne segnano la tendenziale peculiarità «localistica» e «temporale».

 

Un approccio linguistico al humour teorizza che ogni parlante abbia una «competence» umoristica per giudicare un testo comico. Per «competence» si intende implicitamente ciò che noi chiamiamo «sense of humour», intorno cui si sviluppano due teorie, la «semantic script theory of humour» e la «general theory of verbal humour» che analizzano il fenomeno comico dal punto di vista linguistico.

Il «sense of humour» inteso come caratteristica variabile della personalità di ciascuno è preso in esame da tre teorie che lo studiano sul piano psico-sociologico: «There are many explanations of laughter and humour, that John Monrreal does well to distill into three theories: the superiority theory, the relief theory and the incongruity theory» (Critchley 2002:2).

L’oggetto dello studio è quindi ciò che differenzia i due diversi approcci: quello linguistico e quello psico-sociologico, ossia, il primo mira a studiare l’effetto comico creato attraverso il testo, il secondo analizza la ricezione e la produzione dell’effetto comico su soggetti diversi.

 

 

La teoria della superiorità di Platone e Aristotele, Quintiliano e Hobbes: secondo questa teoria «we laugh from feelings of superiority over other people, from ‘suddaine Glory arising from suddaine conception of some Eminency in our selves, by Comparison of the Infirmityes of others or with our owne formerly’» (Critchley 2002:2,3).

È questo dunque un approccio che si concentra sul contenuto dell’umorismo, piuttosto che sulla sua struttura, e sulle differenze a livello d’apprezzamento tra gruppi diversi.

 

Secondo la teoria psicoanalitica di Freud «l’energia che è rilasciata e liberata nel riso dà piacere perché, stando a quanto si dice, ciò risparmia energia che generalmente si utilizzerebbe per contenere o reprimere l’attività psichica».

Si evince che l’umorismo è un meccanismo di difesa per affrontare particolari contesti e circostanze complessi.

 

Infine, l’ultima teoria, quella dell’incongruità ipotizzata da Kant e Schopenhauer afferma che:

«Es muß in allem, was ein lebhaftes, erschütterndes Lachen erregen soll, etwas Widersinniges sein […]. Das Lachen ist ein Affekt aus der plötzlichen Verwandlung einer gespannten Erwartung in nichts[1]» (Kant 1799:225).

 

«Meiner […] Erklärung zufolge ist der Ursprung des Lächerlichen allemal die paradoxe und daher unerwartete Subsumtion eines Gegenstandes unter einem ihm übrigens heterogenen Begriff, und bezeichnet demgemäß das Phänomen des Lachens allemal als die plötzliche Wahrnehmung einer Inkongruenz zwischen einem solchen Begriff und dem durch denselben gedachten realen Gegenstand, also zwischen dem Abstrakten und dem Anschaulichen[2]» (Schopenhauer 1858:122).

 

 

«Humour is produced by the experience of a felt incongruity between what we know or expect to be the case and what actually takes place in the joke, gag, jest or blague» (Critchley 2002: 3).

 

 

 

  1. Prefazione alla traduzione

 

Quando una battuta non viene compresa è compito difficile spiegarla a parole, come molti sapranno: bisogna ricorrere ai mezzi che conosciamo per cercare di rendere il senso di quella battuta incompresa, ossia con l’ausilio di parafrasi, di riformulazioni. Queste strategie, tuttavia, privano la battuta originaria della sua immediatezza e del suo essere battuta. Non è detto, peraltro, che tramite questi espedienti per cercare di garantirne la comprensione- anche se tardiva- della frase, il senso comico venga trasmesso.

Questo problema si presenta di frequente nella propria madrelingua, per cui è facile immaginare quanto spesso accada in fase di traduzione da una lingua all’altra, ossia in presenza di testi interlinguistici. Per questo motivo, spesso non è sufficiente cimentarsi per ricercare significati di parole, di espressioni idiomatiche o, addirittura, di giochi di parole; tuttavia è necessario operare una riformulazione della frase accompagnata da un adattamento linguistico del testo.

La complessità linguistica dell’umorismo si presenta come un ostacolo non di facile superamento in fase di traduzione della comicità, condito da una serie di innumerevoli sfumature tipiche della cultura.

Come si chiede anche Delia Chiaro è «se,e fino a che punto, il discorso umoristico, che è naturalmente limitato da barriere linguistiche e sociali, riesca ad attraversare le frontiere geografiche, visto che la traduzione dell’umorismo espresso verbalmente riguarda un tipo di linguaggio tra i più complessi da tradurre, basato su termini e principi di teoria di traduzione, quali l’equivalenza e l’ (in)traducibilità».

 

Problemi di traduzione del humour riguardano anche la sottotitolazione dell’umorismo che, come afferma Rachele Antonini, «deve seguire nella parte più tecnica e pratica le norme formali e linguistico- testuali d’impostazione dei formati e di posizionamento dei sottotitoli della proiezione cinematografica dei film e delle trasmissioni televisive».

E prosegue:

«La cosiddetta spontaneità del parlato reale ha una precisa spiegazione nell’assenza di progettazione del testo, la quale generalmente dà luogo a un uso ristretto del codice (scomparsa del predicato, enunciati incompiuti, riduzione dei tempi e dei modi, rapporti di coordinazione preferiti a quelli di subordinazione fra le frasi, riduzione e ripetizione lessicale) e a un frequente ricorso al contesto situazionale, gesti per indicare oggetti e/o sensi. In questo caso il lavoro dell’operatore è quello di integrare (completare) nella dimensione scritta ciò che nel parlato risulta equivoco, incompleto, improprio, demandato al non-verbale (intonazione, espressione, gestualità, contesto) o del tutto mancante. Nel dialogo il fraintendimento del tono genera incomprensione, l’incomprensione comicità».

 

Ed è proprio da quest’ultimo punto riguardante l’incomprensione che vorrei introdurre il capitolo Translator’s humour estratto dal libro “The art of translation” di Theodore Savory.

In questo caso, però, a differenza di quanto detto sinora, il humour prodotto non è, per così dire, voluto, ma nasce da sé, o meglio, nasce da meccanismi di traduzione fuorvianti che hanno come unica, imbarazzante conseguenza quella di produrre strafalcioni veri e propri, senza attinenza con i contesti considerati, frutto della negligenza di traduttori poco accorti.

Nella maggior parte dei casi si tratta di traduzioni che, dal punto di vista della parola, assomigliano all’originale, ma il cui significato è assolutamente differente e incoerente con quanto scritto.

Dopo aver tradotto il testo ho analizzato più accuratamente gli esempi di strafalcioni commessi da una  lingua all’altra (dal latino all’inglese, dal francese all’inglese, dall’inglese al francese) cercando di dare una spiegazione della scelta compiuta, tramite scomposizioni morfologiche di alcune parole e interpretazioni plausibili.

 

 

 

 

4. Traduzione con testo a fronte- il humour inconscio

 

TRANSLATOR’S HUMOUR

 

 

I don’t know how, cheerfulness was always breaking in.

MR EDWARDS to DR JOHNSON

 

There is no aspect of man’s activity in which there can be found no place for humour, no cause for laughter: if it were not so, life would be uninspiring in youth and intolerable in old age. And if any sober-minded kill-joy would voice the contrary opinion let him be reminded that of a truly solemn occasion we read: “Συ εί είπέτρος,καί ἐπί ταυτύη τῇ πετρα οἰκοδομήσω μου τὴν εκκλησίαν”. “Thou art Peter, and upon this rock I will build my church.” (Matt. XVI, 18.) Unhappily, the pun on which the Christian Church was founded is lost in translation into English, though it survives in Latin.

Humour, therefore, must be expected to enter into translation, and in fact it makes its appearance very early in the student’s experience, or perhaps more accurately in his inexperience, when his attempts to translate produce surprising or ludicrous results.

Howlers, as they are traditionally termed, are common enough in the lives of all teachers; they have several times been collected and published, and sometimes criticized as spurious inventions because they have seemed too good to be true. Writing as one who has collected scientific howlers for over forty years, I can

 

IL HUMOUR DEI TRADUTTORI

 

 

Non so come, l’allegria irrompeva sempre.

al DR JOHNSON da MR EDWARDS

 

 

Non esiste alcun aspetto dell’attività dell’uomo in cui non possa essere trovato spazio per il humour, né motivo per ridere: se così non fosse la vita sarebbe noiosa in gioventù e poco stimolante in vecchiaia. E se qualche guastafeste assennato si pronunciasse contrario ricordategli che di un’occasione profondamente solenne leggiamo così: “Συ εί είπέτρος,καί ἐπί ταυτύη τῇ πετρα οἰκοδομήσω μου τὴν εκκλησίαν”. “Tu sei Pietro e sopra questa pietra fonderò la mia Chiesa” (Mt 16, 18). Sfortunatamente il gioco di parole sul quale fu fondata la Chiesa Cristiana va perso nella traduzione verso l’inglese, sopravvivendo tuttavia in latino.

