Kalevi Kull: A sign is not alive – a text is. (Kalevi Kull: A sign is not alive – a text is)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Kalevi Kull: A sign is not alive – a text is.

(Kalevi Kull: A sign is not alive – a text is)

 

Abstract in italiano

La biosemiotica è un sottoinsieme della scienza dei segni applicata al mondo biologico. Il suo obbiettivo è colmare la distanza tra mondo umano e non umano, dal punto di vista della comunicazione. La vita è comunicazione. Sulla base della traduzione di «A sign is not alive – a text is» di Kalevi Kull viene analizzato il rapporto tra  biosemiotica e processo traduttivo. La traduzione non è confinabile al campo della linguistica; il suo raggio d’azione si estende a tutto il mondo dei segni.

 

English abstract

 

Biosemiotics is a subset of the  sign science  applied  to the biological world. Its purpose is to bridge the gap between the human world and the non-human world. Life is communication. On the basis of the translation of “A sign is not alive – a text is” by Kalevi Kull the connection between biosemiotics and the translation process was analyzed. Translation cannot be confined to the linguistics field; its sphere of activity extends over the whole world of signs.

 

Résumé en français

 

La biosémiotique est un sous-ensemble de la science des signes appliquée au monde biologique. Son but est  de combler la distance entre le monde humain et le monde non-humain, sur le plan de la communication. La vie est communication. Sur la base de la traduction de l’article «A sign is not alive – a text is» écrit par Kalevi Kull, on a analysée la relation entre la biosémiotique et le processus traductif. La traduction ne peut pas être confinée au domaine de la linguistique ; son rayon d’action s’étend à tout le monde des signes.

 

 

 

 

 

Sommario

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  1. 1. Prefazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1.1 Introduzione alla biosemiotica

Letteralmente la biosemiotica è la sintesi tra biologia e semiotica. Non si tratta di una nuova disciplina ma di un ramo della semiotica, ovvero della scienza dei segni, che racchiude in sé la biologia, le scienze del linguaggio e le scienze della comunicazione. Una delle definizioni migliori di biosemiotica è data, a mio avviso, da Kalevi Kull nell’introduzione di Information, codes and signs in living systems di Marcello Barbieri: «La biosemiotica può essere definita come la scienza dei segni nei sistemi viventi» (Kull 2007:2). Senza giri di parole, sintetica e diretta. È ovvio che è solo una prima definizione, ma riesce brevemente a riassumere in modo chiaro gli  aspetti principali di questa disciplina. «La scienza dei segni deve sviluppare il linguaggio con cui parlare dei segni e deve essere in grado di riferire sia ai segni degli animali, sia ai segni degli uomini» (Morris 1946:9). In realtà, volendo essere più precisi, si dovrebbe parlare di segni degli animali umani e non umani. Tuttavia «non si tratta semplicemente di riprendere una terminologia usata nell’osservazione del comportamento animale per applicarla al comportamento umano; in tal caso, la prospettiva da cui si guarda ai segni comprende l’intero mondo animale, umano e non umano. Questa prospettiva è chiaramente biosemiotica» (Petrilli 2000). Uno degli obbiettivi di questa branca è descrivere l’essere vivente in termini di processo comunicativo e di decodificare la semantica e la grammatica dell’essere vivente, definendone i simboli, le regole e i sensi impiegati nel processo comunicativo. È importante ricordare che il senso di un segnale può dipendere dal contesto. Ad esempio, l’adrenalina facilita la fuga quando sono presenti ansia e stress oppure favorisce la digestione, quando ci si sente rilassati e sereni. Ciò dimostra che il simbolo dell’adrenalina non è univoco e che il contesto gioca un ruolo fondamentale. A questo proposito la biosemiotica ha il pregio di prendere in considerazione l’intero spettro dell’essere vivente, partendo dai batteri, passando per le piante e arrivando fino all’uomo. Per esempio, possiamo paragonare i sistemi di difesa vegetali a quelli animali; se una pianta viene attaccata da un agente nocivo, è in grado di difendersi rilasciando delle sostanze volatili repellenti per allontanare il suddetto o perfino attraenti  per attirare i parassiti del parassita. Parallelamente, esistono altri organismi, non necessariamente di tipo vegetale, in grado di fare la stessa cosa, impiegando dei mezzi di comunicazione analoghi.

La biosemiotica si occupa anche della ricerca della natura biologica  dei segni e della base semiotica della biologia. L’evoluzione del senso è caratterizzata dalla sua estensione al di là del tempo e dello spazio e dalla classificazione della sua struttura. Tale processo ha gradualmente fatto sì che i sistemi prebiologici si evolvessero fino all’uomo.

 

1.2 Il processo traduttivo

«Normalmente, quando si parla di traduzione, si ha in mente una sottospecie molto particolare di questo processo, ossia la riespressione di un testo in una lingua (codice naturale) diversa da quella in cui il testo è stato originariamente concepito e scritto» (Osimo 2001:3). Se quest’affermazione non venisse approfondita, si potrebbe pensare che la traduzione riguarda solo i testi verbali nel loro rapporto tra più lingue. Tuttavia, il processo traduttivo si occupa anche del rapporto che intercorre tra linguaggi diversi di una stessa lingua, «avendo ogni lingua un plurilinguismo interno più o meno sviluppato» (Petrilli 2000:5). A questo punto, non possiamo confinare la traduzione esclusivamente nel campo della linguistica; occorre ampliare il suo raggio d’azione poiché coinvolge la semiotica, comprendendo quindi i linguaggi non verbali,oltre a quelli verbali. Da questo punto di vista, «la traduzione è un’operazione segnica, nel senso che avviene tra segni  e non è riducibile al linguistico-verbale» (Petrilli 2000). È necessario ora fare una distinzione tra lingua e linguaggio, dato che ne abbiamo parlato fin’ora, e per farlo riprenderò le parole di Ferdinand de Saussure: «Per noi, una lingua si confonde col linguaggio; essa ne è semplicemente una determinata parte, seppur essenziale. La lingua è al tempo stesso un prodotto sociale della facoltà del linguaggio ed un insieme di convenzioni necessarie, adottate dal corpo sociale per consentire l’esercizio di questa facoltà negli individui. Il linguaggio appartiene a diversi campi e anche al dominio individuale e al dominio sociale e non si lascia classificare in nessuna categoria di fatti umani. Al contrario,la lingua è in sé una totalità e un principio di classificazione» (Saussure 1971:126). In breve, la lingua è il modo concreto in cui si manifesta la capacità del linguaggio umano, dal quale però si distingue.

