Un viaggio nelle dinamiche di coppia: la trasposizione cinematografica da Doppio Sogno di Arthur Schnitzler a Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick NADIA QUARTINI

Un viaggio nelle dinamiche di coppia: la trasposizione cinematografica da Doppio Sogno di Arthur Schnitzler a Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick

NADIA QUARTINI

Scuole Civiche di Milano Fondazione di partecipazione Dipartimento Lingue
Scuola Superiore per Mediatori Linguistici via Alex Visconti, 18 20151 MILANO

Relatore Prof. Bruno OSIMO

Diploma in Scienze della Mediazione Linguistica 3 novembre 2005

ABSTRACT IN ITALIANO

Il presente lavoro intende mostrare ed approfondire alcuni problemi e riflessioni di carattere traduttologico inerenti all’analisi del processo della trasposizione cinematografica, divenuto da tempo nuovo oggetto di studio.

Poiché il processo della trasposizione cinematografica, in quanto esempio di traduzione intersemiotica, avviene coinvolgendo un altro sistema di segni, nel quale il prototesto è costituito da segni verbali laddove il metatesto è composto da segni non soltanto verbali – come immagini e suoni –, la strategia traduttiva dovrà partire dalla scomposizione ed analisi degli elementi del prototesto per approdare in seguito alla ricerca di elementi di nuova sintesi e di mezzi espressivi attraverso i quali tali elementi possono essere raffigurati all’interno del metatesto.

Sulla base di tali osservazioni e prendendo spunto dalle valutazioni fino ad ora condotte da alcuni studiosi appartenenti a differenti scuole di pensiero, si è cercato di ricavare un metodo generalmente valido che possa essere applicato nel modo più ampio possibile.

A tal scopo, è stato preso ad esempio, scomposto ed esaminato un caso concreto di trasposizione cinematografica – ovvero la trasposizione cinematografica di Doppio Sogno di Arthur Schnitzler in Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick – con particolare attenzione all’analisi del tema dominante della vicenda narrata: il ruolo delle dinamiche di coppia e la loro rappresentazione all’interno di entrambe le opere.

Il primo capitolo si propone di analizzare il prototesto nei suoi tratti caratteristici e distintivi, ovvero fabula e intreccio, personaggi, temi principali, tempo e spazio; vengono inoltre delineate le dominanti che costituiranno l’asse portante del metatesto.

Il secondo capitolo affronta la vera e propria analisi traduttologica della

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trasposizione cinematografica dal romanzo al film e presenta un esame dettagliato sia della riproduzione e rappresentazione dei temi del prototesto all’interno del metatesto sia dei fondamentali tagli e cambi operati alla vicenda stessa.

Il terzo capitolo, infine, si propone di approfondire l’analisi di una sola sequenza, rappresentativa del tema dominante di entrambe le opere, attraverso un accurato raffronto fra le pagine contenute all’interno del racconto e la loro rappresentazione nel film: il confronto iniziale fra i due protagonisti, grazie al quale si apre la vicenda stessa, nel quale al meglio vengono delineate le contraddittorietà che caratterizzano il rapporto di coppia.

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ABSTRACT IN ENGLISH

The aim and purpose of this thesis is to discuss a special type of translation: the intersemiotic, extratextual translation.

When we think about translation we generally think about the translation of a verbal text into another language. But the phenomenon of verbal textual translation is more complex because translation covers a much wider and more varied range of texts.

Semiology has made the concept of text wider and more comprehensive. In fact, the notion of language has been extended to non-verbal languages as well. As a result the notion of text implies a coherent system of utterances in every language. In light of this new, expanded definition, films and advertisments can also be considered texts and the transferring of literature into film or theatre can be treated as an act of translation. In translating text into visual performance, the prototext – source text – is a verbal text and the metatext – target text – is a non-verbal text, made up of visual images. Conversion from the prototext into the metatext involves two different sign systems. This type of translation is called intersemiotic extratextual translation.

When a translator works on the dramatization of a novel, he first tries to take the prototext apart in its elements and then chooses an appropriate translation strategy, based on the search for charcateristics existing in common between the two texts. He keeps these aspects and develops a technique aimed at transferring the other aspects.

The analysis of Arthur Schnitzler’s novel and Stanley Kubrick’s masterpiece leads to the conclusion that novel and film are not two completely different, parallel texts. Although there are some essential differences between the two works – such as in time and space –, the dominant messages and themes of the novel have been maintained and very well represented in the film.

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The paper is divided into three main chapters.

The first chapter deals with the analysis of Schnitzler’s novel. Particular attention is given to the main components of the plot, including the novel’s themes and characters as well as its particular use of space and time.

The second chapter focuses on the comparison between the text of the novel and the filmic text. Particular attention is given to the dominant messages and themes of the two texts, as well as to cuts and changes to Schnitzler’s novel.

The third and last chapter concentrates on a special aspect of the filmic text: the representation of the relationship between the two main characters. Attention is focused on an important scene that is compared with the corresponding pages of the book.

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ABSTRACT AUF DEUTSCH

Ziel dieser Diplomarbeit ist es, die intersemiotische extratextuelle Übertragung von einem Buch in einen Film zu zeigen.

Wir unterscheiden drei Arten der Wiedergabe eines sprachlichen Zeichens: die innensprachliche Übersetzung ist eine Wiedergabe sprachlicher Zeichen mittels anderer Zeichen derselben Sprache, die zwischensprachliche Übersetzung ist eine Wiedergabe sprachlicher Zeichen durch eine andere Sprache, während die intersemiotsche Übersetzung eine Wiedergabe sprachlicher Zeichen durch Zeichen nicht-sprachlicher Zeichensysteme ist.

Die extratextuelle Übersetzung fällt in die Sphäre der intersemiotischen Übersetzung und die Verfilmung eines Buches ist ein Beispiel von der intersemiotischen extratextuellen Übersetzung. In diesem Fall bestehen der Prototext – d.h. der Ausgangtext – aus verbalen Zeichen und der Metatext – d.h. der Zieltext – aus nicht-verbalen Zeichen.

Der Übersetzungsprozess betrifft zwei verschiedene Zeichensysteme. Der Übersetzer führt eine Textanalyse durch und untersucht den Prototext in bezug auf die darin enthaltenen dominierenden Merkmale; er muss demnach die richtige Strategie anwenden, um die dominierenden Elemente und die Ausdrucksmittel des Prototextes in einem anderen Zeichensystem wiederzugeben und miteinander zu kombinieren. Im Film liegt es auch sehr an der Kreativität des Filmmachers, aus den unterschiedlichen, ihm zur Verfügung stehenden Ausdrucksformen jene auszuwählen, die sich mit dem nicht- sprachlichen Zeichensystem am besten kombinieren.

In dieser Diplomarbeit geht es um die Analyse der intersemiotischen extratextuellen Übersetzung von dem Buch Traumnovelle von Arthur Schnitzler in dem Film Eyes Wide Shut von Stanley Kubrick. Obwohl beide Werke wichtige Unterschiede zeigen – z.B. im raumzeitlichen Chronotops –, werden

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die dominierenden Elemente und Themen der Novelle im Film bewahrt und sehr gut ausgedrückt.

Die Diplomarbeit ist in drei Kapitel unterteilt.

Das erste Kapitel handelt von der Analyse der Traumnovelle. Eine wichtige Rolle spielt die Analyse der bedeutsamsten Elemente der Geschichte, bzw. Zeit, Raum, Gestalten und Themen.

Im zweiten Kapitel geht es um die intersemiotische extratextuelle Übersetzung und den Vergleich zwischen dem Text des Buches und dem Text des Filmes. Eine wichtige Rolle spielen dabei sowohl die dominierenden Motive beider Texte als auch die im Film, im Vergleich zum Buch, enthaltenen Streichungen und Veränderungen.

Im dritten Kapitel wird eine einzige Szene analysiert, die eine entscheidende Rolle sowohl im Buch als auch im Film spielt, welche ein sehr wichtiges Thema in beiden Werken darstellt, bzw. die Dualität und die Widersprüche in der Partnerbeziehung.

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SOMMARIO

1.

1.1.

Abstract in Italiano 2 Abstract in English 4 Abstract auf Deutsch 6

INTRODUZIONE: RUOLO E SIGNIFICATO DELLA TRASPOSIZIONE CINEMATOGRAFICA 10

DOPPIO SOGNO DI ARTHUR SCHNITZLER E EYES WIDE SHUT DI STANLEY KUBRICK: PRESENTAZIONE DELLE DUE OPERE 17

Doppio Sogno di Arthur Schnitzler 17

  1. 1.1.1.  Breve sintesi 18
  2. 1.1.2.  Analisi dell’opera 20

1.2. Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick 26

  1. 1.2.1.  Temi del cinema di Kubrick 27
  2. 1.2.2.  Eyes Wide Shut: il testamento di Stanley Kubrick 28

2. DA DOPPIO SOGNO A EYES WIDE SHUT: ASPETTI DI UNA TRADUZIONE INTERSEMIOTICA 30

  1. 2.1.  Due trame a confronto 30
  2. 2.2.  Ambientazione di Eyes Wide Shut: echi di un’altra epoca 37

8

  1. 2.3.  Temi a confronto 40
  2. 2.4.  Strutture a confronto 48
    1. 2.4.1.  Rappresentazione dello spazio e movimenti di macchina 48
    2. 2.4.2.  Figura della geminazione simmetrica 55
    3. 2.4.3.  Rappresentazione del tempo: lo smarrimento interiore del

3. 3.1.

personaggio 62

ANALISI DI UNA SEQUENZA DI EYES WIDE SHUT 68 Analisi della traduzione intersemiotica 70

CONCLUSIONI

Riferimenti Bibliografici Bibliografia

84

91 93

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INTRODUZIONE: RUOLO E SIGNIFICATO DELLA TRASPOSIZIONE CINEMATOGRAFICA

Quando si riflette sul significato di «traduzione», normalmente si pensa ad un processo di ricodifica e riespressione di un testo scritto in una lingua, ovvero un codice naturale, differente da quella del testo originario: questo tipo di traduzione viene denominata «traduzione interlinguistica»1; il testo d’origine viene chiamato «prototesto» e il testo d’arrivo viene chiamato «metatesto». Per «testo» si intende comunemente un insieme di parole con una forma grafica, dotato di una struttura interna che lo rende coerente e coeso2.

Tuttavia, se scindiamo il concetto di «testo» dalla sua accezione più comune ed intendiamo con esso semplicemente un sistema di segni qualsiasi, dotato di una struttura interna coerente e coesa, e diamo credito all’estensione del concetto di «lingua» in semiotica a tutti i tipi di linguaggio extraverbale – come la musica, le arti figurative, il cinema o la pubblicità –, se ne evince che il concetto di «traduzione» può essere esteso ad un campo decisamente più ampio rispetto a quello della sola traduzione interlinguistica ed assume il significato di un processo che implica la presenza di un testo inteso come insieme coerente degli enunciati di qualsiasi linguaggio.

Così, il racconto di un sogno, la trasposizione cinematografica di un romanzo, la lettura di un testo o anche la scrittura sono esempi di traduzione, nei quali il processo di trasferimento dal prototesto al metatesto avviene coinvolgendo un sistema di segni diversi, di linguaggi diversi: essi sono tutti esempi di «traduzione intersemiotica»3. In particolare, la traduzione extratestuale riguarda i casi di traduzione intersemiotica nei quali il prototesto è generalmente un

1 R. Jakobson, On linguistic Aspects of Translation (1959), citato in B. Osimo, 2000 2 B. Osimo, 2001
3 R. Jakobson, On linguistic Aspects of Translation (1959), citato in B. Osimo, 2000

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testo scritto e quindi verbale, mentre il metatesto appartiene ad un codice non verbale, ad esempio un’immagine. Dunque, la trasposizione cinematografica di un romanzo costituisce un caso di traduzione intersemiotica extratestuale.

Per quanto la letteratura venga tradotta in film da moltissimo tempo, il processo della trasposizione cinematografica è stato paragonato al processo della traduzione interlinguistica relativamente da poco tempo, ed in questo senso è divenuto nuovo oggetto di studio. Di conseguenza, mentre nel campo della traduzione interlinguistica molti studiosi si sono espressi nel tentativo più o meno riuscito di apportare il loro contributo allo sviluppo di un metodo scientifico dei principali cambiamenti traduttivi secondo criteri condivisibili ed applicabili nel modo più ampio possibile, il campo della traduzione filmica resta tuttora costellato di numerosi quesiti senza risposta e di numerose insufficienze nell’analisi del suo linguaggio.

A ciò va aggiunta, a mio avviso, un’altra fondamentale considerazione: mentre la traduzione interlinguistica viene solitamente affrontata da traduttori professionali, che sono ben consci del loro ruolo di mediatore linguistico e culturale e dei problemi inerenti all’analisi traduttologica e all’individuazione di una strategia traduttiva da adottare per ogni singolo caso, la traduzione cinematografica viene affrontata da persone – sceneggiatori e registi – che sono da considerarsi innanzitutto artisti – come gli scrittori – e non certo traduttori: essi compiranno certamente la loro traduzione filmica in base a dei criteri razionali, ma, più sovente, saranno soggetti alle loro ispirazioni o saranno influenzati dal loro personale estro artistico.

Dunque, la vera e propria analisi traduttologica nel predetto campo viene svolta per lo più a posteriori, da studiosi della materia che tentano di ricavare una teoria dal caso concreto, ovvero un metodo scientifico valido nel modo più ampio possibile al fine di catalogare i fondamentali cambiamenti traduttivi che avvengono nella trasposizione dal romanzo scritto al film.

Così, ad esempio, lo studioso di semiotica all’università di Tartu Peeter Torop

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ha riconosciuto che nella trasposizione cinematografica di un testo il punto di partenza va ricercato nella scomposizione del testo stesso in parti4. In questo modo, il traduttore dovrà razionalmente intraprendere un processo di scomposizione e di analisi dei singoli elementi che compongono il prototesto, oltre che di ricerca di strategie traduttive e di nuova sintesi che condurranno alla creazione del metatesto, nel caso in oggetto rappresentato dal film.

Ma, poiché nella traduzione intersemiotica extratestuale il tipo di codice del prototesto è differente rispetto a quello del metatesto, il traduttore sarà costretto a scomporre il prototesto – ovvero il romanzo – nei suoi elementi costituivi e a convertire tali elementi nel tipo di codice del quale è composto il metatesto – ovvero il film. Infatti, mentre il romanzo viene fissato sotto forma di parola scritta, il film è costituito dall’immagine, sostenuta dal suono sotto forma di parole o di musica5. Inoltre, a causa delle proprietà intrinseche delle quali è formato il testo filmico, la quantità di sistemi segnici esistenti in un film è davvero notevole. Di conseguenza, l’analisi traduttologica sarà ancora più complessa ed irta di ostacoli.

Dunque, il romanzo è composto da elementi verbali, sintagmatici, paradigmatici, prospettici, ed è inoltre caratterizzato dalla creazione e descrizione di personaggi e temi che si esplicano attraverso fabula, intreccio e spazio, raffigurati però mediante le parole in forma scritta, mentre il film è costituito sì da elementi verbali e dalla ricreazione dei temi, del tempo, dello spazio e dei personaggi con la loro psicologia, i quali però non vengono descritti bensì rappresentati in modo visibile e dunque iconico, ma è anche costituito dall’immagine, che si esplica nelle inquadrature, nei movimenti di macchina – le carrellate –, negli effetti speciali – come la dissolvenza incrociata –, nella fotografia – luci e colori – e poi dal suono sotto forma di dialogo o musica o rumore, ed ancora dal montaggio, col quale viene operata una

4 P. Torop, 2000 5 P. Torop, 2000

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selezione e combinazione degli elementi filmici in relazione allo spazio e alla durata del tempo della vicenda narrata, ed ancora da elementi scenografici e recitativi6. Infine, così come il romanzo è scritto sulla base dello stile e del pensiero dell’autore, il film viene costruito in base allo stile ed al pensiero del regista che, in tal senso, non è un traduttore ma un vero e proprio artista, ovvero uno scrittore e creatore di testi.

Tutti questi elementi possono essere in altre parole e più brevemente espressi, unificati e spiegati, secondo Torop, nei tre tipi di cronotopo sui quali si fonda e si concretizza l’analisi traduttologica del film: il cronotopo topografico, ovvero le coordinate spazio-temporali all’interno delle quali si muovono sia la storia sia i personaggi, il cronotopo psicologico, che include sia la psicologia dei personaggi sia la psicologia di gruppo, e, infine, il cronotopo metafisico, che corrisponde alla poetica autoriale7.

Da tutto ciò si evince quanto sia difficile, ancor più che in qualsiasi altro tipo di traduzione, creare un metodo scientifico di analisi della traduzione intersemiotica coeso e coerente ed applicabile nel modo più ampio possibile.

Di volta in volta ed a seconda dei singoli casi, nella trasposizione cinematografica il traduttore analizza e scompone il prototesto nei suoi elementi costitutivi e in quelli potenziali, decidendo poi per ognuno se sopprimerlo o se e come mantenerlo, ridurlo, modificarlo, amplificarlo o se aggiungere degli elementi nuovi all’interno del nuovo testo8. Si tratta di una vera e propria opera creativa, nella quale è difficile stabilire a priori che cosa corrisponda a che cosa.

Ogni elemento del prototesto trova un suo corrispettivo traducente nel metatesto, ma secondo modalità diverse per ogni film e per ogni regista, il quale, come già detto, sceglierà le caratteristiche dominanti da conservare –

6 A. Costa, 1985 7 P. Torop, 2000

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magari anche modificandole – nel suo metatesto.

Nella seguente tabella mi sono proposta di riassumere, in modo schematico e stilizzato, le fondamentali tecniche cinematografiche ed i principali elementi che intervengono alla raffigurazione e realizzazione dei cronotopi, individuati da Torop, all’interno dell’opera filmica:

CRONOTOPO

SCELTA DOMINANTI

MEZZO ESPRESSIVO

1) Topografico

Soppressione Conservazione Aggiunta Storicizzazione Modernizzazione Riduzione Amplificazione Teatralizzazione

tempo

fabula

trama, ambientazione

intreccio

flashback, flashforward, dissolvenze, didascalie, salti, blocchi, montaggio

spazio

ambientazione

scenografia, paesaggio, inquadrature, movimenti di macchina, fotografia, suoni, montaggio, colori

2) Psicologico

psicologia personaggio

attore, mimica, gestualità, recitazione, abbigliamento, dialogo, voce, inquadrature soggettive-oggettive, voce over, linguaggio e campi espressivi, colori

psicologia gruppo

ambientazione, linguaggio, realia, intertesti, posizione e valori sociali, campi espressivi, colori

temi

gli altri cronotopi

3) Metafisico

poetica autoriale

interpretazione, stile e concezione cinematografica del regista

8 B. Osimo, 2001

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Certamente, tale tabella non ha alcuna pretesa di esaustività, semplicemente si propone come schema di orientamento all’interno del “viaggio” che mi accingo ad intraprendere con questo mio lavoro. D’altronde, come accennato precedentemente, la quantità di sistemi segnici in un film è davvero notevole e, di conseguenza, difficilmente può essere ridotta a tabella. Nel caso della traduzione filmica, è arduo prendere in considerazione anche la ritraduzione nella lingua dell’originale9.

Il presente lavoro si propone di analizzare la trasposizione cinematografica dalla famosa novella Doppio Sogno dello scrittore viennese di inizio Novecento Arthur Schnitzler nell’altrettanto celebre e controverso film Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick.

Sulla base delle precedenti osservazioni, nella mia analisi traduttologica ho preso in considerazione innanzitutto il prototesto, che ho analizzato cercando di cogliere le sue dominanti all’interno dei cronotopi rilevati da Torop, per poi focalizzare la mia attenzione sul metatesto ed il modo in cui le predette dominanti ed i cronotopi sono stati ricreati e rappresentati nel metatesto stesso. Inoltre, ho deciso di concentrare e far quindi ruotare la mia analisi principalmente sul tema dominante della novella, ovvero la rappresentazione dei temi dell’opera e delle dinamiche di coppia che caratterizzano i due protagonisti.

Nel primo capitolo, dunque, ho esaminato ed approfondito maggiormente Doppio Sogno di Arthur Schnitzler sia dal punto di vista della trama – fabula e intreccio – sia dal punto di vista delle sue tematiche, cercando di individuare il tema dominante, sul quale anche il regista Kubrick ha basato la sua trasposizione cinematografica. Ho poi brevemente presentato la concezione cinematografica e le tematiche predilette da Kubrick nell’arco della sua carriera

9 P. Torop, 2000

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di regista filmico, nonché Eyes Wide Shut unicamente considerando la sua valenza filmica.