Perciò, è probabile che il humour entri nella traduzione e, anzi, fa la sua comparsa molto presto nell’esperienza dello studente o forse, più propriamente nella sua inesperienza, quando i suoi tentativi di traduzione producono risultati sorprendenti o assurdi.

Gli strafalcioni, così come vengono tradizionalmente chiamati, sono abbastanza comuni nella vita di tutti gli insegnanti; sono stati frequentemente raccolti e pubblicati e a volte criticati come invenzioni spurie poiché sono sembrati troppo buoni per essere veri. Dato che raccolgo strafalcioni scientifici da oltre quarant’anni posso

assure the sceptics that the rate of supply is sufficient to make forgery unnecessary.

There are, however, degrees of absurdity among howlers of all kinds. A mere mistake does not make the grade; the essence of a howler is that the clue to the misapprehension should be reasonably obvious, that is to say the translation offered must be a translation of other words which resemble or suggest the words that are actually printed. Because l’habile ouvrier looks to the unobservant like l’habit ouvert it becomes a howler, when, instead of “the clever workman” it is translated as “with his coat unbuttoned”.

Any jest, however, loses all its appeal when it is analysed in this way.

The number of first-class linguistic howlers is so great that some self-discipline must be imposed in quoting samples. Since the two most important languages in schools are Latin and French, ten specimens are divided between them:

 

rassicurare gli scettici che ve ne sono più che a sufficienza da rendere superflue le invenzioni.

Tuttavia ci sono gradi di assurdità tra i vari tipi di strafalcioni.

Un errore semplice non basta a qualificarsi come strafalcione; l’essenza di uno strafalcione è che l’indizio dell’errore di comprensione dovrebbe essere piuttosto evidente, ossia la traduzione proposta deve essere una traduzione di altre parole che assomigliano alle parole effettivamente stampate o le suggeriscano. Dato che l’habile ouvrier sembra all’osservatore disattento l’habit ouvert diventa uno strafalcione quando, al posto de ”il bravo lavoratore” viene tradotto con “con il vestito sbottonato”. Tuttavia qualsiasi scherzo, quando viene analizzato in questo modo, perde tutto il suo fascino. Il numero di strafalcioni linguistici di prima classe è così elevato che bisogna imporsi un po’ di autodisciplina nel citarne gli esempi.

Siccome le due lingue più importanti nelle scuole sono il latino e il francese, ho fatto cinque esempi per ognuna:

 

 

From Latin:

  1.                                     i.               Caerulae puppes: Skye terriers.
  2.                                    ii.               Cave canem: beware! I may sing.
  3.                                   iii.               Cornigeri boves: corned beef.
  4.                                  iv.               Pax in bello: freedom from indigestion.
  5.                                   v.               De mortius nil nisi bonum: in the dead there is nothing but bones.

 

 

Dal latino:

  1.          Caerulae puppes: Skye terriers[3].
  2.          Cave canem: beware! I may sing[4]

iii. Cornigeri boves: corned beef[5]

  1. Pax in bello: freedom from indigestion[6]
  2. v.           De mortius nil nisi bonum: in the dead there is nothing but bones[7]

From French:

  1.                                  vi.               Un Espagnol de forte taille: a spaniel with forty nails
  2.                                 vii.               Je frappe : le sentinel ouvre: I knock the sentinel over.
  3.                                viii.               La belle dame sans merci: the girl friend who did not say « Thank you ».

 

 

Dal francese:

  1. Un Espagnol de forte taille: a spaniel with forty nails.[8]
  2. Je frappe : le sentinel ouvre : I knock the sentinel over.[9]
  3. La belle dame sans merci : the girlfriend who did not say «Thank you».[10]
  4.                                  ix.               Il jeta un coup d’oeil à l’avis: he threw a cup of oil at the bird.

 

  1. Il jeta un coup d’oeil à l’avis: he threw a cup of oil at the bird.[11]
  2. x.         Le peuple ému repondit: the purple emu laid another egg.[12]


Rather more rarely are howlers perpetrated in the opposite direction, but the following seem worthy of survival:

 

Band of Hope: Orchestre d’Espoir.

I do not know whether….: Je ne sais pas mouton..

Match-makers: fabricants d’allumettes.

Stick no bills: ne collez pas de becs.

 

Gli strafalcioni commessi nella direzione opposta sono piuttosto rari da trovare, ma i seguenti sembrano meritare la sopravvivenza:

 

Band of Hope: Orchestre d’Espoir.[13]

I do not know whether: … Je ne sais pas mouton…[14]

Match-makers : fabricants d’allumettes.[15]

Stick no bills : ne collez pas de becs.[16]

 

A relation or an extension of this group may sometimes be heard from the lips of a light-hearted linguist who intentionally maltreats his language. Mr F.E. Bailey recently recorded his use of the expression ausgebraunt for “browned off”, and was politely asked to improve it to abgebraunt; while E. Williams in The Wooden Horse has given us blond genug for “fair enough”. Fit to be mentioned in such company is Verkehrsmarmelade for “traffic jam”.

From these spontaneous ejaculations, which certainly lighten much ordinary conversation, a short step takes us to the transfusion of the humour of an original into an equivalent translation; but there are not many writers who can be funny in a language other than their own and instances are rarer. The greater, then, is the merit of Professor C.H. Carruthers, who put Alice in Wonderland into Latin, so that in Alicia in Terra Mirabili we may read, for “Will  you walk a little faster?” said a whiting to a snail, the characteristically terse “Paulo citius incede” sic alburnus cochleae.

 

Ogni tanto un’espressione simile a quelle elencate può uscire dalla bocca di un linguista scherzoso che maltratta intenzionalmente la sua lingua. F. E. Bailey ha recentemente riferito di aver utilizzato l’espressione ausgebraunt per browned off[17] e gli è stato gentilmente chiesto di migliorarlo con abgebraunt; mentre E. Williams in “Il cavallo di legno” ci ha proposto blond genug per fair enough[18]. Adatto per essere menzionato in questa categoria è Verkehrsmarmelade per traffic jam[19].

Da queste sparate spontanee, che certamente ravvivano molte conversazioni quotidiane, un piccolo passo in avanti ci conduce al trasferimento del humour di un originale in una traduzione equivalente. Ma non ci sono molti scrittori che sanno essere divertenti in una lingua che non è la loro e gli esempi sono più rari. Il più eclatante, allora, è merito del professor C.H. Carruthers che ha tradotto Alice in Wonderland in latino, così che in “Alicia in Terra Mirabili” possiamo leggere per “Will you walk a little faster? said a whiting to a snail” il caratteristico conciso “Paulo citius incede” sic alburnus cochleae[20].

 

 

Our debt to the Professor was increased when he followed In Terra Mirabili with Per Speculum.

This is particularly treasurable because philologists have so often seized upon the first stanza of “Jabberwocky” and have used it to expound their ideas of the relationship between words and their meanings, so that the serious and the absurd, the scholarly and the inane, are mixed together in a refreshing pot-pourri.

 

 

 

“Twas brilling, and the slithy toves

Did gyre and gimble in the wabe,

All mismy were the borrogroves

And the mome raths outgrabe.”

 

Il nostro debito nei confronti del professore è cresciuto quando ha continuato “Terra Mirabili” con “Per Speculum[21].

Questo è particolarmente interessante perché i filologi hanno così spesso approfittato della prima strofa del “Jabberwocky[22] e l’hanno utilizzata per esporre le proprie idee in merito alla relazione tra le parole e il loro significato, così che il serio e l’assurdo, l’erudito e l’inane vengono mischiati in uno scoppiettante pot-pourri.

 

 

 

Twas brilling, and the slithy toves

 Did gyre and gamble in the wabe,

 All mismy were the borrogroves

 And the mome raths outgrabe.”[23]

 

 

This becomes:

 

Est brilgum: tovi slimici

In vabo tererotitant;

Brogovi sunt macresculi,

Momi rasti strugitant

 

The world of the mind is made richer by those who can contribute such imponderabilia.

As appears in Chapter XV, the translation of technical words and phrases has serious difficulties of its own, but when attempts are made to offload the burden to electronic computers a new opportunity for witticism is created. One fears that the reported efforts of the machine are more likely to be fictitious than ever to have been seen on the output tape, but some of them are in themselves good enough to be preserved, while they serve to keep us in touch with the world of commerce.

 

Diventa:

 

Est brilgum: tovi slimici

In vabo tererotitant;

Brogovi sunt macresculi,

momi rasti strugitant.[24]

 

Il mondo della mente viene reso più ricco da coloro che possono mettere a disposizione tali imponderabilia[25].

Come appare nel capitolo XV, la traduzione di termini e frasi tecniche è già difficoltosa di per sé, ma quando si cerca di scaricarne il fardello sui computer, ecco una nuova occasione di humour.

È più probabile, si teme, che i tentativi del computer siano fittizi e non reali, ma alcuni sono di per sé abbastanza buoni da essere conservati e nel contempo servono per mantenerci in contatto con il mondo del commercio.