Nel momento in cui incontriamo un processo semiosico o un segno allora assistiamo anche al processo traduttivo. Qui, la traduzione esula dalla «semiosfera» di Jurij M. Lotman, ovvero da quell’ambito della semiosi in cui i processi del segno operano nel gruppo di mondi circostanti interconnessi, gli Umwelt. Allora il processo traduttivo «potrebbe estendersi all’intero mondo organico, ossia ovunque ci siano segno e semiosi e spaziando per l’intera «biosfera» o «semiobiosfera», come la biosemiotica» (Petrilli 2000).

Riprendendo le parole che Susan Petrilli scrive nel suo libro La traduzione,  possiamo ora dare una nuova definizione di processo traduttivo:

La traduzione è un’operazione semiosica ritrovabile ovunque ci sia segno, cioè in qualsiasi espressione di vita, ma è principalmente un’operazione semiotica che presuppone la presa di coscienza, la riflessione e cioè un uso mediato dai segni.

 

1.3 I tipi di traduzione

Se si vuole che il processo traduttivo abbia successo, la strategia comunicativa dovrà essere completa e tenere in considerazione che esistono vari tipi di traduzione, che comprendono gli aspetti linguistici, ma anche quelli culturali; ecco qui di seguito l’elenco dei tipi di traduzione che conosciamo:

 

  •  Traduzione intralinguistica
  •  Traduzione intersemiotica
  •  Traduzione intertestuale
  •  Traduzione metatestuale
  •  Traduzione culturale
  •  Traduzione mentale

 

Quella che, per eccellenza, rientra nell’ambito biosemiotico è la traduzione di tipo intersemiotico, ovvero quella che avviene tra diversi linguaggi non verbali e anche al di fuori dei linguaggi umani fino ad arrivare a traduzioni «di ordine specificamente biologico».

«La traduzione non riguarda solo il mondo umano, ossia l’antroposemiosi, ma è una modalità costitutiva dell’intero mondo vivente, della biosemiosi, della biosfera» (Petrilli 2000:9). Ecco lo schema della ripartizione dei tipi di processo traduttivo, dal punto di vista biosemiotico:

Semiobiosfera

|

Traduzione intersemiosica

(tra sistemi segnici)

|

Traduzione endosemiosica

(in un sistema segnico)

|

Antroposemiosi

|

Traduzione antroposemiosica

|

Traduzione intersemiotica

(in cui compare un linguaggio)

|

Traduzione interlinguistica

(tra linguaggi)

|

Traduzione endolinguisica

(in un solo linguaggio)

|

Traduzione endoverbale

(nel linguaggio verbale)

 

 

 

 

 

 

 

  • – Diglossica  tra lingua standard e dialetto
  • – Diafasica  tra registri diversi
  • – Diamesica tra scritto e orale

 

1.4 La semiobiosfera

Abbiamo già visto la definizione che Jurij M. Lotman dà del termine «semiosfera». Thomas A. Sebeok ne riprende il concetto e lo amplia dato che, secondo Jurij M. Lotman, «la semiosfera è l’oggetto della semiotica globale o semiotica della vita ed è circoscritto alla sfera della cultura umana» (Ponzio 2002:325). Infatti, stando alla semiotica globale, semiosi e vita coincidono ed è per questa ragione che possiamo chiamarla «semiotica della vita». Così intesa, la semiosfera si identifica con la biosfera e sintetizzando i due concetti, possiamo utilizzare il termine comune «semiobiosfera». In poche parole, la biosfera è quella parte del nostro pianeta che comprende i segni vitali, si tratta ovvero del luogo in cui viviamo e di ciò che siamo. Al contrario, la semiosfera ingloba tutto ciò che riguarda le varie culture e, come ho accennato in precedenza, ha un’estensione limitata, almeno rispetto al concetto di biosfera.