Nel secondo capitolo mi sono concentrata sulla vera e propria analisi traduttologica dell’intera opera, prendendo in considerazione il modo in cui gli elementi caratteristici dei quali era composto il prototesto – ovvero la trama, i temi, l’ambientazione, i personaggi principali, il tempo e lo spazio – sono stati trasferiti e riprodotti nel metatesto. In particolare, ho prestato attenzione alla riproduzione del tema principale del racconto di Schnitzler, con le sue problematiche.

Nel terzo ed ultimo capitolo ho approfondito l’analisi traduttologica di una sola sequenza del film, ossia quella che, a mio avviso, raffigura e tratteggia con maggiore lucidità il tema dominante sia dell’opera stessa sia del mio lavoro: si tratta della scena del confronto iniziale fra i due protagonisti in seguito al veglione mascherato – una festa natalizia nel film; tale sequenza rappresenta nella novella la vera e propria apertura della vicenda, nella quale si delineano con chiarezza sia le dinamiche che scandiscono, muovono e caratterizzano la coppia dei due personaggi sia il tema che funge da asse portante dell’intero racconto, ovvero la dicotomia fedeltà-tradimento, che si esplicherà in un continuo ritorno di doppi ed alternanze, oltre che nel diagramma dei turbamenti paralleli vissuti dai protagonisti dell’opera. Ho cercato, in particolar modo, di sottolineare le differenze con le quali la sequenza è stata descritta nel racconto ed invece rappresentata nel film.

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1. DOPPIO SOGNO DI ARTHUR SCHNITZLER E EYES WIDE SHUT DI STANLEY KUBRICK: PRESENTAZIONE DELLE DUE OPERE

Doppio Sogno costituisce un soggetto ideale per il cinema: Schnitzler stesso nel 1930 ne abbozzò una sceneggiatura di trenta pagine, compiendo interventi di sviluppo e semplificazione del racconto.

Stanley Kubrick, senza successo, cercava di realizzare questo progetto sin dai primi Anni Settanta; vi riuscì soltanto nel 1999, a distanza di un quarto di secolo, dopo quasi due anni impiegati a scrivere la sceneggiatura, dopo 19 mesi di riprese, dopo più di un anno nel quale curò personalmente le fasi di montaggio e di postproduzione.

1.1. Doppio Sogno di Arthur Schnitzler

Arthur Schnitzler, studioso della psicoanalisi e soprattutto scrittore, vissuto a cavallo tra il Diciannovesimo ed il Ventesimo secolo, contemporaneo a Sigmund Freud, pubblicò opere caratterizzate da un’analisi profonda e spietata delle motivazioni all’origine della azioni umane, distintive di un’incomparabile capacità di lettura psicologica della natura umana. I temi principali riguardano i rapporti sentimentali, le complicazioni della vita erotica e la paura della morte.

Il suo confronto con la psicoanalisi si è articolato attraverso una ricerca squisitamente artistica che, mediante l’assorbimento e l’elaborazione degli studi di Freud e della neonata psicoanalisi, ha ipotizzato l’esistenza del medioconscio (Mittelbewusstsein), una specie di territorio intermedio fluttuante fra la superficie del conscio e la profondità dell’inconscio, territorio in direzione del quale si attua il processo di rimozione degli elementi nella loro ascesa verso il

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conscio o discesa verso l’inconscio10.

Traumnovelle, nella versione italiana Doppio Sogno, è un’opera in bilico fra sogno e realtà. Fu scritta fra il 1921 e il 1925 e si articola in sette parti che scandiscono le alterne e tormentate fasi della crisi di una giovane coppia viennese: in particolare, l’autore si concentra sul problema di incomunicabilità che, innescato da un qualsiasi motivo occasionale, viene improvvisamente a turbare e a minare l’equilibrio del rapporto tra l’uomo e la donna, descrivendo così lo sgomento dell’individuo di fronte alla enigmatica ed instabile realtà dell’esistenza. Mentre però nelle novelle precedenti Schnitzler tendeva ad evidenziare la conflittualità di uno solo dei due partner, in quest’opera la crisi appartiene ad entrambi e si sviluppa in modo parallelo, tanto che inizialmente il titolo pensato per la novella era Doppelnovelle (Doppia novella)11.

1.1.1. Breve sintesi

Il racconto di Schnitzler è incentrato in soli due giorni della vita di una giovane coppia viennese e si apre con il dialogo nella loro camera da letto, dove, a seguito di un ballo in maschera svoltosi la sera precedente nel corso del quale ad entrambi sono state rivolte profferte amorose, i due protagonisti si scambiano reciprocamente le proprie impressioni, le proprie incertezze, finendo però con lo svelare e confessarsi vicendevolmente i desideri e le angosce della loro vita più intima, in particolar modo un tradimento mai consumato da parte di entrambi durante una passata vacanza estiva in Danimarca, e col minare la stabilità del loro rapporto.

Inizia così il viaggio parallelo onirico-reale-surreale dei due: quello fisico di Fridolin tra assassini, prostitute e orge e quello mentale di Albertine tra sogni, incubi e preoccupazioni.

10 A. Schnitzler, 2001 11 G. Farese, 1977

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Al termine delle reciproche rivelazioni, Fridolin viene chiamato al capezzale di un paziente, che però trova già morto. Lì incontra la figlia Marianne, la quale, pur essendo in procinto di nozze, gli confessa di averlo sempre amato. In strada, turbato dall’inaspettata rivelazione, Fridolin decide di accettare l’invito di una giovane prostituta, tuttavia, entrato in casa di lei, parlano soltanto, a lungo. Ormai è notte fonda e Fridolin decide di non rientrare a casa ed entra in un locale dove incontra un suo vecchio compagno di università che lavora come pianista. Da lui apprende l’esistenza di una strana setta che si riunisce in luoghi sempre differenti, dove avvengono raffinatissime e sontuose orge in maschera. Incuriosito, eccitato ed allo stesso tempo sconvolto dagli accadimenti della giornata, Fridolin, dopo essersi procurato un travestimento da monaco nel negozio dell’ambiguo mascheraio Gibiser, si fa dare dall’amico l’indirizzo e la parola d’ordine, che è Danimarca, e si intrufola, senza invito, nella villa della festa mascherata. Si ritrova così fra uomini e donne di grande bellezza che sembrano riconoscersi l’un l’altro il diritto di essere presenti. Solo una magnifica donna dal corpo fiorente e profumato sembra intuire che Fridolin è un intruso e più volte gli intima di fuggire prima che sia troppo tardi. Tuttavia, Fridolin viene scoperto dalla setta e catturato: solo l’intervento ed il sacrificio della misteriosa donna che in precedenza lo aveva supplicato di andarsene gli regalano la libertà e, forse, gli salvano la vita. Confuso ed esausto, rientra a casa dalla moglie, che in quel momento si sta svegliando da un lungo ed inquietante sogno, che si rivela speculare rispetto alle avventure notturne di Fridolin: infatti, in sogno Albertine si concede prima al giovane danese e subito dopo a molti altri uomini mentre assiste, ridendo, alla crocifissione del marito che accetta il sacrificio pur di restarle fedele. L’infedeltà e l’indifferenza sognate da Albertine generano in Fridolin un moto di indignazione, che diviene il pretesto ed un’autogiustificazione a ritrovare la bella sconosciuta che si è offerta di essere punita o uccisa al suo posto.

Da questo momento, secondo un diagramma speculare e simmetrico rispetto a quanto accaduto prima del racconto del sogno da parte di Albertine, Fridolin

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rincontra le stesse persone e rivive le stesse situazioni, o meglio tenta di rincontrare le stesse persone e tenta di rivivere le stesse situazioni, del giorno precedente. Così, cerca di rimettersi in contatto con l’amico pianista senza tuttavia riuscirci, va a trovare la figlia del paziente morto la quale, però, si mostra poco disponibile e si reca dalla giovane prostituta senza però trovarla in casa.

Poi, dopo avere letto su un giornale della tragica morte per avvelenamento di una giovane donna dalla straordinaria bellezza, Fridolin, sconvolto ed insospettito, si reca all’obitorio dove esamina il corpo della donna, senza tuttavia raggiungere la certezza che si tratti della sconosciuta che si è sacrificata per lui.

Tornato a casa, Fridolin trova con orrore sul suo cuscino, accanto alla moglie addormentata, la maschera che ha indossato durante la festa la notte precedente. Racconta allora ad Albertine la sua esperienza-incubo, come se fosse l’unico modo per salvare il loro matrimonio.

1.1.2. Analisi dell’opera

L’immediatezza con la quale Schnitzler presenta, con pochi tratti essenziali, situazioni e personaggi è caratteristica dello scrittore viennese e tocca ancora una volta in Doppio Sogno il culmine della maestria narrativa. Quella della tranquilla famiglia borghese è solo una maschera, una facciata illusoria che cela un groviglio di dubbi, di angosce, di aggressività, di desideri repressi che, una volta svelati e liberati, coinvolgeranno i personaggi in una ridda di avventure reali e sognate, costringendoli a percorrere le stazioni della loro crisi alla ricerca di una verità che non esiste se non nel tentativo della reciproca comprensione. Nessuna delle avventure erotico-surreali di Fridolin giungerà a compimento e l’orgia di piacere e di libidine incontrollata di Albertine è solo un sogno, così come il tradimento dei due coniugi, motivo scatenante dei turbamenti paralleli dei protagonisti, è solo frutto di una fantasia erotica.

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La trama della novella si struttura e si dipana secondo il filo dell’alienazione e della vicendevole estraniazione dei due personaggi principali. Il simbolo di tale alienazione è la maschera ed il mistero che ad essa si accompagna: la storia si apre con il racconto delle vicende della festa mascherata della sera precedente, preludio di quello che accadrà in seguito. Ed infatti, è soprattutto la partecipazione notturna di Fridolin alla festa orgiastica mascherata, caratterizzata dall’assoluta assenza di volti e quindi di identità, e conclusasi con l’allucinante confronto con il corpo della donna morta nella sala anatomica, a segnare e a simboleggiare la perdita di identità che connota la crisi dei due personaggi.

Doppio Sogno, quindi, rappresenta la storia del progressivo allontanarsi affettivo e del progressivo ricongiungersi di Albertine e di Fridolin. La loro condizione psicologica lascia pensare a quella specie di territorio intermedio fluttuante fra conscio e inconscio che Schnitzler definiva «medioconscio», e che consente di inquadrare in una nuova prospettiva il turbamento interiore dei due personaggi, sospesi in bilico fra comprensione ed incomprensione12. Infatti, se è vero che il medioconscio costituisce «il campo più vasto della vita psichica e spirituale, [e da esso] gli elementi emergono incessantemente al conscio o precipitano nell’inconscio»13, allora anche la ritrovata intesa finale di Fridolin e Albertine dopo la turbinosa notte dei desideri inappagati rappresenta una sorta di ascesa al conscio, un ritorno alla normalità, dove però nulla sarà più come prima.

Il medioconscio dunque è la grande regione nella quale si muovono le ricognizioni analitiche di Schnitzler – basti pensare alle riflessioni ed ai monologhi interiori dei suoi personaggi –, una sorta di regno delle percezioni e dei ricordi che sfugge al dominio della razionalità e che tuttavia non è riconducibile all’inconscio. «Il medioconscio è la zona della psiche dove appare visibile la fragilità della condizione umana, l’autoillusione dell’individuo che si

12 S. Ciaruffoli, 2003
13 A. Schnitzler, 2001, p. 18

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sottrae alla propria responsabilità etica, il carattere di maschera dei ruoli sociali»14.

L’accenno di Albertine al destino nel colloquio finale con il marito è un richiamo a quello iniziale dei due coniugi, ovvero il primo momento di dubbio ed incertezza reciproci e preludio al successivo sbandamento affettivo. In questo primo colloquio Schnitzler fissa e sintetizza la tematica della novella, preannunciandone allo stesso tempo lo sviluppo narrativo:

Tuttavia dalla leggera conversazione sulle futili avventure della notte scorsa finirono col passare a un discorso più serio su quei desideri nascosti, appena presentiti, che possono originare torbidi e pericolosi vortici anche nell’anima più limpida e pura, e parlarono di quelle regioni segrete che ora li attraevano appena, ma verso cui avrebbe potuto una volta o l’altra spingerli, anche se solo in sogno, l’inafferrabile vento del destino.15

Schnitzler delinea subito la possibilità e l’intento di utilizzare il sogno come regione dell’anima nella quale è possibile la realizzazione dei desideri repressi; e sarà proprio Albertine ad intraprendere un viaggio liberatorio all’interno degli abissi della coscienza. Il suo sogno, però, non rappresenta unicamente la soddisfazione di un desiderio represso e non ha un contenuto latente, non ha bisogno di essere decodificato. È vero che il materiale onirico è costituito dai resti diurni e dal ricordo della conversazione con Fridolin in camera da letto – in sogno appaiono gli schiavi mori della fiaba raccontata alla figlioletta, il giovane ufficiale danese che aveva ammaliato Albertine durante la vacanza in Danimarca, la bella fanciulla che aveva avvinto Fridolin nella stessa occasione – ma l’azione onirica, così come descritta da Schnitzler attraverso le parole di Albertine, ha una funzione ben precisa ed ha carattere speculare rispetto alle fantastiche avventure reali di Fridolin: infatti, mentre Fridolin non riuscirà a

14 L. Reitani, 2001, p.119
15 A. Schnitzler, 1977, p. 13

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possedere la bella sconosciuta durante la festa in maschera e, una volta scoperto, riuscirà a sfuggire ad una dura punizione, e forse alla morte, soltanto grazie al sacrificio della donna misteriosa, Albertine si concederà al giovane danese e assisterà poi, ridendo, alla crocifissione del marito che accetta di morire pur di restarle fedele.

Nelle sue stesse trascrizioni ed osservazioni riguardanti i propri sogni16 Schnitzler non appare interessato ad una analisi del fenomeno onirico. Per quanto riveli una assimilazione di alcuni concetti fondamentali del pensiero freudiano – come il valore dei resti diurni o la nozione di «spostamento» – egli rimane ancorato al contenuto onirico manifesto, affascinato dalla simbologia dei sogni, dagli spazi e dalle dimensioni che in essi si aprono, dalla stessa ricorrenza di temi chiaramente ossessivi – come l’idea della morte legata al sogno, che richiama alla mente l’immagine dell’obitorio in Doppio Sogno. È dunque all’individuo ed alla sua crisi psicologica ed esistenziale che Schnitzler presta la sua attenzione, e non alla psiche in quanto tale17.

La risata sinistra e al contempo isterica con la quale Albertine si desta dall’inquietante sogno e l’orrore di Fridolin di fronte al volto estraneo della moglie che lo guarda terrorizzata segnano il culmine della loro estraniazione e del loro allontanamento affettivo. Mentre la fine del racconto del sogno da parte di Albertine costituisce il primo momento del loro successivo riavvicinamento18. Infatti, se da un lato il sogno ha assorbito tutti gli impulsi aggressivi di Albertine ed ha permesso il soddisfacimento di un inconscio desiderio di vendetta per l’incomprensione del marito, dall’altro ha costretto Fridolin, sgomento per l’infedeltà sognata dalla moglie e per la straordinaria coincidenza di fantasmi onirici e realtà da lui vissuta, a riflettere, seppure

16 È possibile prendere visione delle trascrizioni e valutazioni dei suoi stessi sogni in A. Schnitzler, 2001, p. 35-58
17 L. Reitani, 2001
18 G. Farese, 1977

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inconsciamente, sulla sua stessa infedeltà, che solo per un singolare gioco del destino non si è mai tramutata in realtà. È da questo momento che Fridolin intraprenderà il viaggio che lo riporterà dagli abissi della sua stessa anima verso la superficie, ossia la normalità.

L’attenzione di Schnitzler è rivolta principalmente alla figura del protagonista maschile, Fridolin, il cui viaggio interiore alla ricerca di una soluzione al proprio smarrimento esistenziale è più lungo, complesso e travagliato rispetto a quello della moglie, che, sotto questo aspetto, diviene un personaggio secondario sebbene di fondamentale importanza per lo sviluppo della trama e del parallelismo delle vicende oniriche e reali della novella.

Anche la dicotomia fedeltà-tradimento, che costituisce l’asse portante della storia, si esplica maggiormente nelle contraddittorietà del personaggio maschile, ben rappresentate a partire dalla reazione di Fridolin alla reciproca confessione, in camera da letto, dei pericoli cui entrambi i partner sono sfuggiti durante la vacanza estiva in Danimarca19. All’affermazione di Fridolin: «in ogni donna che credevo di amare ho sempre cercato te» Albertine replica: «E se anch’io avessi avuto voglia di cercarti prima in altri uomini?». Emblematica è la reazione immediata di Fridolin: «Fridolin abbandonò le sue mani quasi l’avesse sorpresa mentre diceva una menzogna o lo tradiva»20. Alla base della debolezza e dell’indecisione di Fridolin vi è dunque l’ipocrita ed assurdo pregiudizio borghese che concede agli uomini il diritto ad una morale e relega la donna in una degradante posizione subalterna21. Diviso fra la morale borghese e l’amore per Albertine, incapace di risolvere razionalmente le proprie contraddizioni, Fridolin intraprende il proprio viaggio all’insegna dell’evasione erotica e di un illusorio senso di liberazione dalle proprie responsabilità, oltre che del desiderio di vendicarsi della moglie, che si rivela però vano tanto quanto il tentativo di

19 G. Farese, 1977
20 A. Schnitzler, 1977, p. 18-19 21 G. Farese, 1977

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liberarsi dalla presenza stessa della moglie. Infatti, sebbene Fridolin sia fisicamente presente in tutti e sette i capitoli e il narratore lo segua passo passo nei suoi spostamenti, mentre Albertine sia realmente presente soltanto in quattro capitoli, di fatto la sua presenza viene percepita in ogni capitolo e la sua immagine, apparentemente rimossa, non ha mai abbandonato Fridolin. Egli se ne accorge proprio quando, nel tentativo disperato di svelare il mistero e dare un volto alla bella sconosciuta che si è sacrificata per lui, si reca all’obitorio:

[…] che cercava? Conosceva solo il suo corpo, il viso non l’aveva mai visto, ne aveva avuto solo un’immagine fugace la notte scorsa nell’attimo in cui aveva lasciato la sala da ballo o, per meglio dire, quando ne era stato cacciato. Eppure il non avere fino ad allora considerato quella circostanza derivava dal fatto che per tutto il tempo trascorso dal momento in cui aveva letto quella notizia sul giornale si era rappresentata la suicida, il cui volto gli era sconosciuto, con i lineamenti di Albertine e che, come si accorse solo ora rabbrividendo, aveva continuamente avuto davanti agli occhi l’immagine della moglie, identificandola con colei che cercava.22

Da un lato, dunque, l’immagine di Albertine non ha mai abbandonato Fridolin nella sua disperata ed assurda corsa verso l’evasione erotica, dall’altro quest’improvvisa rivelazione potrebbe essere interpretata come un nuovo segno di parallelismo e capovolgimento della situazione fra il sogno di Albertine e l’avventura di Fridolin: se si è sempre figurato il volto della suicida coi lineamenti della moglie, anche Fridolin si è in qualche modo vendicato dell’infedeltà e dell’incomprensione di Albertine facendo sì che, almeno nella sua immaginazione, Albertine stessa si sia sacrificata per lui e per la sua salvezza. La discesa agli inferi, nelle profondità dell’inconscio, è terminata e a chiunque appartenga quel corpo enigmatico di donna che lo ha magicamente attratto, esso non rappresenta oramai altro che «il cadavere pallido della notte

22 A. Schnitzler, 1977, p. 104

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passata, destinato irrevocabilmente alla decomposizione»23.

Il ritorno a casa e la vista della maschera che ha indossato durante la festa nella misteriosa villa e che, trovata da Alberatine, è stata significativamente posta sul cuscino del marito, come a rappresentare la perdita di identità, lo straniamento e lo smarrimento del personaggio, è sufficiente a causare il crollo di Fridolin: caduta la maschera dietro la quale aveva creduto di poter celare le proprie contraddizioni, riaffiora in lui la coscienza del proprio rapporto con Albertine, e si profila la possibilità di una ripresa sulla base della reciproca comprensione24. Se, da un lato, l’affermazione conclusiva di Albertine, che sentenzia: «Non si può ipotecare il futuro»25 è indicativa del determinismo e dello scetticismo che caratterizza il pensiero di Schnitzler e che ha orientato anche l’amara tematica di Doppio Sogno, dall’altro i riferimenti al vittorioso raggio di luce che annuncia il nuovo giorno e il riso della bambina che si avverte dalla stanza accanto lasciano presagire una rinnovata speranza in un mondo in declino.

