La traduzione come processo creativo: Edward Balcerzan. Ksenia Elisseeva

Civica Scuola Interpreti Traduttori via Alex Visconti, 18 20151 MILANO

Relatore: Prof. Bruno OSIMO

Diploma in Scienze della Mediazione Linguistica 18 Aprile 2007

© Edward Balcerzan, 1978
© Ksenia Elisseeva per l’edizione italiana 2007

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Abstract in italiano

Nella tesi si prende in esame l’articolo di Edward Balcerzan intitolato Perevod kak tvorčestvo e apparso nella rivista internazionale di traduzione Babel, numero 3-4/1978, vol. XXIV, ISSN 0521-9744. Di questo articolo viene fornita innanzitutto una sintesi nella Prefazione alla luce dei contributi contemporanei su argomenti affini; nella seconda parte viene poi proposta la traduzione italiana dell’articolo con testo russo originale a fronte. La questione della creatività nel metatesto è un problema chiave della scienza della traduzione, perché riguarda da vicino il continuum che Toury definisce «adeguatezza versus accettabilità». L’articolo scientifico di Balcerzan indaga i limiti entro cui il traduttore può spingersi nella sua opera creativa.

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Краткое содержание дипломной работы

В своей дипломной работе я изучила статью Эдварда Бальцежана под названием Перевод как творчество, опубликованную в номере 3-4/1978 г. интернационального журнала для письменных переводчиков Babel (vol. XXIV, ISSN 0521-9744). В предисловии я попыталась кратко передать содержание статьи и проанализировать мнение автора о вопросе, затрагиваемом многими переводчиками и специалистами переводоведения в течение многих лет. Кроме того, я перевела статью на итальянский язык и привела перевод с текстом оригинала во второй части дипломной работы. Проблема творческого вмешательства в переводимый текст фундаментальна для науки, рассматривающей понятия эквивалентности и адекватности оригиналу. В данной научной статье автор устанавливает пределы “сочинительских” привилегий переводчика и их значимость.

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English Abstract

The object of this thesis is the translation from Russian into Italian and the analysis of the scientific article written by Edward Balcerzan Perevod kak tvorčestvo which appeared in 1978 in Babel, International Journal of Translation (vol. XXIV, ISSN 0521-9744, NO 3-4). The first part of this paper provides an outline of the au- thor’s point of view focused on a subject broached by many translators and experts of the theory of translation – the limits and the importance of target texts’ accommo- dation. In the second section the translation with parallel original Russian text can be found. The question of the translator’s creativity is fundamental for the science that studies such notions as equivalence and adequacy. The more translators change the spirit of the original text adapting it culturally, ideologically, aesthetically etc., the less its original aspect emerges. In his scientific article Balcerzan stabilizes the limits and the importance of such target texts’ accommodation.

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Abstract in het Nederlands

In deze scriptie wordt het opstel van Edward Balcerzan Perevod kak tvorčestvo onder de loep genomen en in het Italiaans vertaald. Het artikel werd in Babel, een internationaal tijdschrift voor vertalers, gepubliceerd (nummer 3-4/1978, vol. XXIV, ISSN 0521-9744). In het eerste deel van de scriptie wordt het standpunt van de auteur geschetst aangaande het onderwerp waarover door vertalers en deskundigen in de vertaalwetenschap heftig wordt gediscussieerd, namelijk: in hoeverre mag de doeltekst worden ‘aangepast’. Het tweede deel is gewijd aan de vertaling die naast de oorspronkelijke Russische tekst is geplaatst. De kwestie van de creativiteit van de vertaler, van de vrije vertaling dus, is fundamenteel voor de wetenschap die begrippen als overeenkomstigheid en aanvaardbaarheid analyseert. In zijn wetenschappelijk artikel geeft Balcerzan de grenzen aan waarbinnen de vertaler zich moet bewegen.

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Sommario

Abstract in italiano…………………………………………………………………………………………. 3

Краткое содержание дипломной работы ……………………………………………………….. 4

English Abstract…………………………………………………………………………………………….. 5

Abstract in het Nederlands………………………………………………………………………………. 6

Sommario……………………………………………………………………………………………………… 7

Prefazione …………………………………………………………………………………………………….. 8

Traduzione con il testo a fronte. La traduzione come processo creativo: Edward Balcerzan ……………………………………………………………………………………………………. 14

La traduzione come processo creativo…………………………………………………………. 15

Перевод как творчество…………………………………………………………………………… 21 Riferimenti bibliografici. ………………………………………………………………………………. 28

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Prefazione

«What is translation? On a platter A poet’s pale and glaring head, A parrot’s screech, a monkey’s chatter And profanation of the dead».

Vladimir Nabokov

Come ci immaginiamo un traduttore? Una persona, con il volto concentrato in cerca d’ispirazione, seduta alla scrivania e circondata da librerie piene di dizionari e enciclopedie. Davanti, un libro, un quaderno, una penna (oppure, nella versione contemporanea, un computer), probabilmente anche una tazza di tè o caffè. Legge attentamente (anche a voce alta) la frase che deve tradurre da una lingua all’altra per capirla, cercare di percepire il pensiero che l’autore vuole comunicare al lettore, lo traduce in un suo linguaggio interno e finalmente lo trasforma in una frase in lingua diversa, la rilegge, la unisce con quella precedente, cambia verbo … È un processo complesso, non da sottovalutare, che richiede tempo, molta passione e abilità.