Al di fuori della semiosfera possono esistere sia comunicazione sia linguaggio, nonostante Lotman escludesse totalmente «il mondo della prodigiosa terra di nessuno popolata da molteplici creature senza parola ma persino l’uomo stesso nella sua inalienabile costituzione animale» (Ponzio 2002:12). Sebeok addirittura definisce quest’asserzione sconcertante ed effettivamente Lotman non tiene conto del fatto che l’antroposemiosi è impiantata nella zoosemiosi e che la semiosi umana si svolge prevalentemente in maniera extraverbale. La zoosemiotica è un ramo della biosemiotica particolarmente prolifico, dato che gli animali sono dei mediatori semiosici, da un certo punto di vista. Essi possono essere considerati «agenti di trasformazione» a metà strada fra le piante, organismi che mettono in moto gli interpretanti e i funghi, che decompongono gli interpretanti (Sebeok 1988:65). Nel ruolo di mediatori, gli animali elaborano i segni che abbracciano l’intero spettro sensorio, ciascuno secondo la sua specifica gamma di organi sensori, ma anche semplicemente in proporzione ad essa. Anche se può sembrare che l’ambiente inanimato non assuma nessuna funzione semiosica, esso può agire come una sorta di fonte di messaggi. La traduzione può essere ritenuta come implicita nel concetto di segno; infatti, un segno senza interpretante, ovvero senza un altro segno che ne comunichi il significato, non può essere compreso. Il significato di un segno non può essere circoscritto entro dei limiti. In teoria, ogni volta che qualcosa ha significato, non c’è tipo di segno che non possa essere coinvolto e fornire così interpretanti del segno. È questo che fa del significato e della traduzione un fatto semiotico anche quando la traduzione e l’interpretazione avvengono nell’ambito del verbale, tra linguaggi della stessa lingua (traduzione endolinguistica) o tra lingue diverse (traduzione interlinguistica). All’interno del processo traduttivo, la difficoltà non riguarda la traducibilità, che una condizione della vita stessa del segno; le problematiche sono legate alla restrizione dell’interpretante al campo verbale.

La comunicazione è un fenomeno comune a tutti gli organismi viventi; per esempio, è comunicazione il messaggio genetico che si trasmette di padre in figlio, marcare il territorio (come fanno i cani), il dolore che ci avverte di una qualunque disfunzione all’interno del nostro organismo. La comunicazione sicuramente non è univoca; può essere verbale, mimica, gestuale o cinesica e infine prossemica, ovvero implicita nei vari atteggiamenti degli esseri umani.

 

1.5 Un esempio pratico di traduzione intersemiotica tra un animale umano e un animale non umano

Finora, sul piano teorico, abbiamo parlato di come tutti gli organismi viventi riescano a comunicare e a trasmettere messaggi anche se non sono dotati dell’uso della parola; dal punto di vista pratico, se un animale umano, ovvero una persona, volesse capire il linguaggio di un animale non umano, ad esempio di un cane, si troverebbe davanti ad una traduzione intersemiotica. Il cane, infatti, comunica utilizzando il linguaggio del proprio corpo e sta all’uomo capire quello che “Fido” sta cercando di dirgli, immagazzinando i suoi movimenti e le sue posture e traducendoli in un messaggio che abbia un senso per l’uomo, quindi verbale. Si tratta di una vera e propria traduzione; infatti, per sapere come interpretare il linguaggio corporeo del cane, l’uomo deve documentarsi, imparare a conoscerlo standoci a contatto, studiarne il comportamento sul campo, parlare con etologi, comportamentisti e persone competenti. Le stesse cose che si fanno per prepararsi adeguatamente a tradurre un testo scritto.

È importante ricordare che il cane “parla” completamente un’altra lingua rispetto a noi e che quindi anche noi comunichiamo con il cane attraverso gesti e movimenti. Ad esempio, per noi, il contatto visivo è estremamente importante; difficilmente quando parliamo con un’altra persona non la guardiamo negli occhi e se lo facciamo, è considerato un segno di maleducazione. Quando ci avviciniamo ad un cane che non conosciamo guardandolo negli occhi, il messaggio che il cane recepisce è di sfida e si comporterà di conseguenza. Viceversa, possiamo essere noi a fraintendere un messaggio del cane; normalmente siamo portati a pensare che il cane agita la coda solo per fare le feste o quando è contento. In realtà, ad ogni suo stato d’animo, corrisponde un movimento diverso della coda; se Fido è tranquillo agiterà la coda abbastanza velocemente, se impaurito la terrà tra le zampe posteriori, se in collera terrà la coda alta e la agiterà velocemente. È ovvio che se sta per attaccarci e noi capiamo che vuole farci le feste, il problema non è di poco conto. Fortunatamente per noi, il cane non utilizza mai un solo “movimento” per trasmettere il proprio stato d’animo o le proprie intenzioni. Agitare la coda è solo uno dei segnali di cui il cane si avvale per comunicare l’imminente attacco. Se portasse tutto il peso sulle zampe anteriori, rizzasse il pelo del dorso, non distogliesse lo sguardo, mostrasse i denti e ringhiasse, allora avreste motivo di preoccuparvi seriamente.

Ho voluto fare un esempio pratico di quello che ho scritto nella prefazione di modo che si avesse la possibilità di capire concretamente cos’è la traduzione del linguaggio degli organismi viventi, al di fuori del campo verbale.

 

 

 

 

 

 

 

 

1.6 Riferimenti bibliografici     

 

BARBIERI, MARCELLO. 2007 Biosemiotics: Infos, codes and signs in living systems  Nova Science Publishers.

 

BARBIERI, MARCELLO. 2008 Introduction to biosemiotics: the new biological synthesis  Springer.

 

ECO, UMBERTO. 1997  Semiotica e filosofia del linguaggio  Torino: Einaudi.

 

ECO, UMBERTO. 2003 Dire quasi la stessa cosa: esperienze di traduzione Milano: Bompiani.

 

HOFFMEYER, JESPER. 1996 Signs of meaning in the universe Bloomington: Indiana University Press.

 

HOFFMEYER JESPER, FAVAREAU DONALD.2009 Biosemiotics: an examination into the signs of life and the life of signs University of Scranton Press.

 

MORRIS, CHARLES. 1946 Signs, language and behavior Prentice-Hall

 

MOUNIN, GEORGES. 1971 De Saussure: la vita, il pensiero, i testi esemplari Firenze: Sansoni.

 

OSIMO, BRUNO. 2004 La traduzione totale: Spunti per lo sviluppo della scienza della traduzione Milano:Hoepli.