1.2. Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick

Stanley Kubrick è stato definito un regista eccentrico, un genio, un maestro, un autore fortemente concettuale; certamente, non è un regista di immediata comprensione. Ma, in qualsiasi modo lo si voglia considerare, non si può non riconoscere l’importanza della sua arte, uno sguardo sul mondo e sull’uomo.

Nato a New York, ha vissuto per anni lontano dal mondo del cinema, isolato nella sua casa in Inghilterra, producendo capolavori ad intervalli di tempo sempre maggiori; ossessionato dal bisogno di esercitare un controllo assoluto su tutti gli aspetti del proprio lavoro, curava personalmente il montaggio e la

23 A. Schnitzler, 1977, p. 111 24 G. Farese, 1977
25 A. Schnitzler, 1977, p. 114

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postproduzione, nonché i sottotitoli ed il doppiaggio per ogni edizione originale e straniera dei propri film.

1.2.1. Temi del cinema di Kubrick

Le sue opere raccolgono storie riconducibili ad un unico nucleo tematico, costituito dalla «rappresentazione della crisi del modello della ragione occidentale»26, tema affrontato da Kubrick mediante mezzi esclusivamente cinematografici, basandosi sulla forza delle immagini e dei suoni. Egli rappresenta tale crisi attraverso la crisi del controllo sulle azioni e sulle identità dei singoli soggetti, mediante un uso distorto dello spazio e del tempo e, infine, rappresentando la crisi del sistema sociale.

I personaggi di Kubrick si muovono in un universo che sfugge alla loro comprensione, in un mondo fatto di menzogne, di inganni e di false rappresentazioni. Questa perdita di controllo e di comprensione da parte dei singoli personaggi si riflette da un lato nella crisi dell’uso del linguaggio, che regredisce fino a divenire quasi grottesco nella sua povertà ed inadeguatezza, dall’altro nella progressiva spersonalizzazione dei personaggi, che divengono soggetti privi di un’identità salda, sicura, completa. Spesso i personaggi kubrickiani sono portatori di identità differenti ed inconciliabili fra di loro. L’uso insistito dei primi o primissimi piani delinea non tanto la volontà di esplorare reazioni psicologiche o di fissare stati d’animo soggettivi, quanto quella di indagare l’animo umano nella sua perdita e scissione di identità, attraverso la presentazione di smorfie grottesche, maschere distorte dei volti27. A tale proposito, la maschera è anch’essa un tema ricorrente nel cinema di Kubrick, così come la sua ossessione per il tema del doppio. In un quadro più ampio, la crisi dell’individuo si presenta come lo specchio di una più vasta crisi sociale. Altri espedienti per la rappresentazione della crisi della ragione sono un

26 R. Eugeni, 1995, p. 135 27 R. Eugeni, 1995

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uso distorto dello spazio e del tempo, che perdono la loro neutralità per divenire espressioni della soggettività ed emotività dei personaggi. Ad esempio, l’uso del labirinto e dei corridoi indica uno svuotamento dello spazio e la mancanza di punti di riferimento, così come l’utilizzo dei carrelli in avanti o all’indietro che accompagnano il personaggio in una sorta di corridoio-tunnel assumono il significato di una realtà che risucchia i protagonisti, senza dar loro la possibilità di prevedere quale possa essere il punto d’arrivo. Alla crisi dello spazio di solito si accompagna la crisi del tempo, che perde la sua linearità per assumere fattezze soggettive, caratterizzate dalla presenza di ciclicità e ritorni, simmetrie inquietanti di eventi che si riproducono con ossessiva similitudine e che costringono i personaggi ad una coazione a ripetere, proiettando le loro azioni in un non-divenire.

1.2.2. Eyes Wide Shut: il testamento di Stanley Kubrick

Nel dicembre 1995 viene ufficialmente annunciato che il nuovo film di Stanley Kubrick sia chiamerà Eyes Wide Shut, e che avrà come protagonisti Tom Cruise e Nicole Kidman. Il film, sceneggiato dallo stesso Kubrick assieme a Frederic Raphael, affermato intellettuale, scrittore, saggista nonché sceneggiatore, è tratto dal racconto Doppio Sogno di Arthur Schnitzler. Le riprese iniziano nell’estate del 1996 e si svolgono nella massima segretezza: gli attori e i tecnici sono tenuti per contratto a non far trapelare il minimo particolare della vicenda e della lavorazione. Le riprese si protraggono ben oltre il previsto, anche a causa dell’ormai leggendaria meticolosità del regista che ripete la stessa scena anche fino a settanta volte, e si concludono ufficialmente il 31 gennaio 1998. Kubrick comincia a curare il montaggio e la fase di postproduzione del film. Il 5 marzo 1999 invia una copia di Eyes Wide Shut, finito di montare e sonorizzare il giorno prima, ai responsabili della Warner Bros. di New York, che ne effettuano una proiezione riservatissima. Alle prime ore del 7 marzo Kubrick muore nel sonno nella sua casa presso Londra, aprendo laceranti dubbi sulla completezza dell’ultima sua opera, nella quale molti hanno ravvisato

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imprecisioni ed imperfezioni, soprattutto, per l’appunto, a livello di montaggio.

Il montaggio che possediamo, tuttavia, è l’ultimo sul quale ha lavorato Kubrick: i suoi collaboratori hanno preferito non intervenire per rispetto nei confronti del maestro. E se a molti può apparire incompiuto da un punto di vista produttivo, l’ultimo film di Kubrick appare a me invece come un’opera pienamente kubrickiana, caratterizzata da una forte coesione interna ed esplicativa dei motivi narrativi, tematici e stilistici che hanno contraddistinto tutto il cinema di Kubrick.

A tal proposito, Eyes Wide Shut diviene il testamento involontario di Stanley Kubrick sotto due aspetti: da un lato riprende quasi in forma di ricapitolazione i nuclei tematici ed i procedimenti stilistici del suo cinema, dall’altro sembra condensare in sé la filosofia cinematografica di Kubrick, nella quale il cinema diviene alter-ego del sogno ed il suo linguaggio, come quello dell’inconscio, diviene uno sguardo sulla realtà.

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2. DA DOPPIO SOGNO A EYES WIDE SHUT: ASPETTI DI UNA TRADUZIONE INTERSEMIOTICA

Alla luce dei temi prediletti di Kubrick e ricorrenti, seppure in modi e misure differenti, in pressoché tutti i suoi capolavori, credo giunga immediata una constatazione della simmetria perfetta fra il pensiero cinematografico del noto regista e la filosofia che ha orientato l’opera di Schnitzler. A questo punto, non solo Doppio Sogno si presenta come un soggetto ideale per il cinema, come sopraccitato, ma diviene anche e soprattutto un soggetto ideale per il cinema di Kubrick nello specifico.

2.1. Due trame a confronto

Sebbene Stanley Kubrick rimanga sostanzialmente fedele alla lettura di Doppio Sogno, nel film vi sono alcune importanti differenze narrative.

Innanzitutto, la storia è incentrata in quattro giorni della vita della giovane coppia anziché due ed è proiettata nella New York odierna durante il periodo natalizio. I protagonisti sono il medico Bill Harford e la bella moglie Alice in luogo del medico Fridolin e della moglie Albertine.

Il film si apre con la scena in cui i due coniugi si recano, come ogni anno, ad una sontuosa festa natalizia a casa del loro amico Victor Ziegler.

A tal proposito, vorrei sottolineare che questa festa, che nel racconto di Schnitzler rappresenta non più di una fuggevole parentesi unicamente funzionale allo sviluppo della storia stessa, occupa invece nel film una buona parte della scena ed assume una notevole importanza nel delineare sia lo sviluppo della vicenda sia alcuni dei temi fondamentali della storia

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rappresentata da Kubrick. Inoltre, la sostanziale quanto implicita differenza strutturale tra un’opera letteraria, che viene fissata sotto forma di parola scritta, ed un film, che viene invece sostenuto dall’immagine, dalla parola sotto forma di dialogo o voce over, nonché dal suono, rende necessario mostrare attraverso l’immagine, appunto, ciò che nel libro ci viene invece solo riferito28. Oltre a ciò, è necessario aggiungere che, a differenza di molti altri suoi prodotti cinematografici, in Eyes Wide Shut Kubrick ha preferito lasciar scorrere le immagini e non affidarsi, ad esempio, alla voce fuori campo per descrivere determinate scene o situazioni, onde evitare di sovraccaricare troppo l’ambientazione onirico-reale-surreale della vicenda: anche questo spiega la necessità e la decisione di dar vita, nel film, alla festa soltanto accennata da Schnitzler mediante lunghe sequenze di musica e di immagini.

Anche il personaggio di Victor Ziegler rappresenta una novità rispetto al racconto di Schnitzler e costituisce una sorta di deus ex machina; in un confronto finale fra il protagonista Bill e Ziegler, Kubrick ha l’occasione di inserire una riflessione su due diversi tipi di morale: quella accomodante e superficiale di Ziegler e quella più problematica ma anche più consapevole di Bill. Inoltre, se da un lato l’introduzione di questo personaggio è stata una scelta in un certo senso obbligata, in quanto è colui che invita Bill e Alice alla festa di Natale, dall’altro il suo ritorno nel dialogo con Bill in merito all’altra festa, quella mascherata e segreta, è un espediente prima voluto dallo sceneggiatore Raphael e poi approvato ed utilizzato da Kubrick per conferire al film un maggiore senso di realtà, poiché «se non c’è realtà non c’è film»29.

Tornando alla trama del film, durante la festa a casa Ziegler, Alice viene corteggiata da un attempato ma seducente ungherese, Sandor Szavost, mentre Bill ritrova un vecchio compagno di università, che lavora ora come pianista e che lo invita, più tardi, a raggiungerlo in un locale nel quale si dovrà esibire.

28 P. Torop, 2000
29 F. Raphael, 1999, p. 40

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Kubrick anticipa l’incontro fra il protagonista maschile e il vecchio amico rispetto a Schnitzler, eliminando quindi da un lato la casualità del successivo e determinante incontro fra i due personaggi e dall’altro, secondo una mia impressione, quell’immagine di predeterminazione che assume il viaggio di Fridolin in Doppio Sogno, quasi preannunciato ed evocato dal narratore quando fa riferimento all’«inafferrabile vento del destino»30.

Tornando alla trama, mentre anche Bill flirta con due modelle, il padrone di casa richiede il suo intervento: Mandy, una giovane modella con la quale Ziegler si era appartato nel bagno di casa, ha avuto una crisi di overdose. Bill salva la ragazza. Una volta a casa, Bill e Alice fanno l’amore.

La giornata successiva si svolge all’insegna della normalità.

A questo punto Kubrick riprende nel film la scena di apertura di Doppio Sogno.

La sera Bill e Alice fumano assieme della marijuana: resa eccitata ed aggressiva dalla droga, Alice dà il via ad un gioco della verità che la porta a confessare a Bill di avere provato tempo prima una forte ed irresistibile attrazione per un giovane ufficiale di marina durante una vacanza trascorsa a Cape Cod. Una telefonata interrompe il dialogo: il medico è chiamato al capezzale di un cliente appena deceduto.

Interessante e non comprensibile in questa scena è la decisione, da parte dello sceneggiatore Raphael e dello stesso Kubrick, di eliminare la reciprocità della confessione del mancato tradimento: nel racconto di Schnitzler, infatti, i due coniugi si erano trovati entrambi coinvolti da una forte attrazione per un’altra persona durante la vacanza; in tal modo, nel film si verifica uno sbilanciamento rispetto alla struttura originaria dell’opera, che perde sia parte della sua doppiezza, sia efficacia nel mostrare il parallelismo dei turbamenti dei due protagonisti, creando così un notevole residuo traduttivo. Oserei dire che, se Schnitzler concentra la propria attenzione prevalentemente sull’analisi del

30 A. Schnitzler, 1977, p. 13

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personaggio maschile, nel quale si esplicano con maggiore forza le contraddittorietà dell’animo umano, Kubrick fa dell’emblematicità dello stesso l’asse portante della vicenda.

Da notare, inoltre, che la scelta di cambiare il luogo nel quale si è svolta la vacanza dei due protagonisti comporterà poi anche la modifica della parola d’ordine per accedere alla festa mascherata: infatti, non avrebbe avuto senso mantenere la parola Danimarca nel film, poiché nel racconto essa aveva una chiara funzione evocativa, che accentuava il carattere onirico-surreale del viaggio di Fridolin.

Uscito di casa, ha inizio l’odissea notturna di Bill, ossessionato dall’idea del tradimento non consumato della moglie con l’ufficiale.

A casa del defunto, la figlia di questi, Marion, nonostante sia in procinto di nozze, in un momento di intimità gli confessa il suo amore per lui. Sconvolto dall’inaspettata rivelazione, una volta in strada Bill decide di accettare l’invito di una giovane prostituta a seguirla nel suo appartamento, ma una telefonata di Alice gli impedisce di consumare il rapporto con la ragazza.

Nel racconto di Schnitzler, la presenza di Albertine viene percepita anche nei capitoli in cui non compare fisicamente, grazie al pensiero di Fridolin, spesso rivolto nei suoi confronti, sia quando pensa a lei teneramente sia quando rivive il mancato tradimento ed è mosso da moti di indignazione. Data la naturale differenza strutturale fra racconto scritto e film, che non può avvalersi della parola per indagare e descrivere il pensiero o la psicologia dei personaggi, e data la scelta da parte del regista di rinunciare all’utilizzo della voce fuori campo, Kubrick ha probabilmente deciso di rivelare la suddetta presenza della moglie attraverso altri espedienti, come la tecnologia, ovvero una telefonata che interrompe il flusso delle azioni e dei pensieri del medico. Anche il turbamento interiore di Bill viene mostrato, e non riferito come nel libro, oltre che mediante la gestualità e la mimica facciale, anche attraverso l’uso di immagini accompagnate da una inquietante musica di sottofondo che, simili a

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fotogrammi che si inseriscono improvvisamente nel naturale svolgimento della storia, raffigurano la moglie assieme all’ufficiale di marina, così come avviene nei pensieri di Bill.

Nuovamente in strada, Bill si reca nel locale in cui si esibisce il vecchio compagno di università incontrato a casa di Ziegler. Intrattenendosi con l’amico, il medico viene a sapere dell’esistenza di una setta misteriosa, popolata da bellissime donne, che si riunisce in luoghi sempre differenti e dove avvengono sontuose orge. Incuriosito, Bill si fa dare l’indirizzo e la parola d’ordine, che è non più Danimarca bensì Fidelio, per accedere alla festa, e si reca poi dall’ambiguo mascheraio Milich per procurarsi un adeguato travestimento. Mentre si trova ancora nel negozio, Bill ed il proprietario scoprono la figlia di quest’ultimo in compagnia di due giapponesi seminudi e travestiti.

Un lungo ed imprecisato viaggio in taxi conduce Bill a Somerton, la villa in cui si svolge la festa mascherata. Tra una folla di individui incappucciati e protetti da maschere grottesche, prende avvio una sontuosa orgia. Bill viene avvicinato da una donna, anch’ella mascherata, che gli intima più volte di fuggire, pena un terribile castigo. Bill rifiuta e viene scoperto, sottoposto ad un processo, minacciato e costretto a confessare la sua intrusione. Improvvisamente, tuttavia, interviene la misteriosa donna mascherata che aveva cercato di avvertirlo poco prima, la quale si offre di sacrificarsi al suo posto. Bill viene liberato.

Tornato a casa, sente Alice che ride sfrenatamente nel sonno. Svegliatasi, la moglie gli racconta angosciata un sogno nel quale si concede prima all’ufficiale di marina e poi ad una grande moltitudine di uomini all’interno di un’orgia.

Così come nella confessione iniziale fra i due coniugi, anche nel racconto del sogno da parte della protagonista femminile Kubrick elimina una parte importante della storia originale: infatti, nella novella di Schnitzler Albertine, dopo essersi concessa al giovane ufficiale, assiste, ridendo, alla crocifissione del

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marito, che accetta il sacrificio pur di rimanerle fedele. In effetti, la scelta da parte di Kubrick di eliminare, nella confessione del reciproco tradimento non consumato, la parte che vedeva coinvolto il protagonista maschile giustifica pienamente la decisione di eliminare anche questa parte del racconto. Nella novella di Schnitzler la reciproca confessione di un tradimento non consumato da parte dei due protagonisti è la causa dello smarrimento, dell’alienazione e anche del desiderio di vendetta di entrambi i partner: questo desiderio verrà soddisfatto da Albertine attraverso la crocifissione del marito mentre lei si concede ad altri uomini, e da Fridolin nell’abbandono all’evasione erotica. Poiché nel film manca la confessione del tradimento non consumato da parte di Bill, non avrebbe probabilmente avuto senso la rappresentazione del desiderio di vendetta da parte di Alice in sogno. In tal modo, il sogno di Alice perde del tutto la connotazione freudiana di soddisfacimento di un desiderio represso per svolgere unicamente una funzione simmetrica e speculare rispetto all’avventura notturna di Bill.

Come nel racconto di Schnitzler, anche nel film prodotto da Kubrick la confessione del sogno di Alice segna l’inizio di un nuovo viaggio, intrapreso da Bill, che si rivelerà speculare rispetto a quanto accaduto nella notte precedente.

Il mattino, prima di andare al lavoro, Bill tenta di mettersi in contatto con l’amico pianista, ma questi è scomparso in circostanze ambigue. Si reca quindi da Milich: i due giapponesi appaiono ora distintamente vestiti e salutano affabilmente il proprietario, col quale hanno raggiunto un “accordo”.

Bill si accorge di avere perduto la maschera che indossava alla festa notturna.

Mentre in Doppio Sogno non viene fatto cenno alcuno ad un eventuale smarrimento della maschera e non viene spiegato in maniera esplicita come, al termine del racconto, essa appaia sorprendentemente sul cuscino di Fridolin, lasciando così aperta l’interpretazione secondo cui la maschera non sia stata trovata e posta significativamente sul cuscino da Albertine, ma semplicemente sia riapparsa, quasi per magia – e, forse, viene vista e percepita soltanto da

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Fridolin –, a significare, da un lato, la perdita di identità da parte del medico e, dall’altro, il superamento del confine fra sogno e realtà, in Eyes Wide Shut Kubrick si premura di fornire – o cercare di fornire – un senso ed una possibile spiegazione al ritrovamento della maschera al termine della storia, alla luce della sua volontà di impregnare la vicenda di un maggiore realismo.

Incapace di lavorare, Bill annulla tutti gli appuntamenti e si reca nuovamente alla villa, dove però gli viene consegnato un biglietto che gli intima di desistere da ogni ulteriore indagine. La sera esce e tenta di mettersi in contatto prima con Marion, poi con la prostituta della sera precedente, ma senza riuscirvi. Per strada Bill si accorge di essere pedinato; compra un giornale e si introduce in un caffè, dove legge della morte per overdose di una ex reginetta di bellezza, Amanda Curran, la stessa ragazza che aveva salvato nel bagno di casa Ziegler. Insospettito dalla coincidenza della morte di Amanda e della misteriosa donna mascherata durante da festa, Bill si reca all’obitorio dove fissa a lungo il corpo della ragazza. Una telefonata lo distoglie dai suoi pensieri e lo chiama a casa di Victor Ziegler, dove lo attendono alcune spiegazioni.

Anche il ricco cliente di Bill era all’orgia in maschera, destinata ad ospitare un gruppo selezionato di potentissimi personaggi. Il pianista è stato semplicemente allontanato. Amanda, anch’ella presente alla festa notturna, è morta poco dopo per la droga assunta volontariamente: non c’è stato nessun omicidio e il processo era solo una messa in scena per spaventare Bill.

All’uscita del film nelle sale cinematografiche, furono in molti quelli che trovarono nell’introduzione di questa scena, assolutamente innovativa rispetto al racconto di Schnitzler, nella quale Kubrick sembra insolitamente concedersi alla spiegazione, un motivo di critica: infatti, in nessuno dei suoi precedenti film il regista aveva mai ceduto ad un commento esplicativo, anzi, semmai aveva sempre cercato di oscurare anche il minimamente percettibile31. In verità,

31 S. Ciaruffoli, 2003

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questa scena, voluta in origine principalmente dallo sceneggiatore Frederic Raphael, che sentiva la necessità di conferire alla storia una struttura narrativa concreta e il più possibile reale, e solo in extremis approvata e adottata da Kubrick, non solo non chiarisce nulla, ma, come avrò modo di spiegare più avanti, ad una più accurata analisi colpisce per il senso di teatralità che riesce a trasmettere e, di conseguenza, di falsità.