Sappiamo perfettamente che la traduzione fa parte della nostra vita quotidiana. Comunicando con una persona siamo costretti a decifrare il messaggio che questa persona tenta di trasmettere. Dico tenta perché non riusciamo a comunicare tutto quello che vorremmo far capire al nostro interlocutore; il nostro pensiero può essere interpretato in modo diverso, possiamo semplicemente non essere in grado di esprimerlo. Nella prefazione al suo diario Tolstoj scrisse: «Čudnaâ noč ́! Luna tol ́ko čto vybralas ́ iz-za bugra i osveŝala dve malen ́kie, tonkie, nizkie tučki … Â dumal: pojdu, opišu â, čto vižu. No kak napisat ́ èto? … Bukvy sostavât slova, slova-frazy; no razve možno peredat ́ čuvstvo?»1. «Mysl ́ izrečënnaâ est ́

1 «Che bella notte! La luna è appena spuntata dalla collina illuminando due piccole, trasparenti, basse nuvolette … Stavo pensando: vado e descrivo quello che vedo. Ma come faccio a descriverlo? … Le lettere si uniscono in parole, le parole in frasi. Ma riuscirò mai a trasmettere il sentimento?». Tolstoj, 22: 65-66

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lož ́»2 – diceva Tûtčev. Allora il testo scritto non è mai completo e traducendolo si perde del tutto l’emozione dell’autore? Il traduttore è autorizzato ad aggiungere i propri sentimenti, ad interpretare a modo suo, a creare, trasformare, trasportare? Perché una macchina, un programma automatico non ne è in grado? Quali tecniche e metodi usano i traduttori, quali sono giusti e quali no? Approccio meccanico o personale? Chi decide se una traduzione è bella o brutta? Accettabile o adeguata? Mantenere i realia del prototesto o aiutare il lettore eliminando gli elementi estranei e privandolo di possibilità di conoscere la cultura dell’autore? Proprio o altrui? Molti esperti di traduttologia cercano le risposte a queste e molte altre domande che riguardano il processo traduttivo.

Edward Balcerzan è un noto narratore, poeta, traduttore e critico letterario polacco. È nato nel 1937 in una cittadina russa. All’età di nove anni si è trasferito in Polonia dove si è laureato in lettere presso l’Università Adam Mickiewicz di Poznań e dove ha conseguito il titolo di dottore e professore universitario e dove tuttora insegna alla facoltà di storia e filologia polacca. Ha vinto alcuni premi per il suo contributo nelle scienze letterarie. Conosce bene la cultura e la letteratura italiana grazie ai legami professionali e d’amicizia con Andrzej Litwornia, docente di letteratura e civiltà polacca presso l’Università degli Studi di Udine, autore di varie dissertazioni sul tema dei rapporti culturali tra l’Italia e la Polonia.

Nel saggio che ho tradotto per questa tesi di laurea Balcerzan si esprime sul concetto di creatività nel processo traduttivo, sul suo sviluppo nel corso degli anni, oserei dire secoli, è un evidente sostenitore del concetto di adattamento della traduzione in funzione del lettore, afferma che il compito di ogni traduttore non è quello di preoccuparsi di parole, frasi, strutture grammaticali, ma di cercare di trasmettere ciò che l’autore dell’originale intende comunicare sacrificando in alcuni casi la letteralità, ma mai esplicitando poiché è il dovere del lettore e l’intenzione dell’autore; perciò un buon traduttore, sostiene Balcerzan, non può essere che un artista. Ma ogni intervento creativo del traduttore deve avvenire in modo consapevole e legittimo, ovviamente senza trasformare il campo dei «costrutti

2 «Il pensiero una volta espresso è falso». Tûtčev, Silentium! 9

semantici importanti» (personaggi, fabula ecc.). L’autore polacco si esprime anche sull’arbitrarietà delle opere tradotte affermando che ogni traduzione è errata, come lo è anche l’originale. Molte affermazioni di Balcerzan messe alla luce in questo suo saggio e riassunte in questo paragrafo possono essere duramente criticate, ma nel corso del lungo processo di sviluppo della scienza della traduzione vi furono manifestazioni di pensiero molto più radicale e, se vogliamo, aggressivo. Vediamo ora di capire cosa intende Balcerzan per «traduzione come processo creativo» e come avviene.

Prima di cominciare a scrivere ogni traduttore affronta la fase

«intersemiotica» della traduzione nella quale parole, frasi, concetti vengono tradotti

in una lingua individuale e mentale del traduttore che li analizza, accetta o critica,

comprende o rifiuta, sottolinea o ignora. Tale proiezione mentale del testo – così l’ha

definita Hönig – avviene in seguito a due processi mentali: quello inconscio e quello

conscio, la cosiddetta analisi traduttologica del testo. Nel caso la prima strategia

prevalga sulla seconda, il risultato rischia di essere molto diverso dal testo originale e

può essere chiamato «traduzione» solo in senso lato. Un traduttore consapevole e

esperto conosce il peso e il valore delle espressioni come «differenze culturali»,

«traducibilità», «accettabilità e adeguatezza», «residuo traduttivo», «realia»,

«dominante» e solo dopo una serie di considerazioni e riflessioni fa una sua scelta

ottimale tra le soluzione che il codice della lingua madre, generalmente, gli offre.