 

 

 

The following are among the efforts that have been in circulation:

 

  1.                                     i.               For “The spirit is willing but the flesh is weak” one read “ The whisky is agreeable but the meat had gone bad”.
  2.                                    ii.               For “hydraulic ram” we had “aquatic male sheep”.
  3.                                   iii.               For “Out of sight, out of mind” the transcript was “Invisible, imbecile”.

 

These things are futilities, and to redeem the character of this chapter two first-rate examples may be given.

 

 

 

I seguenti sono alcuni dei tentativi in circolazione:

 

  1. Per “ The spirit is willing but the flesh is weak” si legge “ The whisky is agreeable but the meat had gone bad”.[26]
  2. Per “ Hydraulic ram” abbiamo “ aquatic male sheep”.[27]
  3. Per “Out of sight, out of mind” la traduzione é “ invisible, imbecile”.[28]

 

Queste sono cosucce e per risollevare il carattere di questi capitoli posso fornire due esempi di primaria qualità.

 

 

 

The first belongs to the genus of abgebraunt, and is told of Professor Richard Porson, one of the greatest classical scholars of all time. Returning to his rooms late one night, he found neither whisky nor candle in readiness, and carefully making his way across the floor he murmured, “Οὐδέ τῶδε, οὐδε τἄλλα” (Oude tode, oude talla), the Greek phrase for “Neither the one nor the other”.

Finally, there has never been a finer explanation of a foreign language than Mr George Walker’s account of an unsuccessful appearance on the cricket field. So many of us have recognized the saddening fact that an invitation from one’s son’s Headmaster to play in the annual Father’s Match foreshadows the end of one’s efforts at the wicket, that its very title evokes nostalgia that adds to its value.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il primo appartiene al genere di abgebraunt ed è stato detto dal professor Richard Porson, uno dei letterati classici più eminenti di tutti i tempi. «Una sera tardi, rientrando nella sua stanza, non trovò né whisky né una candela a portata di mano e, facendosi attentamente strada lungo la camera mormorò “Οὐδέ τῶδε, οὐδε τἄλλα”» (Oude tode, oude talla), la frase greca per «Né l’uno né l’altro».

 

Infine, non vi è mai stato utilizzo migliore di una lingua straniera di quello che troviamo nel resoconto di George Walker di una partita fallimentare di cricket.

Molti di noi sanno che il triste fatto di ricevere un invito da parte del preside della scuola del figlio alla partita annuale dei papà adombra la fine dei propri tentativi di gioco (wicket[29]), il cui titolo stesso evoca una certa nostalgia che va ad aggiungersi al suo valore.

 

 

 

 

 

 

 

 

PAPA JOUE AU CRICKET

 

Papa joue au Cricket.

C’est une grande allumette- une deux- jour allumette.

Papa est dans le pré tout le premier jour.

Il laisse tomber deux attrapes,

et manque trois balles dans le profond, qui vont à la borne  pour quatre. Beurre- doigts !

Son capitaine le met sur à bouler. Il boule deux larges, et trois pas-balles. Il est frappé pour six. Il boule des plein-jets et des long-sauts et des demi-volées. Il est ôté. Il a l’analyse : -Pardessus, 3; Pucelles, 0; Courses, 38; Guichets, 0.

L’autre côté accourt une vingtaine de haute taille. Papa s’assied dans le pavillon.

Il est dernier homme dedans.

Il regarde son capitaine, qui fait un siècle.

Après un premier-guichet debout, les guichets tombent. Le filateur en prend quatre : un attrapé à court troisième homme, un dans le ravin, un autre à niais moyen-dessus er le dernier vaincu par un qui va avec le bras.

Le marchand de vitesse fait le truc de chapeau parmi les lapins : un joliment pris à jambe-carrée, un dans les glissades, er l’autre battu er boulé tout au-dessus de la boutique.

Les joueurs courent. Le guichet-teneur casse le guichet.

Celui qui court n’est pas dans son pli. Il est couru dehors.

 

PAPÀ GIOCA A CRICKET

 

Papa joue au Cricket.

C’est une grande allumette- une deux- jour allumette.

Papa est dans le pré tout le premier jour.

Il laisse tomber deux attrapes,

Et manque trois balles dans le profond, qui vont à la borne pour quatre. Beurre- doigts !

Son capitaine le met sur à bouler. Il boule deux larges, et trois pas-balles. Il est frappé pour six. Il boule des plein-jets et des long-sauts et des demi-volées. Il est ôté. Il a l’analyse : -Pardessus, 3 ; Pucelles, 0; Courses, 38; Guichets, 0.

L’autre côté accourt une vingtaine de haute taille. Papa s’assied dans le pavillon.

Il est dernier homme dedans.

Il regarde son capitaine, qui fait un siècle.

Après un premier-guichet debout, les guichets tombent. Le filateur en prend quatre : un attrapé à court troisième homme, un dans le ravin, un autre à niais moyen-dessus er le dernier vaincu par un qui va avec le bras.

Le marchand de vitesse fait le truc de chapeau parmi les lapins : un joliment pris à jambe-carrée, un dans les glissades, er l’autre battu er boulé tout au-dessus de la boutique.

Les joueurs courent. Le guichet-teneur casse le guichet.

Celui qui court n’est pas dans son pli. Il est couru dehors.

Papa est dedans.

Il saisit sa chauve-souris.

Il marche à la poix.

Il prend milieu-et-jambe.

Papa ferme ses yeux. Il coupe en retard. Il manque.

On boule. C’est Chinois.

Papa ferme ses yeux. Il accroche. C’est un coup de vache.

La balle lui frappe le genou. Le pré hurle, «Comment ça?» L’arbitre lève son doigt.

Cloches d’enfer!

Papa est dehors, jambe- devant-guichet.

Il n’a pas cassé son canard.

Hélas!

 

 

This is a brilliant, unsurpassed and unsurpassable: to continue this chapter beyond it would be to introduce an inevitable anticlimax which it were prudent to avoid.

Papa est dedans.

Il saisit sa chauve-souris.

Il marche à la poix.

Il prend milieu-et-jambe.

Papa ferme ses yeux. Il coupe en retard. Il manque.

On boule. C’est Chinois.

Papa ferme ses yeux. Il accroche. C’est un coup de vache.

La balle lui frappe le genou. Le pré hurle, « Comment ça ? »    L’arbitre lève son doigt.

Cloches d’enfer !

Papa est dehors, jambe- devant-guichet.

Il n’a pas cassé son canard.

Hélas ![30]

 

Questo è un esempio brillante, insuperato e insuperabile: per andare oltre questo capitolo rimarrebbe da introdurre un anticlimax che per prudenza abbiamo evitato.

 

 

5. Prefazione dell’analisi traduttiva

 

I fumetti sono testi multimediali che inglobano due codici espressivi diversi, le parole e le immagini, ossia informazioni verbali e non verbali che interagiscono tra loro per formare un testo unico e coerente: le parole che compongono il testo scritto cercano di simulare la lingua parlata, riproducendone caratteristiche peculiari come esitazioni, interruzioni ed espressioni colloquiali idiomatiche.

In fase traduttiva il traduttore ha il permesso di operare solo sul codice verbale, adeguando le strategie traduttive adottate ai vincoli posti dal codice visivo.

I problemi riguardanti la traduzione del fumetto sono molto simili a quelli della trasposizione del testo cinematografico: infatti in entrambi i casi la comunicazione verbale è, per la maggior parte delle volte, affidata ai dialoghi.

I fumetti umoristici (come quelli presi in considerazione in questa sede) e satirici sono spesso profondamente radicati nell’uso linguistico e nell’attualità culturale del paese di provenienza: questo fatto rende problematica la loro traduzione del contesto della cultura ricevente.

Dal punto di vista pratico, infatti, gli ostacoli riscontrabili sul piano traduttivo riguardano principalmente la traducibilità grafica, gli aspetti linguistici e gli aspetti culturali.

5.1. I problemi grafici

Questi problemi sono chiamati grafici poiché riguardano gli elementi tipici dell’immagine: i balloon, il testo, il titolo, le onomatopee.

Il traduttore non ha possibilità di intervento sull’immagine, ossia non può adattarla a suo piacimento e secondo le sue esigenze.

Ad esempio, per quanto riguarda i balloon, ossia le nuvolette entro le quali sono contenuti i dialoghi, hanno dimensione fissa cioè non possono essere ingranditi né rimpiccioliti. Il metatesto, perciò, deve essere della stessa lunghezza del prototesto o di lunghezza inferiore, ma mai superiore, altrimenti il rischio è che non ci stia nello spazio a disposizione.

Il testo, dal canto suo, deve mantenere lo stesso font, ossia lo stesso carattere e la stessa grandezza. Questo vale non solo per i dialoghi contenuti nei balloon, ma anche per il titolo, per le didascalie, ecc…

Il titolo è, forse, la questione grafica più delicata. Infatti esso ha una funzione commerciale, oltre che di introduzione alla storia. È il titolo che attira il pubblico e lo induce a comprare il fumetto. Il compito del traduttore è quindi anche quello di renderlo più allettante possibile.