Tornato a casa, esausto e sconvolto per le rivelazioni della giornata e per gli accadimenti delle due giornate trascorse, il medico trova la maschera che aveva smarrito adagiata sul suo cuscino a fianco di Alice. La sola vista della maschera è sufficiente per provocare il crollo di Bill. Travolto da un incontenibile pianto liberatorio, egli decide di raccontare alla moglie quanto accaduto.

Il mattino dopo trova i coniugi Harford reduci da un lungo e sofferto racconto. Poi, i due si recano con la figlioletta Helena ad acquistare dei giocattoli. Nel negozio ha luogo un breve ma intenso dialogo conclusivo.

2.2. Ambientazione di Eyes Wide Shut: echi di un’altra epoca

Stanley Kubrick, come attestato anche dalla testimonianza dello sceneggiatore Frederic Raphael32, desiderava rimanere il più possibile fedele al canovaccio di Doppio Sogno. Ed infatti, sebbene vi siano alcune sostanziali differenze fra la trama del film e quella del racconto, che lascerebbero supporre un totale stravolgimento da parte di Kubrick del racconto di Schnitzler, ad una più accurata analisi è possibile notare come la storia del medico Fridolin e della moglie Albertine venga rivestita e travestita dalla storia di Bill e Alice, e come tale rivestimento sia sufficientemente sottile affinché la trama originale continui ad affiorare. Tutta l’ambientazione è volutamente ambigua sotto questo punto

32 F. Raphael, 1999

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di vista.

Alla Vienna di inizio Novecento viene sostituta la New York odierna durante il periodo natalizio: tuttavia, «la New York descritta da Kubrick è uno strano ibrido tra la Grande Mela della fine del XX secolo e la Vienna di inizio ‘900 in cui è ambientato il racconto di Schnitzler»33. Per quanto si svolga in una città tanto multietnica e moderna, Eyes Wide Shut è costellato di personaggi e nomi europei centro-orientali: il seduttore ungherese Sandor Szavost; il signor Milich, proprietario del negozio di costumi, di provenienza balcanica; lo stesso Ziegler, il quale ha un cognome di chiara origine tedesca. Oppure, appaiono ambienti come il caffè Sharky’s, nel quale Bill si rifugia nel tentativo di sfuggire al misterioso pedinatore, intonato ad un clima tardo romantico e nel quale risuona il brano Rex Tremendae dal Requiem K. 626 di Mozart. Altre scelte musicali alludono alla cultura mitteleuropea: il valzer di Šostakovič che accompagna i titoli di testa e l’inizio del film, o i brani di Liszt e di Ligeti34. O, ancora, alcuni particolari come la carrozzina antiquata che la piccola Helena indica ai genitori nella scena finale. Infine, l’abbondanza di valletti, servitori, maggiordomi sia alla festa in casa Ziegler sia alla festa mascherata, o anche la figura del portiere dell’albergo, tutti personaggi compresi nel loro ruolo di subalterni in una società dominata da rigidi rapporti gerarchici, rimandano più alla civiltà aristocratica dell’Europa precedente la Prima Guerra Mondiale che a una moderna metropoli americana.

Tuttavia, la storia originale di Schnitzler non è la sola che si sente riecheggiare nella vicenda di Bill e Alice. Il film è dominato da una forte atmosfera fiabesca.

All’inizio del film Helena è vestita come la protagonista dello Schiaccianoci e chiede ai genitori il permesso di vedere la fiaba in televisione: alla fine del film, la stessa Helena richiama l’attenzione dei genitori su una versione della Barbie ricalcata sul modello dello stessimo personaggio. Lo Schiaccianoci, un balletto del

33 G. Alonge, 2002, p. 20 34 F. Ulivieri, 2001

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1892 di Čajkovskij della favola Lo schiaccianoci e il re dei topi di E. T. Hoffmann, è una favola natalizia nella quale si narra di viaggi fantastici, di giocattoli meccanici simili a soggetti umani e di desideri sessuali di una bambina trasfigurati in sogno35. E’ piuttosto evidente il parallelismo fra la storia della fiaba e la storia del film. Anche i riferimenti all’arcobaleno contenuti nel dialogo fra Bill e le due modelle e poi nel nome del negozio di Milich – nella sceneggiatura originaria anche la parola d’ordine della festa orgiastica doveva essere «Fidelio rainbow» – rimandano alla storia del Mago di Oz, la favola di una viaggio fantastico di una ragazzina verso un paese incantato36. Infine, la sequenza iniziale del film, nella quale Bill cerca il portafoglio smarrito prima di recarsi alla festa di Ziegler, può essere paragonata alla scena iniziale di Peter Pan, così come rappresentata dalla versione disneyana del 1952, nella quale i signori Darling si preparano per andare ad una festa ed il padrone di casa reclamerà affinché qualcuno gli cerchi i gemelli che ha smarrito e coi quali deve completare il suo abbigliamento. La figura di Peter Pan raffigura nella riflessione psicoanalitica l’istanza dell’irrazionale, del sognante che si fa tentare dall’immaginazione e che non teme il paradosso, non si sottrae agli impulsi37.

Ma oltre ai rimandi di precise storie di viaggi e di sogni, la gamma di riferimenti culturali disseminati in Eyes Wide Shut è estremamente ampia a complessa. In particolar modo, vorrei sottolineare che mentre la parola d’ordine per accedere alla festa segreta in Doppio Sogno è Danimarca, con una chiara allusione ed un rimando alla confessione del mancato tradimento da parte di Albertine con il giovane ufficiale intravisto durante la vacanza estiva, nel film la stessa è Fidelio, titolo dell’opera di Beethoven che si conclude con un inno all’amore coniugale dopo avere esaltato l’idea di libertà38.

35 R. Eugeni, 1995
36 R. Eugeni, 1995
37 G. P. Caprettini, 2002 38 G. Alonge, 2002

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2.3. Temi a confronto

Nelle sue opere precedenti Doppio Sogno, Schnitzler aveva già affrontato il tema della coppia e dei turbamenti che possono scuotere e minare un felice ed apparentemente tranquillo rapporto, tuttavia analizzando il punto di vista di un solo partner. Allo stesso modo, anche Kubrick, in alcuni suoi film precedenti Eyes Wide Shut, aveva già rappresentato questo tema: si trattava però di coppie anomale, come quella di Humbert e Lolita in Lolita, oppure il motivo apparteneva ad un più ampio affresco e riguardava coppie già in crisi, come in Barry Lindon o in Shining. Con Eyes Wide Shut, invece, il regista pone al centro del racconto l’esplorazione, da parte di una coppia adulta che vive in una sfera di normalità, quella di una tranquilla famiglia borghese, entro i gorghi della psiche, laddove il confine fra realtà materiale e realtà psichica, fra vero e falso, è costantemente rimesso in discussione, e la notte e il giorno si incontrano di continuo, «facendo del viaggio “reale” del marito un’esperienza più onirica e incompiuta del sogno della moglie»39.

L’aspetto saliente della coppia di Bill e Alice, dunque, è la dualità fra aspetto diurno e aspetto notturno, l’apparente normalità di una relazione felice e l’effettivo gorgo di desideri, di gelosie, di ossessioni che essa nasconde e che vengono richiamati alla superficie e liberati solo grazie ad un evento qualunque – la discussione dei due protagonisti in camera da letto, caratterizzata dalla reciproca incomprensione –, come meglio rappresentato nel racconto di Schnitzler. Ma, come sempre avviene nei film di Kubrick, i due aspetti sono separati solo all’inizio della rappresentazione e tendono poi a sovrapporsi. Sintomatico è il rientro di Bill a casa nel corso della terza giornata: un carrello in avanti accompagna il protagonista verso il tinello nel quale si svolge una pacata scena di vita famigliare: Helena sta facendo i compiti con la mamma. Ma quando Bill si reca in cucina e guarda Alice assistiamo al sovrapporsi di due

39 R. De Gaetano, 2002, p. 65

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soggettive del medico: quella visiva ci mostra, con uno zoom in avanti, la donna tranquilla che sorride al marito, quella sonora ci fa ascoltare la voce sconvolta di Alice che racconta la parte più scabrosa del sogno notturno.

Così, gli elementi inquietanti, perturbanti ed inattesi affiorano all’interno della vita domestica, rivelando il fondo oscuro, orrendo e crudele della quotidianità: «la persona che si credeva ben conosciuta diventa inquietante e ignota, il consueto si rivela misterioso»40. Kubrick mostra l’ambiente domestico come un luogo caldo, accogliente, piacevole, conferendogli la stessa atmosfera ovattata e rassicurante con la quale Schnitzler ha aperto il racconto in Doppio Sogno:

[…] La piccola aveva letto [la fiaba] fin lì ad alta voce; ora, quasi all’improvviso, le si chiusero gli occhi. I genitori si guardarono sorridendo, Fridolin si chinò su di lei, le baciò i capelli biondi e chiuse il libro che si trovava sulla tavola non ancora sparecchiata. La bambina lo guardò come sorpresa.

«Sono le nove», disse il padre «è ora di andare a letto». E poiché anche Albertine si era accostata alla bambina, le mani dei genitori si incontrarono sulla fronte amata mentre i loro sguardi si scambiavano un tenero sorriso, che non era più rivolto solo alla bambina.41

Nella maggior parte delle sequenze, ambientate di sera e di notte, l’interno domestico viene posto in netto contrasto visivo con l’esterno mediante una scelta cromatica precisa: le stanze sono illuminate da una luce rossastra e contengono molti elementi scenografici rossi, come tende, tappeti, tovaglie, copriletti o divani, mentre dalle finestre entra una luce bluastra che contrasta sensibilmente con l’altra. Le tonalità rosse denotano un luogo caldo ed accogliente, ma allo stesso tempo rappresentano la tentazione ed il desiderio e indicano una situazione esistenziale in cui è presente il perturbante, il demoniaco, il misterioso. Le tonalità bluastre, oltre a raffigurare il buio della

40 F. Prono, 2002, p. 58

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notte e a conferire al film un’atmosfera onirica, conferiscono una sensazione di pericolo proveniente dal mondo esterno, dall’ignoto. Secondo i diversi momenti della vicenda, queste due dominanti cromatiche si fronteggiano e coesistono l’una accanto all’altra in modo equilibrato, oppure una delle due prevale fino ad annullare l’altra. Ad esempio, nella sequenza in cui Bill, rientrato in casa dopo avere assistito all’orgia notturna, nasconde in un armadietto l’abito noleggiato, oppure in quella in cui il medico trova sul letto la maschera misteriosamente perduta, la semioscurità affogata nel blu segnala l’invasione del mondo esterno dentro il mondo domestico42.

Nel racconto di Schnitzler non vi sono indicazioni né descrizioni dettagliate che prendano in considerazione l’ambientazione, i colori o la fisionomia dei personaggi, o, ancora, che rendano concreto l’aspetto ambivalente della coppia di Fridolin e Albertine. L’intero racconto è permeato da un’atmosfera onirico- surreale che lascia ampio spazio all’immaginazione: ciò che più conta in Schnitzler, suppongo, sono le parole che vengono utilizzate per penetrare la mente, le sensazioni ed i sentimenti più intimi dei protagonisti. Nella mente del lettore che scorre le pagine si cela la costante ed insidiosa domanda sulla veridicità di quanto si sta leggendo: forse, l’intera storia è un sogno. Tale scarsità di particolari ha permesso, a maggior ragione ad un regista tanto eccentrico, indipendente ed innovativo quale è stato Kubrick, da un lato di aderire alla trama e alle tematiche di Doppio Sogno, facendo in modo che la storia originale emergesse costantemente, dall’altro di marchiare il film con la propria inconfondibile firma e con le proprie preferenze stilistiche, senza stravolgere il senso della vicenda.

Dunque, non è soltanto l’ambiente domestico nel quale vivono i due protagonisti e dal quale prendono avvio sia la storia in generale sia, nello specifico, la storia del doppio viaggio di Bill e Alice ad essere caratterizzato

41 A. Schnitzler, 1977, p. 11 42 F. Prono, 2002

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dalla dualità del giorno e della notte, dell’istinto e della ragione, dell’amore e delle pulsioni sessuali. Sul piano cromatico tutto il film è giocato sul contrasto fra questi due colori, il rosso e il blu, costantemente giustapposti: Alice in vestaglia blu mentre pettina la figlia vestita di rosso, la tenda rossa contro la luce azzurra della finestra nella scena del litigio tra i due coniugi, la luce blu e i drappi rossi nel negozio di Milich, i due giapponesi che indossano rispettivamente una camicia blu ed una rossa, e via dicendo. Il contrasto cromatico è inoltre evidente nell’alloggio della prostituta, nel Sonata Cafe, dove Bill incontra l’amico pianista che gli fornisce poi l’indirizzo e la parola d’ordine per accedere all’orgia, nella sala da biliardo di Ziegler, nel palazzo della festa mascherata: in questi luoghi il rosso perde ogni connotato caldo, mantenendo solamente quello che suggerisce un senso di inquietudine e di morte. Un presentimento negativo, infatti, emerge dal rosso intenso di vari oggetti: la pedana sulla quale l’amico suona il pianoforte nell’abitazione di Ziegler, la poltrona sulla quale è distesa Mandy mentre si sente male, le pareti del Sonata Cafe e del bar dove Bill legge il giornale, il portone d’ingresso della casa della prostituta, le tende ed i tappeti della villa nella quale ha luogo l’orgia, così come il mantello rosso che indossa l’officiante, il panno del biliardo di Ziegler, ed anche le pareti e gli scaffali nel negozio di giocattoli, o la maglia con cui è vestito Bill nel finale, vari oggetti e decorazioni che alludono al Natale. La festività natalizia, in effetti, non mostra alcun aspetto autenticamente gioioso e positivo, ma sembra in qualche modo il raddoppiamento dell’orgia – caratterizzata da movimenti altamente coreografici ed impostati, sincopati, per nulla naturali –, un rito sociale e famigliare che a quella corrisponde43.

A questo proposito, la coppia di Bill e Alice appare come frammento e specchio del più ampio sistema sociale in cui è inserita. Anche la società nel suo complesso vive sul filo che separa due dimensioni, l’una diurna e l’altra notturna, sempre pronte a richiamarsi fra di loro e a sovrapporsi. Rivelatore di

43 F. Prono, 2002

43

questo aspetto è il ruolo espressivo e narrativo che rivestono all’interno del film le due feste in cui è coinvolto il protagonista: la festa iniziale a casa di Ziegler, caratterizzata dalla presenza di una luminosità diffusa e insistente, e quella notturna nella villa isolata, festa di ombra ammantata dal mistero44. Le sequenze di entrambe le feste durano esattamente diciassette minuti ed appaiono l’una come l’inverso ma anche il completamento dell’altra. La festa di Ziegler presenta un affiorare del desiderio nelle situazioni di corteggiamento in cui vengono coinvolti sia Bill sia Alice, entrambi si sentono sfiorati da «un’ombra di avventura, di libertà e di pericolo»45 che li spingerà poi verso quel territorio nascosto, fluttuante e misterioso della parte più intima della loro anima: il medioconscio. Questa festa prevede inoltre un “fuori scena” – il bagno in cui Ziegler stava consumando il suo rapporto sessuale con la giovane modella prima che quest’ultima si sentisse male –, apparentemente immotivato, e che invece prepara narrativamente all’altra festa. Sintomatico è il codice vestiario: all’inappuntabile smoking di Ziegler fa riscontro la sua seminudità nella sequenza del bagno. In merito a tale sequenza, vorrei aggiungere l’acuta osservazione di Prono:

Nel Dottor Stranamore come in Shining e in Full Metal Jacket vediamo che il corpo umano da un lato soffre del mascheramento, dell’annullamento prodotti su di lui dalla civiltà, dalla razionalità, dalla macchina; dall’altro rivela a tratti la propria debolezza organica e la grande vulnerabilità, mostra il bisogno di consumare cibo e di ottemperare a tutte le necessità fisiologiche.46

Questo spiega il fatto che svariate sequenze nei film di Kubrick siano ambientate in cucine e in stanze da bagno, dove spesso vengono rappresentati con efficacia la malattia, la follia o la morte, come nel caso preso in esame in

44 R. Eugeni, 2002
45 A. Schnitzler, 1977, p. 14 46 F. Prono, 2002, p. 48

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Eyes Wide Shut.

La festa a casa Ziegler, così luminosa, caratterizzata da un ambiente nel quale le persone vestono abiti elegantissimi e stupendi e chiacchierano secondo le convenzioni della morale borghese, dove nulla viene lasciato al caso o dichiarato in modo esplicito – le due modelle che corteggiano Bill utilizzano numerosi doppi sensi e non sono mai chiare: ad esempio, il significato del loro invito, rivolto a Bill, a seguirle «là dove finisce l’arcobaleno»47 è lasciato in sospeso e l’allusione alla successiva festa può essere colta dallo spettatore solo molto più avanti –, dunque, è la riproduzione ed anticipazione della successiva festa, l’orgia notturna e segreta, stilizzata e regolata come un balletto, nel quale i corpi si muovono quasi come manichini secondo la reiterazione esasperata dell’atto sessuale. La ritualità funeraria dell’orgia è possibile, peraltro, soltanto sotto una stretta copertura di segretezza e dissimulazione che comporta l’utilizzo di maschere e di mantelli sul corpo48.

Ancora una volta, la scena sociale appare in Kubrick come un luogo di rappresentazione e di travestimento. Tutte le persone che si muovono nell’ambiente benestante in cui vive Bill si coprono con le maschere delle convenzioni sociali, sono esse stesse maschere che celano la loro vera identità. Illuminante a questo proposito è la battuta con cui Bill, dopo che ha cominciato a ballare con Alice in casa di Ziegler, rispondendo alla domanda della moglie: «Non c’è nessuno che conosci qui?» le dice: «No, neanche un’anima»49. Nel film, infatti, vengono continuamente mostrati corpi, nudi o semi-svestiti, ma non si discute mai dell’interiorità delle persone. E più esplicito nell’annunciare il tema del travestimento e dell’ipocrisia borghese è il racconto di Schnitzler, poiché già la prima festa si presenta in forma mascherale – la vicenda di Doppio Sogno, in effetti, si svolge nella Vienna di inizio Novecento

47 S. Kubrick, 1999 48 F. Prono, 2002 49 S. Kubrick, 1999

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proprio durante il periodo carnevalesco: «Quanto a Fridolin, appena entrato in sala era stato salutato come un amico atteso con impazienza da due maschere in domino rosso che non era riuscito a identificare […]»50. Inoltre, questo è l’unico momento della storia in cui Schnitzler nomina il colore rosso, che raffigura in questo caso la tentazione cui viene sottoposto Fridolin e l’affiorare del desiderio, e che è stato poi riproposto e raffigurato in modo più esteso da Kubrick nella sua personale rappresentazione della dualità fra notte e giorno in Eyes Wide Shut.

Centrale, quindi, sia nel racconto sia nel film, è il motivo della maschera: le maschere grottesche e deformate dei partecipanti dell’orgia notturna non sono altro che l’estrinsecazione di un più generale principio di mascheramento sociale. Per sua natura, la maschera si adopera in due sensi complementari e distinti:

Espropria l’individualità di chi la indossa ed al contempo gliene garantisce due ben distinte: una allegorica, che è raffigurata dalla maschera stessa, e l’altra puramente proiettiva, ideata da chi questa maschera la osserva e nell’impossibilità di scorgere il volto nascosto ne immagina uno a suo discernimento. Sta qui l’eyeswideshut kubrickiano, l’inintelligibilità di un volto, di uno sguardo, di un’espressione nascosti dietro l’infinita gamma di maschere tutte diverse per se stesse ma tutte drammaticamente uguali per chi le guarda.51

Esemplare sotto questo aspetto è il lavoro compiuto da Kubrick con il volto e gli stili mimici di Tom Cruise. Le espressioni tipiche dell’attore – il sorriso seducente, lo sguardo brillante ed allusivo, un certo sollevare le sopracciglia per sottolineare i buoni intendimenti e la sincerità – vengono fissate e serializzate in una piccola galleria di smorfie ricorrenti, buone per ogni occasione ed al

50 A. Schnitzler, 1977, p. 12 51 S. Ciaruffoli, 2003, p. 93

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tempo stesso suscettibili di improvvisi svuotamenti52. Un esempio è la sequenza nella quale Bill si reca nuovamente a casa della prostituta, dove però trova la coinquilina che gli parla della malattia dell’amica: il volto inespressivo ed impassibile, il sorriso seducente e al contempo imbarazzato, i movimenti legnosi del corpo mirano a mascherare in modo ridicolo la sua incapacità di rispondere in modo adeguato alle sorprese che la vita gli riserva, nascoste oltre la superficie dei riti sociali quotidiani.