Questa scelta è non sempre, quasi mai, perfetta perché può enfatizzare un’accezione

della parola piuttosto che un’altra, creare rimandi intratestuali eliminandone altri,

esplicitare certi concetti o darli per scontati, creare una dominante diversa da quella

del metatesto. Roman Jakobson ha affrontato il problema dell’equivalenza

impossibile affermando che in due lingue non esistono due parole che coprono lo

stesso campo semantico e il traduttore è obbligato a fare una scelta oggettiva

motivata escludendo altri significati inclusi nel campo semantico della parola

straniera e assenti nella parola della sua lingua madre.
Secondo Edward Balcerzan scegliere tra il repertorio delle possibilità che la

lingua madre offre non è il compito più difficile del traduttore. Un po’ più interessante è analizzare la dominante e decidere se mantenerla o cambiarla, se concentrarsi sull’autore del prototesto o sul lettore empirico del metatesto, se attenersi – se usiamo la terminologia di Toury – al principio di adeguatezza o a

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quello di accettabilità. La dominante di una traduzione adeguata è quella dell’autore: diventa fondamentale mantenere i tratti peculiari dell’originale, le sue caratteristiche culturali, lo stile originale dell’autore, i realia, sconvolgere le regole della struttura grammaticale della lingua del metatesto se lo fa lo scrittore nel prototesto e così via. Purtroppo vi è un residuo anche in questo tipo di traduzione, vi è il rischio che tali testi diventino illeggibili, che il lettore li abbandoni e che li dimentichi. Questo capita meno spesso con una traduzione basata sul principio di accettabilità da dove scompaiono del tutto l’originalità, le caratteristiche della cultura altrui. Nasce un testo comprensibile «in cui linguaggio e stile sono in piena armonia con le convenzioni linguistiche e letterarie della cultura ricevente» (Leuven-Zwart: 1992). Balcerzan sostiene che la trasformazione dell’originale avviene in funzione del lettore, ma allo scopo di perfezionare il disegno creativo dell’autore. Chiama tale trasformazione «strategia dell’apocrifo» o «plagio à rebours». Qui l’intervento creativo del traduttore è massimo, e equiparabile a quello dell’autore stesso. Balcerzan ci dimostra inoltre come il principio dell’annessione (fondamentale negli scritti della letteratura preromantica e che oggi si potrebbe definire «plagio») abbia influenzato la scienza della traduzione d’oggi rendendola più attenta a non permettere un intervento eccessivo da parte del traduttore per far sì che le traduzioni rimangano filologicamente affini agli originali.

Ogni prototesto richiede l’applicazione dei quattro principali cambiamenti: omissione, aggiunta, spostamento e sostituzione. Balcerzan considera lo spostamento l’intervento meno dannoso, ma anche meno creativo e non tollera l’aggiunta, in quanto un traduttore non è autorizzato a scrivere al posto dell’autore. L’omissione – sostiene lo studioso – è, in alcune circostanze, inevitabile e perciò comprensibile. Un caso in cui l’intervento creativo del traduttore, secondo me, è perfino inevitabile è quello esemplificato dalla frase fiabesca russa «izbuška na kur ́ih nožkah»3. Eco definisce frasi di questo tipo «segnali di genere» che non ogni lettore del metatesto riuscirebbe a comprendere per mancanza di conoscenze enciclopediche. Le vie d’uscita potrebbero essere almeno quattro: tradurre alla lettera spiegando in una nota

3 Izbà sulle zampe di gallina

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a piè di pagina il significato e la funzione della frase; tradurre alla lettera senza dare spiegazioni; sostituire l’elemento con un altro simile tipico della cultura ricevente, applicando il principio dell’apocrifo, ma correndo il rischio di inserire elementi estranei alla cultura emittente; oppure omettere il segnale di genere (nel peggiore dei casi). È una considerazione di carattere generico dato che tutto dipende dal contesto e ogni traduttore considera il testo nel suo insieme per non compromettere la dominante scelta. Quale alternativa avrebbe scelto Balcerzan? Di sicuro non avrebbe tradotto la frase alla lettera con una nota esplicativa, di certo non avrebbe neanche pensato di ometterla, ma l’avrebbe forse sostituita con una figura retorica comprensibile al lettore del metatesto (magari ce ne fosse una con funzione molto simile a quella dell’autore dell’originale! Sarebbe ideale!), ma non avrebbe mai piantato in asso l’autore tralasciando questa particolarità visto che l’aspetto più importante di ogni traduzione per Balcerzan è che il lettore riesca a cogliere l’intenzione dell’autore dell’opera originale e che il traduttore rimanga un mediatore mai troppo creativo per cercare di superare e riscrivere l’opera inventiva altrui, ma sufficientemente e inevitabilmente creativo per produrre un testo leggibile, diverso da quello che anche un traduttore elettronico sarebbe in grado di fare.

Detto questo mi sembra opportuno soffermarmi sulle difficoltà che ho riscontrato traducendo l’articolo Perevod kak tvorčestvo. A scopo informativo ricordo che Balcerzan è di madrelingua russa, ma ha passato in Russia solo pochi anni della sua infanzia. Questo ha avuto alcune ripercussioni sulla sua conoscenza della lingua, o meglio: è evidente l’influenza di una lingua europea, anche se di origini slave. L’articolo che ho riportato in seguito con la mia traduzione è l’opera originale di Balcerzan scritta in russo, non tradotta. Il saggio è senza dubbio strutturato molto bene, ma un occhio attento riuscirà a notare che l’autore usa strutture grammaticali atipiche per il russo, un po’ differenti da quelle usuali; usa vocaboli di origine straniera, sostantiva i verbi e viceversa (facoltà superflua data la ricchezza della lingua russa) e esagera, a mio avviso, con l’uso delle virgolette. Non sono abbastanza esperta in materia e non posso perciò spiegare con certezza tali caratteristiche del linguaggio di Balcerzan in questo articolo.