Infine, anche le onomatopee rappresentano un ostacolo per il traduttore perché, per il 99% delle volte sono immagini e quindi, per loro natura, immodificabili. Tuttavia le onomatopee sono l’eccezione che conferma la regola. Il traduttore può modificare il testo delle onomatopee, anche se ciò comporta un rischio non trascurabile, oltre che un costo per la casa editrice, soprattutto se l’onomatopea da modificare è a colori.

5.2. I problemi linguistici

Dal punto di vista linguistico, molti fumetti riproducono la lingua parlata della cultura emittente, a volte anche con espressioni gergali e dialettali, ossia informali, che comprendono espressioni idiomatiche e di uso comune. Così, la traduzione degli stessi implica una difficoltà ulteriore. Anche la lingua è in continua evoluzione, per cui espressioni gergali ed idiomatiche di un tempo possono già essere “fuori uso” ed essere sostituite da altre di nuova generazione.

Ad esempio, nel caso dello slang, compito del traduttore è quello di:

  • Riconoscere il tipo di slang
  • Riconoscere il destinatario dello slang
  • Utilizzare uno slang della sua lingua che si avvicini all’originale.

 

Le onomatopee, oltre a rappresentare un ostacolo prettamente grafico, possono inoltre rappresentare un ostacolo linguistico. Come tradurre, ad esempio, quei verbi fonosimbolici propri della lingua inglese (come crash, snap, splash….)? Ormai queste onomatopee sono state assimilate nelle varie culture riceventi, così che ad ogni onomatopea è associato un rumore particolare all’interno di uno specifico contesto riconosciuto dal lettore. Ecco perché molte di esse non vengono più tradotte.

5.3. I problemi culturali

Questo genere di problema è forse il più arduo da affrontare e superare.

Il traduttore ha il compito di riportare nella cultura ricevente il messaggio originale, in modo da limitare i possibili residui traduttivi e appianare le differenze culturali, anche se ciò non è sempre possibile, come si dimostrerà in fase analitica.

In primis, il humour e l’ironia sono due aspetti basilari dei fumetti e non è sempre facile riuscire a trasporli efficacemente nella cultura ricevente. Ad esempio, un motivo è che non tutte le lingue hanno la stessa possibilità di creare giochi di parole o di fare battute simmetricamente ad altre lingue. Oppure non è detto che, sempre sul piano del humour, una battuta divertente in una determinata lingua sia divertente anche in  altre lingue, poiché anche queste sono legate al fattore culturale.

Oltretutto ogni paese ha un proprio senso dell’ umorismo, scherza su alcuni argomenti, mentre su altri rimane indifferente. Per tutti questi motivi, il traduttore per adempiere al suo compito, deve possedere un’ampia conoscenza del panorama culturale dell’autore che sta traducendo, anche perché nel testo si possono trovare riferimenti a personaggi, oggetti o elementi propri della cultura emittente sconosciuti alla cultura ricevente.

Oltre a conoscere aspetti propriamente culturali, riguardanti la lingua, i modi di dire, le espressioni idiomatiche ecc…, il traduttore deve avere conoscenze anche riguardo a eventi attuali, come fatti di cronaca e politica (se traduce un fumetto creato in uno spazio temporale a lui contemporaneo) o del passato (se si sta occupando di fumetti appartenenti agli anni 50-60), per facilitare il lavoro di ricerca e analisi al fine di produrre una buona traduzione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

6. Analisi linguistica e culturale delle   vignette di Schulz e proposte di traduzione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per 60 anni i Peanuts hanno raccontato storie di vita quotidiana degli U.S.A. e nel fare ciò hanno trasmesso la cultura della società di questo paese. In questo capitolo si analizzeranno alcune strisce particolarmente interessanti culturalmente e linguisticamente, prodotte dal padre di Snoopy, di Charlie Brown e di tutti i loro amici: Charles Monroe Schulz. Verranno inoltre avanzate proposte traduttive.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In questo caso ci troviamo di fronte a un due problemi di traducibilità, posti da ragioni essenzialmente culturali e, più precisamente, parlando di politica.

Dal punto di vista contestuale questa vignetta è legata ad altre vignette precedenti, per cui parte del humour dipende proprio dall’aver già letto le vignette collegate. Tuttavia il humour della singola vignetta può anche funzionare da solo, anche se la sua intensità viene affievolita.

Linus sta “parlando” con Snoopy probabilmente in un parco (come ci suggerisce l’ambientazione, seppur stilizzata).

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella vignetta precedente (quella sopra riportata) Linus propone a Snoopy di entrare nella Corte Suprema americana, in quanto procuratore generale di fama mondiale. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un problema di traducibilità poiché in inglese “attorney” non significa propriamente «procuratore generale», per le differenti mansioni svolte dall’uno e dall’altro. Tuttavia, in italiano potrebbe tranquillamente funzionare come traducente, perché nella vignetta non vengono approfonditi i compiti dell’attorney. Anche nella vignetta immediatamente successiva Linus afferma che in tal caso Snoopy avrebbe dovuto trasferirsi a Washington (che come tutti gli inglesi sanno, è la sede della Corte Suprema americana). Ora, in fase di traduzione bisogna prendere in considerazione il fatto che:

 

  1. In inglese la vignetta è umoristica
  2. Anche in italiano la vignetta è umoristica, il humour principale risiede infatti nella battuta finale di Snoopy che si domanda: “E dov’è?”.
  3. Il lettore medio dei Peanuts in Italia dovrebbe essere a conoscenza del fatto che la Corte Suprema americana ha la sua sede a Washington e quindi non si dovrebbe chiedere “perché proprio Washington e non un’altra città?”.

 

In questo caso si hanno due possibilità:

–             decidere di mantenere Washington in fase di traduzione, con il rischio che qualcuno si domandi perché. In questo caso si deve lasciare la dicitura «Corte Suprema»[31] senza sostituirla con il corrispondente italiano «Corte di Cassazione» (che svolge più o meno lo stesse funzioni).

–             Decidere di sostituire Washington con il traducente italiano. In questo caso, però, dobbiamo necessariamente scegliere di inserire Corte di Cassazione e non Corte suprema.

 

Lo stesso percorso cognitivo è applicabile alla vignetta di cui si parlava precedentemente. In base alle scelte traduttive operate nelle prime vignette il traduttore deve continuare sulla stessa linea.

Qui i problemi rappresentati sono costituiti dalla parola bench. Si potrebbe in effetti tradurre con seggio o scranno, ma forse in questo caso sarebbe più appropriato tradurre con magistratura, perchè è di questo che si tratta. Scranno potrebbe risultare di difficile comprensione, seggio non è del tutto preciso. Quindi, in fase traduttiva, sceglierei di utilizzare il termine magistratura, anche se ciò comporterebbe una lieve modifica del testo.

Nello stesso balloon di Linus approdiamo al secondo ostacolo traduttivo, di origine culturale. Si fa infatti riferimento a Sandra Day O’ Connor che, secondo l’enciclopedia Wikipedia, è una giurista americana nonché prima donna membro della Corte suprema degli Stati Uniti d’America.[32]

Ovviamente, il personaggio in questione è parte integrante della cultura americana degli anni 80-90 e pertanto conosciuta. In Italia, sempre tenendo presente il lettore medio dei Peanuts, il nome di questa giurista è sconosciuto a molti, pertanto bisognerà scartare immediatamente la possibilità di mantenerlo in fase traduttiva. Questa scelta non è fondamentale ai fini del humour perché, anche in questo caso, la battuta finale è riservata a Snoopy che, come in precedenza, con l’ingenuità e l’ignoranza canina che gli appartengono, chiede: “È carina?” lasciando comunque intendere che si tratti di un personaggio famoso di cui Snoopy ignori totalmente l’esistenza.

Quindi, anche qui, il lettore italiano pur capendo la battuta rimarrà perplesso dal nome cui si fa riferimento in quanto non appartenente alla sua cultura.

 

Si tratta quindi:

  1. di trovare un personaggio italiano il più possibile associabile a Sandra Day O’Connor. È necessario che:

–             sia un giurista

–             sia conosciuto

–             sia ancora in vita

–             sia un donna

  1. mantenere Sandra Day O’ Connor, con la consapevolezza che il lettore medio italiano dei Peanuts con grande probabilità non sarà a conoscenza del personaggio. Tuttavia ai fini del humour non si presentano particolari problemi, poiché questo è concentrato nella battuta di Snoopy, battuta assolutamente “neutra”, ossia priva di riferimenti socio-culturali, e quindi alla portata di tutti.

Quest’ultima caratteristica è strettamente correlata alla battuta finale di Snoopy, che chiede se la giurista in questione è carina.

Tuttavia non è necessario che faccia parte della Corte di Cassazione, né che abbia particolari qualità riconosciute a Sandra Day O’Connor.

Ricercando in internet e sui libri si può apprendere che non vi sono particolari personaggi di spicco facenti parte della magistratura e tuttora ancora importanti. Certo, vi sono numerose personalità della cerchia giurista che hanno avuto i loro riconoscimenti e sono stati determinanti sotto certi aspetti ma, evidentemente, non hanno la stessa valenza della Day O’Connor.