I suoi rapporti col mondo circostante si rifugiano continuamente in un cerimoniale meccanico e perbenista, che riduce la comunicazione a puro esercizio fatico: all’inizio del film, quando i due coniugi si stanno preparando per recarsi alla festa di Ziegler e lui dice alla moglie che è bellissima, lei protesta che in realtà non l’ha nemmeno guardata. E della comunicazione fatica fanno parte anche le sue abitudini di ripetere sempre, in forma di domanda, l’ultima parte del precedente discorso dell’interlocutore53.

D’altro canto, il principio del mascheramento è pervasivo e coinvolge gli stessi ambienti: questi sono tutti decorati con le stesse luci natalizie, ora bianche – nella casa di Ziegler e successivamente in una parte del negozio di Milich – ora colorate – nell’abitazione di Bill e Alice, nel negozio di giocattoli, nella casa della prostituta –, come se una seconda pelle uniformante si stendesse sugli ambienti più diversi. Occorre attendere l’orgia mascherata della villa per scoprire, finalmente, uno spazio spoglio di questa patina colorata e luminescente e tale dunque da rivelare la verità delle proprie superfici, laddove la società si mostra per quella che è: una messinscena nella quale le identità sono andate perdute.

Di fondamentale importanza, sia nel racconto di Schnitzler sia nel film di Kubrick, è la scena nella quale il protagonista, rientrando a casa, trova la maschera sul suo cuscino accanto alla moglie addormentata. La maschera,

52 R. Eugeni, 1995 53 F. Prono, 2002

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situata nel luogo occupato durante il sonno – il sogno – del/dal medico, lo raffigura e lo sdoppia, risvegliandolo dal suo torpore e ponendolo di fronte al suo Es onirico. Al contempo, la stessa è la prova che gli avvenimenti vissuti hanno in qualche modo valicato il confine fra sogno e realtà, guadagnandosi una forma concreta. Diviene la prova tangibile del mondo immaginario del protagonista maschile: in questo frangente il fantastico risale «la gora dell’irreale su fino alla luce e assurge il simbolo dello smascheramento della messinscena»54.

Come spiega anche Eugeni55, poi, il gioco della rappresentazione sociale appare nel suo complesso tenue, fragile, sempre pronto a rivelare le sue trame e la sua artificiosità; e finisce così per affiorare il principio che muove effettivamente le azioni e le scelte dei soggetti: il principio del desiderio e la ricerca della verità, il cui statuto rimane incerto e sfuggente. La storia di Bill, dunque, consiste in un continuo rinvio non solo nel possedere una donna, ma anche e soprattutto nel possedere in forma definitiva una verità. Significative sono allora le parole di Alice nelle battute finali: il fatto che la coppia sia uscita indenne dalle avventure della notte viene legato alla possibilità che la realtà di tali esperienze corrisponda ad una verità.

2.4. Strutture a confronto

2.4.1. Rappresentazione dello spazio e movimenti di macchina

Dal punto di vista dei procedimenti di scrittura cinematografica Eyes Wide Shut conferma l’attrazione di Kubrick per un utilizzo insistito dei movimenti di

54 S. Ciaruffoli, 2003, p. 107 55 R. Eugeni, 1995

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macchina. Carrelli e steady cam sono presenti per tutto il film. Più in particolare, lo spazio viene rappresentato secondo due modalità. Alcuni spazi sono resi dinamici grazie all’uso di carrelli all’indietro – a casa di Ziegler o nel negozio di giocattoli –, o in avanti – nel negozio di costumi o nei ritorni di Bill a casa –, o laterali – nelle scene in strada –, oppure mediante movimenti più complessi ed elaborati, di andamento circolare – durante il ballo alla festa di Ziegler o all’ingresso nella villa dell’orgia. Altri spazi, invece, sono resi statici da inquadrature fisse, che insistono spesso sui primi o primissimi piani dei soggetti lasciando fuori fuoco il resto dello spazio: in questo caso viene utilizzato lo zoom, che sottolinea la volontà di indagare da vicino i volti: ad esempio, nella scena del bagno in casa Ziegler, nell’abitazione della prostituta, o, ancora, nella camera da letto dei coniugi durante il litigio, all’interno del taxi che conduce Bill alla villa dell’orgia, nel caffè dove Bill legge il giornale e nell’obitorio56.

In particolare, però, è la figura della carrellata, e nello specifico quella all’indietro, a dominare il dipanarsi della vicenda in Eyes Wide Shut.

Come Schnitzler nella sua novella Doppio Sogno, anche Kubrick preferisce entrare subito nel vivo della vicenda, presentando con pochi tratti essenziali situazioni e personaggi. Dunque, sia nel romanzo sia nel film si avverte sin dalle prime battute un sensibile sbilanciamento verso la parte centrale del racconto, ovvero verso il culmine del viaggio onirico-surreale dei due protagonisti, in particolare quello del medico, che rappresenta sia per lo scrittore viennese sia per il regista il vero protagonista della vicenda. La stessa forza che richiama Bill in avanti verso la profondità dell’immagine – e quindi verso la macchina da presa che simultaneamente carrella all’indietro – è sia una sorta di coazione narrativa che accompagna il suo percorso verso il centro della storia sia la cifra stilistica che permette allo spettatore di avvertire lo stesso

56 R. Eugeni, 1995

49

senso di smarrimento che permea il personaggio interpretato da Cruise57.

Ecco l’elenco dei movimenti di macchina al seguito di Bill Harford contenuti nel film.

Carrellate all’indietro:

  1. IconiugiHarfordesconodallacameradalettoesalutanolafigliaprima di recarsi al ricevimento della famiglia Ziegler.
  2. Giunti alla festa, percorrono il corridoio che li conduce alla scalinata illuminata di fronte alla quale li attendono i coniugi Ziegler.
  3. Bill, sempre al ricevimento, intrattiene un dialogo con l’amico pianista.
  4. Bill passeggia a braccetto con le due modelle.
  5. Victor Ziegler e Bill si accingono ad uscire dal bagno dopo che quest’ultimo ha prestato le sue cure a Mandy.
  6. Bill passeggia in strada dopo avere lasciato il paziente deceduto e prima di incontrare la prostituta.
  7. Bill scende le scale del Sonata Cafe.
  8. Assieme a Milich percorre il corridoio del negozio Rainbow Fashion.
  9. Nella villa passeggia a braccetto della donna misteriosa mentre questa lo avverte di abbandonare la festa.
  10. Bill sfila osservando le scene dell’orgia.
  11. Lo stesso viene accompagnato di fronte all’officiante.
  12. Bill entra nell’albergo per cercare l’amico pianista.
  13. Torna per la seconda volta al negozio di costumi.
  14. Torna in automobile alla villa dell’orgia.

57 S. Ciaruffoli, 2003

50

15. Rientra a casa mentre la figlia sta facendo i compiti assieme ad Alice. 16. Si ripresenta a casa della prostituta.
17. Bill, accortosi di esser pedinato, entra nel caffè Sharky’s.
18. Percorre il corridoio che lo conduce all’obitorio.

19. Esce dall’obitorio.
20. Torna per la seconda volta a casa di Ziegler.
21. Nella sala del biliardo Bill sia allontana da esso per sedersi sul divano. 22. Rientra a casa, dove ritrova la maschera sul cuscino.
23. Bill passeggia assieme ad Alice nel negozio di giocattoli.

Carrellate in avanti:

  1. Bill, entrato nell’abitazione del paziente defunto, si dirige verso la camera da letto.
  2. Uscito dalla predetta abitazione viene importunato da un gruppo di facinorosi.
  3. Rientra a casa nel cuore della notte dopo essere stato alla villa della festa mascherata.

Carrellate laterali:

  1. Bill passeggia per strada prima di essere importunato dai facinorosi.
  2. Si dirige verso l’abitazione della prostituta.

3. SiavvicinaalSonataCafe.

È evidente la prevalenza numerica dei movimenti di macchina rivolti verso la profondità della scena piuttosto che quelli laterali.

Il regista, infatti, non ha bisogno di rappresentare la discesa verso l’inconscio da parte del protagonista attraverso l’utilizzo degli espedienti formali più classici del cinema: l’arretramento della macchina da presa assieme all’avanzare

51

pletorico di Bill diviene anche e soprattutto architettura e territorio dell’inconscio58.

Questo movimento di macchina è quello che più si avvicina al tipo di osservazione e di indagine da parte del protagonista. Con la carrellata all’indietro ci situiamo al vertice del punto di fuga dello sguardo di Bill: siamo qualche istante prima di lui nel luogo del suo percepito, tuttavia percependolo qualche istante dopo. Con la carrellata in avanti, invece, scorgiamo simultaneamente il dipanarsi della visione del protagonista, tuttavia raggiungendo brevemente in ritardo la sua prospettiva59. In entrambi i casi noi spettatori siamo con Bill e siamo in grado di seguire il flusso della narrazione grazie all’estensione del suo sguardo. Questo tipo di narrazione viene denominato «a focalizzazione interna» ed è lo stesso espediente narrativo utilizzato da Schnitzler, che ci consente di leggere il racconto Doppio Sogno dal punto di vista di Fridolin, attraverso i suoi pensieri, senza tuttavia utilizzare il flusso di coscienza. In altri film, come in Full Metal Jacket e in Arancia Meccanica, era compito del voce over, appartenente in entrambi i casi al protagonista, guidare lo spettatore all’interno della vicenda; in Eyes Wide Shut, invece, la parola è soppressa a favore dell’immagine: essendo la storia densa di ingerenze oniriche, la fluidità del racconto unita alla struttura particolare dei sogni sarebbe risultata sovraccaricata se fosse stata molestata da un’oratoria extra- filmica.

Il film ospita soltanto due momenti che rifuggono l’espediente della focalizzazione interna a favore del punto di vista della macchina da presa e del regista, che finalmente annuncia la sua presenza e pone la sua firma: la scena dell’obitorio e quella nella sala da biliardo a casa di Ziegler.

Nella prima sequenza, Bill, entrato in obitorio, si appresta a distinguere – o a tentare di distinguere – in Amanda Curran la donna misteriosa che si è

58 S. Ciaruffoli, 2003 59 S. Ciaruffoli, 2003

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sacrificata per lui durante la festa mascherata. Ma, appena estratto il lettino dalla cella, avviene un cambio brutale di prospettiva: una plongée sul corpo della donna ci scosta da Bill confinandolo al margine dell’inquadratura. Ora ci troviamo nel punto di vista della macchina da presa, che ci regala un ampliamento del nostro orizzonte interpretativo: Mandy non è la donna misteriosa. Ella, infatti, ha gli occhi aperti – solo per lo spettatore – e ci è dato conoscere il suo aspetto grazie alla plongée adottata. Nell’inquadratura successiva, nuovamente secondo il punto di vista di Bill ed il suo mondo, la donna ha le palpebre abbassate: così, egli non riesce a raggiungere la certezza che Amanda possa essere la donna misteriosa o che, viceversa, non lo sia. Per un solo istante, dunque, il viaggio dello spettatore si è congiunto a quello del regista e si è separato da quello del personaggio e, proprio come recita il titolo, anche lo sguardo si è scisso in due: occhi aperti per lo spettatore, serrati per Bill60.

Nella seconda sequenza presa in esame, Bill, uscito dall’obitorio e ancora immerso nei suoi pensieri, viene interrotto da una telefonata e chiamato a casa di Ziegler, dove sembra lo attendano alcune spiegazioni: si tratta della famosa scena nella sala del biliardo, da molti criticata e contestata, che denota la massima riconoscibilità nell’impostazione simmetrica, frontale, e nell’impronta teatrale tipiche del cinema di Kubrick.

L’avvenimento narrato in questa sequenza, così come la sua struttura simmetrica, inoltre, sembrano rifarsi ad una scena di un celebre film di Alfred Hitchcock, La donna che visse due volte (titolo originale: Vertigo), nella quale Tom Helmor si confida con James Stewart sulle stranezze della moglie pregandolo, in qualità di ex compagno di scuola ed ex poliziotto, di pedinarla61. In verità, lo spettatore intuisce che la confessione di Helmor è pura invenzione, uno stratagemma per impossessarsi e godere indisturbato i soldi dell’eredità della

60 S. Ciaruffoli, 2003 61 S. Ciaruffoli, 2003

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moglie: Hitchcock non lo nasconde del tutto e l’evoluzione della scena non fa altro che svelarlo attraverso un uso teatrale dello spazio. Così, Helmor diviene attore della rappresentazione nella rappresentazione. Al momento della confessione menzognera, infatti, l’impresario Helmor va a porsi su un piano rialzato della stanza e al contempo Stewart si distacca da esso andando a sedersi in una poltrona. Magistralmente Hitchcock riproduce la situazione teatrale che vede lo spettatore seduto in platea e l’attore sul palco.

Col medesimo procedimento Kubrick ritrae il suo protagonista, Bill, in un ambiente teatrale che si rifà a quello falso di La donna che visse due volte, denunciando a maggior ragione la finzione nell’interazione fra i due personaggi. Così, non è solamente la sua impostazione teatrale – l’aumento spropositato della profondità di campo, Bill che si rivolge allo spettatore di un’ipotetica platea dando le spalle a Ziegler, la comunione dei punti di fuga della stanza con quello dello schermo – a ricordare la stanza del predetto film, ma soprattutto il suo arredamento. Rifacendosi in maniera indubitabile alla sequenza ed alla stanza del film di Hitchcock, Kubrick pone immediatamente in discussione e rende ambiguo il recitato di Bill e Ziegler. Inoltre, tale sequenza è ambientata attorno ad un biliardo ricoperto di un panno rosso, che ricorda e rinnova quello sul quale si svolge la cerimonia, il rito di iniziazione delle ancelle mascherate durante l’orgia nella villa segreta. Inoltre, il biliardo è la traslazione di un gioco che alla sua nascita si svolgeva all’aperto, o comunque su di un ampio spazio calpestato fisicamente dai suoi partecipanti – e di quello spazio rimane infatti il verde che richiama il colore del prato. Nelle due sequenze dell’orgia e del biliardo il colore protagonista non è il verde bensì il rosso ed il rito, con le sue regole, viene disciplinato rispettivamente dall’officiante vestito anch’egli di rosso e da Victor Ziegler, i quali divengono registi dell’artificio ludico62. Emblematico, poi, è il momento in cui Bill, esausto, mostra a Ziegler il ritaglio di giornale, domandandogli se la Amanda

62 S. Ciaruffoli, 2003

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dell’articolo corrisponda alla donna misteriosa che si è sacrificata per lui. Ziegler, che in questo momento è vicino a Bill, si allontana per recarsi di fianco al biliardo, lo tocca e solo dopo risponde, con spudorata falsità evidenziata da uno stacco che ci mostra un suo primo piano illuminato dalle lampade: «Era lei»63. Ma è una menzogna. Amanda è sì la ragazza morta per overdose dell’articolo di giornale, ma non è la donna misteriosa: basta guardare i titoli di coda. I due personaggi sono stati recitati da due attrici diverse. Inoltre, Ziegler confessa a Bill, ancora a ridosso del biliardo, che Amanda non sarebbe stata uccisa durante l’orgia, bensì sarebbe stata accompagnata a casa da due partecipanti alla festa notturna: questo dettaglio non coincide con quanto scritto nell’articolo di giornale, secondo il quale la ragazza sarebbe stata accompagnata sì da due signori, ma in un albergo64. Dunque, la spiegazione offerta nella scena della sala del biliardo è falsa e la storia rimane enigmatica e senza soluzione.

2.4.2. Figura della geminazione simmetrica

Eyes Wide Shut si configura dunque come una sorta di lungo, ininterrotto viaggio che passa attraverso strade, stanze, corridoi per arrestarsi solo provvisoriamente in alcuni luoghi, dove pure continua una sorta di avanzamento all’interno degli individui – mediante l’utilizzo dello zoom.

A prima vista, questo viaggio sembra possedere un andamento continuo ed una perfetta forma circolare: esso parte da casa Harford e lì è destinato a terminare dopo avere toccato nuovamente, nella seconda parte, tutte le tappe della prima.

Effettivamente, il racconto di Schnitzler regala con maggior forza questa impressione di complessiva coerenza ed è strutturato secondo un andamento

63 S. Kubrick, 1999
64 È possibile prendere visione dell’articolo di giornale scritto in inglese e della sua traduzione in italiano in F. Ulivieri, 2001

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circolare, diviso al suo interno in due parti disposte simmetricamente fra di loro. Le peregrinazioni di Fridolin sono strutturate secondo il seguente schema:

Sera 1

Casa Fridolin e Albertin e

Casa paziente defunto

Strada: facinoro si

Casa prostitui ta

Caffè del pianista

Negozio costumi

Villa dell’orgi a

Giorno 2

Casa Fridolin e Albertin e

Caffè del pianista e albergo

Negozio costumi

Villa dell’orgi a

Sera 2

Casa Fridolin e Albertin e

Casa paziente defunto

Casa prostitut a

Caffè del giornale e obitorio

Casa Fridolin e Albertin e

Come si può notare, l’abitazione di Fridolin e di Albertine rappresenta il punto di partenza e di arrivo di ciascun segmento narrativo. Viceversa, la villa dove si svolge l’orgia mascherata rappresenta il punto di massima lontananza prima del ritorno a casa da parte di Fridolin. Inoltre, la sequenza percorsa dal medico durante la notte del primo giorno viene ripercorsa dallo stesso il secondo giorno, ma in un ordine differente: di giorno Fridolin ripercorre le tappe finali del viaggio della notte precedente, mentre di sera ripercorre le tappe iniziali, secondo una struttura simmetrica A-B-B-A. Il racconto termina nuovamente nell’abitazione dei due protagonisti, laddove era iniziato.

Al contrario, un’analisi più attenta della struttura del film rivela che il viaggio

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del medico qui rappresentato è tutt’altro che circolare, coerente e continuo.

In primo luogo, la forma delle sue peregrinazioni non è affatto circolare, ma è caratterizzata da una struttura più complessa che si dipana secondo il seguente schema:

Sera 1

Casa Harford

Casa Ziegler

Sera 2

Casa Harford

Casa paziente defunto

Strada: facinorosi

Casa prostituta

Sonata Cafe

Rainbow Fashion

Somerton

Giorno 3

Casa Harford

Sonata Cafe e albergo

Rainbow Fashion

Somerton

Sera 3

Casa Harford

Ambulat orio: telefonata a Marion

Casa prostituta

Strada: pediname nto

Sharky’s e obitorio

Casa Ziegler

Giorno 4

Casa Harford

Negozio giocattoli

Come nel racconto di Schnitzler, l’abitazione dei due protagonisti rappresenta anche nel film il punto di partenza e di arrivo di ciascuno dei segmenti narrativi, mentre il punto di massima lontananza raggiunto prima del ritorno è qui rappresentato dalla casa di Ziegler e dalla villa a Somerton, in una disposizione a geminazione simmetrica A-B-B-A. Questo mostra una piccola

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variazione rispetto alla struttura del libro. Anche nel film, poi, la sequenza percorsa la notte del secondo giorno – la storia del film è incentrata in quattro giorni anziché due – viene ripercorsa il terzo giorno in un ordine particolare: di giorno Bill ripercorre le tappe finali del viaggio della notte precedente, mentre durante la sera torna sui luoghi della prima parte, con alcune modifiche. La struttura A-B-B-A appare quindi anche nell’alternanza dei posti toccati da Bill tra il secondo ed il terzo giorno.

A guidare gli spostamenti di Bill, dunque, non è una figura circolare, bensì la figura della geminazione simmetrica, rafforzata nel film dai cambiamenti alla trama apportati da Raphael e Kubrick, la quale possiede una logica speculare: essa presenta della seconda parte – B-A – il riflesso speculare della prima – A- B. Il percorso nel negozio di giocattoli è l’unico momento del film a uscire da tale logica, quasi ad evidenziare il fatto che i protagonisti sono usciti dal sistema spaziale che li aveva fin qui tenuti avvinti65.