Un’altra complicazione che ha rallentato moltissimo la traduzione del saggio è la sua complessità. Trattandosi di un argomento piuttosto articolato, ma espresso in

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poche cartelle, ogni singola frase racchiude in sé un intero concetto, idea, che può dar vita a un altro articolo scientifico (con questo non voglio assolutamente implicare che il testo sia privo di collegamenti). Sono dovuta stare molto attenta a capire bene il significato di ogni parola, frase, concetto. Sono dovuta ricorrere al mio relatore, esperto in materia, per decifrare il messaggio nascosto in alcune proposizioni. Devo assolutamente ammettere di essere rimasta molto soddisfatta del risultato di questa collaborazione in quanto il testo in italiano mi sembra più chiaro, più leggibile e comprensibile. Lo penso davvero! Nonostante quello che può sembrare, il mio testo comunica lo stesso messaggio dell’originale, però sono stata molto attenta alla costruzione delle frasi per non rendere pensieri già complessi con strutture grammaticali ancora più composte in una lingua la cui difficile sintassi ostacola, nel caso specifico, la comprensione.

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Traduzione con il testo a fronte.
La traduzione come processo creativo: Edward Balcerzan

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La traduzione come processo creativo Edward Balcerzan

«Traducendo in versi a volte ci si abbandona allo slancio artistico, si “crea”, possiamo dire, perdendo lo spirito critico verso quello che si scrive, la “traduzione”».

Valerij Brûsov

La storia della letteratura può essere definita come un processo nel quale la scrittura e la traduzione diventano sempre più isolate e indipendenti. Ed è per questo che lo sviluppo di molte letterature nazionali, tra cui quella polacca e quella russa, può essere suddiviso in due fasi ben distinte. Innanzitutto, la scrittura creativa è un processo sincretistico, combinatorio, che permette di combinare, nell’ambito della stessa opera, invenzioni originali dell’autore con prodotti della fantasia altrui. Qui il confine tra composizione e ricomposizione dei valori artistici è indistinto. La concezione della paternità dell’opera è problematica. La codifica e la ricodifica del testo si sviluppano lungo il continuum tra due poli. Da un lato è il principio dell’apocrifo: la parola propria si presenta come parola altrui. «Apocrifo» (nel significato che ci interessa) si può definire come un plagio à rebours. Il traduttore attribuisce idee e immagini proprie all’autore dell’originale. «A volte i letterati antichi slavi, – afferma Lihačëv, – traducendo ricostruivano il testo o creavano sulla sua base delle grandi composizioni eterogenee […]» (Lihačëv 1962: 390). La competenza autoriale del traduttore si estendeva in quel periodo – fino al Settecento – a tutti i livelli della struttura del testo: non soltanto quelli più profondi, lessicali e fraseologici, ma anche gli strati superficiali (fabula, personaggi, narratore interno e altri cosiddetti «costrutti semantici importanti»). «Se è necessario, – si è pronunciato Bogomolec, – disambiguo, se invece il discorso dell’autore fa giri di parole inutili, riassumo lo stesso concetto in modo molto conciso per non solo confrontarmi con l’autore che sto traducendo, ma anche per superarlo nella capacità di resa» (Balcer- zan 1976: 71).

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Dall’altro lato c’è il principio dell’annessione – un fattore non di minore importanza che informava la letteratura dell’epoca preromantica. La parola altrui si presenta come parola propria. L’appropriazione di un testo – scritto in un’altra lingua –assomiglia a un atto di plagio, e oggi diremmo che si tratta di un plagio vero e proprio; nel sistema del classicismo la parafrasi di testi scritti in lingue diverse (più spesso di singoli episodi o di alcune componenti dell’opera altrui) è ammissibile con un minimo di aggiunte da parte del traduttore. A volte è sufficiente che la parola annessa sia tradotta nella lingua ricevente.

Tak i ja, jak z autora którego wiersz zarwę,

Za swój go już mam własny, jeno dam mu barwę,
– affermava in tutta sincerità Kochowski (Balcerzan 1976: 68).

[Anch’io, come l’autore a cui “strappo” la poesia, la sento mia se solo le do una nuova tinta]. Evidentemente il «principio dell’annessione» indirizza le ricerche sulle opere originali del classicismo verso la “pista” della traduzione implicita. Walter Benjamin analizza l’incrocio tra i due principi – dell’“apocrifo” e dell’“annessione” – e approfondisce la famosa affermazione secondo la quale un buon traduttore è un artista, mentre un artista mediocre è un cattivo traduttore (Benjamin 1975: 300).