 

OSIMO B. 2001 Propedeutica della traduzione Milano:Hoepli.

 

PETRILLI, SUSAN. 2001 Lo stesso altro Roma: Meltemi.

 

PETRILLI, SUSAN. 1999/2000 La traduzione Roma: Meltemi.

 

PETRILLI SUSAN, PONZIO AUGUSTO. 1999 Fuori campo:i segni del corpo fra rappresentazione ed eccedenza Mimesis.

 

PONZIO, AUGUSTO. 2002 Vita Roma: Meltemi.

 

ROTHSCHILD, FRIEDRICH SALOMON. 1994 Creation and evolution: a biosemiotic approach Universal and Berne.

 

SEBEOK, THOMAS ALBERT. 2001 Global Semiotics Bloomington: Indiana University Press.

 

SEBEOK, THOMAS ALBERT. 1998 Come comunicano gli animali che non parlano Edizioni dal Sud.

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Traduzione con testo a fronte

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A sign is not alive – a text is

 

Kalevi Kull

Department of Semiotics, University of Tartu

Tiigi Str. 78, Tartu, Estonia

 

 

e-mail: kalevi@zbi.ee

 

 

 

Abstract. The article deals with the relationships between the concepts of life process and sign process, arguing against the simplified equation of these concepts. Assuming that organism (and its particular case – cell) is the carrier of what is called ‘life’, we attempt to find a correspondent  notion in semiotics that can be equaled to the feature of being alive. A candidate for this is the textual process as a multiple sign action. Considering that biological texts are generally non-linguistic, the concept of biotext should be used instead of ‘text’ in biology.

 

.

 

 

 

 

 

In this note I would like to pay attention to the importance of non-oversemplification in applications of semiotic concepts in biology. This infers from the threshold of the type of diversity ( the categorized

La staticità del segno, la vitalità del testo

 

Kalevi Kull

Dipartimento di semiotica, Università di Tartu

Tiigi Str. 78, Tartu, Estonia

e-mail: kalevi@zbi.ee

 

Abstract –  L’articolo tratta del rapporto fra il concetto di «processo della vita»

e il concetto di «processo segnico» e mette in discussione l’equazione semplificata di tali idee. Ponendo che l’organismo – e la particella che lo compone, ovvero la cellula – sono portatori di ciò che è noto come « vita », dobbiamo cercare di reperire un concetto corrispondente nell’ambito della semiotica che possa essere equiparato all’essere in vita. Tale concetto può essere quello di «processo testuale» in quanto azioni segniche multiple. Tenendo in considerazione che i testi di tipo biologico sono generalmente non linguistici, in biologia dovremmo servirci del concetto di biotesto al posto di quello di testo».

 

 

If we put together many branches and great

quantity of leaves, we still cannot understand

the forest. But if we know how to walk

through the forest of culture with our eyes

open, confidently following the numerous

paths which criss-cross it, not only shall we

be able to understand better the vastness

and complexity of the forest, but we shall

also be able to discover the nature of the

leaves and branches of every single tree.

U. Eco (1990: xiii)

 

 

 

Vorrei qui porre l’accento sul fatto che è importante non fare semplificazioni eccessive dei concetti semiotici in biologia. Lo possiamo inferire dalle soglie del tipo di diversità (la diversità

 

 

diversity) that  the contemporary biology describes as characteristic to all living systems.

There is not only Floyd Merrell, who has written about “ the life ~ Signs equation” (Merrell 1996:315n1). Particularly in that part of semiotics which is strongly influenced by Peircean ideas, the expressions like ‘living signs’ have become quite frequent in recent years. Another factor behind these claims is the influence of biosemiotic studies, including its basic assumption that semiosis and life are coextensive.  That the issue is not of secondary importance for semiotics, is evident from Thomas A. Sebeok’s statements:

 

I postulate that two cardinal and reciprocal axioms of semiotics – subject, as always, to falsification – are: (1a) The criteria mark of all life is semiosis; and (1b) Semiosis presupposes life. […] Further semiosic unfolding – such as the genesis of ordered oppositions like self/other, inside/outside, and so forth – derive from, or are corollaries of, the above pair of universal laws.

(Sebeok 2001:10-11)

 

The idea about the identity of life and semiosis, no doubt, has been a productive core hypothesis, considerably assisting in the attempts to find a correspondence between biology and semiotics. In a more detailed analysis, a question arises, whether biology itself can learn anything from these ideas; e.g., whether it may be possible to give a more profound description to the concept of life using its semiotic features.

The claims above can be easily interpreted as if a sign, being an element of life, is itself alive. Still, one has to keep in mind that the problem of elements in sign science is very different from the problem of elements in chemistry.

A discussion about the relationship between the concepts of ‘life’ and ‘sign’ is complicated due to the fuzziness of the ‘life’ concept altogether. A collection of life definitions provided by Barbieri (2001:235-242) perfectly demonstrates the diversity of these definitions. However, the problem is inescapable for biology, and I suggest that a semiotic approach will be very helpful in achieving a more clear understanding (if not a solution) of it. categorizzata) che la biologia contemporanea descrive come peculiarità di ogni sistema vivente. Floyd Merrel, autore di The Life Signs equation (Merrel, 1996: 315n1), non è stato l’unico. In particolare,in quel ramo della semiotica così fortemente influenzato dalle idee di Peirce, espressioni come «segni viventi» sono diventate piuttosto frequenti, recentemente. Esiste un altro fattore dietro queste affermazioni ed è l’influenza degli studi in materia di biosemiotica, che comprendono la sua congettura di base; secondo questa, semiosi e vita sarebbero coestensive. Grazie alle affermazioni di Thomas A. Sebeok, risulta evidente che la questione non è di secondaria importanza per la semiotica:

Sostengo che due assiomi della semiotica cardinali e reciproci – soggetti,come sempre, alla falsificazione – sono: (1 a) Il criterio distintivo di qualsiasi forma di vita è la semiosi;

(1 b) La semiosi presuppone la vita […] Ulteriori sviluppi semiosici come la genesi delle opposizioni – ad esempio proprio/altrui, interno/esterno e così via – derivano della suddetta coppia di leggi universali.