O, se ce l’hanno, probabilmente solo in quel particolare ambito, ossia conosciuti solo a chi è effettivamente esperto nel campo del diritto e della giurisprudenza.

Ovviamente le personalità maschili sono da scartare a priori, altrimenti il humour espresso nella battuta finale di Snoopy non passerebbe nella traduzione italiana. Quindi Giancarlo Caselli, giurista che ha ricoperto varie cariche quali procuratore della Repubblica a Palermo, direttore generale del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria procuratore capo della Repubblica  di Torino e quindi personalità di un certo peso e sicuramente nota a una vasta fascia di pubblico, non può essere preso in considerazione. Stesso ragionamento va fatto con l’attuale Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il quale fa parte anch’egli del Consiglio superiore della magistratura ma, purtroppo, non rispondente ai criteri di selezione. Oltretutto, la scelta non combacerebbe neanche perfettamente con i campi richiesti.

Infatti Giorgio Napolitano non è conosciuto come magistrato, ma come Presidente della Repubblica, quindi potrebbe portare il lettore a chiedersi come mai la scelta sia ricaduta su di lui.

In questo caso la scelta dipende da cosa il traduttore trovi più adatto al contesto e al particolare tipo di situazione.

Dunque, la sfida sta nel trovare un personaggio femminile che abbia tutte le caratteristiche sopracitate, cosa non facile dato che in Italia sono ben poche le giuriste di fama nazionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In questa striscia ci troviamo di fronte a un altro problema culturale simile a quello precedente. Questa volta, però, il contesto considerato è quello sportivo.

Come sappiamo, i Peanuts sono dei grandi sportivi, infatti durante il loro tempo libero giocano spesso a baseball. Utilizzano anche un linguaggio tecnico credendo di essere veri professionisti e sognano grandi personaggi del baseball statunitense, tant’è che sembrano essere veri giocatori ma, sul campo da gioco, smentiscono la loro presunta bravura.

In questo caso il baseball, però, viene “sostituito” dal tennis, che, dal punto di vista della cultura americana, è considerato uno degli sport più amati e seguiti negli States.

A Snoopy è affidata l’ultima battuta: “I’ve always wanted to call Billie Jean King!”. Come tutti gli statunitensi sanno, Billie Jean King è un’ ex tennista di grande fama che, durante la sua carriera, ha vinto 12 titoli singolari, 16 titoli di doppio e 11 titoli di doppio misto del Grande Slam. È generalmente considerata una delle più grandi giocatrici di tennis e atlete della storia. La King è stata inoltre una delle più grandi sostenitrici della lotta contro il sessismo nello sport e nella società. La partita di tennis per la quale il pubblico la ricorda di più è la Battaglia dei Sessi del 1973, nella quale sconfisse Bobby Riggs, vincitore del singolare a Wimbledon, che è stato il numero 1 al mondo negli anni 1941, 1946 e 1947.

Charles Schulz fu uno dei suoi più grandi ammiratori e amici, tant’è che la nominò diverse volte nelle sue strisce. In una strip, Peppermint Patty dice a Marcie: “Nessuno ti ha mai detto che quando ti arrabbi sembri proprio Billie Jean King?”.

Dal punto di vista della traducibilità anche qui si pone lo stesso problema affrontato sopra anche se, probabilmente, la scelta del traduttore sarà più semplice. Infatti, molto più che della politica, la gente se ne intende di sport così che sarà molto più probabile che i lettori italiani conoscano il personaggio di Billie Jean King, piuttosto che la giurista O’Connor. Oltretutto la tennista, secondo la biografia offerta da Wikipedia, ha conosciuto i suoi “anni d’oro” negli anni 70-80, ritirandosi definitivamente dalla scena negli anni 90. Quindi possiamo supporre che una fetta di pubblico piuttosto vasta possa conoscere questa star, appurato che una cospicua parte dei lettori dei Peanuts non siano più adolescenti.

Tuttavia, il rischio che non tutti sappiano chi è il personaggio in questione (i lettori giovani, in particolare) è comunque alto. In questo caso il traduttore dovrebbe operare come già indicato, ossia trovare nel panorama italiano un tennista ugualmente famoso come lo è la King negli Usa e per cui la battuta finale di Snoopy possa funzionare. C’è da fare un’altra considerazione: molti tennisti e tenniste di fama mondiale sono soprattutto stranieri e quindi si potrebbe attingere anche a panorami stranieri e, a questo proposito, citare personaggi come Maria Sharapova o Serena Williams. O ancora lo svizzero Roger Federer o lo spagnolo Rafael Nadal che sono conosciutissimi a livello mondiale.

Come anche nella striscia analizzata precedentemente, si deve inoltre considerare il “tempo della traduzione”. Infatti, Schulz nella stesura dei Peanuts ha attinto al panorama culturale del suo tempo che va dagli anni 60, fino alla fine degli anni 90, data che coincide con la sua morte. Dunque personaggi famosi, riferimenti storici e culturali sono da ricercare in quel preciso lasso temporale. Per un traduttore che lavori su fumetti da poco pubblicati non sussistono grossi problemi, poiché rientra nello stesso arco temporale. Ma un traduttore che, a distanza di anni, se non di decenni, si trova a tradurre vignette lontane da lui sia sul piano spaziale che temporale allora le cose si complicano. Scegliere personaggi del proprio tempo? O andare a ritroso nel tempo e ripescare fatti\ eventi e personalità degli anni che furono?

Sorge a questo punto un altro problema, legato in questo preciso caso alla vignetta in questione ma valido universalmente: è necessario fare una scelta basandoci su quella già compiuta precedentemente dal traduttore della striscia in cui Patty nomina lo stesso personaggio o possiamo staccarci da questa traduzione e compiere una scelta nostra?

Probabilmente nessun lettore italiano avrà il testo inglese a fronte, per cui nessuno andrà ad analizzare l’originale e a fare un confronto con la traduzione italiana. Se le strisce sono contenute nella stessa raccolta o sono addirittura legate tra loro da un continuum di poche pagine, sarebbe opportuno mantenere la stessa scelta traduttiva; altrimenti, se quel preciso traduttore non è a conoscenza del fatto che esista una striscia in cui venga nominato lo stesso personaggio o quella particolare striscia non si trova all’interno della stessa raccolta, la scelta del “secondo” traduttore è assolutamente libera e autonoma.

 

 

 

 

 

 

 

 

In questa striscia ci imbattiamo in un altro tipo di problema cui il traduttore deve far fronte.

La scena è chiaramente ambientata in classe, anche se non ci sono molti elementi grafici che lo facciano supporre. Il fatto che Piperita Patty si trovi seduta davanti a Marcie e le mostri un foglio ci toglie ogni dubbio.

Le battute che si scambiano le due ragazzine sono chiarissime in inglese. Inizialmente Piperita mostra il proprio pagellino a Marcie dicendole: “E questo, Marcie? Sembra che la maestra mi abbia dato una A in ogni materia. Nella seconda vignetta non sono presenti dialoghi, ma sono particolarmente evocativi i volti delle bambine: quello di Piperita Patty soddisfatto e sorridente e quello di Marcie contemplativo e assorto. La battuta finale, in cui è contenuto tutto il humour della striscia è affidata a Marcie che inizialmente sembra dar ragione a Piperita dicendo: “Hai ragione….e poi aggiungendo: “le sue D meno assomigliano a delle A”, smontando in questo modo le aspettative di Piperita e facendo sorridere il lettore.

Effettivamente, se ci fossimo trovati a tradurre questa striscia 50 anni fa probabilmente non ci saremmo posti il problema di mantenere quell’A invariata.

Tuttavia, l’ordinamento scolastico italiano è cambiato nel tempo e sono state apportate modifiche in vari campi, tra cui anche quello del sistema delle votazioni. Fino a una ventina di anni fa il sistema scolastico primario di secondo grado prevedeva ancora l’assegnazione dei voti dalla A alla D (considerate sufficienti) la E e la F, insufficienze.

I due sistemi, americano e italiano, coincidevano alla perfezione.

Oggigiorno, però, nelle scuole elementari italiane il sistema dei voti prevede l’assegnazione di cinque votazioni: OTTIMO, DISTINTO, BUONO, SUFFICIENTE, NON SUFFICIENTE.

Cosicché, in fase traduttiva, non potremmo usufruire della votazione letterale poiché questa, anche se potrebbe essere capita da un ragazzo sulla ventina o, ancor più probabilmente, da un adulto, un bambino che frequenti le scuole primarie di secondo grado o le scuole secondarie di primo grado non sarebbe in grado di capirla. Salvo casi eccezionali, ovviamente.

Pertanto dovremmo trovare una soluzione accettabile.

La battuta originale si basa su una deformazione della D- (votazione del sistema americano) che assomiglia ad una A, così che Piperita è convinta di avere tutte A in pagella.

Una buona traduzione tiene conto di questo aspetto, ossia riuscire a trovare un traducente italiano considerando ciò che è stato detto sopra.