Il romanticismo scredita «la scuola degli imitatori e dei traduttori» (Adam Mickiewicz); proclama la dittatura dell’originalità e dell’innovazione. Nell’Ottocento il lavoro del traduttore si complica e nel contempo si riduce il campo della sua libertà creativa. L’estensione della lista di doveri implica un graduale restringimento dei privilegi “autoriali”. Questo fenomeno ha due aspetti. Innanzitutto, il sistema dei procedimenti di trasformazione si sta rendendo “asimmetrico” in un modo particolare. Se accettiamo la tesi di Koptilov secondo cui la traduzione richiede l’applicazione dei quattro principali cambiamenti, e cioè: omissione, aggiunta, spostamento e sostituzione degli elementi del testo (Koptilov 1962), possiamo notare che questi ultimi hanno un potenziale “creativo” diverso. L’omissione fa parte di un approccio non tanto creativo, quanto censorio al testo. Lo spostamento risulta un intervento più creativo dell’omissione e meno creativo della sostituzione degli elementi del testo. Indubbiamente tutto dipende dal contesto e i nostri ragionamenti

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hanno un carattere prevalentemente generico, tipologico. Dal punto di vista tipologico il più caratteristico segno della “creatività” traduttiva è l’aggiunta di elementi non presenti nell’originale (non dettata dal desiderio di compensare i residui). Proprio questo processo è diventato oggi oggetto di dura critica. L’omissione (senz’altro solo in alcune circostanze) è perdonabile; l’intervento inventivo causa sempre rabbia. Ecco perché Vvedenskij risulta l’eroe negativo della storia della traduzione narrativa russa. Nel 1930 Čukovskij affermò che «il maggior peccato di Irinarh Vvedenskij è l’amore immenso per gli interventi inventivi. Appena ritiene che Dickens si stia esaurendo, stia fallendo, si mette a scrivere al posto suo, a completare e ad abbellire il suo testo» (Čukovskij 1930: 78). Dunque, l’espressione «scrivere al posto dell’autore» è l’antonimo di «tradurre».

Seconda osservazione: l’asimmetria avvolge la struttura del testo. Più alto è il livello della struttura, meno spazio c’è per l’invenzione creativa. Come si è già visto, il canone del classicismo permette di trasformare il campo dei «costrutti semantici importanti».

Nel Cinquecento Łukasz Górnicki poteva includere nel suo libero adattamento dell’opera di Castiglione nuovi capitoli, cambiare personaggi, o addirittura “trasfondere” la morale. È curioso che la traduzione intersemiotica, nell’ambito delle arti figurative (teatro e cinema), goda finora di simili agevolazioni. Nella traduzione letteraria è inconcepibile oggi la scomparsa dei personaggi, l’integrazione dell’intreccio e così via. Che cosa direbbe la critica se in una traduzione delle Tre sorelle di Čehov le sorelle fossero quattro o due o se ci fossero fratelli? Eppure tale metamorfosi dell’opera originale accade abbastanza spesso negli allestimenti teatrali. Nonostante le limitazioni delle competenze autoriali, la traduzione letteraria viene percepita oggi come arte. Si può presumere che l’idea di traduzione come arte serva ai traduttori stessi, sensibili alle specifiche e molto varie aspettative del lettore modello. L’analisi del testo secondo Lotman è determinata dall’opposizione: «testo non verosimile» versus «testo verosimile» (Lotman 1973). La traduzione è passibile di doppia “falsità”: inadeguatezza e casualità. Ci interessa di più il secondo aspetto del fenomeno. La fiducia del lettore contemporaneo nella letteratura è in gran parte legata all’ipotesi che lui fa sulla provenienza dei testi. Non è indifferente per il lettore sapere se un’opera è il risultato di un processo creativo

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finalizzato o se è frutto del puro caso. Indubbiamente la nostra cultura conosce alcune eccezioni a questa regola: per esempio il consumo di prodotti stereotipati della letteratura “commerciale”, che si rivela insensibile al movente psicologico del testo, oppure, per esempio, il dadaismo che cercava di trasformare la scrittura in un processo meramente casuale. Tuttavia possiamo affermare che il criterio romantico della “creatività”, accompagnato da quello della “verosimiglianza” del testo, rimane la costante principale dell’interesse del lettore.

Analizzare la traduzione come processo creativo è un compito arduo in quanto il concetto di «creatività» è il risultato di molti fattori storici. Secondo la teoria di Tatarkiewicz è solo uno “slogan comodo” incapace di soddisfare i requisiti di un concetto scientifico (Tatarkiewicz 1975: 311). Inoltre gli studi psicolinguistici e di altre interdiscipline ci permettono di stabilire, anche se con molte riserve e imprecisioni, alcune forme del comportamento discorsuale dell’uomo, soluzioni espressive più o meno creative dell’individuo. Švejcer cita «un’assai produttiva suddivisione tra due situazioni comunicative: quella tipica (o costante) e quella atipica (o incostante). Nelle situazioni tipiche le azioni dell’uomo sono strettamente regolamentate […]. Le situazioni comunicative atipiche (incostanti) sono caratterizzate da un’ampia scelta dei mezzi linguistici […]» (Švejcer 1977: 15).

Questo è il più facile, “neutro” livello d’opposizione tra il comportamento “creativo” e “non creativo”. Alla tesi di Švejcer bisogna aggiungere un’osservazione: il testo nato da una situazione costante (che esclude la creatività) si attiene alle norme esterne della comunicazione verbale. Si può capire se un testo è “corretto” o “scorretto” verificando se risponde a regole di tipo oggettivo (o meglio: intersoggettivo). Ci sono autorità che “sanno meglio” dell’individuo parlante se è giusto o sbagliato dire così. Qui è concepibile l’errore e può essere immediatamente corretto. A sua volta il testo che si forma in una situazione incostante diventa “creativo” quando il parlante si rifiuta di attenersi alle regole esterne (o meglio, ne vede i limiti). Ogni soluzione linguistica si trova quindi al confine tra la correttezza e la non correttezza. Ogni parola si può rivelare un errore stilistico (rimanendo in armonia con il canone del linguaggio non connotativo). La parola all’interno del processo creativo è sempre un neologismo. E non si tratta solo della letteratura sperimentale, del lessico astruso e delle invenzioni lessicali di Joyce, per esempio.