(Sebeok,2001:10-11)

L’idea a proposito dell’identità di vita e semiosi è stata indubbiamente un’ipotesi produttiva, che ha notevolmente sostenuto i tentativi di trovare una corrispondenza tra biologia e semiotica. Ad un’analisi più approfondita ci si chiede se la biologia stessa possa imparare qualcosa in più da tali idee; ad esempio, è possibile dare una definizione più dettagliata del concetto di vita, utilizzando le sue peculiarità semiotiche?

Le suddette affermazioni possono essere facilmente interpretate se poniamo che il segno, essendo un elemento di vita, è vivo. Eppure, occorre ricordare che il problema degli elementi, nella scienza dei segni, è molto diverso da quello degli elementi in chimica.

La complessità del dibattito a proposito della relazione tra i concetti di «vita» e «segno» è dovuta all’indefinibilità del concetto di ’vita‘ nel suo insieme. Barbieri ha fornito una serie di definizioni di «vita» (2001:235-242) che mostra perfettamente la diversità che intercorre tra queste definizioni. Tuttavia, nell’ambito della biologia, il problema è ineluttabile e ritengo che un approccio semiotico possa essere utile per raggiungere una più immediata comprensione del problema (se non una soluzione).

 

 

BIOTEXT

Sign, however an absolutely necessary element of any semiotic system, still cannot be taken as a fundamental semiotic unit, because sign cannot exist as a single sign – sign is always a part of a bigger system, sign is always accompanied by another sign(s). This is not because signs always just happen to be placed not far from each other and in multitude, but because it belongs to the very nature of sign to be ‘a part of’, to be a meron. At least in some traditions in semiotics, this bigger system can be called ‘text’.Comparing the above statement (that sign cannot exist as a single sign), by analogy, to a biological key idea that the minimal living unit is cell, one may conclude that the same should be applicable here – ‘cell cannot exists as a single cell’. However, this comparison is not exact, and not true. Because, the cell, on the one hand, being “the simplest entity to possess real semiotic competence” (Hoffmeyer 1997:940), on the other hand always includes a whole multitude of signs. This contradiction can be solved if to speak on ‘semiosis’ instead of ‘sign’ (as actually in the case in most biosemiotic writings): cell is a minimal semiosic unit.  Semiosis is – according to its common definition – the action of signs, the sign process. “According to Peirce, semiosis is a continuous process that is based on the interpretation of one sign through another. Jakobson described this process as translation” (Krampen et al 1987:244). Since semiosis is nota n action of just one sign, since semiosis involves always a multitude f signs, it is a textual process like translation is. In this way, it has to be concluded that semiosis is not an action of a sign, but an action of signs, and accordingly a more complex structure than that of a single sign has to be present in a simplest semiosic system. If to call this text, one should consider that

 

 

IL BIOTESTO:

Il segno, che rimane comunque un elemento indispensabile per qualunque sistema semiotico, continua a non essere considerato come un’unità semiotica fondamentale, poiché il segno non può esistere come elemento a sé stante – il segno fa sempre parte di un sistema più grande – il segno è sempre accompagnato da uno o da più segni. Questo non avviene perché i segni sono semplicemente sempre collocati in massa, vicini gli uni agli altri, ma perché il segno appartiene alla vera natura segnica al fine di essere ’una parte di‘, al fine di essere un merone. Almeno in qualche tradizione semiotica, questo sistema più grande è chiamato ’testo’. Se paragoniamo, per analogia, la frase “il segno non può esistere come elemento a sé stante” all’idea biologica chiave secondo la quale la  microscopica unità vivente è la cellula, qualcuno potrebbe concludere che la stessa frase può valere anche nel seguente caso: “la cellula non può esistere come elemento a sé stante”. Tuttavia, quest’affermazione non è né precisa né vera. Questo perché,da un lato, la cellula è “la più semplice entità avente reale competenza semiotica” (Hoffmeyer 1997:940); dall’altro lato, la cellula comprende un’intera moltitudine segnica. Possiamo risolvere questa contraddizione se parliamo di semiosi invece che di «segno» (come accade nella maggior parte degli scritti biosemiotici): la cellula è una microscopica unità semiosica. Per definizione, la semiosi è l’azione dei segni, ovvero il processo segnico. “Secondo Peirce, la semiosi è un processo continuo che si basa sull’interpretazione di un segno attraverso un altro segno. Jackobson ha definito questo processo con il termine «traduzione» (Krampen et al. 1987:244). Dato che la semiosi non riguarda l’azione di un solo segno ma coinvolge sempre una moltitudine di segni, possiamo dire che la semiosi è un processo testuale come allo stesso

 

 

it may be a non-linguistic text, and therefore it is more proper to call it a biotext.

If so, then the following conclusion becomes necessary – the basic semiosic unit biotext. Each text is a composition of signs, however, signs are nothing more than functional parts of text that cannot exist without or outside a text.

This can be seen as a reference to a contradiction between the Peircean (or American) and Saussurean (or French, or European) traditions in the development of semiotics throughout the last century. This is a contradiction between ‘sign semiotics’ and ‘text semiotics’ (M. Lotman, 2002).