Siccome un OTTIMO non può diventare un SUFFICIENTE né tantomeno un NON SUFFICIENTE, nemmeno storpiando al massimo la parola, l’unica soluzione è quella di adottare il sistema numerico di valutazione, ossia dall’1 al 10. Questo sistema di voti è in vigore in tutte le scuole secondarie di primo e secondo grado e in alcune scuole elementari.

Il campo considerato quindi si allarga, cosicché un numero maggiore di lettori potrà comprendere la battuta.

Infatti se, ad esempio, optiamo per soluzione il numero 7 (come votazione positiva in sostituzione alla A) e il numero 1 (come votazione negativa in sostituzione alla D-), pur non corrispondendo in qualità possono essere confusi se scritti male e di fretta (un 1 scritto male può, con un po’ di fantasia, assomigliare a un 7).

Come possiamo notare dobbiamo, anche in questo caso, fare una scelta che comporterà necessariamente delle rinunce e non corrisponderà mai al 100% al prototesto.

Il traduttore deve compiere uno sforzo ulteriore per riuscire a mantenere il humour della battuta (cosa piuttosto facile per questa striscia), e contemporaneamente adattare quest’ultima alla cultura ricevente.

Una scelta più azzardata, contemplata tra le varie possibilità di un traduttore, è quella di lasciare la votazione letterale (A,B,C..). Il lettore dovrà compiere uno sforzo in più per capire la battuta (soprattutto se non sa l’inglese) e, considerando ciò che è stato detto sopra, un bambino probabilmente non riuscirà a capirla da solo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Parallelamente all’esempio precedente è stato ritenuto opportuno analizzare anche questa vignetta .

Anche qui il primo problema è rappresentato dalle lettere dell’alfabeto che negli Stati Uniti rappresentano il sistema delle votazioni e che quindi dovremmo sostituire con numeri o una votazione dall’ottimo al non sufficiente. Tuttavia, in una più accurata analisi, scopriremo che l’ostacolo maggiore lo troviamo nella fase di traduzione del humour. Infatti se in fase traduttiva scegliessimo di sostituire le lettere della votazione americana con le nostre votazioni (ottimo, distinto, eccetera.) la vignetta non solo perderebbe il humour, ma anche il senso. Se osserviamo la prima didascalia in cui Piperita Patty cita quattro lettere, a primo acchito queste sembrerebbero i voti che Piperita ha ottenuto sul pagellino. Tuttavia, le votazioni a cui si riferisce Piperita non sono altro che le lettere che compongono la parola CARD, che, affiancata alla parola REPORT, in inglese significa pagella scolastica. Infatti, come poi affermerà Piperita con un poco di amarezza nell’ultima vignetta, la R non è contemplata tra le votazioni americane, per cui era altamente improbabile che quelle quattro lettere corrispondessero alle votazioni.

Trovandoci di fronte a questo tipo di ostacolo traduttivo come possiamo procedere?

La scelta di mantenere le lettere potrebbe rivelarsi rischiosa non solo dal punto di vista culturale (pochi conoscono le lettere dell’alfabeto come metodo di valutazione) ma soprattutto dal punto di vista della comprensione stessa. Dovremmo infatti mantenere inalterata la parola CARD, ma poi la battuta non funzionerebbe e, anzi, avremmo una striscia “a metà”.

Tornando alle considerazioni precedenti, se pensiamo al sistema di votazioni italiano questo, come già detto, prevede il sistema numerico e quello delle votazioni dall’ottimo all’insufficiente. Scartando la seconda opzione ci rimane il sistema numerico. A questo punto la scelta è ancora una volta duplice:

  1. cambiare completamente il contenuto dei balloon, pur mantenendo lo stesso tipo di humour della  striscia considerata.
  2. lasciare invariate le lettere e le parole tra le virgolette.

 

Il humour di questa vignetta consiste nel confondere le lettere della parola CARD con dei voti ottenuti in pagella per poi rendersene conto solo alla fine; possiamo chiamarlo “il humour della R”. Immaginiamo di intraprendere ancora una volta la strada più difficile: quella di stravolgere il contenuto dei ballon, per offrire un “servizio” al lettore.

Con i numeri possiamo inventare una situazione molto simile. Ad esempio, se Piperita dicesse: “Ho preso un 8, un 6 uno 0 e un 7, non male, eh, Marcie?” e Marcie “Quella è 8-6-07, cioè la data” “Mi chiedevo come avessi potuto prendere uno 0”.

In questo caso la battuta funzionerebbe e non ci sarebbero nonsense. Oltretutto si usa anche un sistema di votazioni conosciuto da tutti in Italia, per cui anche dal punto di vista culturale la traduzione potrebbe essere ottimale. Tuttavia, se si opta per questa soluzione, bisogna tenere in conto che questo significherebbe cambiare quasi completamente il prototesto e non sempre è possibile farlo.

Anche qui, è il sistema numerico a “salvarci” in fase traduttiva.

 

 

 

 

 

 

Le scelte del traduttore invece si complicano nel momento in cui ha a che fare con la vignetta sopra riportata.

A differenza di tutte le altre vignette sopra analizzate, questo è un classico esempio di vignetta “intraducibile”. Se osserviamo il dialogo tra Sally e Charlie, capiamo immediatamente che si tratta di un ostacolo legato a un gioco di parole basato sul termine inglese brown. Schulz fa uso di questa parola per rendere umoristica la vignetta. Brown, come tutti sanno (o perlomeno i lettori di Peanuts), è il cognome della famiglia di Charlie e Sally.

Ma non solo: è anche il colore marrone. Ed è proprio su questa ambivalenza che si fonda il humour della vignetta.

Il traduttore sarà molto combattuto trovandosi di fronte a un problema simile. Come tradurre infatti la terza immagine in cui Sally trova sulla Bibbia brown pensando si riferisca al suo cognome e senza minimamente considerare la parola a cui è realmente legata, ossia cattle?

Quello che fa sorridere di questa vignetta non è l’ambivalenza in sé della parola, piuttosto l’ingenuità infantile di Sally che, nel finale, esplode con uno “UAU!”.

  1. Il traduttore non può operare drasticamente ricorrendo a un cambiamento del cognome della famiglia Brown, perché tutti i lettori medi dei Peanuts (ma anche chiunque conosca un minimo i Peanuts) sanno che Charlie Brown È Charlie Brown.
  2. Il traduttore non può tradurre parola per parola perché non solo si perderebbe il humour (il male minore), ma la vignetta non avrebbe nemmeno molto senso. Infatti traducendo brown cattle con «mucche», oppure con «bestiame» il traduttore riuscirebbe a sopperire al problema presentato dalla terza immagine, ma non quello della prima. Infatti non avrebbe senso la domanda di Sally al fratello: “Se il nostro nome è nella rubrica telefonica, perché non si trova anche nel Vecchio Testamento?”.
  3. Il traduttore avrebbe come unica scelta quella di non tradurre il balloon della terza immagine, di lasciarlo cioè in inglese. La posta in gioco è piuttosto alta perché, ovviamente, un lettore italiano si aspetta che il traduttore offra un servizio a 360°. Tra l’altro, il prototesto non è nemmeno così semplice per un lettore che abbia conoscenze di base della lingua inglese. Parole come cattle, among e sheep possono anche non essere contemplate nel panorama linguistico del lettore. Ma, ai fini della comprensione della vignetta, è un rischio che, secondo il mio punto di vista, vale la pena correre. Infatti, anche se il lettore non capirà interamente il testo in lingua inglese, il suo occhio si soffermerà inevitabilmente su quel brown, che la sua mente aveva già individuato e riconosciuto come cognome della famiglia di Charlie e Sally, nel momento in cui legge il balloon della prima immagine.

Tra l’altro, un’ulteriore giustificazione che si può additare al traduttore che scegliesse di mantenere la frase in inglese, è quella di aver riportato un passo biblico in lingua inglese proprio com’era nel prototesto. In questo caso si dimostra che ogni soluzione può essere accettabile, anche quella di mantenere i termini in inglese. Questa scelta non deve essere condannata dal lettore, poiché non vi sono molte altre possibilità per far passare il messaggio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In fase analitica abbiamo notato come i problemi di traducibilità possano essere classificati in vari categorie: problemi culturali, linguistici ecc…. Questo ultimo esempio, classificabile nella categoria  dei PROBLEMI LINGUISTICI, è strettamente legato a un gioco di parole e, più precisamente, a un’assonanza della parola rain con la parola pain.

È importante sottolineare il fatto che, dal punto di vista contestuale, questa vignetta deve inevitabilmente comparire insieme a quella precedente, a cui è imprescindibilmente legata. Infatti per il lettore è di primaria importanza focalizzare la situazione spaziotemporale per meglio comprendere anche il humour delle vignette stesse.

Dal punto di vista del modus operandi in fase di traduzione, in questa particolare situazione la scelta inevitabile del traduttore è quella di procedere con una traduzione “parola per parola”, con la consapevolezza di dover rinunciare a qualcosa: siamo in presenza di un evidente residuo traduttivo. Infatti, davanti alla scelta di mantenere il humour a discapito del gioco di assonanza tra le parole rain e pain, (rispettivamente «pioggia» e «dolore\ male») che comunque in italiano sarebbe difficile mantenere, o viceversa, è chiaro che la scelta ricade sulla prima possibilità.