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Anche una frase semplice come questa: «V čas žarkogo vesennego zakata na Patriarših prudah poâvilos ́ dvoe graždan» (Bulgakov 1966, 11: 7) [Nell’ora di un caldo tramonto primaverile agli stagni Patriaršie apparvero due signori] perde le sue qualità di “tipicità”, ricade in una situazione potenzialmente metaforica poiché non esiste alcuna regola fissa – che non sia dell’autore – in grado di stabilire se un romanzo può o non può cominciare così. Il lavoro del traduttore si svolge lungo il continuum tra due poli: creativo e non creativo. Il traduttore crea modificando l’originale ai livelli più profondi della sua struttura. (È chiaro che la trasformazione delle unità lessicali e fraseologiche influisce sui «costrutti semantici importanti», ma questa influenza avviene indirettamente). Neanche il traduttore sa se la sua è l’unica soluzione possibile: se questa traduzione in polacco della frase sopraccitata di Bulgakov sia giusta:

«Kiedu zachodziło wlaśnie gorące wiosenne słońce, na Patriarszych Prudach zjawiło się dwu obywateli» (Bułhakow 1969: 7).

[Proprio mentre tramontava il caldo sole primaverile, ai Patriaršie prudy apparvero due signori]. In Bulgakov – «žarkij zakat» [caldo tramonto], in Lewandowska e Dąbrowski – «gorące słońce» [caldo sole]. Nell’originale la parola «prud» non fa solo parte del nome, ma richiama anche un’immagine, quella di uno stagno (in polacco «staw», «sadzawka»). Nella traduzione si perde l’ironia del conflitto tra il sublime e il meschino, si riflette solo la prima funzione della parola («prud» non suscita nel lettore polacco le associazioni previste). Non vogliamo affatto polemizzare con il traduttore! Ci interessa la discutibilità della traduzione in quanto tale. La variabilità della situazione comunicativa emerge, come abbiamo visto, anche quando in apparenza le scelte non sono molte. Ma scegliere tra il repertorio delle possibilità che la lingua madre offre non vuol dire ancora creare. La creatività vera e propria si esprime più spesso traducendo la poesia che la narrativa. Il traduttore di narrativa affronta a volte espressioni che trasmettono un’informazione nascosta. La traduzione letterale è impossibile. Bisogna trovare un traducente per la funzione della parola e non per la parola stessa. L’importante non è quello che viene detto, ma perché l’autore ha deciso di dirlo proprio in quel modo. Ogni soluzione del traduttore è una soluzione creativa (se per «creatività» intendiamo qualcosa che non trova conferma tra le norme esterne).

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Sulle prime pagine del Maestro e Margherita i due signori si precipitano verso un chiosco con la scritta «Pivo i vody» [Birra e acque]. L’acqua minerale Narzan non c’è, né la birra, c’è solo l’acqua al gusto di albicocca.

« – Nu, davajte, davajte, davajte!…»

Come può essere tradotta questa frase? La traduzione alla lettera («No, dawajcie, dawajcie, dawajcie» [Beh, me la dia, me la dia, me la dia!]) è la soluzione peggiore. Il traduttore deve inventare una frase che rifletta il significato nascosto tra le righe, in modo che il lettore lo indovini, lo colga.

« – Może być. Niech będzie!»

[Può andare. Vada per questa!] è la soluzione di Lewandowska e Dąbrowski. La si può criticare, e prendere in considerazione molte altre soluzioni proposte (per esempio «Dobra jest, dobra jest, dobra jest» [Va bene, va bene, va bene]) eppure la versione dei traduttori non è errata così come non lo è neanche l’originale. In entrambi i casi non esistono norme esterne. Entrambe le soluzioni sono il risultato di un processo creativo.

Le innovazioni che si formano ai livelli più profondi della struttura del testo, ai livelli microstilistici, hanno ripercussioni molto minori sulla struttura del testo che sul “sistema dei sistemi” degli stili, dei generi e in generale della letteratura: in questo consiste il paradosso dell’arte della traduzione.

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Перевод как творчество Эдвард Бальцежан

«Переводя в стихах, иногда отдаешься художественному порыву, так сказать, “творишь” и теряешь способность крити- чески отнестись к тому, что пишешь, как к “переводу”».

Валерий Брюсов

Историю литературного творчества можно рассматривать как процесс постепенно нарастающей изолированности и автономности писательской и переводческой деятельности. С этой позиции становление многих национальных литератур, в том числе польской и русской, довольно четко разделяется на два этапа. В первую очередь художественная письменность формируется в синкретическом, смешанном порядке, который позволяет совмещать – в рамках одного и того же произведения – оригинальные изобретения с продуктами чужой фантазии. Здесь граница между созданием и воссозданием художественных ценностей расплывчата. Понимание авторства проблематично. Кодирование и рекодироване текста развертывается между двумя полюсными принцыпами. С одной стороны, это принцип апокрифа: собственное слово представляется как чужое слово. Апокриф (в интересующем нас значении) можно охарактеризовать как плагиат à rebours. Переводчик приписывает автору подлинника свои мысли и образы. «Иногда древнеславянские книжники, – замечает Д. С. Лихачев, – перестраивали композицию переводного сочинения или создавали на их основе сводные большие композиции […]» (Лихачев 1962: 390). Авторские компетенции переводчика охватывали в это время – до XVIII столетия – все уровни структуры текста: не только нижние, лексические и фразеологические, но и верхние слои произведения (фабула, персонаж, внутренний повествователь и другие т.н. «крупные семантические фигуры»). Стратегия «апокрифиста»

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формируется сознательно; об этом свидетельствуют многие высказывания переводчкиков. Трансформация подлинника происходит ради читателя. Одновременно «принцип апокрифа» включает переводчика в творческий процесс: перевод служит совершенствованию авторского замысла. «Где понадобится, – гласил Богомолец, – там выскажусь шире, а где видно, что авторская речь расширяется без надобности, там кратчайшим образом ту же сущность выскажу, дабы не только сравниться с переводимым мною автором, но и возвыситься над ним живостью изложения» (Balcerzan 1976: 71).