Questa logica della specularità, d’altra parte, assieme all’iterazione di elementi identici o simili che mette in crisi il meccanismo della progressione lineare, attraversa per intero sia il racconto di Schnitzler sia, in maniera più evidente e con un impatto molto più forte anche grazie alle proprietà intrinseche delle immagini che mostrano ciò che le parole scritte possono solo riferire ed evocare, il film di Kubrick, costituendo effetti di eco e di corrispondenza fra le parti che li compongono.

Doppio Sogno è caratterizzato dalla figura del doppio, che si presenta sia in motivi figurativi come le «due maschere in domino rosso»66 conosciute da Fridolin durante la festa iniziale, i due uomini coi quali viene scoperta la figlia del mascheraio nel negozio di costumi, i due uomini che prelevano l’amico pianista dal suo albergo durante la notte o le due prostitute con le quali il medico si intrattiene prima e dopo gli avvenimenti del suo viaggio notturno, sia

65 R. Eugeni, 1995
66 A. Schnitzler, 1977, p. 12

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in una fitta serie di richiami fra momenti differenti dell’opera: la confessione di Albertine in merito alla sua attrazione per il giovane ufficiale di marina viene richiamata da quella di Marianne, che confessa il suo amore represso a Fridolin accanto al padre deceduto; la scena nell’orgia notturna viene riecheggiata nella narrazione del sogno da parte di Albertine al ritorno a casa del marito, così come l’intero sogno rappresenta la reiterazione del viaggio compiuto da Fridolin durante la notte, sebbene di segno opposto. Come già accennato, il racconto stesso è costituito da due parti speculari, dove la seconda parte rappresenta la ripetizione della prima, ma di carattere opposto.

I temi del doppio e della reiterazione di elementi e di avvenimenti identici o simili fra di loro, così come la logica della specularità che attraversa e permea l’intera storia, sono stati ripresi e riproposti da Kubrick in modo quasi ossessivo e sanciscono la struttura labirintica, inestricabile e misteriosamente sempre uguale a se stessa che è propria della vita umana, per cui sia i desideri di fuga sia la ricerca della novità e del cambiamento sono puramente illusori. I raddoppiamenti continui, inoltre, raffigurano i diversi aspetti e le diverse facce delle persone che popolano la trama del libro e del film67.

Dunque, i motivi figurativi del doppio tornano insistentemente: le due modelle che accompagnano Bill durante la festa a casa Ziegler, i due giapponesi nel negozio di costumi, le due prostitute, le quali vivono in un appartamento la cui porta d’ingresso combacia con una porta gemella – tant’è che quando Bill torna per la seconda volta a casa della prostituta, inizialmente non sa a quale porta bussare –, le due donne misteriose alla festa orgiastica, delle quali una cerca di avvertire Bill del pericolo cui si sta sottoponendo restando lì, mentre l’altra cerca di coinvolgere e trattenere Bill alla festa. Il doppio viene rappresentato nel film anche grazie all’utilizzo di specchi presenti in numerosi contesti: ad esempio, il film si apre proprio con l’immagine di Alice di fronte ad uno specchio; e quando, al ritorno a casa dopo la festa di Ziegler, i due

67 F. Prono, 2002

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protagonisti si accingono a fare l’amore di fronte allo specchio, la macchina da presa stringe su quest’ultimo, escludendo dal campo i corpi reali a favore del loro simulacro riflesso nel vetro. Vi sono poi elementi iconografici identici: l’immagine dell’arcobaleno chiamata in causa dalle due modelle alla festa di Ziegler viene successivamente incarnata dal nome del negozio di Milich. Ma in Eyes Wide Shut spesso le coppie non sono formate da elementi identici. Nella prima inquadratura, mentre ancora scorrono i titoli di testa, Alice viene ripresa di fronte allo specchio mentre si lascia cadere il vestito e rimane completamente nuda; poi, dopo un inserto che mostra una strada cittadina percorsa da uno scarso traffico notturno, appare Bill perfettamente vestito in smoking di fronte allo stesso specchio. Lo spazio è il medesimo, però ha subito alcune modifiche: nell’inquadratura con Bill è comparso un tappeto ed è scomparsa la lampada nell’angolo della stanza. Inoltre all’inappuntabile smoking del medico fa riscontro la nudità intergale di Alice nella scena precedente. Come in Doppio Sogno, poi, rimane nel film una fitta serie di richiami tra scene differenti: la confessione di Alice circa la sua attrazione per l’ufficiale di marina viene richiamata dalla scena nella quale la figlia del paziente deceduto confessa il suo amore represso a Bill; la telefonata che interrompe il dialogo fra Bill e Alice durante il litigio in camera da letto ritorna a interrompere Bill e la prostituta e nel sottofinale richiama Bill a casa di Ziegler. La scena dell’orgia a Somerton viene riecheggiata nella narrazione del sogno da parte di Alice a Bill al suo rientro. Vi sono, inoltre, inquadrature simili o identiche che appaiono nel corso del film: ad esempio, l’inserto che mostra la strada di fronte all’abitazione dei due protagonisti appare sia all’inizio del film, durante lo scorrimento dei titoli di testa, sia, identica, prima del rientro a casa di Bill subito dopo il dialogo nella sala del biliardo con Ziegler. Anche alcune espressioni verbali tornano in situazioni differenti della vicenda: per esempio, la frase «devo proprio essere sincero»68 (nell’originale «to be perfectly honest»)

68 S. Kubrick, 1999

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viene pronunciata per tre volte: prima da Bill, mentre parla con la cameriera del bar di fianco al Sonata Cafe, poi dal concierge dell’albergo quando Bill tenta di ritrovare l’amico pianista, infine dalla coinquilina della prostituta quando questa rivela al medico la malattia dell’amica. Tale frase viene riecheggiata anche nel «devo proprio essere sincero» (nell’originale «I have to be completely frank») pronunciato da Ziegler nella scena della sala del biliardo. Come già detto, sul piano cromatico l’intero film è caratterizzato dalla presenza dei colori rosso e blu costantemente giustapposti. Infine, vi sono alcuni ambienti che si richiamano: in particolare, negli esterni la strada che si innesta a T sull’altra strada e presenta in fondo una vetrina aggettante – di volta in volta un locale anonimo, il Rainbow Fashion o lo Sharky’s – sembra tornare identica in situazioni e punti differenti del film: nella scena dell’aggressione da parte dei facinorosi, in quella del pedinamento, e via dicendo. A tale proposito, sottolineerei un ulteriore fatto: le strade dispiegate di fronte agli occhi di Bill non appartengono alla vera New York, ma appartengono in realtà a set ricostruiti negli studi Pinewood a Londra. Giacché «Ricostruire un ambiente in studio determina così la possibilità di modificarne degli aspetti per rendere più espressivo e funzionale il contributo significante dell’ambiente stesso all’opera come intero»69. Ed infatti, la permanente impronta di artificiosità delle strade è costantemente messa in ostentazione da Kubrick, che conduce il suo protagonista in un viaggio della mente, in una New York labirintica che rappresenta la proiezione della stessa da parte della mente di Bill nel suo viaggio all’interno dei meandri dell’inconscio70, esattamente come Schnitzler in Doppio Sogno insiste nel descrivere la spettralità dell’ambiente circostante Fridolin, improvvisamente a lui ignoto, così come l’ingannevole ed artificiosa vicinanza della primavera che viene ad un tratto ad interrompere il freddo della bianca notte invernale:

69 G. Rondolino, D. Tomasi, Manuale del film, citato in S. Ciaruffoli, 2003, p. 66 70 S. Ciaruffoli, 2003

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In strada dovette aprire la pelliccia. Era cominciato improvvisamente il disgelo, la neve sul marciapiede si era quasi sciolta e spirava un venticello che annunziava la primavera.71

Ed ancora:

Ad un tratto, superata ormai la sua meta, si trovò in una stradina in cui si aggiravano solo alcune squallide prostitute a caccia notturna di uomini. Che atmosfera spettrale, pensò. Anche gli studenti dai berretti blu divennero improvvisamente spettrali nel ricordo, così pure Marianne, il fidanzato, lo zio e la zia, che ora immaginò tenersi per mano attorno al letto di morte del vecchio consigliere; anche Albertine, che gli apparve immersa in un sonno profondo, le mani incrociate dietro la nuca – persino la bambina, che a quell’ora dormiva raggomitolata nel lettino bianco, e la governante dalle guance rubiconde con la voglia sulla tempia sinistra – tutti si erano trasformati ai suoi occhi in figure assolutamente spettrali.72

Il progressivo distaccarsi dalla quotidianità del suo viver borghese e la proiezione, inconscia, del proprio stato d’animo sul mondo esterno fa apparire a Fridolin ogni cosa avvolta in un’atmosfera spettrale, assolvendolo da ogni responsabilità e conducendolo poi nel viaggio di illusoria liberazione all’interno della propria anima e del proprio medioconscio:

[…] dopo la conversazione serale con Albertine si stava allontanando sempre più dalla normale sfera della sua esistenza, addentrandosi in un altro mondo, lontano ed estraneo.73

2.4.3. Rappresentazione del tempo: lo smarrimento interiore del personaggio

71 A. Schnitzler, 1977, p. 21 72 A. Schnitzler, 1977, p. 33

62

La logica che domina il viaggio di Bill – e prima di lui quello di Fridolin –, dunque, è una molteplice specularità caratterizzata da una serie di ripetizioni e da un’ambientazione surreale che indeboliscono la coerenza e la continuità del viaggio stesso del protagonista, producendo inoltre un’inquietante sensazione di déja-vu e dunque un senso di costante smarrimento. Lo spettatore è portato a dubitare dello statuto di realtà di quanto sta guardando e ascoltando, così come, nel caso del racconto di Schnitzler, il lettore è portato a fare lo stesso nei confronti di quanto sta leggendo. Il viaggio di Bill è reale o è un suo sogno ad occhi aperti?

Ritengo molto importante ricordare e rilevare, a questo proposito, l’utilizzo che Kubrick fa nel film delle inquadrature soggettive. Eyes Wide Shut è costantemente punteggiato da inquadrature che riferiscono le percezioni di Bill: oltre alle numerose soggettive visive, che si esplicano nell’utilizzo insistito delle carrellate all’indietro e che ho approfondito in precedenza, si presentano anche soggettive allucinatorie – i cinque flash che ritraggono Alice con l’ufficiale di marina – e sonore – della voce di Alice che racconta la parte più scabrosa del sogno notturno nella quiete casalinga; e della donna misteriosa che durante la festa mascherata lo avvisa del pericolo imminente, nell’obitorio mentre fissa il corpo di Amanda. In alcune occasioni il regista ricorre poi ad un procedimento caratteristico: un’inquadratura apparentemente oggettiva si rivela a posteriori una soggettiva di Bill. Ad esempio, nella festa iniziale a casa di Victor Ziegler vediamo per la prima volta l’amico pianista mentre sta suonando sul palco e l’inquadratura successiva mostra Bill intento ad osservare questa scena. L’intero percorso che compiamo assieme al medico e attraverso i suoi sguardi durante il film si rivela un percorso labirintico: al di là di un apparente ordine, esso conduce in una rete di ricorrenze nelle quali non è più possibile orientarsi ad un certo punto e l’intero film viene permeato da una sensazione di perplessità e

73 A. Schnitzler, 1977, p. 37

63

di incertezza che si riflettono negli occhi dello spettatore74.

Questa sensazione è rafforzata da un altro procedimento: il particolare uso della dissolvenza incrociata. Nel linguaggio cinematografico classico la dissolvenza incrociata, nata come trucco di trasformazione – ovvero come procedimento ottico utilizzato per ottenere straordinarie metamorfosi di personaggi – è andata poi codificandosi come procedimento enunciativo usato per contrassegnare un mutamento spaziale e temporale: essa indica una transizione fra due sequenze e dunque un’ellissi temporale e spaziale; tale ellissi, tuttavia, non è quella istantanea e trascurabile dello stacco netto, né quella consistente della dissolvenza in nero. Si tratta piuttosto di un’ellissi temporale- spaziale dalla durata indefinita75. In Eyes Wide Shut Kubrick utilizza la dissolvenza incrociata in alcuni passaggi nei quali sarebbe sembrato più opportuno uno stacco netto oppure un’inquadratura di raccordo: ad esempio, il viaggio, relativamente breve, di Bill dal negozio di costumi fino alla villa nella quale si svolge l’orgia è marcato da ben quattro dissolvenze incrociate. Oppure, nella scena in cui Bill rientra a casa dopo il colloquio con Ziegler, una dissolvenza segna il suo passaggio dalla cucina dove beve una birra alla camera da letto dove Alice sta dormendo. Si tratta in entrambi i casi di una scelta anomala, perché l’ellissi che divide le azioni è minima. E la natura perturbante di quest’ultima dissolvenza nello specifico è tanto più forte quanto il salto temporale – dalla notte al giorno – immediatamente successivo, ovvero lo iato fra l’inizio e la fine della confessione da parte di Bill che racconta ad Alice tutte le sue avventure, segnato unicamente da uno stacco, sul primo piano di Nicole Kidman che, accovacciata sul divano, fuma con gli occhi gonfi di lacrime. Un uso reiterato ed incongruente della dissolvenza finisce col privare questa figura del montaggio cinematografico del suo significato canonico, contribuendo così al prevalere del tempo non-lineare della coscienza su quello vettoriale della

74 R. Eugeni, 1995 75 A. Costa, 1985

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cronologia oggettiva76. Ne deriva un’incertezza che coinvolge al tempo stesso l’effettiva durata dello svolgimento temporale di tali segmenti della vicenda e le connessioni spaziali coinvolte: all’interno del film, dunque, la dissolvenza incrociata viene utilizzata anche per destabilizzare la continuità temporale- spaziale e per rafforzare la continua sensazione del passaggio dalla sfera della realtà a quella del sogno.

In Eyes Wide Shut, dunque, troviamo un tempo che si disgrega, un tempo interno alla mente del protagonista. Questo vanificarsi della cognizione del tempo e il cupio dissolvi che ne segue scandiscono con spietata crudeltà anche lo smarrimento del personaggio di Doppio Sogno:

Ma che fare ora? Andare a casa? E dove se no! Oggi non poteva ormai fare più nulla. E domani? Cosa? E come? Si sentiva impacciato, incerto, ogni cosa gli si vanificava tra le mani; tutto diventava irreale, persino la casa, sua moglie, la sua bambina, la sua professione, sì, persino lui stesso, mentre continuava a camminare meccanicamente nella sera coi suoi pensieri senza meta.

L’orologio della torre del municipio scoccò le sette e mezzo. D’altronde non importava che ora fosse; il tempo gli era completamente indifferente. Non provava interesse per nulla e per nessuno. Sentì una leggera compassione per se stesso. Molto fuggevolmente, non proprio come un proposito, gli venne l’idea di recarsi a una qualsiasi stazione, partire, non importava per dove, sparire per tutti coloro che lo avevano conosciuto, ricomparire in qualche luogo all’estero e incominciare una nuova vita, sotto spoglie diverse.77

C’è un altro aspetto, infine, che rivela l’incoerenza e la discontinuità della rappresentazione in Eyes Wide Shut. Kubrick adotta nel film uno stile modellato sul regime cinematografico classico, che fa della continuità e della coerenza il

76 G. Alonge, 2002
77 A. Schnitzler, 1977, p. 95-96

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suo punto di forza. Tuttavia, in alcuni punti il regista fa inceppare questo meccanismo fluido e scorrevole. Questo avviene mediante tre espedienti78.

In primo luogo Kubrick viola deliberatamente alcune regole del montaggio classico. Durante il primo incontro fra Bill e l’amico pianista alla festa di Ziegler ed il primo colloquio fra il medico e Milich nel negozio di costumi viene attuato quello che tecnicamente si chiama uno scavalcamento dell’asse, per cui uno stacco di montaggio collega due punti di vista specularmente opposti: in entrambe le sequenze vediamo i personaggi inquadrati prima da una prospettiva, poi da quella diametralmente opposta, in modo che lo spazio si apra alla sua metà nascosta, proibita, con un effetto fortemente straniante per lo spettatore79. Infatti, questi raccordi “sbagliati” procurano a chi guarda una lieve ma insistente idea di salto nella linea di continuità della rappresentazione classica per il resto seguita.

Il secondo espediente consiste nell’introduzione di un numero molto alto di ripetizioni verbali. Queste possono avere luogo all’interno della battuta di un solo personaggio: nella sequenza del bagno a casa di Ziegler, Bill ripete a Mandy ben sei volte la parola «guardami» mentre cerca di rianimarla; l’amico pianista ripete «io suono» due volte, e via dicendo fino al «ti racconterò tutto»80 finale di Bill ad Alice, anch’esso ripetuto due volte. Le ripetizioni hanno luogo altrettanto spesso nei dialoghi fra due soggetti, uno dei quali ripete testualmente la battuta finale dell’altro come per un generale senso di perplessità e di incomprensione, riducendo la comunicazione a puro esercizio fatico: in particolare, questo si verifica nel protagonista, che ripete di volta in volta le battute della prostituta, dell’amico pianista o della moglie; ma avviene anche per altri personaggi, ad esempio nel negozio di costumi il mascheraio Milich ripete le battute di Bill. Ne risulta l’impressione che la macchina

78 R. Eugeni, 1995
79 G. Carluccio, 2002 80 S. Kubrick, 1999

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rappresentativa si incanti, come un disco rotto che non sappia più rispondere ai comandi.

Il terzo ed ultimo espediente è l’uso dell’interruzione: in alcuni casi le immagini del film vengono bruscamente interrotte e sottratte allo sguardo dello spettatore. Fin dall’inizio il corpo nudo di Nicole Kidman è presentato per essere immediatamente riconsegnato al fondo nero dei titoli di testa. La scena del processo alla festa notturna a Somerton viene interrotta bruscamente con uno stacco sul ritorno di Bill a casa. Ed anche la conclusione del film, con la battuta finale di Alice sulla necessità per la coppia di «scopare»81, fa appena in tempo ad essere pronunciata che i titoli di coda interrompono bruscamente la scena del negozio di giocattoli.

Dunque, attraverso salti, ripetizioni e blocchi improvvisi la continuità della rappresentazione classica non viene esplicitamente distrutta, bensì sottilmente minata, sottoposta a piccole crisi locali e perdite di controllo infinitesimali, ma pure sensibilmente presenti.

81 S. Kubrick, 1999

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3. ANALISI DI UNA SEQUENZA DI EYES WIDE SHUT

Trovare il centro di un film quale Eyes Wide Shut e, ancor prima di esso, di un racconto della portata di Doppio Sogno non è semplice. Molte analisi, fra le quali la presente, hanno rivelato numerose simmetrie, ritorni di scene analoghe, spazi e personaggi che si ripresentano puntuali nel tessuto narrativo: entrambe le opere si porgono come un gioco di specchi e di rimandi potenzialmente infinito, un labirinto del senso che può essere percorso e ripercorso ma difficilmente dominato e posseduto.

Sono parecchi, sia nel racconto sia, in special modo, del film gli elementi, i temi ed i passi che meriterebbero un’attenzione tale da renderli, in qualche modo, il fulcro attorno al quale ruota l’intera storia: così, sono importanti i temi della coppia, dell’incomunicabilità, del tradimento, della maschera, dell’ipocrisia borghese, dello smarrimento esistenziale, nonché del sogno e del viaggio onirico-reale-surreale vissuto dai due protagonisti. Altrettanto importanti sono diversi passi, sia nel film sia nel libro, che raffigurano e sottolineano di volta in volta un tema piuttosto che un altro: così, diventano particolarmente significative le scene delle due feste – l’una l’opposto eppure anche il completamento dell’altra –, la scena del primo confronto fra i due coniugi, la scena del racconto del sogno da parte di Albertine/Alice al marito, il dialogo finale fra i due protagonisti ed infine, solo nel film, la scena del dialogo fra Bill e Ziegler nella sala del biliardo.

La maggior parte dei critici ha ravvisato nella scena dell’orgia notturna il perno e la parte centrale della storia82: essa non solo rappresenta sia il momento culminante della vicenda, nella quale si delinea con assoluta chiarezza

82 F. Villa, 2002

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l’alienazione che connota la crisi e la perdita d’identità da parte del protagonista maschile, sia il momento nel quale quest’ultimo discende e, finalmente, giunge nella parte più nascosta ed intima di se stesso, il medioconscio, ma rappresenta anche, a livello narrativo, il vero e proprio centro della storia, che separa il “prima” e il “dopo”.