Whether ‘text’ is a proper term in this status, is of course discussable, because a common interpretation of this term assigns to text the stability, linearity, and fixity. However, e.g., J. Lotman’s usage of the term is much more general when he writes, for instance, about “iconic (spatial, non-discrete) texts” (Lotman 1990:77).

Sign becomes a meaningful entity only due to its relationship to a sign process, semiosis. Accordingly and analogously, text can be seen as a semiotic entity only if a textual process is considered – a text interpretation, a translation in any of these forms.

Thus, in analogy with the term “semiosis” for sign process, we seem to require a term for text process. On the one hand, this may be a false conclusion, because semiosis always assumes the participation of number of signs, semiosis already is textual (s.l.) process. If single signs can be distinguished, then, in contrary, semiosis never concerns only a single sign. Therefore, it seems that there is no need for an additional term. On the other hand, it is possible to distinguish between semiosis that occurs in particular parts of a text, and the semiosis of the whole text. This is the process in which the whole text, including its multiple codes and levels, in toto, interprets itself. The whole text process, or total interpretation (or perhaps total translation, according to Torop 1995), is what also occurs, for instance, when a  new organism is born. ‘Giving birth’ means that a complete set of conditions and patterns is created (“transferred”) that guarantees the independent life for a new organism. This is the same as in case of

 

 

modo è la traduzione. A questo proposito, possiamo concludere che la semiosi non è l’azione di un segno, ma è l’azione di più segni, e di conseguenza una struttura più complessa della suddetta deve far parte in un sistema semiosico più semplice. Se lo chiamiamo testo, dobbiamo tenere in considerazione che potrebbe un testo non linguistico,indi per cui sarebbe più appropriato chiamarlo biotesto. In questo caso, si rende necessaria la seguente conclusione: l’unità semiosica di base è il biotesto. Ogni testo è una composizione di segni ma i segni sono semplicemente parti funzionali del testo che non possono esistere senza un testo o al di fuori di esso.

Ciò potrebbe fare riferimento alla contraddizione esistente fra la tradizione nello sviluppo della semiotica di Peirce (o americana) e la tradizione nello sviluppo della semiotica di Saussure ( francese o europea) che ha interessato tutto il secolo scorso.

Si tratta di una contraddizione fra «la semiotica dei segni» e «la semiotica del testo». (M. Lotman, 2002)

Naturalmente occorre verificare se «testo» è il termine che più si addice a questo status, poiché l’interpretazione comune di questo termine attribuisce al testo stabilità, linearità e fissità. Tuttavia, l’impiego che J. Lotman fa del termine è molto più generico quando scrive, per esempio, di «testi iconici (spaziali – non discreti». (Lotman 1990: 77). Il segno diventa un’entità significativa grazie al suo rapporto con il processo segnico, la semiosi. Quindi, il testo può essere analogamente considerato un’entità semiotica esclusivamente se teniamo in considerazione il processo testuale  – l’interpretazione di un testo, una traduzione in qualunque sua forma.

Perciò, analogamente al termine «semiosi» nel processo segnico, sembra che occorra un termine anche per il processo testuale. Da una parte, potremmo essere arrivati ad una falsa conclusione, perché la semiosi suppone sempre la partecipazione di un certo numero di segni, la semiosi è già un processo testuale, in senso lato.  Anche se possiamo distinguere i singoli segni, la semiosi non riguarda mai solo un singolo segno. Quindi, sembra che non sia necessario un termine supplementare. D’altra parte, è possibile distinguere tra la semiosi che si verifica in tratti particolari del testo e la semiosi di tutto il testo. Attraverso questo processo, l’intero testo, compresi i suoi molteplici codici e livelli, in toto, interpreta sé stesso.

L’intero processo testuale, o interpretazione totale (o forse traduzione totale, conformemente a Torop, 1995), è ciò che si verifica,

total translation, when the life of a text can be transferred into the life of a new text. Quite often, the term semiosis has been used in so general meaning that the total text interpretation has also been termed with it. However, it seems to be reasonable – in order to leave less place for misunderstandings – to distinguish between semiosis as an ‘organ process’, and ‘something else’ as an ‘organism’ process. This ‘something else’ being equal to – life.

A comparison between the concepts of biological function an sign action (Emmeche 2002) demonstrates that the functional differentiation within a self-referencial system is equivalent to the appearance of signs. This is because the functional differentiation means the existence of other-reference. Moreover, “it is stable integration of self-reference and other-reference which establishes the minimum requirement for an umwelt and thereby sets living systems apart from all their non-living predecessors” (Hoffmeyer 1999:156). Without functional differentiation there is no signs (like Lotman expresses it – in case of identical partners, there is nothing to communicate about). Therefore it is reasonable to say that an organism is always a biotext.

Speaking in this way on semiosis of biotexts, it leads to at least an interesting research program to apply the concepts and tools of holistic biology in text analysis. Several notions, like e.g., archetype, homology, analogy, etc., are already in use in both areas.

 

Organism as a self-interpreting biotext

In case of single (simple) tokens, their recognition is based primarily on the existing categories an interpreting system possesses for signs. Therefore, a token is recognized as a representative of a category, and accordingly, its individuality becomes lost in transmission. Categori-sation is a phenomenon that is always accompanying sign processes; it is a precondition of the existence of codes.