С другой стороны – не менее сильным фактором, стимулирующим писательский опыт доромантической эпохи, является принцип аннексии. Чужое слово представляется как собственное слово. Присвоение иноязычного текста напоминает плагиаторство, и наша современность говорит в таких случаях о плагиате; в системе клаcсицизма допустимо пересказывание иноязычных текстов (чаще отдельных эпизодов или некоторых компонентов чужого произведения) при минимумe новизны. Иногда достаточно того, что аннексированное слово переведено на родной язык.

Tak i ja, jak z autora którego wiersz zarwę,
Za swój go już mam własny, jeno dam mu barwę,
– с полным откровением заявлял Коховски (Balcerzan 1976: 68).

[Стихотворение «сорванное» у другого автора считается «своим собственным», лишь бы дать ему новую «окраску»]. По-видимому, «принцип аннексии» предопределяет исследование многих оригинальных произведений классицизма как результат скрытого перевода. К фактам пересечения этих двух принципов – «принципа апокрифа» и «принципа аннексии» – восходит известное мнение, анализируемое В. Беньямином, согласно которому знаменитый переводчик – творец, а посредственный творец – дрянной переводчик (Benjamin 1975: 300).

Романтизм дискредитирует «школу подражателей и переводчиков» (А. Мицкевич); провозглашает диктатуру оригинальности и новаторства. Начиная с XIX в., труд переводчика усложняется и одновременно редуцируется область его творческой свободы. Умножению списка обязанностей сопутствует

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постпенное сужение «сочинительских» привелегий. У этого явления – два аспекта. Во-первых, система трансформационных приемов своеобразно «ассиметризуется». Если согласимся с В. Коптиловым, что перевод приводит в движение четыре главных приема, а именно: сокращение, дополнение, перестановку и замену элементов текста (Коптилов 1962), то увидим, что эти приемы не равноценны по отношению к «творчеству». Сокрашение связано не с творческим, а скорее с цензорским подходом к тексту. Перестановка кажется более творческой операцией, чем сокращение и менее творческой, чем замена элементов. Несомненно, все зависит от контеста и наши рассуждения имеют самый общий, чисто типологический характер. С типологической точки зрения наиболее яркий признак переводческого «творчества» есть дополнение текста элементами не заданными подлинником (и не стимулированнными необходимостью компенсации потерь). Именно этот признак стал в наше время объектом осторой критики. Сокращение (в определенных условиях, конечно) простительно – «отсебятина» всегда вызывает негодование. Недаром отрицательным героем русской истории прозаического перевода оказался Введенский. В 1930 г. К. И. Чуковский утверждал, что «главный грех Иринарха Введенского – это страстная любовь к отсебятинам. Чуть только ему померещится, что Диккенс ослабел, сплоховал, он начинает писать вместо Диккенса, дополнять и украшать его текст» (Чуковский 1930: 78). Итак, выражение «писать вместо автора» – антоним понятия «переводить».

Во-вторых, ассиметрия охватывает структуру текста. Чем выше уровень структуры, тем меньше возможностей творческого новшества. Как уже указывалось, конвенция классицизма разрешала трансформировать сферу «крупных семантических фигур».

В XVI в. Л. Гурницки мог включать в пересказ итальянского произведения Кастильена новые главы, менять персонажи, вплоть до «трансфузии» нравственных идей. Любопытно, что аналогичными льготами пользуется до сих пор интерсемиотический перевод, в области зрелищных искусств (театр и кино). В литературном переводе в настоящее время немыслимы исчезновения героев, дополнение сюжета и т. д. Что сказала бы критика, если бы в переводе Трех сестер Чехова – вместо трех сестер

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действовали четыре, или две, или же сестры оказались бы братьями? А ведь в театральном спектакле довольно часто случаются именно такие метаморфозы литературного подлинника. Несмотря на ограничения творческих свобод, литературный перевод и в наше время воспринимается как искусство. Можно высказать предположение, что идея «перевод – искусство» нужна самим переводчикам, самочувствие которых детерминировано особенностями кругозора читательских ожиданий. Оценка текста по мнению Ю. Лотмана, определяется оппозицией: «текст, который может быть ложным» – «текст, который не может быть ложным» (Лотман 1973). Перевод находится под угрозой двойной «ложности»: неадекватности и случайности. Нас интересует второй аспект явления. Современное читательское доверие к литературе во многом связано с догадкой о происхождении текста. Читателю не безразлично, является ли данное произведение результатом творческой целеустремленности, или же, наоборот, эффектом чистой случайности. Несомненно, наша культура знает отклонения от этого правила. Это и практика потребления трафаретных продуктов «коммерческой» литературы, сохраняющая равнодушие к психологической предыстории текста, и, скажем, дадаизм, который стремился к превращению писательского процесса в игру случайностей. Однако мы вправе сказать, что романтический критерий «творчества», как критерий «неложности» текста, остается самой устойчивой нормой читательского интереса.