Tuttavia, a mio avviso, l’asse portante dell’intera vicenda, come detto in precedenza, è la dicotomia fedeltà-tradimento, che si esplica sia nella conflittualità dei due protagonisti, causata da una situazione di incomunicabilità innescata da un motivo occasionale, che li porterà a vivere una crisi strutturata secondo un diagramma di turbamenti paralleli, sia, più esplicitamente, nelle contraddittorietà del personaggio maschile, la cui fragilità psicologica e i cui pregiudizi derivanti dalla morale borghese nei quali è imprigionato lo condurranno verso uno smarrimento esistenziale molto più complesso e travagliato rispetto a quello vissuto dalla moglie.

Partendo da questo presupposto, dunque, ritengo che il centro non tanto del testo in quanto tale, quanto dell’opera complessiva di Doppio Sogno e di Eyes Wide Shut, sia la lunga sequenza del confronto iniziale fra i due protagonisti83, nella quale meglio vengono raffigurati e rappresentati i problemi che muovono e scandiscono le dinamiche di coppia, e grazie alla quale prende avvio la vicenda stessa. Inoltre, questo è uno di quei passi contenuti nel racconto di Schnitzler in cui lo sceneggiatore Raphael ed il regista Kubrick hanno operato un vero e proprio lavoro di trasposizione e rielaborazione cinematografica, compiendo tagli significativi ed apportando numerose modifiche, pur mantenendo, nel complesso, il senso globale di ciò che lo scrittore viennese ha voluto trasmettere all’interno dello stesso passo nel suo libro.

Mi accingo ora ad analizzare tale sequenza dal punto di vista della sua trasposizione cinematografica dal racconto di Schnitzler al film di Kubrick:

83 Nel racconto di Schnitzler a partire da p. 13, nel film di Kubrick a partire dal minuto 22

69

approfondirò quindi l’analisi della traduzione intersemiotica di tale sequenza.

3.1. Analisi della traduzione intersemiotica

All’interno di Doppio Sogno la sequenza della lunga e reciproca confessione di Albertine e Fridolin in merito ai pericoli cui sono sfuggiti durante una passata vacanza estiva in Danimarca, nella quale entrambi hanno provato una forte ed irresistibile attrazione verso due sconosciuti – rispettivamente nei confronti di un giovane ufficiale di marina visto in albergo e di una giovanissima fanciulla su di una spiaggia –, prende avvio in seguito ad uno scambio, apparentemente innocente e quasi disinteressato all’inizio, di impressioni sul veglione mascherato al quale i due coniugi hanno partecipato la notte precedente:

[…] e quegli avvenimenti irrilevanti furono ad un tratto magicamente e penosamente avvolti dall’ingannevole parvenza di occasioni perdute. Si scambiarono domande ingenue eppure insidiose e risposte maliziose e ambigue; a nessuno dei due sfuggì che l’altro non era in fondo sincero e si sentirono, così, inclini a una moderata vendetta.84

Ben presto la gelosia prende il sopravvento e dalle conversazione sulle futili avventure della notte precedente i due protagonisti cominciano a discutere di quei desideri nascosti ed intimi, talvolta appena presentiti e per lo più sconosciuti, insiti nel profondo dell’animo umano, che, se riconosciuti, svelati e liberati, sono in grado di generare pericolosi vortici e scuotere e minare anche il rapporto più maturo e sincero:

Sebbene la loro unione si fondasse su una perfetta compenetrazione di sentimenti e di idee, sapevano tuttavia che ieri li aveva sfiorati, e non per la prima volta, un’ombra di avventura, di libertà e di pericolo; trepidamente, tormentandosi, cercarono con sleale curiosità di carpirsi confessioni e, concentrandosi con angoscia sulla loro vita intima, ognuno

84 A. Schnitzler, 1977, p. 13

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ricercò in sé qualche fatto anche insignificante, qualche avvenimento anche inconsistente, che potesse esprimere l’ineffabile e la cui sincera confessione riuscisse a liberarli da una tensione e da una diffidenza che cominciavano a diventare a poco a poco insopportabili.85

Segue la confessione da parte di Albertine al marito, la prima fra i due che, per ingenuità, indulgenza o forse anche coraggio e necessità di chiarezza, mette in gioco se stessa.

In Eyes Wide Shut la stessa sequenza si apre con l’immagine di Alice, riflessa nello specchio del bagno, che si accinge a prelevare da un armadietto posto sopra il lavandino un contenitore con della marijuana al suo interno e, di seguito, un primo piano sulle sue mani mostra la protagonista mentre arrotola la sigaretta.

Rilevante, in quest’apertura di sequenza, è la presenza ed il ruolo nuovamente giocato dallo specchio: simbolo del doppio e di ciò che si cela oltre la facciata illusoria della realtà, lo specchio mostra il riflesso e quindi la parte nascosta e speculare di chi gli si pone di fronte e gli dà la possibilità di studiare e comprendere se stesso. Questo specchio nasconde al suo interno ed oltre la sua superficie riflettente la sostanza, e di conseguenza il mezzo kubrickiano, che «per la prima volta libera la parola dal suo statuto […] di inanità e di indeterminatezza»86 e la presenta come raggiungimento di un fine e di uno snodo narrativo.

La marijuana posta a questo punto del film dà inizio ad uno stato alterato di coscienza: attraverso di essa, infatti, si attua un processo di iperstimolazione sensoriale, sancendo così un allontanamento dalla consueta capacità di percezione, che rappresenta il preludio alla successiva fase onirica ed alterazione che permea l’intero film. La marijuana, triplamente protetta – dalla

85 A. Schnitzler, 1977, p. 13-14 86 S. Ciaruffoli, 2003, p. 59

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bustina di plastica, dalla scatola di cerotti e dall’armadietto – e dunque segno e simbolo di una difficoltà a raggiungere una meta – del resto, come già detto, l’intera vicenda, soprattutto di Bill, che prende avvio da questa sequenza consiste nel continuo rinvio nel possedere in forma definitiva e stabile una verità – viene usata da Alice per preparare uno spinello. A questo proposito, è curiosa e interessante l’inquadratura con la quale Kubrick segue la prima inalazione di Alice: mentre la donna aspira la sua boccata di fumo, lo spettatore è portato, metaforicamente parlando, a fare simultaneamente lo stesso. Con un’armoniosa zoomata all’indietro, infatti, Kubrick unisce specularmente lo spettatore con il suo personaggio e con il suo tiro di spinello. Questo espediente è molto interessante, perché per la prima volta il regista sottolinea con una sorta di rituale arcaico la comunione dello spettatore con il film e lo stato di alterazione che ne seguirà87.

Come i due protagonisti di Doppio Sogno, anche Bill e Alice si scambiano le proprie impressioni e si pongono domande insidiose sulla festa natalizia alla quale hanno partecipato la notte precedente. Tuttavia, mentre nel racconto di Schnitzler la gelosia ed il turbamento che accompagnano il dialogo fra i due coniugi sono vicendevoli sin dall’inizio, tant’è che condurranno alla reciproca confessione dei due tradimenti non consumati, in Eyes Wide Shut si avverte, fin dalle prime battute, come i moti di gelosia, di irritazione e di incomprensione che generano il litigio ed il successivo allontanamento emotivo dei due personaggi siano concentrati principalmente nella figura femminile, alla quale è riservato il ruolo di protagonista assoluta in questa scena, assieme alla confessione univoca del tradimento non consumato. Il protagonista maschile si fa qui spettatore dello “spettacolo” messo in atto dalla moglie, la quale, grazie all’aiuto della marijuana, nonché spinta dall’insensibilità e dalla mancanza di comprensione del marito, decide di togliersi la maschera delle buone convenzioni borghesi e di rivelare il suo contraddittorio, ambiguo e misterioso

87 S. Ciaruffoli, 2003

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mondo interiore.

Nella sua novella, Schnitzler non fornisce alcuna indicazione sulle movenze o sullo spazio occupato dai personaggi all’interno di questa sequenza, per cui Kubrick ha avuto modo di realizzare la sua personale rielaborazione di tale sequenza in piena libertà, costruendo un ambiente a lui congeniale al fine di sottolineare l’ambiguità e la dualità fra ragione e istinto, fra l’aspetto diurno, solare, di ciò che appare normale e l’aspetto notturno, che racchiude in sé quei «desideri nascosti»88 ai quali accenna Schnitzler nel suo racconto.

L’estensione di questa sequenza in Eyes Wide Shut è di quattordici minuti e si apre, come già detto, con un prologo risolto in due inquadrature che mostrano Alice mentre preleva e poi prepara la marijuana, seguito da una lunga scena, ambientata interamente nella camera da letto dei due coniugi, nella quale marito e moglie discutono prima della festa natalizia a casa Ziegler e finiscono poi per litigare, fino alla rivelazione del mancato tradimento da parte di Alice. Questa scena può essere suddivisa in cinque segmenti narrativi89.

Primo segmento: dal primo piano di Alice che compie la prima inalazione di marijuana la macchina da presa allarga fino ad inquadrare la coppia sdraiata sul letto, lui alle spalle di lei. Lo sguardo di Bill è rivolto al corpo della moglie, mentre lei guarda fuori campo in direzione della macchina da presa. Le inquadrature risultano qui sostanzialmente oggettive, anche se il punto di vista varia sensibilmente, riprendendo ora un solo elemento ora entrambi gli elementi della coppia, e restando ancorato ad uno spazio posto al di qua del letto matrimoniale. In questa situazione visiva i due coniugi si perdono, assecondando i poteri del fumo, nel ricordo della festa a casa Ziegler avvenuta la sera precedente e rimproverandosi i reciproci corteggiatori.

Da notare che in questo frangente appare per la prima volta il colore blu,

88 A. Schnitzler, 1977, p. 13 89 F. Villa, 2002

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trattenuto entro il vano della finestra del bagno di fronte al quale i due coniugi si stanno fronteggiando. Oltre a farsi sfondo di un personaggio nei momenti cruciali e più dissoluti, questo colore dona al film una tinta palesemente onirica e surreale, sottolineando così maggiormente l’architettura filmica imprigionata entro i confini della psiche. Inoltre, come riferito in precedenza, il dipanarsi della vicenda all’interno di un bagno o nelle sue immediate vicinanze assume nei film di Kubrick una forte valenza simbolica, in quanto rivela una manifestazione peggiorativa dell’attività umana: spesso il regista, nelle sue opere, ha rappresentato il bagno come luogo nel quale vengono inscenate la malattia, la morte, la follia e la crisi d’identità, l’alterità dell’animo umano90. Di conseguenza, lo stesso colore blu, ospite emblematico di questo ambiente, si connota d’ora in avanti nella medesima valenza negativa: raffigura il pericolo del mondo esterno che penetra nella sicurezza ovattata dell’ambiente domestico, la notte oscura che, con i suoi segreti ed i suoi misteri, si insidia nella luce del giorno e, con le parole di Schnitzler nel suo Doppio Sogno, viene a rappresentare «quei desideri nascosti, appena presentiti, che possono originare torbidi e pericolosi vortici anche nell’anima più limpida e pura»91.

Secondo segmento: Alice, profondamente irritata dalla leggerezza con la quale Bill dichiara di non meravigliarsi di fronte all’esistenza di un potenziale corteggiatore della moglie, si alza di scatto dal letto, indietreggia, ed arriva sulla soglia della porta del bagno contiguo alla stanza. Il corpo della donna risulta così incorniciato dagli stipiti. La macchina da presa abbandona il punto di vista per lo più oggettivo del segmento narrativo precedente, avanza lentamente fino a scavalcare il corpo di Bill e a posizionarsi di fronte a lui per contemplare appieno Alice. Dallo sguardo oggettivo si passa così ad una plausibile soggettiva del marito sulla moglie, enfatizzata dal doppio ritaglio del quadro della porta. Il dialogo, sempre più incalzante sulle eventuali differenze che

90 F. Prono, 2002
91 A. Schnitzler, 1977, p. 13

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esistono fra uomo e donna e il corteggiamento dell’uomo rispetto a quello della donna, si scioglie in un’alternanza di inquadrature che vedono da una parte Alice in figura intera ripresa frontalmente, dall’altra Bill seduto staticamente sul letto come dall’inizio della scena, ripreso lateralmente.

In questa sequenza la figura di Alice, inquadrata dagli stipiti della porta della camera da letto, viene ad essere posizionata, per un gioco di raffinata prospettiva, al centro della porta del bagno che sta alle sue spalle ma anche al centro della finestra del bagno sullo sfondo. Inoltre, la luce bluastra proveniente dall’esterno, infiltrandosi tra le veneziane della finestra, viene ad incorniciare anche cromaticamente il corpo di Alice. «Così facendo il regista sottolinea la proprietà di un attimo e la sua riproduzione-rappresentazione in quadri che simboleggiano momenti e luoghi dissimili»92. In tutti i passi successivi Alice si troverà sempre inquadrata da una finestra posizionata sullo sfondo, dalla quale entra una luce bluastra, e le tende rosse, raccolte agli stipiti delle finestre, funzioneranno da sipario tirato per la recita che si consuma al proscenio. Inoltre, come detto in precedenza, il contrasto cromatico del blu e del rosso rappresenta anche il conflitto fra il mondo domestico – caldo ed accogliente, apparentemente sicuro – ed il mondo esterno – pieno di pericoli e contrassegnato dall’ignoto. Il rosso rappresenta anche il desiderio, la tentazione. Invece, Bill rimarrà seduto sul letto per l’intera sequenza, variando solo minimamente la propria posizione ed assumendo così il ruolo di spettatore dello spettacolo messo in scena dalla moglie. La sua staticità, posta in paragone alla dinamicità di Alice che al contrario sembra cercare ad ogni costo l’azione, assieme all’inespressività assunta dal suo viso che non lascia trapelare quasi la minima emozione se non un lieve imbarazzo e una leggera irritazione, assieme alla caratteristica abitudine di ripetere in forma di domanda l’ultima parte del precedente discorso della moglie, denotano con grande chiarezza la sua totale incapacità di affrontare la situazione e la sorpresa di fronte alla nuova

92 S. Ciaruffoli, 2003, p. 63

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immagine della moglie, tanto sincera e diretta senza la propria maschera. Il letto diviene un palchetto d’onore dove Bill rimane pressoché immobile dinnanzi all’esibizione della moglie, che si muove, si agita, impadronendosi di tutto lo spazio possibile e soprattutto andando ad inquadrarsi da sola tra stipiti, specchi e finestre93.

Terzo segmento: Alice, sempre più infastidita dalle semplificazioni del marito, lascia nuovamente la postazione guadagnata e si dirige verso la toilette davanti al letto, posizionata a sinistra. Dopo avere speso qualche battuta sull’esposizione del marito, in quanto medico, alle eventuali lusinghe delle pazienti, crolla seduta sullo sgabello per poi alzarsi di nuovo. La macchina da presa resta sempre incollata a lei ed ai suoi movimenti, la segue di volta in volta inquadrata nella sua nuova posizione, in un costante campo/controcampo di Bill e del corpo di Alice.

Quarto segmento: il discorso sulla gelosia di coppia stringe attorno ai due protagonisti e Alice comincia a provocare il marito irridendone la sicurezza in merito alla fedeltà coniugale. La donna si sposta di nuovo, attraversa la stanza, passa ai piedi del letto, arrivando davanti ad una finestra. Di nuovo incorniciata, Alice, in figura intera, si agita cercando di spiegare le proprie ragioni, mentre Bill, sempre seduto sul letto ripreso frontalmente, sembra a tratti essere colto da afasia.

Quinto segmento: Alice attraversa nuovamente la stanza, passa per la seconda volta ai piedi del letto, si arresta in prossimità di un’altra finestra e viene inquadrata ancora una volta in figura intera. La macchina da presa non la lascia un istante in questo suo peregrinare nella stanza, al punto che quando la donna, in preda ad una risata isterica, barcolla fino ad accasciarsi a terra, lo sguardo su di lei si fa estremamente mobile, liberandosi in una macchina a mano, ed assecondando i sussulti del suo corpo, sempre secondo la soggettiva di Bill. A

93 F. Villa, 2002

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questo punto appare un’inedita visione: la donna viene improvvisamente ripresa in primo piano e lateralmente da quel fuori campo iniziale, nello spazio al di qua della camera matrimoniale, dove la macchina da presa era posizionata all’avvio della lunga scena. Quest’ultimo segmento arriva al cuore della confessione di Alice, ripresa in primo piano di lato dall’inizio fino al termine del suo lungo monologo.

Le ultime tre sequenze prese in esame ritraggono il tentativo disperato da parte di Alice di ridestare il marito dal torpore che lo avvinghia e di risvegliare in lui la comprensione ed il desiderio che probabilmente un tempo li aveva accomunati. Ma egli risponde alle provocazioni della moglie con enorme insensibilità:

Alice: «E posso sapere perché non sei mai stato geloso di me?».

Bill: «Oh, questo non lo so Alice. Probabilmente perché sei mia moglie, può darsi perché sei la madre di mia figlia, forse perché penso che tu non mi tradiresti mai».

Alice: «Tu sei un uomo molto, molto sicuro di se stesso, vero?».

Bill: «No, sono sicuro di te».94

Dare per scontata la fedeltà della propria compagna significa essere convinto di possederla totalmente, senza riconoscerle autonomia e capacità di scelta, significa considerarla un oggetto la cui proprietà non può essere messa in discussione. Quando nascono dissidi all’interno della coppia e il clima diventa astioso e tagliente, possono generarsi all’improvviso le emozioni più imprevedibili ed intense; possono sprigionarsi anche dell’odio e dell’ostilità molto profondi che prendono il sopravvento sulle circostanze. Ecco allora screzi e dissapori, continui scontri verbali che feriscono l’anima come spade

94 S. Kubrick, 1999

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taglienti95.

Incompresa ed insultata in questo modo, Alice cerca di sottrarsi a quella degradante posizione subalterna nella quale l’ha relegata il marito confessando e svelando ciò che si nasconde nel proprio animo: infatti, non appena Bill dichiara la propria sicurezza, una macchina a mano traballante segue la donna che scoppia a ridere e, dalla posizione eretta nella quale si trova, si abbassa progressivamente fino a sedersi sul pavimento. Analizzando unicamente lo stile, Alice si abbassa sia fisicamente sia metaforicamente e l’inquadratura traballa, ovvero la sua immagine si abbassa moralmente agli occhi del marito, il quale vede andare in frantumi le proprie certezze96.

La lunga scena della confessione viene chiusa dalla telefonata che Bill riceve da parte di Marion: il padre della ragazza è deceduto ed il medico trova così una via di fuga.

Nicole Kidman interpreta il ruolo di protagonista femminile con grande tensione emotiva e sensibilità, conferendo al personaggio profonda verità. Ella ottiene questo risultato con notevole economia di mezzi, modulando in modo raffinato le espressioni del volto, ma soprattutto movendo il proprio corpo con spontaneità e insieme con grande sapienza interpretativa, proponendolo splendidamente come strumento di comunicazione. In tal modo crea un personaggio credibile e stilizzato, inquietante ed affascinante insieme, i cui sogni e fantasie assumono connotati estremamente concreti ed emotivamente coinvolgenti.

In Doppio Sogno la confessione di Albertine non viene bruscamente interrotta da una telefonata e Fridolin non fugge. Alla confessione della moglie, il medico risponde con la sua personalissima confessione, aggiungendo tradimento a tradimento. E la donna, pur restando la prima a dichiarare segni di illecita

95 A. Carotenuto, 2003 96 F. Prono, 2002

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passione, cede il passo al racconto dei desideri, ancor più proibiti, del marito, senza reclamare la scena. Fridolin diviene allora il protagonista del segmento narrativo, segnato dal suo improvviso dinamismo nei confronti della moglie, ora statica:

«[…] Non farmi altre domande, Fridolin, ti ho detto tutta la verità. E poi anche tu hai avuto qualche avventura su quella spiaggia – lo so».

Fridolin si alzò, si mise a camminare avanti e indietro per la stanza, poi disse: «Hai ragione». Stava presso la finestra, il viso in ombra.97

Alla confessione del tradimento non consumato da parte di Fridolin, che lo vede attratto da una giovanissima fanciulla su di una spiaggia dove era solito passeggiare ogni mattino durante la vacanza danese, segue un intenso dialogo fra i due protagonisti, nel quale riemergono i fantasmi delle avventure giovanili del medico nonché il ricordo del loro primo incontro, al quale seguì il fidanzamento dei due protagonisti. Ed è solo in quest’ultimo scambio di battute che emerge, nel racconto di Schnitzler, tutta la problematica del personaggio maschile, nel quale, come già detto, si riflettono con maggiore limpidezza la debolezza e la fragilità dell’animo umano oltre che le contraddittorietà dettate dalla natura umana e dal pregiudizio borghese che, da sempre, relega la donna ad una degradante posizione subalterna mentre concede all’uomo il diritto ad una morale:

«In ogni donna – credimi, anche se può sembrare una facile affermazione – in ogni donna che credevo di amare ho sempre cercato te; ne sono convinto più di quanto tu possa capire, Albertine».