L’assonanza non è assolutamente necessaria perché la battuta passi, ma serve a rinforzare il humour stesso. Infatti, se traducessimo l’intervento finale di Charlie Brown con “Ha detto pioggia o male?” la battuta farebbe comunque sorridere.

Se il traduttore volesse proprio mantenere sia humour che assonanza linguistica tra due parole, in italiano si potrebbe optare per una soluzione del genere: “Ha detto acquazzONE o scivolONE?”.

Certo, prendendo in considerazione questa possibilità, si deve riconoscere che la traduzione comunque non sarebbe perfetta, tuttavia si avvicinerebbe di più all’originale.

Da scartare, però, sarebbe l’opzione di mantenere rain e pain nel metatesto, con il rischio che:

–             il lettore non capisca il significato di entrambi i termini.

–             Il humour non venga trasmesso.

–             Il lettore non faccia caso alla particolarità dell’assonanza tra i termini, concentrato a capire il significato del balloon di Charlie Brown.

 

Per tutti questi motivi questa possibilità non può essere presa in considerazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

7. Conclusioni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Durante l’analisi delle vignette sopra riportate ho potuto constatare che:

  • non è detto che le vignette apparentemente semplici e lineari non possano, invece, celare seri problemi di traducibilità: si possono infatti trovare molti “scogli” da superare ed esse possono rivelarsi cariche di informazioni proprie della cultura emittente che, talvolta, possono essere trasposte nel metatesto, altre volte ciò non è possibile. Compito del traduttore è, attraverso opportune valutazioni e particolari ricerche, approdare non alla scelta “giusta”, ma alla scelta “migliore” per lui, che possa soddisfare le esigenze del potenziale lettore di fumetti.
  • Non è sempre possibile adattare interamente la traduzione alla cultura ricevente. È bene anche mantenere aspetti culturali originali senza intervenire troppo sul metatesto. Oltretutto è giusto che il lettore impari anche a conoscere culture diverse e contesti dissimili ai suoi, come già affermato nella sezione introduttiva di questo capitolo. Uno dei segreti dei fumetti è questo: unire “l’utile al dilettevole”, ossia imparare e istruirsi in merito ad aspetti culturali non propri e assimilarli, magari confrontandoli con la propria cultura, senza togliere il piacere e il gusto di leggere un fumetto.
  • Non tutte le vignette sono traducibili e il traduttore non può “fare miracoli”. Particolari vignette sono così intrise della cultura emittente che tradurle significherebbe privarle della loro unicità e spogliarle della loro bellezza. Ecco perché alcune vignette sono, per così dire, intoccabili. Questo non è, come potrebbe sembrare, un ostacolo per il lettore, ma una nuova opportunità di toccare con mano la cultura originaria e apprendere nuove informazioni e nuovi aspetti prima sconosciuti.
  • I traduttori cercano sempre di risolvere le differenze culturali in modi diversi ma sempre orientati a suscitare un effetto equivalente sul lettore. L’umorismo non è sempre facile da tradurre poiché, spesso, è basato su giochi di parole, difficili (se non impossibili) da tradurre in una lingua e cultura differenti. Per quanto il traduttore possa trovare soluzioni brillanti ed efficaci e soprattutto vicine all’originale, perdite di significato sono comunque inevitabili. Per tutti questi motivi il traduttore ha il compito di intervenire sul piano linguistico, senza però cambiare il senso complessivo della storia, secondo il principio dell’equivalent effect di Nida.
  • Il fumetto è parte integrante del patrimonio culturale di un paese, poiché ne riflette usi, costumi e tradizioni. Perciò la traduzione del fumetto non consiste in una mera traduzione “parola per parola” del contenuto dei balloon: una buona traduzione deve tenere conto della cultura ricevente e rendere la cultura della cultura emittente comprensibile ai lettori della cultura ricevente. Per questo motivo il traduttore svolge anche il ruolo di mediatore culturale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8. Riferimenti bibliografici

 

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Schulz, C.M. (1999) Now, that’s profound Charlie Brown, HarperResource.



[1] «In tutto ciò che una risata fragorosa e sconvolgente deve suscitare deve esserci qualcosa di insensato. La risata è un’emozione che nasce da una trasformazione improvvisa di una forte aspettativa in niente»

[2] «Secondo la mia spiegazione, la fonte del comico è senz’altro la sottoclassificazione paradossale e quindi inaspettata di un oggetto nei confronti di concetto peraltro a lui diverso e indica in tal senso il fenomeno della risata senza dubbio come la percezione improvvisa di un’incongruenza tra un simil concetto e l’oggetto reale a cui si riferisce, ossia tra “l’astratto” e “il concreto”».

[3] La traduzione di caerulae puppes è «costellazione celeste». In questo caso si tratta di una traduzione superficiale da parte del traduttore inglese che ha combinato i termini operando un’associazione erronea del significato degli stessi. Il risultato è Skye terriers, che in inglese indica una razza canina. Caerulae («celeste») ha fatto pensare al cielo (sky) e puppes a «cuccioli, animali» (puppies).

[4] In questo caso il traduttore inglese ha prodotto una traduzione giusta per metà, ottenendo un risultato piuttosto buffo: la traduzione di cave canem è: «attento al cane!». Possiamo notare che l’ostacolo di questa traduzione rappresenta quello di ricercare la desinenza della parola latina per un risultato corretto. La desinenza em è stata completamente ignorata, staccandola dalla radice della parola can. Can, in inglese, significa «potere» mentre em non ha alcun significato. Oltre alla licenza di poter dividere la radice latina dalla sua desinenza (can-em), il traduttore ha confuso can («cane» in latino), radice della parola canem («al cane») con cano («canoro, cantare»)  traducendolo con sing («cantare»)  producendo in questo modo un risultato lontano dal vero significato, anche se divertente.

[5] Probabilmente in questo caso il traduttore non avrà ricercato il significato di Cornigeri boves, andando per assonanza dei termini. È vero che Cornigeri rappresenta un aggettivo di boves («buoi»), la cui traduzione inglese non è corned («inscatolato»), ma «con le corna». La giusta traduzione sarebbe «buoi con le corna», in inglese corned beef significa, invece, «carne in scatola».

[6] La traduzione di pax in bello è «pace in guerra». Freedom from indigestion (la cui traduzione è: «libertà dall’indigestione») fonde in sé due errori: il primo è freedom (che non è il traducente per pax, «pace»); il motivo di questa scelta non si spiega. Indigestion, invece deriva dall’assonanza dei termini bello e belly, che in inglese significa «pancia, addome». Rielaborando fantasiosamente i due termini il traduttore è approdato a una traduzione il cui campo semantico non ha niente a che vedere con quello del prototesto.

[7] Come negli esempi precedenti anche in questo caso il risultato è ben lontano dalla realtà. La soluzione piuttosto grottesca proposta si avvicina al campo semantico della frase latina, ma si distacca nel significato. Anche qui si può notare l’assonanza tra le parole bonum («buono- bene») e bones («ossa»). Probabilmente è questo che ha portato a una traduzione errata.  Nil nis («non si può dire niente se non» ) è stato tradotto con there is nothing but, eludendo il verbo «dire». La traduzione latina sarebbe: «Dei morti non si può dire niente se non bene». In inglese la frase è stata tradotta così: «del morto non rimane niente se non le ossa».

[8] In questo caso, si tratta di una traduzione tipicamente grossolana, evidentemente prodotta senza l’uso del vocabolario, come si può notare anche nel punto 3 degli esempi dalla lingua latina verso quella inglese. L’assonanza delle parole come Espagnol- spaniel, forte- forty, taille- tails, ha prodotto come risultato una traduzione “ricalcata”. Così che, invece di tradurre: «uno spagnolo con taglia grande» eccetera., l’autore ha ottenuto un risultato piuttosto bizzarro e inverosimile: «un cane (spaniel è una razza canina) con quaranta code».

[9] In francese il verbo frapper, come verbo intransitivo, ha svariati significati: «colpire, battere, bussare, picchiare». La difficoltà che il traduttore avrebbe potuto incontrare in fase di traduzione sarebbe stata quella di scegliere il traducente migliore per frapper. Ma il traduttore, in questo caso, si è anche preso la licenza di eliminare la punteggiatura (i due punti) ed unire due frasi in un’unica: I knock the sentinel over. L’errore è dato anche dall’assonanza deviante ouvre-over. Over, come preposizione, è stata unita al verbo knock («abbattere») dando così origine a un nuovo verbo di tipo frasale e fancendo diventare il soggetto del secondo periodo il complemento oggetto della frase tradotta. La traduzione corretta sarebbe stata: «Busso: la sentinella apre». Mentre quella simpatica è: «Stendo\ atterro la sentinella».