Постановка вопроса «перевод как творчество» сложнее тем, что категория «творчества» обусловлена исторически. Согласно учению В. Татаркевича, она функционирует как «полезный лозунг» и не может справиться с требованиями, предъявляемыми научным понятиям (Tatarkiewicz 1975: 311). Вместе с тем уже в настоящее время опыт психолингвистики и других смежных наук позволяет нам установить, хотя и с многими оговорками и неточностями, некоторые формы речевого поведения человека, различаемые как более или менее творческие решения индивида. А. Швейцер ссылается на «весьма плодотворное разграничение двух видов речевых ситуаций – стандартных (или стабильных) и вариабельных (или переменных). В стандартных ситуациях действия человека жестко регламентируются […].

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Вариабельные (переменные) речевые ситуации отличаются более или менее широким диапазоном выбора языковых средств, […]» (Швейцер 1977: 15).

Это самый простой, «нулевой» уровень оппозиции «творческого» и «нетворческого» поведения. К рассуждениям А. Швейцера следует добавить одно замечание: текст порождаемый стабильными ситуациями (исключающими творчество) подчиняется внешним нормам языковой коммуникации. Правильность или неправильность текста определяется целиком через проверку исполнения правил объективного (точнее интерсубъективного) порядка. Вне говорящего индивида находятся авторитеты, которым «лучше видно», говорят так или нет. Здесь вполне уместно понятие ошибки и готовность к немедленному исправлению ее. В свою очередь текст, формирующийся в вариабельной ситуации, становится текстом «творимым», когда говорящий отказывается от подчинения внешним нормам (или, вернее, чувствует недостаток внешних норм). Каждое языковое решение находится здесь на границе правильности и неправильности. Каждое слово может оказаться художественной ошибкой (оставаясь в согласии с нормой нехудожественной речи). Ситуация слова в творческом процессе – всегда ситуация неологизма. Это относится отнюдь не к самым экстремистским опытам литературы, в роде заумной лирики или лексических изобретений Джойса. Обыкновенное предложение, например, «В час жаркого весеннего заката на Патриарших прудах появилось двое граждан» (М. Булгаков: Мастер и Маргарита 1966, 11: 7) теряет признаки «обыкновенности», попадает в ситуацию любой метафоры, ибо вне автора не существуют никакие устойчивые нормы, которые в состоянии решить, можно или нельзя именно так начинать роман. Деятельность переводчика развивается между творческими и нетворческими языковыми поведениями. Она приобретает творческий характер на самых низких уровнях структуры текста. (Естественно, что трансформация лексических и фразеологических единиц влияет и на «крупные семантические фигуры», но это влияние происходит косвенным путем). Переводчик тоже не знает, нашел ли он единственный эквивалент; правильно ли цитированное выше предложение из Булгакова перевести на польский язык таким образом:

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«Kiedu zachodziło wlaśnie gorące wiosenne słońce, na Patriarszych Prudach zjawiło się dwu obywateli» (Bułhakow 1969: 7).

У Булгакова – «жаркий закат», у И. Левандовской и В. Домбровского – «жаркое солнце». В подлиннике слово «пруд» не только название, но и образ (по польски «staw», «sadzawka»). В переводе исчезает ирония столкновения возвышенного и низкого, остается лишь одно название («Prud» не вызывает у польского читателя желанных ассоциаций). Наши сомнения – отнюдь не полемика с переводчиками! Нас интересует сомнительность перевода как такового. Вариабельность речевой ситуации вскрывается, как мы видели, даже в самых простых условиях перевода. Однако выбор из репертуара возможностей родного языка – еще не творчество. Истинно творческий процесс присутствует реже при переводе художественной прозы чем в переводе поэтическом. Переводчик прозы сталкивается иногда с высказываниями, передающими скрытую информацию. Буквальный перевод – невозможен. Надо найти эквивалент не слову, а функции слова. Дело не в том, что сказано, а в том, ради чего в подлиннике сказано именно так. Любое решение переводчика – творческое решение (если принять введенное выше понимание «творчества» как лишение опоры в мире внешних норм).

Двое граждан на первых страницах Мастера и Маргариты бросаются к будочке с надписью «Пиво и воды». Нарзана нет, пива нет, есть только абрикосовая вода.

« – Ну, давайте, давайте, давайте! (…) »

Как перевести эту фразу? Обыкновенная калька («No, dawajcie, dawajcie, dawajcie») – самое плохое решение. Переводчик должен сочинить слова с определенной контекстом скрытой информацией, подразумеваемой, угадываемой читателем.

« – Może być. Niech będzie!»

– это предложение Левандовской и Домбровского. С ним можно не согласиться, можно взять во внимание громадное множество иных решений (напр. «Dobra jest, dobra jest, dobra jest»), тем не менее текст переводчиков не есть ошибка: в том же смысле, в котором не является ошибкой текст

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подлинника. В обоих случаях не существуют внешние нормы. Оба решения – результат литературного творчества.

Парадокс искусства перевода заключается в том, что нововведения, формирующиеся на самых низких уровнях структуры текста, в микростилистике, с гораздо меньшей энергией перестраивают единичное произведение, чем «систему систем» стилевого, жанрового и других порядков отечественной литературы.

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