«Oltre la linea d’ombra. Un’antologia raccoglie narratori australiani» Opera recensita: «Il cielo a rovescio», a cura di Franca Cavagnoli, Mondadori, 1999, p. 204, 14.000 lire. Pubblicato su Diario della settimana del 3 febbraio 1999, p. 67.

Presenze inquietanti in luoghi rimossi

 

Franca Cavagnoli, a cura di

Il cielo a rovescio – Racconti contemporanei dall’Australia

Traduzione a cura di diplomati della Scuola Superiore per Interpreti e Traduttori del Comune di Milano

Oscar Mondadori, 1998, p. 204, 14.000 lire

C’è un percorso che accomuna molte delle quindici storie che in questa interessante antologia ci raccontano una realtà letteraria contemporanea semisconosciuta in Italia: è il percorso verso la zona d’ombra, verso la stanza di Barbablù, verso una parte che c’è, ma si vorrebbe disconoscere. Un lascito, forse, dell’Inghilterra vittoriana.

Sarà un caso o no, ma anche l’Australia stessa, per certi versi, è una zona rimossa, un inconscio topografico, in particolare dal punto di vista dell’ex madrepatria, il Regno Unito. Non sorprende, dunque, che la visuale di queste narratrici, e di alcuni narratori, sia straniante, “a rovescio”, con benéfici effetti sul piano artistico-letterario.

Nello splendido «Gretel» (1971) di Hal Porter, un cinquantenne richiamato in patria per il funerale della madre rievoca una relazione madre-figlio igienicamente perfetta, ma per il resto molto carente. Qui l’infrazione del divieto è la penetrazione in una stanza proibita, il cui contenuto doppiamente inquietante è una ragazzina bellissima e gravemente psicotica. Il funerale della madre, vissuto in superficie come liberazione da obblighi, lascia al protagonista una libertà che assomiglia più a un rifiuto da adolescente cresciuto che a una scelta adulta.

Simile luogo proibito, anzi luogo rimosso, troviamo nel «Biglietto di San Valentino», di Elyzabeth Jolley. Il sogno piccoloborghese di una coppia di emigrati dal vecchio continente — una splendida casa con giardino — racchiude una trappola dal forte valore simbolico: il giardino contiene una baracca in cui abita un vecchio, Mr Parker, che devono essere “acquistati” in blocco insieme all’immobile.  I sogni di gloria e di social climbing della coppia di inglesi si tingono di incubo. Il docente universitario Mr Page, frustrato nelle aspettative di carriera, vive il giardinaggio come un momento di relax, taglia e pota un po’ a caso, mentre Mr Parker, storico padrone del giardino, lo perseguita con i suoi saggi consigli: personificazione di una coscienza scomoda che — più che rimossa — viene soppressa, schiacciata sotto la caduta non casuale di un pesante ramo d’albero, tagliato perdipiù nella stagione sbagliata e nel modo sbagliato, come il morituro tiene a sottolineare.

Una terza modalità di straniamento in questa galleria della narrativa australiana è il punto di vista di un presunto idiota. Un personaggio analogo a quello di Chancy Gardener di Oltre il giardino troviamo in «Thomas Awkner il corriere», finto cretino usato dai familiari per losche consegne, che nel finale dà prova di essere meno idiota del previsto, mandando a repentaglio — in un comico quanto placido bagno in una fontana — il contenuto della misteriosa busta. «Thomas Awkner flottava» è il finale liberatorio, con cui si pone fine al soffocante gioco di ruoli della famiglia di stampo vittoriano.

L’angolatura straniante di «Vanto e gioia» di Morris Lurie (tra i pochi narratori maschi presenti nella raccolta a mettere in discussione il proprio ruolo di genere) consiste invece nel focalizzare un personaggio — esplicita quanto odiosa caricatura di Hemingway — dal punto di vista del figlio adolescente, il cui fegato è sottoposto a continuo stress, sia dall’alcol serale sia dalle micidiali quattro uova con salsiccia del breakfast. Una competizione fallica padre-figlio della quale è il padre — non il figlio — protagonista e fautore. L’emancipazione del figlio consisterà proprio in un finale a base di tè liscio, simbolico pendant alle soffocanti quattro uova, ostentazione di una virilità machista finalmente rifiutata.

Il brevissimo «La melaleuca» della scrittrice aborigena Oodgeroo è un bell’esempio di racconto con contenuto ideologico ben stemperato in una forma letteraria più vicina alla poesia che alla narrativa. È ambientato in epoca pre-storica, e la sua protagonista femminile incarna la continuità diacronica. Aiutata dal dio Biami, Oodgeroo riesce a ritrovare un proprio posto nella tribù, a dispetto del Tempo.

Sono invece interessanti dal punto di vista sociologico-documentario altri racconti, come «La macchina rubata» e «Il vecchio Cobraboor», inseriti nell’antologia per completare il quadro d’insieme della letteratura australiana contemporanea.

Tutte le traduzioni sono state fatte da ex studenti della SSIT della Civica Scuola Superiore per Interpreti e Traduttori del Comune di Milano sotto le amorevoli cure di Franca Cavaganoli — docente di quella scuola — che è anche l’autrice dell’esauriente introduzione e delle note biografiche su autrici e autori.

Bruno Osimo

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