Ella sorrise triste. «E se anch’io avessi avuto voglia di cercarti prima in altri uomini?» disse, e il suo sguardo si trasformò e divenne freddo e impenetrabile. Fridolin abbandonò le sue mani, quasi l’avesse sorpresa mentre diceva una menzogna o lo tradiva; ma lei continuò: «Ah, se solo

97 A. Schnitzler, 1977, p. 15-16

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sapeste!» e tacque di nuovo.98

La stessa contraddittorietà e lo stesso ipocrita pregiudizio borghese che contraddistinguono l’uomo sono rilevabili nel dialogo fra Bill e Alice prima che quest’ultima confessi al marito il suo mancato tradimento:

Bill: «Che cosa fa? Ah, ma io non lo so Alice … Che cosa fa? Ah, guarda: le donne non … non sono così, non ci pensano nemmeno a queste cose».

Alice: «Milioni di anni di evoluzione! Vero? Vero? Mentre gli uomini si preoccupano di infilarlo dovunque possono, le donne devono solo pensare alla stabilità della famiglia, alla fedeltà coniugale e a chissà quali altre cazzate!».

Bill: «Un concetto un po’ troppo semplificato, Alice. Ma di sicuro è qualcosa del genere».

Alice: «Se invece voi uomini solo sapeste …».99

Sebbene Kubrick anticipi questo momento, rendendo poi il dialogo fra i due personaggi più semplificato, molto meno verboso, meno articolato e conferendogli una modernità espressiva che naturalmente non si addirebbe allo stile di Schnitzler, e depenni la confessione del medico, eliminando in tal modo anche la duplicità e la forza della rivelazione che condurrà poi i due personaggi a vivere separatamente, seppure parallelamente, il loro viaggio onirico-reale- surreale, riesce comunque a mantenere intatte le dinamiche principali che muovono la coppia dei due protagonisti nel film: l’ipocrisia, la gelosia, le ossessioni e i turbamenti insiti nel profondo dell’anima sono ben presenti.

In Doppio Sogno, però, la gelosia che muove Fridolin viene espressa ed esternata in modo più articolato e con maggiore maestria narrativa rispetto a quanto non

98 A. Schnitzler, 1977, p. 18-19 99 S. Kubrick, 1999

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abbia saputo fare Kubrick nel film, a causa dell’imponente taglio operato a questa sequenza all’interno della novella:

«Non riesco a capire» disse Fridolin. «Avevi appena diciassette anni quando ci fidanzammo». «Sedici passati, Fridolin. Eppure …» lo guardò francamente negli occhi «Non dipese da me se divenni tua moglie ancora vergine».

«Albertine …».

Ed ella raccontò:

«Fu sul Wörthersee, poco prima del nostro fidanzamento, Fridolin; una splendida sera d’estate un bellissimo giovane si fermò davanti alla finestra che guardava sull’ampia distesa del prato, ci mettemmo a parlare e durante quella conversazione pensai […]: che ragazzo simpatico e affascinante, – se dicesse ora una sola parola, quella giusta naturalmente, […] stanotte potrebbe avere da me tutto quello che vuole. […] Ma l’incantevole giovane non pronunciò quella parola; mi baciò delicatamente la mano, – e il mattino successivo mi chiese se volevo diventare sua moglie. E io dissi di sì».

Fridolin lasciò andare seccato la mano della moglie, poi disse: «E se quella sera ci fosse stato per caso un altro davanti alla tua finestra e gli fosse venuta in mente la parola giusta, per esempio …» pensò a quale nome dovesse dire […].100

È soprattutto a questo punto che Fridolin esterna la propria gelosia, quasi indifferente al fatto che il giovane indicato dalla moglie era lui. Egli, oramai confuso ed infastidito, toccato nel profondo e senza più alcuna certezza, associa la figura dell’ufficiale di marina, che l’estate precedente aveva avvinto la moglie, con quella di se stesso ventenne: in entrambi i casi, infatti, la donna è stata magicamente attratta con un semplice sguardo da un giovane, senza alcun

100 A. Schnitzler, 1977, p. 19-20

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contenuto intimo del guardato. E scoprire, tutto d’un tratto, una parte che non conosceva, i torbidi meccanismi mentali che non credeva potessero appartenere alla figura femminile della propria moglie e madre della propria figlia, mette in discussione i meccanismi stessi e le sicurezze dell’esistenza di Fridolin. La frase «pensò a quale nome dovesse dire» lasciata così, senza soluzione, rivela come ciò che non sapeva in passato rimanga a lui ignoto anche nel presente. Egli è quel giovane che non conosceva, e non conosce tuttora, la parola magica che gli avrebbe permesso di possedere Albertine prima del matrimonio e di penetrare la sfera intima della sua compagna. Quella parola è rimasta nella mente della moglie senza che lui ne venisse a conoscenza. Questo è soltanto un indizio della separazione comunicativa che connota la crisi dei due personaggi e la considerazione iniziale della scena lo rende ancora più significativo: infatti, i due protagonisti erano rimasti soli per comunicarsi l’uno con l’altro le proprie impressioni e le proprie fantasie suscitate dall’esperienza vissuta al veglione mascherato della sera precedente, con la speranza che una sincera confessione fosse in grado di liberarli da un senso di oppressione e di incomunicabilità che cominciava a divenire insopportabile. Ma dalla successiva conversazione risulta che entrambi hanno vissuto separatamente quei momenti. Una volta rivelati mettono in crisi le certezze del medico; e poiché la sicurezza in se stesso è uno dei capisaldi sui quali si fonda l’amor proprio di Fridolin, egli sente la necessità di riscattarsi della delusione subita mediante le parole di Albertine.

Ecco, dunque, che nel film è stata notevolmente ridotta e sfilacciata una parte fondamentale del racconto di Schnitzler, cosicché la sua resa all’interno del film ne è risultata alquanto compromessa, determinando inoltre un consistente residuo traduttivo. Infatti, sebbene Kubrick riesca con notevole maestria e sapienza cinematografica, sfruttando al meglio le tecniche cinematografiche ed i mezzi espressivi caratteristici del cinema, a riprendere e a raffigurare i temi dominanti di tale sequenza e dell’intera opera sia nella riproduzione, seppure ridotta, di tale sequenza sia nella riproduzione dell’intera vicenda, la

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soppressione di una parte tanto importante quale il racconto del tradimento non consumato da parte del protagonista maschile, contenuto nel racconto di Schnitzler, non può non determinare una sorta di sbilanciamento all’interno del film: qui in effetti, come già detto, il viaggio onirico-reale-surreale appartiene principalmente al medico, che in tal senso subisce passivamente la rivelazione della moglie; e la donna, grazie alla quale pur tuttavia prende avvio la vicenda stessa vissuta dal protagonista maschile, in seguito al racconto dei propri desideri di illecita passione, viene relegata ad una posizione subalterna di co- protagonista.

Inoltre, il momento centrale della confessione, in Doppio Sogno vera e propria apertura del racconto, viene proposto da un impeccabile narratore onnisciente ed il punto di vista sulle cose e sui personaggi resta “oggettivo”.

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CONCLUSIONI

Riprendendo quanto affermato e considerato nell’Introduzione in merito alle valutazioni ed alle ricerche sinora condotte dagli studiosi di semiotica – ed in particolare da Torop, al quale maggiormente mi sono rifatta nella mia analisi della trasposizione cinematografica di Doppio Sogno in Eyes Wide Shut – in merito ai problemi inerenti all’analisi traduttologica del prototesto in vista della traduzione filmica e alla possibilità concreta di sviluppare un metodo scientifico per l’analisi dei fondamentali cambiamenti traduttivi che avvengono nella traduzione filmica, e ripercorrendo, a posteriori, l’intero lavoro di scomposizione ed analisi da me proposto e condotto su un caso concreto di trasposizione cinematografica, mi appare doveroso annotare alcune osservazioni finali, che si propongono come estrema sintesi di un intero percorso.

Ho già notato e segnalato quali siano le differenze intrinseche e fondamentali che intercorrono fra romanzo e film, prodotti appartenenti a due diversi sistemi segnici. Ed ho visto come l’analisi traduttologica del prototesto sia legata ad un processo di indagine e di scomposizione nei suoi elementi costitutivi e potenziali, per i quali verrà attuata una ricerca di strategie traduttive e di nuova sintesi al fine di trasformare – attraverso la scelta delle dominanti contenute nel prototesto – e rappresentare tali elementi mediante i mezzi espressivi caratteristici del cinema, fino alla creazione del metatesto, ovvero il testo filmico.

L’analisi e la scomposizione del prototesto nei suoi elementi costitutivi – e dei quali è formato anche il metatesto – è riconducibile all’individuazione dei tre tipi di cronotopo riconosciuti da Torop: a qualunque genere di sistema segnico appartenga, un testo è composto dal cronotopo topografico, dal cronotopo psicologico e dal cronotopo metafisico. A seconda che il testo appartenga ad un sistema di segni verbale – come il romanzo – o non soltanto verbale – come

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il film – i tre tipi di cronotopo si esplicheranno in modi e mediante mezzi espressivi diversi. Inoltre, il dominio di un cronotopo sull’altro o, diversamente, la loro fusione armoniosa, determinerà un diverso approccio all’analisi traduttologica ed una differente rilevazione delle dominanti presenti nel testo stesso – sia nel prototesto sia nel metatesto.

Infine, ho osservato come la traduzione filmica sia una vera e propria opera creativa, in quanto non esiste ancora un metodo scientifico che stabilisca in che modo ogni traduzione deve essere condotta, semplicemente esistono delle concordanze di segni, per cui ogni elemento appartenente al prototesto trova un suo corrispettivo traducente nel metatesto, seppure secondo modalità diverse per ogni singolo romanzo e per ogni singolo film.

Per quanto concerne il caso preso in esame è possibile riscontrare, in fase di analisi, come il regista si sia sostanzialmente concentrato sulla lettura ed in particolare sui temi del romanzo. Infatti, sebbene vi siano delle notevoli differenze fra le due opere, che lascerebbero supporre uno stravolgimento totale da parte di Kubrick del racconto di Schnitzler, ad un esame più accurato è possibile notare, invece, come la storia del medico Fridolin e della moglie Albertine venga semplicemente rivestita della storia di Bill e Alice, e come tale rivestimento lasci continuamente affiorare l’intreccio, i temi e gli elementi costitutivi originali del prototesto.

Il viaggio onirico-reale-surreale viene proposto e ricreato sia mediante l’utilizzo di un contrasto cromatico – rosso e blu – che delinea il conflitto fra realtà psichica e realtà materiale, fra il giorno e la notte, fra il rassicurante e noto mondo domestico e il misterioso, ignoto e dunque perturbante mondo esterno – che si insinua del mondo interno –, sia mediante l’utilizzo di movimenti di macchina che sembrano inghiottire, avviluppare e condurre il protagonista maschile verso un “laddove” proibito, una discesa entro i gorghi della sua stessa psiche – in quel territorio intermedio e fluttuante che si cela fra conscio e inconscio e che Schnitzler definiva «medioconscio» –, sia mediante la

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ricostruzione in studio di una New York quasi irreale e labirintica, che viene percorsa e ripercorsa sino allo sfinimento, con la costante impressione da parte dello spettatore di trovarsi, invece, sempre nello stesso punto.

La dualità della coppia di protagonisti viene rappresentata, ancora, dal contrasto cromatico, dalla contrapposizione fra il calore dell’ambiente domestico e la freddezza del mondo esterno, dall’impiego di luci soffuse in opposizione a luci diffuse, dall’ampio utilizzo di inquadrature soggettive che si sovrappongono, in taluni casi, a quelle sonore, fornendo così ulteriormente un’impressione di scissione fra ciò che viene visto – la realtà materiale – e ciò che, al contrario, viene percepito – la realtà psichica.

Il tema del doppio, più in generale, viene ricostruito attraverso l’uso di specchi – simboli del doppio per eccellenza –, di luoghi, elementi e personaggi identici o analoghi, di situazioni simili fra loro oppure di carattere opposto, e di una struttura filmica caratterizzata dalla specularità.

Lo smarrimento interiore del personaggio, in special modo di quello maschile, viene raffigurato da una mimica facciale e da una recitazione volutamente goffe e ricercate, talvolta artificiose, che tendono a evidenziare le insicurezze e tutta l’inadeguatezza, da parte protagonista, nell’affrontare situazioni nuove ed impreviste, nonché dalla rappresentazione di un tempo – interno alla mente del protagonista – che si disgrega, grazie all’uso di numerose soggettive, di ripetizioni, di blocchi e di un insolito impiego della dissolvenza incrociata.

Il mascheramento sociale e l’ipocrisia della morale borghese affiorano continuamente durante la rappresentazione e sono evidenziare sia dai dialoghi sia dai comportamenti perbenisti e allo stesso tempo vuoti, meccanici, fatici, dei personaggi – inclusi i due protagonisti – sia dal raffronto di alcune scene e situazioni apparentemente opposte eppure complementari fra loro, come le due feste, o, ancora, dall’uso delle luci, dei colori, nonché, in modo molto più esplicito, dall’utilizzo delle stesse maschere. La famiglia, l’istituzione rappresenta una facciata illusoria dietro la quale si nasconde un groviglio di

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dubbi, di angosce e di desideri repressi, diviene il luogo nel quale con maggiore lucidità si insidia e si sprigiona d’improvviso, travolgendo ogni certezza, il perturbante.

Tale lettura filologica, rivista in chiave moderna dovuta alla trasposizione cronotopica della storia di Doppio Sogno in una New York contemporanea, è stata possibile anche grazie alla comunione dei temi prediletti dal regista e quelli affrontati dallo scrittore viennese sia nel romanzo in oggetto sia nel corso della carriera artistica di entrambi gli autori. Questa similarità fra Schnitzler e Kubrick ha fatto sì che la novella schnitzleriana figurasse come un soggetto ideale per il regista statunitense.

Le principali differenze traduttive apportate da Kubrick alla novella di Schnitzler riguardano in special modo la scelta dell’ambientazione e alcune scelte in merito all’intreccio.

Per quanto riguarda l’ambientazione, mentre la storia di Doppio Sogno si svolge nella Vienna di inizio Novecento, quella di Eyes Wide Shut si svolge nella New York contemporanea; di conseguenza, la storia intera è stata completamente trasposta e modernizzata, con una conseguente modernizzazione anche dei realia e di alcuni motivi appartenenti alla cultura e all’epoca nella quale ha luogo la vicenda del prototesto – ad esempio, nel romanzo il protagonista maschile esprime il timore di contrarre una malattia venerea laddove nel film lo stesso timore viene espresso nei confronti dell’Aids; o, ancora, se il mezzo di trasporto utilizzato nel romanzo è la carrozza, nel film viene utilizzata l’automobile. Tuttavia, la New York descritta e rappresentata da Kubrick si discosta di gran lunga da quella vera: infatti, essa appare quasi un ibrido fra la reale città odierna e la Vienna di inizio Novecento, poiché costellata di nomi, personaggi, luoghi nonché musiche che si ricollegano al mondo mitteleuropeo e ricordano e regalano un clima tardo romantico.

Per quanto riguarda l’intreccio, nella storia di Eyes Wide Shut si possono rilevare numerose differenze narrative rispetto a quella originale: sia perché presenta

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una dilatazione temporale – la vicenda di Doppio Sogno si svolge in due giorni mentre quella del film in quattro giorni – sia perché la storia stessa, come appena descritto, è stata ambientata in uno spazio ed in un’epoca differenti, sia e soprattutto perché alla trama nel film sono state apportate svariate modifiche, riguardanti vari fattori: in primo luogo la scelta di nomi di luoghi, personaggi, nonché della parola d’ordine per accedere alla festa orgiastica diversi rispetto al romanzo; in secondo luogo la modifica e l’amplificazione di alcune scene – in particolare, mi riferisco alla scena della prima festa alla quale partecipano entrambi i protagonisti: mentre nel racconto di Schnitzler questi impiega soltanto poche righe per descriverla, nel film viene dato ampio spazio alla rappresentazione della stessa sequenza –, che determinano anche l’assegnazione di un diverso peso delle stesse situazioni nel film rispetto al romanzo; in terzo luogo l’aggiunta ex novo di alcune sequenze e personaggi – ovvero l’introduzione del personaggio di Victor Ziegler nonché, nel sottofinale, il confronto fra quest’ultimo e il protagonista maschile nella sala del biliardo –; in quarto ed ultimo luogo, la soppressione di alcune scene, a mio avviso molto importanti, contenute invece nel romanzo – la reciproca confessione del tradimento non consumato da parte di entrambi i coniugi viene ridotta alla confessione di un desiderio di illecita passione unicamente da parte della protagonista femminile, cosicché la confessione del medico viene interamente depennata; allo stesso modo, il racconto del sogno da parte della donna, al rientro in casa del medico in seguito alle sue avventure notturne, viene notevolmente ridotto e alcuni suoi aspetti non vengono del tutto menzionati –, che determinano dunque, all’interno del film, un sensibile sbilanciamento di un tema fondamentale del romanzo di Schnitzler: la rappresentazione del doppio, nonché la doppia valenza del viaggio onirico-reale-surreale vissuto da entrambi i protagonisti.

Tale sbilanciamento si esplica più precisamente nel cosiddetto «residuo

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traduttivo»101. Ogni tipo di traduzione – interlinguistica, intralinguistica e dunque anche quella intersemiotica extratestuale – comporta un residuo traduttivo, ossia un insieme di elementi che, in base alla strategia traduttiva adottata, non vengono trasferiti nel metatesto, poiché sono difficilmente riproducibili o perché non costituiscono una dominante del prototesto e vengono di conseguenza ignorati oppure spiegati in altro modo – ad esempio, nella traduzione metatestuale attraverso l’impiego di note.

Nel caso specifico, ovvero nella trasposizione cinematografica presa in esame, la scelta di depennare nel metatesto due sequenze tanto importanti – che contribuiscono alla costituzione di una dominante del prototesto, ovvero la dualità della coppia e la dicotomia fedeltà-tradimento – risulta difficilmente condivisibile e comprensibile e non appare dovuta né ad una possibile difficoltà di rappresentazione da parte del regista mediante le tecniche cinematografiche né, tanto meno, alla scarsa significatività delle due sequenze stesse. Purtroppo, la morte prematura e repentina di Kubrick ha lasciato un alone di mistero attorno all’ideazione del film e, soprattutto, alla sua effettiva rappresentazione. Infatti, sebbene determinate scelte siano state ampiamente commentate – da critici e studiosi, nonché dagli stessi attori e aiutanti del regista e, in ultimo, dallo sceneggiatore – nel vano tentativo di fornire delle spiegazioni esaustive e interpretazioni su di esse, tale tentativo si perde in una girandola di delucidazioni e dichiarazioni che altro non sono che ipotesi.

Dunque, non resta altro che questo: formulare congetture.

Anche in Doppio Sogno i temi dominanti si sviluppano maggiormente nella figura del medico, nella quale meglio si esplicano le contraddittorietà racchiuse nell’animo umano. Nel film, tuttavia, viene totalmente privilegiata la raffigurazione dello smarrimento interiore e del viaggio vissuto dal personaggio maschile a discapito di quello femminile. Inoltre, mentre nel romanzo la parola

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scritta consente allo scrittore di descrivere – e al lettore di penetrare – con più acume le profondità del pensiero e della psiche dell’uomo, nel film l’assoluta quanto naturale mancanza della parola scritta priva la storia di tanta interiorità e profondità. Kubrick cerca di ovviare sia alla soppressione da lui apportata alla vicenda sia all’impossibilità di utilizzare la parola scritta per raffigurare il tema della dualità e del parallelismo attraverso l’uso insistito di elementi iconici che rinviano lo spettatore all’immagine del doppio: ad esempio, viene fatto ampio uso di specchi o di figure identiche o simili; inoltre, il film ha una struttura più marcatamente simmetrica rispetto al romanzo e la dualità del viaggio, fra conscio e inconscio, viene rappresentata mediante diversi espedienti, come il contrasto cromatico.

Quel che è certo, però, è che Eyes Wide Shut si presenta come un capolavoro, l’ennesima, oltre che ultima, odissea kubrickiana che abbatte ogni confine fra realtà e sogno, e penetra in profondità nell’animo umano, rivelando, con la freddezza cinematografica che ha contraddistinto tutto il cinema di Kubrick, le più inconfessate debolezze e le più intime pulsioni dell’uomo.

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