 

 

ad esempio, quando nasce un organismo. «Dare alla luce» significa creare («trasferire») una serie completa di condizioni e schemi  che garantiscano ad un nuovo organismo una vita indipendente. È lo stesso nel caso della traduzione totale, quando la vita di un testo può essere trasferita nella vita di un nuovo testo. Il termine «semiosi» è stato impiegato piuttosto spesso con un’accezione così generica che anche l’interpretazione totale del testo è stata  definita con tale termine. Comunque, sembra sensato – per lasciare meno spazio ai fraintendimenti –  fare una distinzione tra la semiosi in quanto

« processo organico » e « qualcos’altro » in quanto «processo dell’organismo». Questo « qualcos’altro » equivale alla vita.

Se paragoniamo i concetti di « funzione biologica » e « azione segnica » (Emmeche 2002) dimostriamo che la differenziazione funzionale all’interno di un sistema autoreferenziale è equivalente all’aspetto dei segni. Ciò avviene perché la differenziazione funzionale implica l’esistenza eteroreferenziale.

Inoltre, «è l’integrazione stabile di autoreferenza ed eteroreferenza a stabilire il requisito minimo per l’umwelt e pertanto separa i sistemi viventi, da tutti i loro predecessori non viventi» (Hoffmeyer 1999:156). Senza la differenziazione funzionale, i segni non esisterebbero ( come afferma Lotman – nel caso di partner identici, non c’è nulla da comunicare).

Quindi, è sensato asserire che un organismo è sempre un biotesto.

Parlare così della semiosi dei biotesti conduce se non altro ad un interessante programma di ricerca con lo scopo di applicare i concetti e  impiegare gli strumenti della biologia olistica, nell’analisi del testo. Numerosi concetti, come ad esempio « archetipo », « omologia », «analogia» ecc., sono già in uso in entrambe le aree.

 

 

L’Organismo come biotesto auto interpretante

 

L’identificazione dei segni singoli (semplici) è basata principalmente sulle categorie esistenti che il sistema d’interpretazione possiede per i segni.

Quindi, un segno viene identificato come il rappresentante di una categoria e di conseguenza la sua individualità viene persa durante il

 

In case of compound tokens, their recognition is also a compound process. The particular combination of the element signs in the compound token may be unique, therefore the recognition process can also leave a unique trace.

Since compound token is not the same as a set of signs, one has to ask what turns it into one sign. Another aspect of the nature of the compound signs is that there is more than simply a recognition that occurs in the compound sign interpretation.

A remarkable idea of Jakob von Uexküll concerns the distinction between the two kinds of signs – Merkzeichen and Wirkzeichen. The forms ones are related to perceptual categories, whereas for the latter ones the operational (effectual), or motor categorization takes place. A code between perceptual and operational categories makes it possible for a compound sign to become one whole sign. This occurs if several perceptual categories converge in one operational category. A similar idea has been proposed by Gerald Edelman by his concepts of senso-motor categorization. Mechanism like this means that a principal difference is achieved from just an automatic response to certain factor in environment – this is an ability to recognize individuality. It is a process of interpretation, which, as we saw, requires more than a single sign process – it deals with the text (Kull 1998).

Operational categories are the categories of behavioral acts, of body movements, etc. In case of humans, the operational categories can be those of spoken words.

Due to the complex inner structure of organism, consisting in a large number of cells and many tissues, all begin in a communicative relationship, there can be the perception-operation cycles that are entirely embedded in the body.  This means, inside the body a sequence of perception-operation-perception-operation may include several sequential systems of communication. Accordingly, several levels of categories and categorization can be developed between the

 

 

passaggio. La   « categorizzazione » è un fenomeno che accompagna sempre il processo segnico; si tratta di una precondizione dell’esistenza dei codici.

Anche l’identificazione dei segni composti è un processo composto. La combinazione particolare dei segni dell’elemento, per quanto riguarda il segno composto, può essere unica e per questo anche il processo d’identificazione può lasciare una traccia unica.

Dato che il segno composto non è uguale ad un insieme di segni, ci si deve chiedere cosa lo trasforma in un segno. Un altro aspetto della natura dei segni composti riguarda il fatto che ciò che si verifica nell’interpretazione del segno  composto è più di una semplice individuazione.

Un’idea rilevante di Jakob von Uexküll riguarda la distinzione fra i due tipi di segni – Merkzeichen e Wirkzeichen. I primi si riferiscono alle categorie percettive, mentre per i secondi ha luogo la categorizzazione operativa (efficace) o  moto-categorizzazione. Esiste un codice tra la categoria percettiva e la categoria operativa che permette al segno composto di diventare un segno completo. Questo si verifica se svariate categorie percettive convergono in una categoria operativa. Un’idea simile è stata proposta da Gerald Edelman secondo il suo concetto di categorizzazione senso-motoria. Un meccanismo come questo implica il raggiungimento della differenza principale da una semplice risposta automatica a un determinato fattore nell’ambiente – questa è un’abilità che permette di riconoscere l’individualità. Si tratta di un processo d’interpretazione, che, come abbiamo visto, richiede più di un processo per il singolo segno – riguarda il testo ( Kull 1998).

Le categorie operative sono categorie di atti comportamentali, di movimenti del corpo, ecc. Nel caso degli umani, le categorie operative possono identificarsi con quelle delle « parole dette ».

Grazie alla struttura interna dell’organismo, che consiste nel gran numero di cellule e tessuti, tra i quali intercorre una relazione comunicativa, possono esistere i cicli percettivo – operativi, che sono totalmente insiti nel corpo. Ciò significa che all’interno del corpo la sequenza percezione – operazione – percezione – operazione potrebbe

perceptual and the effectual ones. Which means the development of internal texts, the models.

 

Biosemiotics means biology

 

It is appropriated to remind here few formulations by T. A. Sebeok.

