Hum Mugdal, Vergine senza parole

  • Il duce col ditino alzato

    additava la macchia d’umido sotto la mia pancia

    perplesso che partecipassi in tuta alle conferenze scientifiche.

     

    Ma io ero vergine

    e dovevo proteggere la mia virtù con pannolini colorati

    senza concessioni alla moda accademica.

     

    Quando sulla spiaggia mi sono tolto il costumino bagnato per cambiarmi,

    dalla sala conferenze tutti hanno visto

    il granello di sabbia cadere nel mio prepuzio sudato:

    proveniva dalla bottiglia contenente molti anni prima,

    stratificazioni di sabbie diversamente colorate del deserto del Negev.

     

    Scegliendo dall’appendiabiti il paio di mutande asciutte più opportuno,

    tutti hanno tirato un sospiro di sollievo

    vedendo che il granello della bottiglia di sabbie diversamente colorate

    ricadeva nella porta ubs del laptop nello zaino.

     

    Ho infilato le mutande asciutte

    e sono rientrato nell’aula uno con due zaini in spalla

    quello con il computer e i cavi,

    quello che conteneva il costumino bagnato sgocciolante da pesciolino coccolato.

     

    Grazie alle tracce gocciolanti,

    Manesco m’ha stanato e m’ha inseguìto fino nell’aula,

    annusandomi con un coltello per trovare il punto giusto per la circoncisione

    avvenuta poi nel primo minuto vicino al microfono senza filo.

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