[10] In questo esempio la disattenzione del traduttore è evidente nell’ultima parola tradotta: merci. Come primo significato il vocabolario online francese porta «grazie». Successivamente vengono indicati gli altri significati del termine che sono stati evidentemente ignorati dal traduttore. Questi sono: «mercé, misericordia, pietà». Uno di questi sarebbe bastato a far acquisire senso alla frase. In inglese abbiamo: «la ragazza (anche qui possiamo notare un’ imprecisione poiché in francese la belle dame significa «la bella signora», mentre in inglese è stato tradotto con «ragazza, fidanzata») che non dice grazie». Il sans è stato interpretato dall’autore come un «che non dice mai».

[11] La prima parte della traduzione risulta corretta: Il jeta= he threw, ossia «gettò, diede». La seconda ed ultima parte risulta erronea a causa di una mal interpretazione delle parole, che in francese e in inglese presentano assonanze, ma il cui significato è esattamente l’opposto. L’ultimo termine, poi, è stato tradotto dal latino. Avis infatti significa « uccello». Essendo il francese una lingua di provenienza neolatina ed essendo quindi molte parole (come anche in italiano) simili al latino, il traduttore ha prodotto una mescolanza atipica tra due lingue diverse. Il risultato prodotto è il seguente: «gettò una tazza (cup, in questo caso confusa con coup) di olio (oil, confuso con oeil) all’uccello (avis, dal latino)». La giusta traduzione sarebbe, invece: «diede un’occhiata all’avviso».

[12] Come abbiamo notato a più riprese, molto spesso gli strafalcioni in inglese vengono inseriti all’interno di una sfera animale. Anche in quest’ultimo caso la traduzione cita un animale, cioè un’emu. L’emu è, secondo l’enciclopedia, il più grande uccello nativo in Australia e appartiene alla famiglia dei ratiti e non ha nulla a che vedere con il significato del periodo francese: le peuple ému répondit, la cui traduzione corretta sarebbe: «il popolo commosso risponde». In inglese, la corbelleria prodotta è così tradotta in italiano: «la emu (ému-emu) viola (purple-peuple) depose un altro uovo». É interessante notare la scelta del traduttore nella traduzione di répondit: è stato reso con another (come se fosse una ripetizione) mentre pondit, che in francese non significa nulla, è stato tradotto con «depose» (anche la scelta del tempo verbale è sbagliata). In sé la frase non è un nonsense, perché effettivamente la emu, appartenente alla stessa famiglia degli struzzi, può deporre uova, ma il metatesto non ha nulla a che vedere col prototesto.

[13] Band of Hope è il nome di un’organizzazione per bambini di estrazione sociale povera (operaia) fondata nel 1847 a Leeds in cui i membri si impegnavano ad astenersi dall’alcool, partecipavano ad attività organizzate e seguivano corsi di musica, la quale svolgeva un ruolo primario nell’organizzazione (cori). Quindi, in questo caso, essendo il nome proprio di un’organizzazione Band of Hope non va tradotto (la lettera maiuscola di Hope fornisce questo accorgimento). La traduzione francese è una traduzione prettamente letterale: «Orchestra della Speranza».

[14] L’unico errore della frase, che però fa cambiare completamente significato rendendola un nonsense, è quel mouton, che in francese significa pecora, montone. Whether è stato evidentemente storpiato, senza però capire da dove.

[15] In questo caso le parole non hanno subìto modifiche e non sono state neppure “ricalcate”. L’autore dello strafalcione ha semplicemente mal interpretato, probabilmente senza soffermarsi sui possibili altri traducenti di match-makers. Infatti la traduzione corretta sarebbe stata «organizzatore d’incontri» e non «costruttore di fiammiferi» (fabricant d’allumettes). Maker vuol dire effettivamente costruttore e match vuol dire effettivamente fiammifero. L’associazione di questi due termini, comunque scorretta anche dal punto di vista grammaticale, non era quella intesa in inglese.

[16] Effettivamente to stick significa « incollare, appendere, far aderire». Infatti la traduzione della prima parte di quest’ultimo esempio di questa serie è corretta. Il nonsense che ci fa sorridere è rappresentato da quel bec, traduzione per bill. Quest’ultima parola ha come primi traducenti: «fattura, conto, manifesto, progetto di legge». Come seconda traduzione il dizionario inserisce «becco». Ed è proprio qui che ha origine lo strafalcione del traduttore. Potendo scegliere tra opzioni come «manifesto, cartelloni, eccetera» l’autore si è concentrato sul secondo significato di bill, facendo perdere il senso della frase.

[17] Ausgebraunt non ha significato in tedesco, abgebraunt, invece, significa «perdere il colore marrone» ed è l’espressione equivalente del verbo inglese to brown off. Spesso, in tedesco, sono proprio quelle  particelle divisibili dei verbi, apparentemente insignificanti, a determinare il significato del verbo stesso a cui sono legate o, addirittura, a modificarlo radicalmente.

[18] Fair enough in inglese significa «giusto abbastanza»; tuttavia fair, come secondo significante, può voler dire anche «biondo». Infatti E. Williams lo ha tradotto erroneamente in tedesco con blond genug che significa appunto «abbastanza biondo».

[19] Traffic jam è un’espressione inglese che significa «ingorgo stradale». L’errore sta nell’aver tradotto letteralmente traffic con Verkehr («traffico») e jam con Marmelade («marmellata»), ottenendo un risultato piuttosto ridicolo.

[20] “Cammineresti un po’ più velocemente?” disse il merlano alla lumaca.

[21] “Attraverso lo specchio”

[22] Il Jabberwocky è il titolo di un poemetto nonsense scritto da Lewis Carroll e pubblicato nel 1871 in “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò”. È considerato il più celebre nonsense in lingua inglese. La traduzione italiana per Jabberwocky è  «Ciciarampa».

[23] La traduzione di Milli Graffi recita:

“Era cerfuoso e i viviscidi tuoppi

ghiarivan foracchiando nel pedano:

stavan tutti mifri i vilosnuoppi

mentre squoltian i momi radi invano”.

[24] versione latina corretta di Augustus A. Vansittart:

Coesper erat: tunc lubriciles ultravia circum
Urgebant gyros gimbiculosque tophi;
Moestenui visae borogovides ire meatu;
Et profugi gemitus exgrabuere rathae.

[25] Definizione inglese di imponderabilia: “…a series of phenomena of great importance which cannot possibly be recorded by questioning or computing documents, but have to be observed in their full actuality….such things as the routine of a man’s working day, the details of his care of the body, of the manner of taking food and preparing it...”

 

[26] «Lo spirito è forte ma la carne è debole» viene tradotto con «il whiskey è buono ma la carne è andata a male». Spirit («spirito, anima») è confuso con «spirito» inteso come whisky e flesh («carne, desideri umani») confuso con meat («carne come alimento»)

[27] Per hydraulic ram si intende una «pompa d’acqua circolare». Per ram si intende anche «montone». Con molta fantasia il traduttore ha inventato un nuovo tipo di montone, quello acquatico.

[28] Se in fase traduttiva verso l’italiano volessimo utilizzare un’espressione di uso comune per out of sight out of mind potremmo optare per «lontano dagli occhi, lontano dal cuore» (riuscendo, così, a mantenere la ripetizione di «lontano da» presente nella forma inglese (out of). In questo senso, però, avrebbe una connotazione chiaramente affettiva. Se volessimo scegliere qualcosa di “neutro” potremmo tradurre con «non vedere è non pensare» o qualcosa di simile.

La traduzione parola per parola di questa espressione inglese che allontana dal senso della frase stessa è: «fuori dalla vista, fuori di testa». Sempre con una buona dose di fantasia il traduttore è approdato a questa traduzione: «invisibile, imbecille».

[29]In ambito sportivo wicket si riferisce alla «porta». Il significato più generale è «sportello, cancelletto».

[30] Il testo è permeato da termini che indicano le azioni della partita i quali, tradotti in italiano, non avrebbero alcun senso con il contesto considerato e risulterebbero chiaramente inopportuni. Del resto tutto il testo tradotto in italiano presenta ben poche frasi sensate, sia perché alcuni termini non hanno traduzione in italiano (in quanto specifici dello sport e quindi propri francesi) o, se ce l’hanno, stridono con il contesto sportivo di cui si parla. Altre frasi non hanno senso nemmeno in francese. Il risultato è una traduzione assolutamente ridicola, che alterna frasi sensate con nonsense veri e propri.

[31]The Supreme Court of the United States is the highest judicial body in the United States, and leads the federal judiciary. It consists of the Chief Justice of the United States and eight Associate Justices, who are nominated by the President and confirmed with the “advice and consent” (majority vote) of the Senate. Once appointed, Justices effectively have life tenure, serving “during good Behaviour”,[1] which terminates only upon death, resignation, retirement, or conviction on impeachment.[2] The Court meets in Washington, D.C. in the United States Supreme Court Building. The Supreme Court is primarily an appellate court,  but it has original jurisdiction over a small range of cases.[3]

[32] She served as an Associate Justice from 1981 until her retirement from the Court in 2006. O’Connor was appointed by President Ronald Reagan in 1981.[2] During her tenure, she was regarded as the Court’s leading centrist, and was the swing vote in many cases; this made her the most powerful justice for many years.

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