 

The aim of biosemiotics is to extend the notions of general semiotics. To encompass the study of semiosis and modeling in all species. The premise which guides biosemiotics is, in fact, that the forms produced by a specific species are constrained by the modeling system(s) which has evolved from its anatomical constitution. The aim of biosemiotics is to study not only the species belonging to one of the five kingdoms, Monera, Protoctista, Animalia, Plantae, and Fungi, but also to their hierarchically developed component parts, beginning with the cell, the minimal semiosic unit […]. In a phase, the target of biosemiotics is the semiosic behavior of all living things. (Sebeok, Danesi 2000:15)

 

The basic claim of Sebeok, that the semiosic phenomena begin with the first cell, is certainly consistent with the view of many biologists that cell is the elementary unit of being alive – a fundamental statement in biology since mid 19th century. This also means that the simplest mechanism of sign can be found in a system which has at least the complexity of living cell.

The next statement above says that the sign relationship, which is constituted by a modeling system, evolves from the anatomical constitution of cellular life. I would state it more broadly, using the term morphology instead of anatomy – the morphological units of living systems are semiosic.

In order to understand the nature of organic forms, we need to consider that these forms are very weird if we would like to get them from the mixing of non-living particles. A key to decipher the diversity of organic forms both the inter-organismal and intra-organismal, is (according to a biosemiotic approach) to look at these

comprendere numerosi sistemi sequenziali di comunicazione. Analogamente, molti livelli delle categorie e della categorizzazione possono essere sviluppati tra le categorie percettive e quelle operative. Il che implica lo sviluppo dei testi interiori, ovvero i modelli.

 

Biosemiotica significa biologia

 

È giusto ricordare ora alcune formulazioni di T. A. Sebeok.

 

Lo scopo della biosemiotica è di estendere i concetti della semiotica generale al fine di comprendere lo studio della semiosi e della modellizzazione in tutte le specie. Secondo la premessa che accompagna la biosemiotica, in effetti, le forme prodotte da specie specifiche sono vincolate dal/i sistema/i di modellizzazione che si è/si sono evoluto/i dalla sua costituzione anatomica. Lo scopo della biosemiotica non è solo quello di studiare le specie appartenenti a uno dei cinque regni, Monera, Protoctista, Animalia, Plantae e Fungi, ma anche le loro componenti sviluppate in una gerarchia, a partire dalla cellula, l’unità semiosica minima […]

In poche parole, l’obbiettivo della biosemiotica è il comportamento semiosico di tutte le cose viventi. (Sebeok, Danesi 2000:15)

 

L’affermazione di base di Sebeok, secondo la quale i fenomeni semiosici  iniziano con la prima cellula, è senza dubbio coerente con l’opinione di molti biologi che considerano la cellula l’unità elementare dell’essere vivente – asserzione fondamentale in biologia dalla metà dell’800.

Ciò significa anche che il più semplice  meccanismo segnico può essere reperito in un sistema che sia almeno caratterizzato dalla complessità della cellula vivente. Quest’ultima affermazione di Sebeok dice che la relazione segnica, che è costituita da un sistema di modellizzazione, si evolve a partire dalla costituzione anatomica della vita cellulare. Lo direi in senso più generale usufruendo del termine «morfologia» anziché di «anatomia» – le unità morfologiche dei sistemi viventi sono semiosiche.

Al fine di capire la natura delle forme organiche, dobbiamo considerare che queste forme sono molto strane se vogliamo separarle dal mescolamento delle particelle non viventi. Una chiave per decifrare la diversità delle forme organiche, sia interorganismiche sia intraorganismiche, è quella (secondo un approccio biosemiotico) di considerare forme comunicative, come forme che derivano dalla

as communicative forms, as the forms which are a result of categorization of various types. Then, for instance, biological species appear as categories in inter-organismal semiosis, and tissues as categories of intercellular communication within a multicellular organism. These principal objects of biological research being semiosic in their nature, we have to occlude that whole biology unavoidably becomes influenced by the understanding of semiosis.

When looking at biology as a whole, we can recognize a metasemiosic process in it, as represented in Fig. 1 via two capacious triads. It shows morphology and biological systematic as dealing with main intra-organismic and inter-organismic communicative structures, or categories, respectively. Physiology and ecology represent the synchronic, developmental biology and evolutionary biology the diachronic dimensions. However, of course, these can be interpreted also as the three dimensions of sign in the Peircean sense. Or, as a great chain of semiosis with alternating endosemiotic and exosemiotic steps.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figure 1. A metasemiosic structure of biology, with endosemiotic (left) and exosemiotic (right) domains.

 

 

 

 

categorizzazione di svariati tipi. Poi, ad esempio, le specie biologiche si presentano come categorie nella semiosi interorganismica, mentre i tessuti come categorie della comunicazione intercellulare all’interno di un organismo multicellulare. Dato che questi oggetti principali della ricerca biologica sono semiosici di  natura, dobbiamo concludere che tutta la biologia è inevitabilmente influenzata dalla comprensione della semiosi.

Se osserviamo la biologia nel suo insieme, possiamo riconoscere un processo metasemiosico al suo interno, come mostrato nella figura 1attraverso due triadi completi. La figura mostra la morfologia e la sistematica biologica in relazione alle sue principali strutture comunicative o categorie rispettivamente intraorganismiche e interorganismiche.

La fisiologia e l’ecologia rappresentano la biologia evolutiva sincronica e diacronica. Tuttavia, è ovvio che queste possono essere interpretate anche come le tre dimensioni del segno, secondo l’idea di Peirce. O anche, come la grande catena della semiosi con fasi endosemiotiche che si alternano a fasi esosemiotiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 1. Qui di sopra, una struttura biologica metasemiosica, con campi endosemiotici (sinistra) e campi esosemiotici (destra).

 

 

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